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Trasformazioni figure della fin de siècle Pater, Symon, Wilde, James, Lee, Wharton, Wetmore Story, Machen
Trasformazioni figure della fin de siècle Pater, Symon, Wilde, James, Lee, Wharton, Wetmore Story, Machen
Trasformazioni figure della fin de siècle Pater, Symon, Wilde, James, Lee, Wharton, Wetmore Story, Machen
E-book326 pagine5 ore

Trasformazioni figure della fin de siècle Pater, Symon, Wilde, James, Lee, Wharton, Wetmore Story, Machen

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La storia, così come essa si è andata disegnando mentre sceglievo i saggi, ha inizio nel 1878, anno in cui Walter Pater pubblica “The Child in the House” sul Macmillan’s Magazine, e si conclude idealmente diciotto anni dopo, quando Henry James scrive “The Figure in the Carpet” per la rivista Cosmopolis. L’arco temporale, in verità, si spinge lievemente oltre: sia i racconti di Symons che la narrativa di Arthur Machen e l’esperimento di James biografo si inoltrano al di là della barriera fatidica del 1900. Essi danno forma inedita alla complessa visione estetica, e alla trasformazione dei generi letterari, che segnarono la crisi epistemologica e le ansie di fine secolo, dilaniate fra deriva romantica e industria culturale, fra crisi del soggetto e nuove mitologie della fine.
LinguaItaliano
Data di uscita9 dic 2013
ISBN9788878534919
Trasformazioni figure della fin de siècle Pater, Symon, Wilde, James, Lee, Wharton, Wetmore Story, Machen

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    Anteprima del libro

    Trasformazioni figure della fin de siècle Pater, Symon, Wilde, James, Lee, Wharton, Wetmore Story, Machen - Benedetta Bini

    bibliografici

    ​Letture

    3

    collana diretta da Benedetta Bini

    Comitato Scientifico

    J. B. Bullen (Università di Reading)

    Maria Del Sapio (Università Roma Tre)

    Franco Marucci (Università di Venezia Cà Foscari)

    Valerio Viviani (Università della Tuscia)

    ​Premessa

    Premessa

    Do you see the story? Do you see anything?

    J. Conrad, Heart of Darkness

    I saggi qui raccolti hanno visto la luce in tempi e contesti molto diversi: nel riproporli oggi non ho voluto alterarne la forma – a parte qualche minima correzione - per mantenere intatto sia lo spirito con cui sono stati a suo tempo composti che il respiro che li ha animati. Relazioni lette a convegni, capitoli di un libro, postfazioni, contributi a volumi miscellanei: l’arco di tempo è molto ampio, e certamente eterogeneo il motivo della loro composizione. Eppure, mi è sembrato che essi andassero a comporre un mosaico, irregolare ma non inutile, delle tensioni che animarono la scena tardo-vittoriana, inglese e cosmopolita: contribuendo a definirne la sua ultima, necessaria metamorfosi – o, se volete, il suo definitivo dissolversi.

