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Età Mediatiche
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E-book128 pagine1 ora

Età Mediatiche

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Info su questo ebook

Storicamente l'uomo ha sempre avuto l'esigenza di comunicare. Come avrebbero soddisfatto tale esigenza gli imperatori romani o i condottieri del passato disponendo dei media moderni? Non possiamo saperlo, tuttavia hanno cercato di farlo con altri strumenti, nei modi più disparati e con risultati a volte sorprendenti. "Età mediatiche" li analizza e ripercorre le tappe che hanno caratterizzato la storia

dell'industria culturale, ipotizzando scenari futuri in cui internet sarà sempre più presente.
LinguaItaliano
Data di uscita7 mag 2014
ISBN9788891141187
Età Mediatiche

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    Anteprima del libro

    Età Mediatiche - Marino D’Amore

    Sitografia

    Capitolo 1

    STORIA DELL'INDUSTRIA CULTURALE

    1.1 La nuova televisione

    La televisione è ed è stata l'indiscussa protagonista mediatica delle nostre case, il moderno focolare domestico attorno al quale milioni di famiglie si sono riunite negli anni, famiglie adoranti e assorte nella visione di film, fiction, serial e soap opera. Pubblici appassionati per i quali è diventata un inseparabile compagna di vita e dei momenti di tempo libero, ma anche un importante agenzia di socializzazione, vera e propria catalizzatrice in questo senso. L'evoluzione tecnologica ha comportato notevoli cambiamenti nel panorama mediatico e nelle audiences ad esso legate, cambiamenti che hanno investito anche il mezzo televisivo, costretto a reinventarsi per essere al passo con i tempi, per soddisfare vecchie e nuove esigenze di fruizione e per confermare la sua leadership comunicativa.

    1.2 Industria culturale

    La vita dell'uomo, sin dai tempi più antichi, è sempre stata accompagnata da forme e modalità d'intrattenimento caratterizzate dalle manifestazioni più disparate e talvolta difficilmente riconducibili, se non grazie ad un attenta analisi a posteriori, a tale ambito. Forme le cui finalità assumevano connotati didascalici, religiosi o semplicemente ludici; ma tutte destinate ad arricchire quell'immaginario collettivo, humus fondamentale del background culturale dell'uomo moderno. Dai riti iniziatici di culti ormai scomparsi, da quelli delle tribù africane, passando per i miti classici, il teatro greco-romano e la tradizione secolare a cui ha dato vita, sino alle innumerevoli manifestazioni dell'industria culturale, ormai presenza costante, quasi immanente nelle nostre vite.

    Sembra quasi che nessuna collettività nella storia abbia potuto prescindere da tali forme di espressione, come se il mondo abbia convissuto con la rappresentazione di se stesso, con la sua spettacolarizzazione, fino a riflettersi in essa, influenzandola e rimanendone a sua volta influenzato. I racconti dei riti di passaggio dall'età infantile a quella adulta di alcune civiltà del passato, quelli sulla scomparsa dell'isola di Atlantide, sulla vita e le gesta di Alessandro Magno che affondano le loro radici nella leggenda, le peripezie di Ulisse e l'ira funesta del pelide Achille cantate da Omero, i sacrifici umani dei Maya e degli Aztechi ritualizzati secondo sceneggiature ben precise e dettagliate, integrano un elenco interminabile che ci rende consapevoli di aver assistito ad un fantastico spettacolo comodamente seduti, parafrasando il re di Itaca sulle spalle dei giganti¹.

    Sembra quasi che ogni atto, ogni evento, ogni guerra di cui l'uomo si sia reso protagonista sia stato accompagnato da un resoconto, da un racconto, da una storia finalizzati, oltre che a informare, ad intrattenere la vasta platea dell'umanità convergendo nel bagaglio di un'industria culturale ante-litteram. Ne emerge una pantagruelica opera omnia di comunicazione veicolata dai mezzi espressivi del tempo: i bassorilievi, le pitture, i papiri, gli annales romani, i libri o la voce dei cantastorie, entertainer antesignani. Un elenco interminabile che ha come corollario impresso nel suo DNA la spettacolarizzazione della storia e degli eventi che la costituiscono.

    Tra gli altri, altissimi, esempi di questo fenomeno si possono citare il De bello gallico di Cesare, la colonna traiana che raffigura le imprese dell'omonimo imperatore contro i daci, l'Eneide di Virgilio, la saga medievale de El Cid, l'Orlando furioso e l'Orlando innamorato, quasi una fiction sulle crociate, senza omettere di citare la Divina Commedia di Dante, il più importante esempio di tale corrente in cui si fondono misticismo religioso, cronaca storica e mondana. Nelle arti figurative possiamo annoverare gli affreschi con le storie di santi di Giotto e Masaccio, le porte bronzee di Luca della Robbia a S. Maria del Fiore a Firenze, la cappella Sistina di Michelangelo, le stanze vaticane di Raffaello, le opere di Leonardo e più tardi di Caravaggio, Bernini, Tiepolo e Canova. Comunicazione vera e propria che nutre l'immaginario collettivo e sfocia nel teatro goldoniano, nelle grandi esposizioni universali dell'800, nei feuilettons; romanzi a puntate pubblicati sui quotidiani agli inizi de secolo scorso, sino ai grandissimi impianti scenici messi in piedi dalla macchina propagandistica dei totalitarismi europei, i cui leader associavano ad una fanatica e malata demagogia, la gestualità e la mimica di consumati attori, dando vita ai primi esempi di infotainment. Tutte manifestazioni, queste, che sembrano essere state concepite un'esigenza diventata imprescindibile per l'umanità: quella di diventare pubblico, di diventare audience, esigenza che la caratterizza nei secoli e la ingloba come l'uomo vitruviano in una sorta di cerchio².

