La favola di Amore e Psiche
4/5
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Info su questo ebook
Cura e traduzione di Gabriella D’Anna
Edizione integrale con testo latino a fronte
Tradotta in tutte le lingue, raffigurata dai più celebri pittori, musicata dai compositori e cantata dai poeti, la storia di Amore e Psiche è riconosciuta come il racconto più noto e più bello delle Metamorfosi di Apuleio. È una favola autentica, dai toni delicati e dalle atmosfere magiche e incantate, che racchiude in sé tutti gli elementi cari alla tradizione fiabesca popolare. Un racconto conosciuto in tutto il mondo, di cui sono state date le più diverse interpretazioni, e che continua ad avere una straordinaria fortuna da quasi duemila anni.
«Frattanto Amore... non potendo più sopportare l’assenza della sua Psiche, scappò attraverso una finestra altissima della stanza dove era tenuto prigioniero, e siccome durante il sonno gli si erano rinvigorite le ali, volando più veloce che mai accorse in aiuto della sua diletta.»
Lucio Apuleio
nacque a Madaura, nell’odierna Algeria, nel 125 ca. Studiò prima a Cartagine e poi ad Atene, formandosi una cultura varia ed eterogenea. Accusato di aver costretto con arti magiche la ricca vedova Pudentilla al matrimonio, si difese con la celebre Apologia, pronunciata tra il 155 e il 158. Morì a Cartagine nel 180 ca. Ci ha lasciato, oltre a L’asino d’oro (o Metamorfosi), opere filosofiche e oratorie.
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Recensioni su La favola di Amore e Psiche
59 valutazioni2 recensioni
- Valutazione: 3 su 5 stelle3/5This presentation of the Greek myth of Cupid and Psyche, beautifully-produced though it is, is less of a picture book than it is an illustrated adult text. Walter Pater, a nineteenth-century English essayist and art critic, originally published this selection as part of his philosophical novel, Marius the Epicurean, in much the same way that the original Cupid and Psyche was contained in Apuleius's 2nd century novel, The Golden Ass.I found the language irritating in its artifice, as if Pater was attempting an "antique" style in his writing. The prose is so purple that the modern reader may become disgusted, as with this passage: "Venus, in the furiousness of her anger, tracks thy footsteps through the world, seeking for thee to pay her the utmost penalty; and thou, thinking of anything rather than thine own safety, hast taken on thee the care of what belongs to me!"The reader would be well-advised not to look to Pater's version if they want an enjoyable and readable adaptation of this classic myth. The brilliant illustrations by Errol le Cain however, are definitely worth an examination - they are so delightful, that I awarded this book three stars, despite its unappealing text. These black and white, art-deco style pictures remind me somewhat of Kay Nielsen, and that is praise indeed! One wishes that some of le Cain's work was still available...
- Valutazione: 5 su 5 stelle5/5Cupid and Psyche is an extract from The Golden Ass by Apleius featuring three stories from that compilation including Cupid and Psyche as well as two chapters from the main story. Cupid is the 12th book in the Pengiun Epics series and is easily the most beautiful. The romance of Psyche and her relationship with Cupid is tender and endearing. Compared with the other Epics, this is a tale with emotion and a sense of genuine feeling between two people. It is a narrative that stands up well compared to modern literature and is an absolutely excellent ancient text. The two chapters of Golden Ass are funny and irreverent. They show a wit and sense of the dramatic centuries ahead of writings of its time.The Penguin Epics version of Cupid and Psyche is translated by E.J. Kenney who does a tremendous job in turning the original Latin into a flowing and easy read that reflects the beauty of the original. The work contains a very short note referring to The Golden Ass and the context these extracts sit within. The note does not add much value. However, Cupid and Psyche is a work that speaks for itself in its magnificence.The first of the three tales is the story of Psyche and her love for Cupid. It begins very much in the tradition of the literature of aniquity. The jealous god Venus despises the beautiful Psyche because Venus hates the idea that others might turn heads and distract attention away from her. As a vengeful god, she imposes wrathful vengeance on the innocent Psyche at a whim. This is completely in step with the Latin and Greek narrative style, the vagaries and cruely of life being reflected in the gods who treat humans scornfully.It does not take long though for this particular narrative to transcend those that came before. The relationship that develops between Psyche and Cupid is a wonderful romance. Cupid forbids Psyche from gazing upon him, creating an uncertainty in her despite the strong feelings she holds for the man she does not know is Cupid. That lack of finality adds a layer of tension to the relationship and makes it feel more passionate and intense.Psyche is a lovingly drawn character. She is kind and giving, not letting her own internal doubts stand in the way of yielding to the pleasures of the bonds of mutual love. Still, she cannot resist giving in to temptation and eventually is pushed by her calculating sisters into gazing upon Cupid, injuring him in the process. From the height of a fantastic life filled with delights