    La storia, così come essa si è andata disegnando mentre sceglievo i saggi, ha inizio nel 1878, anno in cui Walter Pater pubblica The Child in the House sul Macmillan’s Magazine, e si conclude idealmente diciotto anni dopo, quando Henry James scrive The Figure in the Carpet per la rivista Cosmopolis. L’arco temporale, in verità, si spinge lievemente oltre: sia i racconti di Symons che la narrativa di Arthur Machen e l’esperimento di James biografo si inoltrano al di là della barriera fatidica del 1900. Essi danno forma inedita alla complessa visione estetica, e alla trasformazione dei generi letterari, che segnarono la crisi epistemologica e le ansie di fine secolo, dilaniate fra deriva romantica e industria culturale, fra crisi del soggetto e nuove mitologie della fine. Eppure il paradigma forte sembra essere quello che ho appena indicato: esso scaturisce da quel complesso gioco della memoria messo magistralmente in scena da Pater in The Child in the House che segna non solo l’approdo alla imaginative prose ma la nascita di una modalità della scrittura totalmente inedita, e si conclude con la diabolica spirale di menzogne testuali inventata da James nel suo apologo sull’ inseguimento impossibile di una verità inesistente o forse di un’impostura. Questi due racconti estremi, nella volontà di trasformare radicalmente l’impianto narrativo e far germinare da esso significati del tutto nuovi, mi sono sembrati specchiarsi l’uno nell’altro, e raccordarsi con tutte le altre forme in cui l’immaginario decadente si è voluto disegnare in una operazione continua di ribaltamento di modelli e di penetrazione nei generi: contenendo inoltre al loro interno, per così dire, tutti gli altri esperimenti di cui si parla in queste pagine, da Symons a Vernon Lee, da Wilde a Machen allo stesso Wetmore Story: dalla cultura alta a quella di consumo, dall’invenzione di uno stile alla condivisione di un gusto. Al tempo stesso, la centralità di Pater nella elaborazione di una nuova estetica e di inedite forme del narrare è stato certamente negli anni il punto di partenza di questa mia indagine: dagli esperimenti nella costruzione del ritratto immaginario, alla rilettura del testo shakespeariano, alla influenza sotterranea ma pervasiva sulla fin de siècle italiana. Presenza ineliminabile, quella di Pater, che si estende a uno dei sui più attenti lettori, quell’ Arthur Symons forse troppo presto dimenticato che in Spiritual Adventures prosegue consapevolmente lungo la traiettoria indicata dal maestro, tentando di innestare la forma del ritratto nella contemporaneità e portando alle estreme conseguenze il discorso sul portrait of the artist.

    Se il cerchio che si apre con Pater e si chiude idealmente con James rappresenta uno dei paradigmi della trasformazione su cui si è costruita la scelta di questi saggi, un altro percorso insegue alcuni aspetti del costume culturale di fine secolo individuando in alcune questioni di gender, dentro e fuori dal testo, uno dei punti cruciali nell’elaborazione dell’immaginario fin de siècle. Il potente mito della degenerazione, che serpeggiava nella cultura scientifica del tempo e di cui il testo di Max Nordau fu la versione visionaria, scandiva drammaticamente la metà degli anni ’90, indicando obliquamente all’opinione pubblica l’immagine del vero degenerato nella figura di Wilde e del suo corpo/corpus; mentre Vernon Lee rivedeva, in chiave grottesca e ironica ma proprio per questo significativa, gli stereotipi della figurazione femminile. Un altro percorso, ancora, ha seguito alcuni episodi del viaggio in Italia: visto sia come consumo - ancora una volta sulla scorta di Pater - di una nuova modalità della fruizione estetica del paesaggio nella riscoperta delle ville rinascimentali da parte di Vernon Lee e Edith Wharton, e dunque come invenzione di un gusto che si sarebbe esteso alla nuova decorazione del landscape, sia come rilettura dell’esperienza di chi, come Wetmore Story, era riuscito a creare un pubblico cosmopolita facendo di Roma la sua vera patria di artista.

    L’ultimo anello, che stringe idealmente insieme il tema delle transmutations, è certamente fornito dal contributo di Machen, grande riformulatore di generi letterari, scrittore high e middle brow, capace di offrire, nel gioco di identità contraffatte nelle pieghe della metropoli, l’immagine forse più efficace delle metamorfosi della cultura fin de siècle.

    Benedetta Bini

    Si indicano qui di seguito i testi in cui i saggi sono comparsi per la prima volta, o l’occasione per cui sono stati composti.

    Il fanciullo e in viaggio e L’artista e il suo ritratto in B. Bini, L’incanto della distanza. Ritratti immaginari nella cultura del decadentismo, Bari 1992.

    Alle origini del ritratto: ‘An English Poet’ in M. Billi e M. Ferrari Zumbini (a cura di), Percorsi. Studi dedicati ad Angela Giannitrapani, Viterbo 1993.

    "Genius Loci: il pellegrinaggio di Emerald Uthwart" in E. Bizzotto e F. Marucci (a cura di), Walter Pater (1839-1894). Le forme della modernità, Bologna 1996.

    Walter Pater lettore di Shakespeare in G. Caliumi (a cura di), Shakespeare e la sua eredità, Parma 1993.

    "Lo sterile asceta della Bellezza: Pater e la fin de siècle italiana è la versione italiana del saggio The Sterile Ascetic of Beauty: Pater and the Italian Fin de Siècle", in S. Bann (ed.), The Reception of Walter Pater in Europe, London 2004.

