Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Un amore a senso unico
Un amore a senso unico
Un amore a senso unico
E-book387 pagine5 ore

Un amore a senso unico

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Autrice bestseller del New York Times

Per il mio trentesimo compleanno ho deciso di regalarmi la cosa che desidero di più al mondo: avere un bambino. Certo, sarebbe tutto più facile se avessi un marito o un fidanzato. Ma non ho intenzione di farmi fermare da un dettaglio così trascurabile… Quando ho parlato di quest’idea ai miei amici, mi hanno suggerito di chiedere aiuto a Jake Jackson. Jake è il migliore amico che abbia mai avuto e il suo patrimonio  genetico, quanto a bellezza e intelligenza, è  semplicemente perfetto. Così, quando mi ha proposto di concepire il bambino con l’unica condizione di farlo in maniera “tradizionale”, mi sarei sentita una sciocca a rifiutare. C’è solo un problema. Ho paura di non essere in grado di trascurare i miei sentimenti una volta stretto l’accordo. Se non sto attenta, potrei rischiare di perdere l’amicizia più importante che abbia mai avuto…

L'amore è il peggior nemico dell'amicizia? 

«Lexi Ryan sa come si scrive un romanzo in grado di risucchiarti tra le pagine e farti sentire a casa.»

«Questo libro ha tutto ciò che si può desiderare: amore, dramma, ironia, sarcasmo e un colpo di scena da cui devo ancora riprendermi…» 

«Una lettura che riempie il cuore, personaggi di cui ci si può innamorare, una scrittura meravigliosa, una trama realistica e densa di emozioni, un finale davvero indimenticabile.»

«Ho amato i colpi di scena, così inaspettati. Grazie per questa storia meravigliosa!»

Lexi Ryan
è un’autrice bestseller di «New York Times» e «USA Today». Le piace leggere, guardare i tramonti, bere un buon bicchiere di vino e fare passeggiate lungo la spiaggia. Vive in Indiana con suo marito, i due figli e il loro cane. Il modo più sbagliato per amare è il primo libro pubblicato dalla Newton Compton.
LinguaItaliano
Data di uscita18 giu 2019
ISBN9788822734884
Un amore a senso unico

Correlato a Un amore a senso unico

Titoli di questa serie (100)

Visualizza altri

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Un amore a senso unico

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Un amore a senso unico - Lexi Ryan

    1

    Ava

    «È una pipetta per carne». Guardo male Teagan – l’amica alla quale ho confidato il mio ultimo segreto, e che mi ha appena fatto il regalo di compleanno più assurdo del mondo. Ride così forte che quasi cade dalla panca. E tutto questo per averle raccontato il mio grande piano. «Sei una stronza».

    Siamo sedute tutt’e quattro – io, Teagan, Nicole e Veronica – su una panca al Jackson Brews a festeggiare il mio compleanno, e sono così felice che non riesco a smettere di sorridere: primo perché voglio un gran bene alle mie amiche, alle quali sono legata da un sentimento profondo e viscerale. E secondo, perché compio trent’anni e se ieri la consapevolezza di aver raggiunto questo traguardo mi ha un po’ turbata, oggi mi fa sentire euforica. Perché oggi ho un piano, ho preso un’importante decisione.

    Si potrebbe pensare che Teagan abbia voluto farmi uno scherzo, regalandomi una pipetta per carne, ma io so che in realtà è il suo modo per dirmi che mi sostiene.

    «Immagino di dover fare un annuncio». Mi appoggio con una mano sul tavolino per stare dritta. La tequila mi fa sempre quest’effetto.

    «Voglio sentire l’annuncio, Ava. Sputa il rospo», dice Nic, sistemandosi una ciocca di capelli castano chiaro dietro l’orecchio. Perfino lei si è concessa un drink stasera – una rarità per la brava forestiera del gruppo che ha scelto di vivere qui – e ha le guance un po’ accese.

    «Siccome è il mio compleanno, ho deciso di farmi un regalo».