she is cast into suffering again by Venus.Again though, Apuleius takes his narrative beyond anything that has come before. This time it is through Cupid. The winged cherub is no longer the mischievous child of earlier works. Under the pen of Apuleius Cupid has grown up. He stands up to his mother and instead of inflicting great pain on a human for the tiniest of slights as is often the classic in the literature of antiquity, Cupid reaches out to Psyche and bring her to a reasurringly happy ending with him. The reciprocation of love from Cupid to Psyche is a great treasure and brings this great short story to a beautiful conclusion.Had the extract in this work only been Cupid and Psyche it would have been a five star work. The narrative flows effortlessly and the characters are so easy to engage with. The story is more sophisticated than most from antiquity and it features a seemingly genuine emotional bond between its principal cast members. The Penguin Epics edition also contains two other tales and these are written in an entirely different style. For Apuleius to have been a master of the style from his Cupid story is mightly impressive but for the other tales to be written in an altogether different style is awe-inspiring.The two chapters from The Golden Ass are full of wit, banter, and irreverence. They are not at all like the light-touch elegance of Cupid and Psyche. The lead character Lucius relates a couple of stories from a journey featuring well known real people and places, treating the great with a satirical humour and developing an incredibly early venture into the surreal.The first of the two pieces from The Golden Ass is Aristomenes Tale and features an interaction with Socrates. It is a re-imagined Socrates who did not die from the hemlock and who instead had found himself trapped by a witch. Socrates banters with the narrator and the pair exchange bawdy language and attempts to escape from their captivity. It is a ribald tale and seemingly heavily alcohol fuelled. The imagination of the narrator stretches but never breaks the disbelief of the audience. Cleverly, that audience is both the reader and other characters in the book. Those other characters occasionally test the credibility of the narrator which only adds to the desire to be on his side.The first of the pieces ends with the other characters disagreeing as to whether that particular narrator spoke truth. The reader can easily discern that the alcoholic revelry most likely led to some of the outcomes the narrator believed to have happened. This gives the reader the sense of insider knowledge and makes the bizarre happenings of the tale all the more enjoyable.The second piece is part of the longer tale of Lucius. In extract form it does not fully do justice to that tale and is instead an introduction to the fuller work. Lucius heads to the home of a wealthy potentate but is more interested in the women of that home. He wishes to learn from Milo the witch and engages his lust with the slave girl Photis. As part of a longer narrative, it is a more typical story than the other two parts of this work. The stand-out moment though takes place with the witches who seek to cut off the features of the dead. The moment when the reality of what happened during a night of vigilence has the makings of an excellent ghost story.The three stories presented in this work are all very different. The utterly dazzling Cupid and Psyche is truly beautiful. The laugh out loud funny Aristomedes Tale is a descent into the almost surreal surrounds of the imagination. The start of the story of Lucius tempts the reader to find out more from the full work. Of the narrative works in the Penguin Epics collection, this one is hard to equal. Apuleius is one of the great treasures of antiquity.
Anteprima del libro
La favola di Amore e Psiche - Lucio Apuleio
170
Prima edizione digitale: luglio 2011
©1995, 2009, 2010 Newton Compton editori s. r. l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-3403-4
www.newtoncompton.com
Edizione digitale a cura della geco srl
Lucio Apuleio
La favola di Amore e Psiche
Cura e traduzione di Gabriella D’Anna
Premessa di Francesco Piccolo
Edizione integrale con testo latino a fronte
droppedImage-2.pngNewton Compton Editori
Premessa
La prima domanda che conviene fare con calcolata ingenuità, rileggendo oggi la favola di Amore e Psiche, è perché nel nostro immaginario si sia fermato il dolore e non la felicità. Perché, se qualcuno ci chiede di ricordare, ci viene in mente Psiche che prende la lucerna per illuminare il volto del suo amante sconosciuto, ormai sicura che le apparirà davanti agli occhi un serpente dalle spire mostruose. E invece si trova davanti Amore in persona (chissà se si può dire: in carne e ossa). Oppure – appena dopo – Amore che vola via offeso dal tradimento della promessa da parte di Psiche (verrò da te ogni notte, le dice, ma non cadere nella tentazione di voler conoscere chi sono), e lei che si aggrappa al suo piede e cerca di volare via con lui – e lo fa, fino a quando conserva le forze, poi crolla al suolo. Perfino il gruppo scultoreo di Canova, che pure rappresenta i due nell’attimo della passione amorosa, o nell’attimo che la precede, ci sembra, forse condizionati dalla memoria narrativa, che racconti l’ultimo momento di felicità prima del dolore. Come se fossimo condizionati dalla luce necessaria per osservare l’opera, poiché è proprio la luce il punto di partenza della colpa.