    La degenerazione wildiana è la versione italiana del saggio Wildian Degeneration, in G. Franci e G. Silvani (a cura di), The Importance of Being Misunderstood. Homage to Oscar Wilde, Bologna 2003.

    L’esilio dorato di William Wetmore Story, in M. Mancini (a cura di), Esilio, pellegrinaggi e altri viaggi, Viterbo 2004.

    Il doppio gioco della memoria: Henry James e William Wetmore Story, relazione letta al Convegno Comunicare le memorie. Itinerari della conoscenza, organizzato dall’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani in collaborazione con l’Università degli Studi della Tuscia e con l’Università di Macerata, 2003.

    "Genius loci e ville italiane:Viterbo e la Tuscia nella cultura anglosassone di fine Ottocento" in G. Platania (a cura di), Viaggiatori da e per la Tuscia, Viterbo 2003.

    Vernon Lee, Henry James e le regole del gioco in S. Cenni e E. Bizzotto (a cura di), Dalla stanza accanto. Vernon Lee e Firenze settant’anni dopo, Atti del Convegno Internazionale, Firenze 2006.

    Artur Machen e il gioco dell’impostura, in B. Bini (a cura di), L’ esercizio della lettura. Saggi in onore di Mirella Billi, Viterbo 2004.

    La menzogna nel tappeto, Introduzione a H. James, La figura nel tappeto, Palermo 2002.

    Ringrazio le case editrici Adriatica, Cesalpina, Sette Città, Sellerio per aver generosamente autorizzato la ripubblicazione dei saggi.

    ​2

    Alle origini del ritratto: An English Poet

    2

    Alle origini del ritratto: An English Poet

    Nel 1878 - anno cruciale se non mirabilis - Walter Pater sancisce idealmente il proprio allontanamento dall’esperienza limite di Renaissance riuscendo a dare forma a quella profonda ed epocale pulsione autobiografica di cui i saggi sul Rinascimento erano stati la suggestiva, ma per molti versi pericolosa, messa in scena[1]. Di questo distacco è testimonianza il primo racconto di Pater, The Child in the House, che si offre come momento di raccordo fra l’apparente estinguersi dell’attenzione critica a momenti significativi del passato e il suo parziale rinascere in una inedita scrittura romanzesca[2]: è l’inizio del lungo lavoro di invenzione narrativa e di sperimentazione sulla forma che conduce Pater, lettore affascinato dei miti greci, verso le biografie immaginarie di Marius the Epicurean e degli Imaginary Portraits.

    The Child in the House non è solamente il testo primo da cui germinano in misura più o meno evidente motivi e suggestioni che acquistano via via maggior rilievo nei ritratti immaginari che seguiranno. Esso è anche il più scopertamente e intimamente autobiografico[3], nel descrivere le fasi della crescita interiore di Florian Deleal - il child che diventerà l’eroe artista prefigurato in Diaphaneitè- e anche il più temerario. Nella costruzione a scatole cinesi del racconto l’esercizio della memoria si tende verso la rilettura di episodi mentali e fa di essi il luogo della esperienza del fanciullo, sovrapponendo l’identità del narratore adulto a quella del suo io bambino. Oltre a questa sua qualità archetipa di creazione di fictive selves che si riprodurrà - incrociandosi con la Storia - di racconto in racconto, un disegno molto più articolato sembrava presiedere alla composizione di questo primo ritratto, the first of a series, as I hope, with some real kind of sequence in them[4]. Ma si trattò di un progetto che non vide mai la luce nella sua interezza, e il cui frammento superstite serve però a illuminare sulla complessità del percorso narrativo intrapreso da Pater.