    «Te lo meriti», dice Teagan. Solleva il bicchiere alla mia salute. Ma quanto sono fortunata ad avere amiche così straordinarie?.

    «Che regalo?», chiede Veronica.

    «Un bambino», dico d’un fiato, e dall’emozione mi trema la voce. Veronica e Nic mi fissano stupefatte, come se avessi appena parlato in latino, così spiego: «Ho deciso di averne uno».

    «Tipo immacolata concezione, o…», chiede Veronica.

    Schiaccio l’estremità della pipetta e fisso la mia amica. «Okay, stronzetta. So bene che manca un elemento all’equazione, ma ho trent’anni e non sembra che la situazione cambierà presto. Non sono riuscita a concepire nel periodo in cui ero sposata…».

    «Non tutti i mali vengono per nuocere», dice Teagan.

    «…quindi sento di doverci provare ora», finisco.

    «Provare… a rimanere incinta?», dice Nic.

    «Sì, perché a chi serve un uomo per una cosa del genere?», dice Veronica.

    Scuoto la testa. Le mie amiche fanno apposta a non capire? «Ascoltate. Vi giuro che non sono pazza». Osservo attentamente il nostro gruppetto, e mi sento un po’ come il brutto anatroccolo in mezzo a tre splendidi cigni. Accanto alla bellissima Nic è seduta Veronica, la sua gemella omozigote. Veronica è la versione molto incinta e meno allegra di Nic. Davanti a Veronica, Teagan, i lunghi capelli neri, la pelle ambrata, e due tette incredibili, un dono del cielo, che scambierei volentieri col mio braccio sinistro.

    La mia amica Ellie non è riuscita a venire stasera – doveva litigare di nuovo con mio fratello Colton – ma è altrettanto stupenda.

    Non dico di essere poco attraente, ma senza una buona dose di trucco agli occhi e un discreto impegno nel sistemarmi i capelli con la piastra, risulto più scialba che carina. Aggiungete all’aspetto un po’ deludente, tutto il bagaglio ingombrante che mi porto dentro e, ta-da! Ricetta assicurata per restare zitella per sempre.

    «Sono già stata sposata e non ha funzionato», spiego. «Sarebbe bello trovare un ragazzo con cui passare il resto della mia vita, però non è fondamentale. Ma una gravidanza e un bambino? Quella è una cosa che voglio provare». Mi sento attraversare da una scarica di adrenalina, e l’euforia aumenta. Forse dipende dall’alcol? Difficile a dirsi, ma non mi importa. Onestamente, da quando ieri ho messo a punto l’Operazione Gravidanza, l’unica vera domanda che mi pongo è perché non ci abbia pensato prima.

    Batto una mano sul tavolo come fossi il giudice che picchia il martelletto per pronunciare la sentenza finale. «Voglio una famiglia e non sto ringiovanendo, quindi me ne faccio una da me».

    «Buon per te», dice Veronica alzando il bicchiere d’acqua. Mi sorride raggiante, gli occhi che luccicano. Forse è fiera di me, o magari è solo contenta perché non sarà più l’unica mamma single del gruppo.

    «Penso che sia grandioso», dice Nic. «Molto, molto coraggioso ma grandioso».

    «Allora…». Teagan scruta il bancone. «Scegliamo uno dei ragazzi là o cosa?».

    Alzo gli occhi al cielo. Teagan sa che ho intenzione di ricorrere all’inseminazione artificiale – ecco il perché della pipetta – ma credo che dovrei essere più precisa riguardo a dove trovare la materia prima. «Ho già parlato con alcune banche del seme. Sto guardando i donatori, ma il punto è: e se questi uomini fossero pazzi? Non c’è una casella per questa domanda. Come sai se non ti stai infilando il seme di un pazzo? Voglio amare mio figlio, non chiedermi se suo padre avesse qualche feticismo per i guanti di gomma».

    Teagan annuisce. «Mi sembra una preoccupazione legittima. Per via della genetica».

    «Sono confusa», dice Veronica. «Userai la banca del seme o no?».