Il momento della perdita. Come Orfeo che si volta a guardare Euridice: aveva promesso di non farlo fino a quando tutti e due fossero in salvo, ma il dubbio che lo stia seguendo soltanto l’ombra della donna amata, e non lei per davvero, lo spinge a voltarsi. E così la perde per sempre.
Ma il fatto è che Psiche non perderà Amore per sempre. E allora chissà perché nell’immaginario si è fermato il dolore e non la felicità, visto che la favola di Apuleio finisce molto bene.
Nel momento che tutti ricordiamo – che poi è il momento grazie al quale quella favola esiste e ha avuto fortuna, il momento intorno al quale Apuleio fa ruotare non solo il senso della favola che racconta, ma anche tutto il senso del libro a cui quella favola appartiene, e cioè L’asino d’oro –, nel momento in cui Psiche rompe il patto con Amore, la situazione della sua vita è la seguente: non sa chi sia l’amante che giace con lei tutte le notti, con cui si sente pure felice, ma la promessa che ha fatto le fa crescere nell’animo (grazie anche alla spinta delle sorelle invidiose) il dubbio di accoppiarsi ogni notte con un mostro, al quale oltretutto sarebbe stata destinata; ha (appunto) due sorelle invidiose e terribili che cospirano contro la sua felicità e soprattutto contro la sua sterminata ricchezza; non sa che sua suocera è Venere, e nemmeno Venere sospetta che suo figlio si sia innamorato di una comune mortale, e se lo sapesse diventerebbe piuttosto aggressiva; Psiche in definitiva non sa di essere in una situazione eccezionale, e quindi non può godersela fino in fondo. Non si può dire che sia in una situazione di serenità o appagamento.
Dopo l’atto di tradimento, e dopo aver attraversato un percorso di sofferenza, necessario a ogni sacrificio, una sofferenza che comprende la delusione di Amore e la rabbia di Venere, si ritrova in questa situazione finale: si sposa con Amore, Venere si placa, le sorelle si buttano dalla rupe e si sfracellano al suolo, beve il siero dell’immortalità e diventa una dea e – per la gioia di tutti noi – nasce una figlia meravigliosa dal nome Voluttà.
Non male.
Eppure, la memoria, il nostro immaginario, la rappresentazione artistica, tutto è concentrato sul momento del tradimento. Il resto della favola ci interessa meno. Come se l’unico valore che possiamo attribuire all’amore fosse tragico, in un modo in cui il dolore abbia un valore indelebile e la felicità appaia sempre trascurabile. Bisogna rassegnarsi: così sono gli esseri umani.
Come se tutte le favole dovessero per forza di cose arrivare a un amore eterno, ma essendo una convenzione, diventa immediatamente trascurabile. Del resto, anche per Apuleio, come abbiamo detto, quella di Amore e Psiche è una favola negativa– cioè, anche per lui il lieto fine è un evento trascurabile, nella funzione che la favola deve avere all’interno del progetto-libro. È possibile che questa storia se la sia inventata lui, tra l’altro. Non è sicuro, ma non è escluso. E lo ha fatto per raccontarla nel bel mezzo di un libro intitolato Le metamorfosi, che poi Sant’Agostino indica nel De Civitate Dei come Asinus aureus. L’asino d’oro.
All’inizio della vicenda, un giovane chiamato Lucio, appassionato di questioni come magia o soprannaturale, si trova in Tessaglia, paese delle streghe. È ospite in casa del ricco Milone, la cui moglie Panfila esercita di nascosto le arti della magia. Lucio giace qualche volta con la serva Fotide, che una notte gli permette di spiare la sua padrona che grazie a un unguento si trasforma in uccello e vola via. Lucio – spinto da un’incontrollabile curiosità – decide di imitarla. Ma usa l’unguento sbagliato. E così viene trasformato in asino, pur conservando la facoltà umana di pensare e di sentire. L’antidoto ci sarebbe: delle rose che Lucio deve mangiare per sciogliere l’incantesimo. Ma uno dei motivi per cui quest’opera di Apuleio è ritenuta un romanzo sta proprio nel fatto che prima che riesca a riprendere sembianze umane, Lucio deve attraversare lunghe e dolorose traversie.