    Mentre infatti A Prince of Court Painters, Denys l’Auxerrois, Sebastian van Storck e Duke Carl of Rosenmold vennero raccolti, dopo esser stati pubblicati altrove, sotto il titolo di Imaginary Portraits (diventando da allora in poi il libro preferito dal loro autore), i ritratti successivi comparvero nel corso degli anni in maniera del tutto casuale e disordinata: l’incompiuto Gaston de Latour fu pubblicato a puntate sul Macmillan’s Magazine, e altri ancora vennero ritrovati fra le carte di Pater solo dopo la sua morte[5]. Il percorso che sembra disegnarsi evidente, dopo il profondo trauma derivato dalla scrittura di Renaissance, rivela non solamente la disposizione di Pater a proseguire sulla strada di una imaginative prose che avrebbe sempre assunto la forma del ritratto immaginario, ma, soprattutto, l’intenzione di ricostruire, in una sorta di progetto seriale, la fisionomia ideale di un temperamento e il suo inesorabile e affascinante rinascere in contesti culturali diversi:

    I may add that Marius is designed to be the first of a kind of trilogy, or triplet, of works of a simile character; dealing with the same problems under altered historical conditions. The period of the second of the series would be at the end of the 16th century, and the place France: of the third, the time, probably the end of the last century - and the scene, England[6].

    Così scrive anni più tardi, nel 1886, a Carl Wilhelm Ernst che dall’America gli invia notizie dell’accoglienza riservata a Marius the Epicurean. Il secondo ritratto cui si fa cenno nella lettera è indubbiamente quello dell’ unfinished romance Gaston de Latour, ambientato nella Francia del XVI secolo durante le guerre di religione, e definito da Pater stesso a sort of Marius in France[7]. Il terzo rivela un tentativo guardingo di riavvicinamento a un landscape culturale inglese da cui l’autore di Renaissance, nel suo lavoro creativo, si era tenuto sintomaticamente - e forse drammaticamente - lontano. è probabile che si possa trattare di uno dei racconti più inquieti e complessi di Pater, quell’ Emerald Uthwart che traccia, come sempre a posteriori, il profilo di un giovane eroe negli ultimi anni del Settecento, durante le guerre napoleoniche. La sequenza che era stata prefigurata come una ordinata trilogia rimane, così, più ipotizzata che realmente dispiegata sotto i nostri occhi: e serve soprattutto a indicare in Pater l’intenzione di tracciare un paradigma, di cui Marius è ovviamente l’esempio più compiuto. Si trattava cioè di costruire narrazioni inseguendo un modello ideale di trasformazione diacronica del personaggio - attraverso gli insidiosi e fertili momenti di crisi della cultura europea - dalla medieval Renaissance di Two Early French Stories fino ai primi bagliori dell’Aufklärung in Duke Carl of Rosenmold. Inoltre, ricorda Arthur Symons, Pater dichiarava a proposito di The Child in the House di aver voluto scrivere the first chapter of a romance which was to show ‘the poetry of modern life’, something, he said, as Aurora Leigh does[8]. Il riferimento al romanzo in versi di Elisabeth Barrett Browning è rivelatore, nel rifiuto esplicito che esso rivela dei modelli di una narrazione realista, e nel segno evidente di una disposizione a inoltrarsi in tempi e luoghi sempre più contigui - a tentare di disegnare dunque il profilo di un eroe dei nostri giorni.