    Sospiro. Okay, sono molto eccitata riguardo al mio piano. E determinata. Non cambierò idea. Ma il pensiero di dover acquistare il seme non mi entusiasma troppo. «Non ho ancora deciso. Ovviamente è la soluzione più facile per avere un bambino nella mia posizione, ma…». Sbuffo. «Da quando mi sono messa in testa questa cosa del pazzo, nessuno dei profili va bene. Sono nervosa».

    Teagan scrolla le spalle. «Perché non chiedi a un amico se ti dà un po’ di sperma? La pipetta funziona anche se lo sperma è gratis, sai».

    Sperma gratis da un amico?. «Si può fare?»

    «Certo», dice Teagan. «Mia cugina l’ha fatto. Era come te – voleva un bambino e non voleva aspettare –, perciò ha chiesto un po’ di sperma al suo migliore amico e lui ha riempito un barattolino. Nove mesi dopo, voilà! Un bambino tutto suo. Ed è certa che non abbia il gene del feticismo per i guanti di gomma».

    «Sarebbe l’ideale». A essere sincera, anche solo telefonare alla banca del seme era stato imbarazzante. Inoltre, visti i precedenti, temo che non farò centro al primo colpo, quindi… «Ma come decido a chi chiedere?»

    «Be’», dice Veronica, «non sono la persona più indicata per fare una scelta del genere, visto che ho già preso delle pessime decisioni». Fa una smorfia, e in quel momento mi si stringe il cuore per lei. Ha combinato un gran bel casino: se l’è spassata con l’ex fidanzato di sua sorella e quando ha capito di che pasta era fatto davvero, ha passato gli ultimi quattro mesi a cercare di farsi perdonare dalla gemella. E intanto si prepara a crescere da sola il bambino che sta per nascere. Colgo il lampo malizioso del suo sguardo quando finisce: «Ma se fossi in te mi orienterei sicuramente sui geni dei Jackson».

    «Fanno dei bei ragazzi», aggiunge Nic. «E con un bel cervello, anche».

    Bisogna ammettere che i Jackson possiedono un patrimonio genetico davvero eccezionale. Ma trovo la cosa piuttosto imbarazzante. «Sono amica dei Jackson da tutta la vita». Erano i nostri vicini di casa. «Levi è probabilmente il più bello», dico, riferendomi al più piccolo dei fratelli, «ed è alla mano e tutto, ma sono sicura che anche con lui sarebbe una conversazione strana». Abbasso la voce e mi guardo attorno per assicurarmi che nessuno ci stia ascoltando. «E credo che provi segretamente qualcosa per la mia amica Ellie».

    «E poi pretenderebbe di scoparti sul serio», dice Veronica. «Niente pipetta».

    Levi non è il genere di ragazzo che si lascerebbe sfuggire l’occasione di portarsi a letto una donna, ma penso che le mie amiche sottovalutino l’effetto sorella che esercito sui fratelli Jackson.

    «Jake è il tuo migliore amico, vero?», dice Teagan. «Se chiedessi a lui? Scommetto che lo farebbe per te».

    Arriccio il naso. Jake? «È un po’ strano, no?». D’istinto scruto tra la folla, e il mio sguardo si posa su Jake dietro al bancone, sui suoi capelli scuri e su quegli occhi che le ragazze definiscono incantevoli. Sbavano per le sue spalle larghe e per i tatuaggi che si intravedono sotto le maniche della camicia attillata. Farebbe di tutto per me. Senza contare che è davvero un ottimo ragazzo. Non sarebbe un sollievo sapere che mio figlio ha un patrimonio genetico di quel tipo?

    Teagan spinge un bicchiere vicino alla mia mano. «Finisci questo e chiedigli di riempire un barattolino per te».

    Avverto una stretta allo stomaco. È davvero tanto semplice?

    Non voglio pensarci. Quando rimugino troppo sulle cose, mi blocco. E invece voglio che il mio piano si realizzi. «È il mio compleanno. Non c’è niente di male a chiedere, giusto?». Deglutisco. «Speriamo bene».

