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L'Utile: à la recherche de
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E-book197 pagine2 ore

L'Utile: à la recherche de

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Info su questo ebook

Un romanzo che è molto di più di un semplice thriller psicologico, è la ricerca di ciò che a un dato momento della vita, quando perdi tutto, come accade al protagonista, si rende UTILE, o almeno così può sembrare lungo i confini dello smarrimento

Ahmed Demha, un giovane avvocato parigino (madre francese, padre algerino) destinato a grandi successi professionali, subisce l’ondata emotiva scatenata dalla “notte del Bataclan”.

Per risollevarsi dallo stato di prostrazione in cui è spinto dagli eventi e dalla sua delicata condizione psicologica, concentra i propri sforzi nella ricerca di cosa sia veramente utile, per lui e per l’uomo in generale, e in questo percorso si perde, ma…

*** Un romanzo che ti sorprenderà. Perché Mauro Acquaroni le storie te le sa raccontare con un piglio originalissimo.  ***
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2022
ISBN9788868672720
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    Anteprima del libro

    L'Utile - Mauro Acquaroni

    Intercettazione 1

    «Sei tu?»

    «E chi vuoi che sia? Sei tu che mi chiami.»

    «Allora, ci hai pensato? Hai trovato il modo?»

    «Ma sì, ci sono quasi, ma tu non starmi addosso, è una cosa complicata, devo sentire in giro.»

    «È da più di un mese che ti sei preso lʼimpegno e quella mi sta facendo morire, più passa il tempo e più...»

    « Ouais ouais, tu mʼemmerdes! Non rompere, ho detto che te lo risolvo io il problema e quando io dico una cosa è quella, ma dammi il tempo casse-couilles

    «Guarda che te ne ho già allungati venticinquemila, se pensi di fregarmi...»

    « Mais va te faire, che interesse avrei, stai buono e non rompere Em...»

    «Niente nomi per telefono!»

    «Ma chi vuoi che ci stia a sentire? Mica siamo in un film.»

    «Tu non fare nomi, so io come vanno le cose, per telefono niente nomi, luoghi e riferimenti, capito?»

    «Ma sì va bene, niente nomi, ma tu stai buono, tempo venti giorni e tutto è sistemato.»

    «Venti, non di più, altrimenti...»

    «Altrimenti cosa? Mi denunci? Ma stai buono, ti ho detto che ci penso io e lo farò, con i miei modi e i miei tempi, tu non rompere e prepara gli altri venticinquemila. Salaud!» [1]


    [1] Espressione gergale analoga allʼitaliano co...ne.

    1. Michelle A. – 28 anni – segretaria (I)

    «Le unghie me le ero fatte per conto mio, con quello che mi costa la manicure, per una volta vabbeʼ, comunque le mani erano a posto, voi non sapete cosa vuol dire avere le mani in disordine, io poi non le sopporto proprio quelle con le unghie con lo smalto sbeccato, danno unʼidea di, come dire, di trascuratezza... Che poi tutti a dire che quando una è bella è bella, ma poi gli uomini queste cose la vanno a vedere, eccome!

    Come dite? Ah sì sì, torniamo a noi, dunque, vi dicevo, quella mattina, unghie a posto, trucco in ordine, ceretta totale il giorno prima, beʼ no, proprio totale no, qualcosa va lasciato... Insomma, a me piace presentarmi sempre al meglio. Dunque dicevamo, quel giorno, il giorno prima di quel giorno che... Ma sì, quel giorno là, come tutte le mattine lui si presenta in perfetto orario, è uno così preciso, uno che quando dice un orario è quello, non come quelli che... Io proprio non li sopporto i ritardatari, che se uno dice un orario... Sì sì, ho capito, torniamo a noi. Allora, lui, lʼavvocato Demha, arriva bello fresco ed energico come sempre.