    Si pensi a cosa sarebbe successo se tutti questi eventi avessero potuto disporre dei più moderni mezzi di comunicazione, da quale e quanta mole d'informazione, film, serie tv, fiction saremmo stati sommersi. Occorre, tuttavia, fare un distinguo. La suddetta, insopprimibile, esigenza dell'umanità, sopratutto per quanto riguarda gli ultimi esempi, iniziava ad essere soddisfatta grazie alla nascita e alla non poco faticosa diffusione dei più importanti mezzi di comunicazione rivelatisi poi veri e propri apripista di quell'impetuosa e inarrestabile evoluzione tecnologica che pervade e connota fortemente l'esistenza dell'homo comunicans: il cinema, la radio e più tardi la televisione.

    Il cinema vede la luce nel 1895, anno in cui i fratelli Louis e August Lumiére costruirono la prima sala cinematografica al Gran Cafè de boulevard des capucines, dove mostrarono, previo pagamento, l'apparecchio che avevano inventato e brevettato: il cinematographe. Il cinema, prima, vera trasposizione icastica della realtà, inizialmente ebbe una funzione documentaristica e didascalica, occupandosi di fatti di cronaca, cerimonie, guerre, competizioni sportive: una sorta di proto-tg. Successivamente ha sviluppato tutte le sue potenzialità finzionali e iconiche dando vita a quel caleidoscopio immaginifico che ancora lo caratterizza: amori contrastati, gelosie, gesta eroiche e disperate saranno i suoi topics principali arricchiti dai primi effetti speciali.

    Il cinema si diffuse in America e in Europa dando vita ad una vera e propria industria. Prima muto e poi sonoro esso è diventato un punto di riferimento mediatico per un' utenza sempre più vasta. In Italia si affermarono, il melodramma sentimentale e il film storico con i cosiddetti colossal, generi protagonisti delle pellicole nostrane fino all'avvento del fascismo, momento in cui il cinema subirà una sorta di involuzione tematica diventando un mero e ulteriore strumento di propaganda, di apologia dei simboli e dei valori di questa nuova realtà politica nonché di diffusione di consenso e documentazione di imprese militari e avvenimenti di carattere nazionale assolutamente coadiuvato in questa funzione dall'altro media già citato: la radio.

    1.3 Radio e TV: vite legate

    I primi esperimenti che porteranno alla nascita di questo medium vengono realizzati, tra gli altri, da James Maxwell, Alexander Popov, Rudolf Hertz, Lee De Forest (inventore del triodo), fino a Guglielmo Marconi: il primo a stabilire un collegamento radiotelegrafico tra la nave Elettra e la terraferma.

    Il 2 novembre 1920 inizia le trasmissioni la prima stazione radio, si chiama KDKA e il primo programma è il resoconto delle elezioni presidenziali americane. L'anno seguente è la volta della BBC. Nel 1924, in Italia, vede la luce l'Unione Radiofonica Italiana (U.R.I.) diventata E.I.A.R. (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) tre anni più tardi. E' il 6 ottobre quando Maria Luisa Boncompagni presenta il primo programma irradiato in Italia.

    La radio nasce nel bel paese parallelamente all'affermazione del fascismo, ponendosi di diritto come mezzo di celebrazione di quest'ultimo e cassa di risonanza dell'ideologia totalitaria presso un'utenza inizialmente esigua ma in continua e inarrestabile espansione. Infatti la crescente accessibilità economica del mezzo aumenta progressivamente il numero di coloro che ascoltano con trepidazione le descrizioni gonfie di retorica e demagogia delle gesta militari italiane e si emoziona con le cronache sportive del leggendario Niccolò Carosio il quale, da quella scatola, racconta con l'enfasi che lo caratterizzava le vittorie mondiali del '34 e del '38.

    Dopo la guerra l'E.I.A.R. Scompare e dalle sue ceneri nasce la R.A.I. (Radio Audizioni Italiane), il servizio pubblico che accompagnerà la storia italiana degli ultimi cinquant'anni diventandone parte integrante attraverso un processo d'influenza reciproca.

    La radio del dopoguerra subisce una grande trasformazione all'insegna della modernizzazione e del rinnovamento: potenziamento del giornalismo radiofonico (Radiosera), nascita della programmazione nazionale e varo della rete culturale. Lello Bersani, Mario Riva, Enzo Tortora, Corrado, Mike Buongiorno diventano gli alfieri di tale trasformazione che subisce ulteriori mutamenti dopo una

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