    Jake

    Ava McKinley incrocia il mio sguardo dal tavolo in fondo al Jackson Brews, e mi scruta con una tale intensità che avverto una stretta allo stomaco. Per un attimo, la immagino mentre mi guarda così, ma in un contesto del tutto diverso. Magari proprio qui, dopo la chiusura del pub, seduta sul bancone lucido di legno di noce, con quegli occhi scuri accesi dal desiderio. Mi avvicino, le faccio aprire le gambe, le slaccio l’abito a vestaglia, dolce tortura che mi ha tormentato tutta la sera. Sprofondo la testa tra i seni perfetti e comincio a titillarle i capezzoli con la lingua, finché non mi implora di darle di più.

    Bravo, Jackson, continua pure a sognare di scopartela.

    Non me ne posso fare una colpa. Quale uomo, infatti, non si abbandonerebbe a fantasie simili, se non più erotiche? Di sicuro Ava è la donna più bella nel pub. Se a questo si aggiunge che ha un umorismo sottile e che ama la mia cucina quasi quanto la mia birra, è naturale che non riesca a toglierle gli occhi di dosso.

    "Che importa se è la tua migliore amica e quindi decisamente off-limits!".

    Scivola fuori dalla panca col bicchiere in mano, si allontana dalle amiche e viene dritto verso di me. Barcolla leggermente e questo mi ricorda che ha bevuto parecchio. Mi accorgo però che ha in testa qualcosa. Un brivido mi corre lungo la schiena, l’immaginazione galoppa veloce in trepidante attesa, ma devo ricordarmi che c’è un abisso tra fantasia e realtà.

    Cindy mi dà una gomitata. Stasera lavoriamo insieme dietro al bancone – io perché è venerdì, e nelle sere della settimana in cui ci sono più clienti al pub mi piace avere tutto sotto controllo, e Cindy perché sostituisce Ava. È il suo compleanno e alla fine la mia amica ha ceduto alle mie insistenze e si è presa la serata libera. «Sei nei guai?», mi domanda Cindy.

    «Non… penso?». Ava sta festeggiando con le sue amiche, e ne sono contento. Lavora troppo, ma grazie al cielo le ragazze non l’hanno lasciata a casa a correggere i compiti anche stasera.

    Per il suo trentesimo compleanno si è davvero scatenata. Il tavolo a cui è seduta insieme a Nicole, Veronica e Teagan è zeppo di bicchieri ormai vuoti di Long Island iced tea e birra.

    «Buona fortuna», dice Cindy e sgattaiola via, proprio nel momento in cui Ava mi raggiunge dietro al bancone.

    Si ferma davanti a me, ancora un po’ instabile sulle gambe, e poggia il bicchiere vuoto sul bancone. La sua vicinanza mi provoca una scarica di desiderio così intensa che mi è impossibile ignorarla. È sempre stata bella: capelli neri, corpo sinuoso, occhi caldi color nocciola, capaci di rimettere al suo posto un uomo senza bisogno di aggiungere neppure una parola. Negli ultimi tempi, però, il vecchio tormento di desiderare una donna che non posso avere si è fatto più acuto. Colpa di mio fratello Ethan, che ha ritrovato la felicità accanto a Nic, la sua ragazza.

    «Ciao, festeggiata». Forse non dovrebbe essere così facile nascondere il fatto che ho una mezza erezione e che solo dieci secondi fa stavo immaginando di scoparmela sul bancone. Ma è che ho fatto anni di pratica al riguardo.

    Barcolla leggermente sulle scarpe rosse col cinturino alla caviglia e mi afferra il polso. Di solito, ogni volta che Ava mi tocca, ne custodisco il ricordo per le mie fantasie. Stavolta, invece, il suo è più un tentativo di tenersi in equilibrio che un gesto affettuoso – e, comunque, non mi ha mai toccato in modo seducente se non nella mia immaginazione.

    «Avrò un bambino», dice, cercando di parlare a bassa voce, ma fallendo miseramente nell’impresa.