    " Bonjour Michelle.ˮ

    " Bonjour avvocato Demha,ˮ gli faccio io "ho buone notizie per voi: lʼavvocato Caussain mi ha detto di riferirvi che vi aspetta domani mattina, ore otto, nel suo studio privato.ˮ

    "Buone notizie, Michelle?ˮ

    "Buone avvocato, si tratta di... Oh ma non posso anticiparvi nulla, mi hanno detto che deve essere una sorpresa.ˮ

    "È per la mia domanda?ˮ

    "Non fatemi parlare, avvocato.ˮ

    "Ahmed.ˮ

    "Sì, non fatemi parlare Ahmed... Avvocato, non fatemi dire di più e comunque se avete un grammo di intuizione lo potete capire da voi che se avete fatto una domanda e io vi preannuncio buone notizie... Insomma, cercate di capire cosa non posso dirvi e non mettetemi ulteriormente in imbarazzo. Vi dico solo: domani alle otto e il resto immaginatevelo voi.ˮ

    "Grazie Michelle.ˮ

    "Alle otto, mi raccomando la puntualità, lo sapete quanto ci tiene lʼavvocato Caussain.ˮ

    "Domani, ore otto, ci sarò!ˮ

    Ecco, insomma, niente di più, cioè sì, devo riconoscere che mi era simpatico lʼavvocato Demha, giovane, brillante, oddio bellissimo no, io preferisco il modello nordico, alto, muscoloso, sul biondo e sorriso sfrontato tipo Brad Pitt, non so se mi capite, comunque un tipo carino, chi si immaginava che... Ma non è che avessi poi una grande confidenza con lui, bonjour, bonsoir, cose così, ma cose personali mai, sul lavoro mai prendere e dare confidenze, non si sa mai, non è professionale, e poi se una si scopre troppo è il momento che gli altri, i colleghi, ne approfittano e allora...

    Come dite? Ah sì, volete sapere di Demha... Allora, quella mattina dopo che gli ho detto quella mezza cosa ho capito che lui aveva capito, insomma, vedevo che era soddisfatto, poi si è infilato in ascensore, è salito nel suo studio e non lʼho più visto, fino a... Fino al giorno dopo, a quel maledetto giorno.

    Come avete detto che si chiama il vostro giornale? Per la foto posso mandarvene una mia ben fatta? Con questa luce non si vede bene il colore dei miei occhi.»

    2. René F. – 33 anni – avvocato

    «Ahmed, lʼavvocato Ahmed Demha? Certo che lo conoscevo, lavorava in studio con noi, era, almeno mi sembrava, un tipo a posto. Certo, poteva non piacere, con quellʼaria da primo della classe dava sempre lʼimpressione di essere così sicuro di sé, così consapevole del proprio valore assoluto nonostante fosse laureato da poco, ma a me non dava fastidio, lʼinvidia la lascio agli altri, io vado per la mia strada. Del resto bisogna farsene una ragione, cʼè sempre qualcuno meglio di te, non puoi certo stare lì a roderti il fegato se non sei il numero uno.

    E forse nemmeno lui non era il numero uno, ma era uno di quelli che... come dire... si sentono in credito con il mondo, che tutto gli è dovuto. Pensate un poʼ, quando quellʼoca di Michelle si era lasciata scappare che Jean-Marc Caussain, il suo capo, il nostro capo, aveva preso in considerazione, no, non aveva ancora deciso ma ci stava pensando, di accettarlo come socio dello studio, lui era rimasto quasi impassibile, come se non gliene importasse più di tanto. Uno normale avrebbe fatto i salti per la contentezza, magari avrebbe organizzato una bella festa, certe gioie vanno condivise, altrimenti che gusto cʼè? Ma per lui non era il caso. Autocontrollo, sempre, era la regola.

    Io, per esempio, se mi capitasse una cosa così, la prima cosa che farei sarebbe trascinare i miei amici al Deux Magots [1] e ordinare per tutti ostriche da annegare nel limone e ingoiare con lʼaiuto di un paio di Veuve Cliquot [2] , perché io so come si festeggiano certi momenti, so vivere io, non come Ahmed, bravo ragazzo quanto vuoi, ma quanto a vivere...