    Proprio inseguendo la esile traccia rappresentata da questo desiderio realizzato solo in parte di avvicinarsi direttamente e senza maschere alla contemporaneità[9], la nostra attenzione si sposta su un breve racconto incompiuto e inedito durante la vita del suo autore. An English Poet fu scritto nel periodo in cui, catturato dai miti greci della rinascita (Persefone - ma soprattutto Dioniso) Pater si era già incamminato sulla strada di quella rilettura del mito stesso che sarebbe sfociata nei saggi più tardi raccolti in Greek Studies e, indirettamente, nell’intera concezione dell’ aesthetic personality. L’anno è lo stesso che vede la composizione e pubblicazione di The Child in the House. Proprio perché è con quest’ultimo che il racconto in questione sembra rivelare maggiori affinità, e per la significativa concomitanza di date, An English Poet negletto da Shadwell[10] si configura, se non come l’anello mancante della trilogia ipotizzata da Pater, come il secondo tassello di una sorta di disarmonico mosaico inglese. Tanto più rivelatore quanto più erratico e profondamente complesso fu il rapporto di Pater con la propria cultura e quanto più ansiosa ne fu dunque la rappresentazione sulla pagina. A rendere maggiormente degno di nota questo breve e misterioso ritratto incompiuto è la definizione che il suo autore scelse per trasformarlo quanto più possibile in un racconto parallelo all’altro: così come quello era stato deliberatamente definito nel titolo Imaginary Portraits. 1. The Child in the House, così di questo Pater aveva voluto un’eguale definizione (Imaginary Portraits. 2) quasi a voler stringere esplicitamente in un unico progetto due episodi che pur nella diversità narrativa avrebbero dovuto accogliere, come sempre d’ora in poi, lo spazio di una crescita interiore e il tempo - storicamente segnato - in cui questa si sarebbe dispiegata. Interrotto drammaticamente a metà di una frase, nel momento del ritorno dell’anonimo fanciullo (il futuro English poet) nella terra dove è nato, il racconto si costruisce come un curioso analogo rovesciato di The Child in the House. In quest’ultimo l’accendersi della memoria ne determinava il movimento a ritroso, mentre la soglia letterale e metaforica del racconto era rappresentata dal momento in cui Florian Deleal, in an agony of home-sickness, volta le spalle alla casa e si avvia, far into the rural distance, verso il compiersi di un destino che è fuori della pagina[11]. Qui, la forma del racconto sembra anticipare invece quella dei ritratti successivi: che tornano sì anch’essi indietro nel tempo a ricostruire una biografia, ma tracciando poi un percorso lineare in cui si disegna, fino al momento della dissoluzione finale, il destino del protagonista. Con una variante, in questo caso: seppure non intenzionalmente da parte dell’autore (non sapremo mai perché la composizione del racconto si fermò a metà frase, né perché esso non fu mai portato a termine[12]) chi legge è costretto non già a contemplare un ritratto completo, che si conclude fatalmente - come è la norma nei portraits immaginari di Pater - con una morte violenta, quanto piuttosto a ricomporre solo i tratti iniziali di una fisionomia che affiora lentamente sulla pagina. Non prima, però, che l’ingresso in scena del protagonista sia preceduto da un misterioso quanto necessario antefatto. Grazie alle circostanze che presiedono alla nascita del protagonista - quasi un involontario calco di uno dei topoi privilegiati dalla narrativa vittoriana - la convenzione forte dell’orfanità come punto di partenza obbligato per l’avventura nel mondo viene trasformata in un complesso esperimento di riscrittura del mito. Da questo punto di vista, e pur nella sua necessaria incompletezza, An English Poet segna in modo inequivocabile l’avviarsi di quel processo per cui, d’ora in avanti, la narrativa di Pater stringerà in uno stesso nodo tematico e allusivo il destino dei suoi eroi all’idea di un ritorno ciclico del dio dal lungo esilio invernale e del suo inevitabile soccombere. Suggerendo implicitamente nuove modalità di narrazione e rivelandosi dunque come una delle voci che nella cultura tardo-vittoriana danno avvio a un profondo e irreversibile processo di trasformazione della forma stessa della prosa.

    Composizione di luogo

    È proprio dalla composizione di luogo su cui indugia il racconto nelle pagine iniziali, e da cui prende vita la figura del protagonista, che è necessario partire. Essa accoglie, in nuce, il primo adattamento del mito entro la cornice del ritratto: indicazione basilare di quella che sarà in seguito non solo la scelta stilistica di Pater, ma soprattutto la qualità particolare della sua ispirazione, rivelandosi come un percorso diverso rispetto al modello di scrittura ugualmente suggestivo, ma forse irripetibile nel suo estremismo, che era stato proposto in quello stesso anno con The Child in the House. In esso la narrazione poneva immediatamente in primo piano la figura e il nome del protagonista (As Florian Deleal walked, one hot afternoon...), e il cammino lungo la strada assolata in compagnia di un vecchio misterioso apriva ad un complesso gioco di rispecchiamenti in cui il ricordo dei luoghi dell’infanzia, sollecitato da un sogno, accendeva a sua volta la memoria di sé:

    With the image of the place so clear and favourable upon him, he fell to thinking of himself therein, and how his thoughts had grown up to him.

