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Storia della Presa di Salamina e del Comandante Marcantonio Bragadin
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E-book75 pagine57 minuti

Storia della Presa di Salamina e del Comandante Marcantonio Bragadin

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Famagosta, Cipro, 1571. Asserragliati all'interno delle mura, poche migliaia di soldati italiani e greci respingono per mesi gli assalti di duecentomila turchi. Marcantonio Bragadin, comandante civile, e Astorre Baglioni, capo militare, sono gli artefici di questo miracolo militare, qui ricordato attraverso le parole di uno storico dell'epoca, Antonio Riccoboni, e uno dei giorni nostri, Gabriele Zweilawyer.
Il volume, dotato di link ipertestuali, è particolarmente indicato per la consultazione su dispositivi dotati di connessione a internet.
LinguaItaliano
Data di uscita2 dic 2014
ISBN9786050340136
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    Anteprima del libro

    Storia della Presa di Salamina e del Comandante Marcantonio Bragadin - Gabriele Zweilawyer

    Ringraziamenti

    Capitolo I

    Introduzione

    Il rapporto fra Venezia e Cipro iniziò a essere sempre più stretto a partire dalla metà del XII secolo. In particolare, già nel 1139 era presente a Limassol, nella parte meridionale di Cipro, una compagnia mercantile veneziana. Dopo tre secoli tormentati, in cui bizantini e arabi si erano contesi l'isola e spartiti la tassazione sugli abitanti, nel 958 Cipro fu riconquistata in via definitiva dall'Imperatore Niceforo II Foca. E nel 1147 fu proprio un Imperatore bizantino, Manuele I Comneno, a includere Cipro fra i luoghi in cui i veneziani avevano diritto di commerciare liberamente. Meno di mezzo secolo dopo, nel 1192, Cipro finì in mano ai Lusignano, con i quali i veneziani ebbero inizialmente qualche problema. Ciononostante, i traffici della Repubblica a Cipro continuarono e, nel 1306, ricevettero i crismi dell’ufficialità grazie a un'intesa firmata nella città di Nicosia, capitale del Regno. Tale documento concesse ai veneziani la possibilità di avere proprie piazze commerciali, possedimenti e un proprio giudice.

    I rapporti fra Lusignano e Venezia si strinsero ulteriormente nelle decadi successive, in particolare grazie ai continui finanziamenti concessi da quest’ultima ai regnanti ciprioti (basti pensare che il riscatto di Re Giano, catturato nel 1426 dai mamelucchi, fu pagato dai veneziani), e portarono al matrimonio fra la nobile veneziana Caterina Cornaro e Re Giacomo II di Cipro. Ovviamente, alla morte di quest’ultimo, avvenuta nell’agosto 1474, Venezia prese, di fatto, il controllo dell’isola. Visto che la nostra trattazione riguarda Famagosta, o Salamina che dir si voglia, bisogna ricordare che questa rimase in mano ai genovesi dal 1372 al 1464, resistendo a ben cinque assedi dei sovrani di Cipro.

    Assieme all'isola, i Veneziani ereditarono anche un tributo di ottomila ducati l'anno da pagare al Sultano come ulteriore (e ricorrente) prezzo per la liberazione del citato Re Giano. Come già spiegato nel box qui sopra, il dominio veneziano su Cipro non solo diede un forte impulso alla demografia, ma fece crescere il numero di vascelli in entrata e uscita dai porti isolani.

    Oltre alle navi onerarie, attraccavano e si rifornivano anche le galee da guerra dei Cavalieri di Malta e dei corsari provenienti da ponente. La presenza di queste ultime imbarcazioni rendeva poco sicura la navigazione ottomana nel tratto di mare fra Cipro e le coste egiziane, tanto che le lamentele dei musulmani che viaggiavano verso la Mecca arrivarono fino ai piani alti dell'Impero Ottomano.

    A Costantinopoli, Solimano II, forse convinto da alcuni pascià, decise che era giunto il momento di mettere fine al dominio veneziano su Cipro. I primi giorni del 1570, il bailo di Venezia nella capitale ottomana, Marcantonio Barbaro, avvisò il Senato che iniziavano ad esserci voci insistenti su una spedizione contro l'isola e movimenti sospetti fra gli alti gradi militari.

    Il 13 gennaio 1570, Solimano II bloccò le navi veneziane a Costantinopoli, i traffici della Repubblica nell’area, e mandò alcuni contingenti in Dalmazia per infastidire il confine veneziano. La sua idea era quella di dimostrare quanti danni potesse arrecare a Venezia e alla sua economia se quest’ultima non gli avesse concesso Cipro. Circa un mese dopo, Solimano inviò un ambasciatore a Venezia per procedere con una richiesta formale:

    «Noi vi chiediamo Cipro, e ce la darete con le buone o con le cattive; e guardatevi bene dall’attirare su di voi la nostra orrenda spada,

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