    A lui le ostriche proprio non piacevano, a un congresso una volta ho visto che di nascosto ne sputava una nel fazzoletto, e se per questo neanche a me piacciono molto, mais cʼest chic! Certe cose vanno fatte anche se non piacciono, se sei un uomo di mondo non puoi certo offrire agli amici tartine alla maionese, e per lʼalcol poi... Ahmed non beveva alcolici, di nessun tipo, nemmeno la birra. Evitava gli alcolici, ma non per ragioni alimentari o religiose, no, solo perché detestava ogni forma di appannamento dei sensi così come di vizio e dipendenza.

    Io glielo dicevo: "Guarda Ahmed che ogni tanto lasciarsi andare fa bene alla salute, lo dicono anche i dottori, e quanto ai vizi... I vizi sono il sale della vita, sono lʼunica vera fonte di piacere! La vita te la godi veramente solo se hai vizi da soddisfare, senza quelli non cʼè gusto, e non si può ridurre tutto al dovere, che noia sarebbeˮ.

    E quando glielo dicevo lui, candidamente, mi rispondeva che in quel momento della sua vita vizi e piaceri costituivano sprechi, energie sottratte a quanto di realmente proficuo, a quanto di utile. E lui detestava gli sprechi.

    Ok, va bene, apprezzo la tua sincerità,ˮ gli dicevo ma mi sai dire che vita è senza un minimo di vizi? Certo non voglio dire di arrivare alle anfetamine o alle droghe pesanti, quello no, ma che male può fare qualche canna, un bicchierino alla sera, cibo buono, qualche gioco, ma sì anche dʼazzardo, il fumo, le sigarette... Almeno quelle me le concederai? Uno lavora tutta la settimana, permetterai che... E il sesso? Ammetterai che qualche sana, viziosa trasgressione non può che giovare e rendere interessante e meno noiosa la vita? E i personaggi famosi, gli idoli delle folle, gli eroi, come potrebbero essere così seguiti e ammirati se non avessero qualche vizio da farsi rimproverare?ˮ

    Ma lui niente: "Non amo nulla che possa annebbiare la mia intelligenza, rifuggo da qualsiasi forma di dipendenza che possa circoscrivere il mio libero arbitrioˮ.

    Proprio così, mi diceva "libero arbitrioˮ. Ogni risorsa, per lui, doveva essere asservita alla religione del puro utile. Sì, lʼutile! Quante volte lʼavrò sentito usare quella parola, questo è utile, quest'altro non è utile, ma dovʼè lʼutile... In un certo senso Ahmed era un asceta discreto, qualsiasi forma di narcisistica ostentazione era bandita e quindi non cʼè da stupirsi che di amici, veri amici, copains intendo, non ne avesse, e del resto lui non ne voleva, probabilmente per non correre il rischio di rallentare la sua corsa verso il successo appesantendola di debiti e vincoli, anche solo morali.

    Conoscenze sì, ne aveva tante, certo, ovviamente tutte utili in prospettiva e questa era una delle cose che meno mi piacevano in lui. Relazioni qualcuna, rigorosamente superficiale. Come diceva lʼavvocato Caussain quando si lasciava un poco andare? Ah sì: "Una botta e viaˮ. Una filosofia, quella del capo, che non faceva sconti; anche Michelle, la sua segretaria, secondo me, ne doveva sapere qualcosa.

    Non che fosse asessuato, questo no, ma secondo me Ahmed, con una testa così, non sentiva le pulsioni come le sentiamo noi, cioè sì, ma non quanto noi insomma, tutti gli sforzi li concentrava sopra la cintura. Secondo me anche le ragazze con cui usciva... Per me lo faceva solo per una questione di immagine, perché sapeva che gli tornava utile farsi vedere in giro, di tanto in tanto, con qualche ragazza, possibilmente bella, necessariamente elegante. Serviva a tranquillizzare i clienti più tradizionalisti, maggiormente sereni nellʼaffidare le proprie sorti a professionisti soggetti alle pulsioni convenzionalmente e universalmente accettate.