    A partire dallo squarcio iniziale tutto il racconto si snodava lungo l’asse del ricordo di una crescita interiore, e l’(auto)ritratto che da esso prendeva luce, concludendosi con l’abbandono della casa dell’infanzia e il definirsi della personalità estetica, assumeva il colore inequivocabile di un portrait of the artist as a young child.

    In questo secondo portrait incompiuto Pater sperimenta un procedimento diverso, anzi per certi versi quasi opposto. L’incipit apre - quasi si tratti di un resoconto di viaggio - su una regione della costa normanna: una anonima voce narrante descrive, come se visto da molto lontano, l’ampio Pays de Caux e coglie la particolarità del landscape nella dense enclosure of trees che, disposta a protezione di ogni fattoria, costella the high country, otherwise treeless - a broad expanse of corn declining to the edge of the white cliffs. Non è però solo il disegno del territorio a catturare, ruskinianamente, l’attenzione del viaggiatore: con un gesto che è già sintomatico di Pater lo sguardo si allontana dallo spettacolo naturale - che pure Ruskin gli ha insegnato a leggere - per avvicinarsi a cogliere i segni dell’uomo là dove si scorge a rough pent-house, overgrown with moss [...] and the heavy stone gate-posts will be sometimes quaintly carved. La protezione che l’enclosure offre dai rigori del tempo e dunque la qualità raccolta del luogo abitato (quel "principle of the chez soi"altrove evocato e in futuro così singolarmente presente in Pater[13]) si declinano, in un landscape già reso immaginario, come i primi agenti della trasformazione della fattoria normanna in un emblematico luogo senza tempo, che attenua l’avvicendarsi delle stagioni e l’assalto dei venti in una sorta di perenne indian summer:

    There is room for a garden also, and a careless orchard, where the blossoms hang almost motionless all their season through, although a strong wind may be abroad without, rocking roughly the bigger trees. The apples will be full of goodly juices, for the salt comes but faintly to them.

    e in cui l’inverno stesso perde i connotati naturali per trasformarsi in una condizione di sogno a occhi aperti, sì che la narrazione scivola impercettibilmente - ma è un momento cruciale - dalla rappresentazione di un paesaggio naturale all’interiorità di una figura umana indirettamente evocata e ancora priva di fisionomia, la cui coscienza è il legame sottile che stringe esterno e interno in un unicum indistinto:

    in winter especially when the snow lies in deep drifts round the place, one has time for fancies.

    Da questa composizione di luogo, in cui lo sguardo ha traversato l’intero Pays de Caux per raggiungere infine l’interno protetto della fattoria, suggerendo, senza mai descrivere, la disposizione al sogno che tale luogo induce, prende infine vita la prima figura del racconto: la pale English girl, married to the plain Norman farmer che trova nell’erba una moneta d’oro di conio romano

    with a clear high profile on it which looked to her as might an image of immortal youth.

    La traiettoria narrativa conduce dalla figura animata all’oggetto: in quest’ultimo si rispecchia la fisionomia del protagonista, per poi ingrandirsi fino a occupare l’intero spazio del racconto. Nasce, da questo incompiuto English Poet, un procedimento che vedrà sempre Pater incastonare gli oggetti nei luoghi per formare l’habitat stesso, infinitamente allusivo, dei suoi eroi, quasi che il racconto non possa scaturire che da quella forma inanimata, segnata dal tempo e dalla mano dell’uomo artista e non dalla genealogia convenzionale del romanzo realista. Analogo, anche se molto più opulento, sarà qualche anno dopo l’incipit di Denys l’Auxerrois: lì la voce del viaggiatore, dopo aver a lungo indugiato sulle bellezze della regione di Auxerre, narra del ritrovamento di a large and brilliant fragment of stained glass which might have come from the cathedral itself[14], su cui è riprodotta l’effigie del giovane sconosciuto da cui scaturisce il racconto. Derivano idealmente da questo primo frammento anche la scena iniziale di Sebastian van Storck, in cui la figura del protagonista si distacca e prende vita dal ritratto di un paesaggio invernale descritto secondo lo stile - lo indica Pater stesso - di un Adrian van de Velde o di un Isaac van Ostade; e ancora le rovine romantiche che custodiscono i resti del duca di Rosenmold e della sua amata, o il sarcofago di Emerald Uthwart, o ancora Deux-manoirs, la residenza di Gaston de Latour. Queste cornici variegate, a volte non necessariamente più grandi di una moneta o di un frammento di vetro istoriato, ma tali comunque da accogliere, miniaturizzato, il profilo del personaggio, rivelano, a cominciare proprio da An English Poet, non solo la disposizione di Pater a distanziare sempre la figura in un tempo remoto, ma soprattutto a proiettarla in quel magico punto di incrocio in cui tempi e luoghi della Storia determinano la particolare fisionomia interiore, e vero destino, della figura stessa. È la nascita di un temperamento, parola e idea squisitamente pateriane, la cui fisionomia era stata delineata nel saggio Diaphaneitè (1864) e verificata successivamente negli scritti sul Rinascimento. Qui, infine, questa nascita si trasforma sotto i nostri occhi in autonoma sequenza romanzesca: seppur incompiuta, essa si rivela il palinsesto su cui Pater riscriverà, continuamente arricchendola e via via complicandola, l’avventura intellettuale, spirituale e narrativa dei suoi ritratti immaginari.