Durante una di queste, in una caverna di briganti, Lucio ascolta la lunga e bellissima favola di Amore e Psiche, narrata da una vecchia a una fanciulla rapita dai malviventi. La favola viene raccontata da Apuleio, dal narratore (che è lo stesso Lucio), dalla vecchia, con identica intenzione: dimostrare che la curiosità ha conseguenze disastrose. A Lucio, prima che si trasformasse in asino, sono già state raccontate due lunghe storie nelle quali in pratica lo si diffidava da una eccessiva curiosità per le arti magiche. Non avendone fatto tesoro, era stato condannato. Lucio, insomma, ha già commesso l’errore che commetterà Psiche. Il vizio della curiosità. Lo stesso vizio che avvolgerà Psiche non una, ma ben due volte durante il corso di questa storia. E la natura esemplare della storia sta nella condanna della curiosità. Quindi, il fatto che nell’immaginario dei secoli successivi il valore stia nel dolore causato dal tradimento del patto da parte di Psiche, è nelle intenzioni dell’autore. Psiche non imparerà nulla dalla sofferenza che provoca la sua curiosità, visto che poche pagine dopo, in un momento delicato, commetterà un errore identico: è una – anzi, l’ultima – delle prove cui Venere la sottopone per tortura, per vendetta, e infine, più o meno inconsapevolmente, per capire e far capire a noi lettori che questa donna bellissima ha le qualità, il coraggio, la fortuna e la sfacciataggine per diventare la dea che diventerà. Venere la spedisce agli inferi a prendere da Proserpina «un poco della tua bellezza, almeno quanta ne serve per una sola breve giornata». Psiche, tra mille peripezie, riesce a ritornare dagli inferi con il vasetto, ma la tentazione di usare un po’ di bellezza anche per lei, per apparire ancora più bella quando Amore la vedrà, la spinge ancora una volta a curiosare: apre il vasetto. Dentro non vi trova la Bellezza, ma un sonno infernale, dal quale infine potrà salvarla solo Amore.
Che lo farà. E quindi anche il secondo errore, a dire il vero, non determinerà un finale tragico.
Perché noi tutti siamo Psiche? Questa è la domanda fondamentale che dobbiamo porci, noi lettori di oggi. Per appassionarci alla favola d’amore basta e avanza la favola in sé, la strada che congiunge l’inizio alla fine. Ma per farci sentire in sintonia con Psiche, ci vuole qualcosa in più. E c’è. È la sua condizione di essere umano qualunque – certo, è bellissima, ed è per questo motivo che viene scelta per avere a che fare con una prova così difficile, ma, almeno all’inizio, non è più che un essere umano normale – di qualità speciale, ma non più di un essere umano. Ecco: questa donna normale si avvia ad affrontare una storia tra divinità e mostri, in cui il quesito della sua esistenza futura, che alla fine non si sentirà di ignorare, è se il suo corpo e la sua passione vengano donati tutte le notti a un essere divino o a un essere mostruoso. Che poi è la domanda che chiunque di noi si è fatto, svegliandoci una (o probabilmente, più di una) notte, osservando accanto la persona amata che dorme, e con la complicità delle ore buie, che rendono sopra le righe tutti i sentimenti e le preoccupazioni, le paure, le angosce e il senso profondo della vita, ci siamo chiesti, mentre vedevamo il torace gonfiarsi e sgonfiarsi in modo regolare: chi è questo essere umano a cui sto concedendo il mio amore, le mie giornate, il mio futuro? È l’essere speciale che mi sembra di aver intuito o è un mostro che mi sembra di temere?
Psiche non lo sa; ma quel che è peggio, è che le è stato chiesto di non scioglierlo, questo dubbio.
Prova a resistere alla curiosità; ma non resisterà. Così, alla fine scioglierà il dubbio e per lei la differenza tra il divino Amore e il serpente mostro sarà netta (grazie al cielo, tutta a favore del primo). Invece, per quanto ci riguarda – ed è il motivo fondamentale per cui la favola di Amore e Psiche ci sta ancora così tanto a cuore – lo scioglimento del dubbio rimane più difficile. Deve essere questo il sentimento liberatorio che proviamo quando Psiche decide di guardare il volto del suo amore misterioso. Perché noi, pur sapendo che non deve farlo, nel più profondo del nostro cuore speriamo che lo faccia. Così almeno lei potrà capire. Visto che a noi pare sia stato assegnato – o possa essere assegnato – un destino diverso: e cioè che quella lampada non illuminerà mai abbastanza, non farà mai totale chiarezza, al massimo suggerirà, ma sarà sempre come stare in penombra. Non ne saremo mai sicuri. Così accade a noi, oppure così temiamo possa accadere a noi (che in fondo fa lo stesso).
Per questo motivo siamo così appassionati e complici di Psiche: perché lei chiarisce una volta per tutte ciò che a noi forse non sarà mai chiaro in modo definitivo.
Questo è il punto centrale, anche se sotterraneo, potremmo dire quasi inconscio, in cui la favola di Amore e Psiche e la condizione attuale del mondo comunicano ininterrottamente. Quello che forse più evidentemente ci riguarda – e, ripetiamo, poiché è evidente, passa sotto traccia, senza che ne avvertiamo la sostanza. Il mondo, tuttora, e forse anche di più, è composto da divinità da una