    No, non è una questione di perbenismo, tanto lo sappiamo tutti che nella propria camera da letto... Però non può essere un caso se negli studi di seri professionisti le foto incorniciate a uso dei clienti sono quelle della famiglia, moglie, figli e cane, e certo non quelle dellʼamante in topless su una spiaggia sperduta. Se poi da queste relazioni Ahmed traeva anche una intima soddisfazione proprio non saprei dirlo, forse sì, probabile, ma non era quello il motivo per cui se le sceglieva.

    Chi, invidioso io? Ma volete scherzare? Io di ragazze ne ho quante ne voglio, non... Se Ahmed aveva una relazione con Michelle? Mah, penso che Michelle non avrebbe disdegnato, faceva sempre la gattina smorfiosa con lui, ma Ahmed secondo me fingeva di non accorgersene, era troppo intelligente per non capire che non è mai utile cacciare nella riserva del proprio capo.»


    [1] Storico bistrot al 6 di Place Saint-Germain-des-Prés.

    [2] Famosa casa produttrice di champagne.

    3. Jean-Marc C. – 73 anni – avvocato (I)

    «Certo che lo conoscevo lʼavvocato Demha. Confesso che, almeno allʼinizio, mi piaceva. Ragazzo decisamente pragmatico, concentrato sul risultato ultimo, non si perdeva in discussioni e pratiche inutili, era un professionista essenziale, determinato, spietato no, sarebbe troppo, lui non era uno pronto a tutto, aveva la sua etica, una moralità precisa, rigida. Forse troppo.

    Io glielo dicevo: "Rilassati un poʼ ragazzo, non essere sempre così sul pezzo, lasciati andare, la vita non è solo studio e lavoro, cʼè molto altroˮ.

    Scusate un momento... Sì? No, dite che sono in riunione e già che ci siete, Michelle, non passatemi telefonate fino a ordine contrario, inteso?

    Dunque, dove eravamo rimasti? Ah sì, Ahmed Demha. Noi dello studio avevamo investito molto su di lui, a un certo punto avevamo accarezzato lʼidea di promuoverlo a socio. Negli ultimi due anni aveva lavorato veramente bene, lo confesso, pensavamo che fosse pronto per il grande salto, sapete, una cosa è essere un anonimo avvocatucolo confuso nel formicaio dei legulei parigini, costretto a passare più tempo ad aspettare nei corridoi intasati di varia umanità dei tribunali che a sfogliare le pagine del codice, unʼaltra è ritrovarsi a collaborare con il prestigioso Studio Legale Caussain & partners e unʼaltra ancora è essere un membro associato dello Studio Legale Caussain & Demha!

    Ma lo sapete che è dal 1908 che il nostro studio assiste la migliore clientela parigina? Mio nonno Jean-Paul lo ha fondato e... Ma non perdiamoci in chiacchiere, torniamo a noi, a Demha. Avevamo preso seriamente in considerazione lʼipotesi si associare Ahmed, non lo nego, sapete, io ho ormai una certa età e mi merito un poʼ di tempo per me e mio figlio... Beʼ, mio figlio si occupa dʼaltro. Lo studio aveva bisogno di nuove intelligenze, di carne fresca, e noi avevamo... Noi chi? Noi, intendo... Io insomma! Io avevo pensato che lʼavvocato Demha potesse essere la persona giusta, tutto lo lasciava credere. Del resto le cause di cui si occupava non si disperdevano, come spesso succede, in oziose, costose, infinite discussioni e trattative: Ahmed non sprecava energie e risorse, non offendeva e non si offendeva, non era prigioniero di pregiudizi, dispetti e ripicche, lui puntava al sodo, al risultato finale.

    Allʼutile. Certo. Nelle aule di un tribunale come nella vita. Quante volte glielʼavrò sentita ripetere quella parola, lʼutile, era un poʼ una mania. Pensate che Ahmed, una sera che era in vena di confidenze, cosa assai rara peraltro, mi aveva confessato che fin da piccolo era stato ammaestrato al culto dellʼutile.

    Alla scuola dellʼutile papà lʼaveva fin dai primi passi iscritto:

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