    Genealogia

    Nei racconti successivi i protagonisti escono dalla fissità della cornice-involucro che li avvolge, rendendoli muti e inerti, per prendere vita grazie alla parola del narratore (That’s my last duchess, painted on the wall... la costruzione à la Browning emerge evidente nei ritratti di Pater). Torneranno dentro la cornice dopo che la storia è stata esplorata a ritroso per individuare i momenti in cui destino individuale e landscape epocale si sono fatalmente incrociati: dal fitto intreccio che ne deriva è scaturito il temperamento che la voce del narratore decide di ritrarre. Non il viaggio lineare ed esterno - intrapreso cioè nel flusso della contemporaneità - della Bildung vittoriana, quanto piuttosto il percorso interiore di una sensibilità che si misura con lo spirito del tempo e fa di questo momento condizione estetica e biografica al tempo stesso. È già dal primoracconto che Pater sembra pensare il progetto, ormai beyond Victorianism[15], da cui scaturirà anni dopo la fisionomia complessa di Marius. Lo studio dei miti greci lo accompagna in questo disegno, aiutandolo a eliminare le scorie del realismo dall’impianto della storia, e a cancellare quell’interrogazione sulle origini, che tanto assillava la cultura contemporanea, sostituendo a essa l’ambigua nebulosa di un mondo senza padri[16]: l’orfanità del protagonista è l’ultimo anello di congiunzione fra l’impianto vittoriano del racconto e la sua nuova fisionomia di palinsesto ri-scrivibile e ri-leggibile.

    In An English Poet è la moneta d’oro a funzionare da cornice: la figura in essa incisa prende vita e, letteralmente, colore (e sempre il colore tematizzerà in Pater una profonda trasformazione interiore) trasformandosi nel suo analogo contemporaneo, il giovane che compare in un pomeriggio d’estate alla fattoria normanna:

    a bright figure came one afternoon when there were a thousand dancing shadows on the grass, and leaned upon the gate, a slim figure with delicate hands and golden hair growing crisply half down his forehead, and just such a profile as that on the golden medal. He has too, what the medal has not, colour - white and pale red, and just a touch of amber where the salt air of the channel has taken him.

    Da questo momento la storia acquista un’altro respiro, rilevante non solo come sovrannaturale genealogia del protagonista che si delinea nelle pagine successive, ma più particolarmente come archetipo di quella che sarà la tendenza diffusa della narrativa di Pater: amplificare all’infinito i possibili livelli di lettura del testo stesso e, all’interno di questo progetto, trasformare i racconti in possibili rielaborazioni del mito di Dioniso - e in seguito di Apollo[17].Demeter and Persephone e A Study of Dionysus erano stati pubblicati nel 1876, The Bacchanals of Euripides fu scritto nel 1878, e due anni dopo comparve The Beginnings of Greek Sculpture. Nello stesso anno, in The Marbles of Aegina, viene data forma compiuta alla opposizione fra carattere centrifugo e centripeto che oltre il manifestarsi in every sphere of the activity of the Greek mind, e riverberandosi sull’antitesi classico/romantico, è destinata ad agire come sottotesto in molta

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