    Addio, erezione. «Avrai cosa?». La fisso per un attimo, cercando di dare un senso alle sue parole. Scruto la gente al bancone per vedere se qualcun altro ha sentito quel che ha detto, ma sono tutti troppo occupati a bere e a pensare ai fatti propri per prestare attenzione a noi due. Sposto lo sguardo accigliato verso le sue amiche, nella speranza che almeno loro possano spiegarmi quel che sta succedendo. Impossibile che sia incinta. Non sapevo neppure che stesse vedendosi con qualcuno.

    «È tutto sotto controllo», dice. «Posso farcela. Non mi serve un uomo. Posso farcela da sola. Quindi…». L’espressione del suo viso mi fa venire il dubbio che stia per vomitare. Non è l’unica ad avere la nausea, però. Dopo la notizia che mi ha dato, mi sembra di avere un elefante che si diverte a saltellare sul mio torace. «Quindi, puoi aiutarmi?».

    Non so proprio cosa risponderle, perché non ho capito cosa mi sta chiedendo. Vuole che l’aiuti a crescere il bambino? O devo organizzarle l’orario di lavoro al pub in base a quello del nido? Sono confuso, e per caso mi accorgo che tiene qualcosa in mano, di lato. «È una pipetta per carne?»

    «Un regalo di compleanno. Hai sentito quel che ho detto? Avrò un bambino e vorrei che tu mi aiutassi».

    Non ho ancora capito in cosa dovrà consistere il mio aiuto, ma chi voglio prendere in giro? Non mi importa. Se Ava avesse bisogno del mio braccio destro, cercherei subito un’accetta. «Conta su di me, Ava, per qualunque cosa».

    Mi sorride. È raggiante, cazzo. «Oh! Davvero? Pensavo sarebbe stato chiederti troppo».

    Potrebbe domandarmi qualsiasi cosa, non sarebbe mai troppo. Ma cos’è questo nodo alla bocca dello stomaco al pensiero che lei avrà un bambino da un altro? Ci rifletterò più tardi. «Sei ubriaca, vero?»

    «Molto ubriaca».

    «Bene». Un’altra cosa su cui riflettere più tardi. Domani dovremo affrontare la questione del bere alcol in gravidanza. Sarà una conversazione un po’ surreale, visto che lei è la persona più assennata e responsabile che conosca, ma ne riparleremo comunque. Magari l’ha appena scoperto. Forse ha preso coraggio proprio dopo aver bevuto, e poi ha fatto il test nel bagno delle donne.

    Fa una risatina. «Mi sembra impossibile che stia succedendo sul serio».

    A chi lo dici!. «Coraggio, vieni. Andiamo a letto».

    Afferra la pipetta per carne con entrambe le mani – dovrà spiegarmi meglio anche questa storia, domani – e, ubbidiente, mi segue sul retro, su per le scale che conducono a casa mia, proprio sopra il pub.

    Chiusa la porta alle nostre spalle, guardo il mio appartamento con occhi diversi. Mi sono trasferito qui durante l’università per gestire il Jackson Brews e allo stesso tempo seguire tutti i corsi. All’epoca mi risultava comodo, e in seguito non mi sono preoccupato di trovare un’altra sistemazione. Mi andava bene così. Ma se Ava avrà un bambino a breve, come farà a portarlo qui? Per quanto sia bello, questo loft composto da un’unica camera da letto, con un solo bagno, non è esattamente a misura di bambino. Rabbrividisco al pensiero che un marmocchio riesca a infilarsi tra le sbarre della ringhiera per poi precipitare di sotto. Devo assolutamente trovare qualcosa di più adatto.

    Un bambino. Avrà un figlio.

    Mi sembra di rivivere il giorno in cui mi ha detto che si era fidanzata con Harrison. Ma stavolta non mi renderò ridicolo, voglio prenderla con filosofia. Affronterò la questione come farebbe un amico. Non come uno stupido innamorato.

    Vado nella minuscola cucina e le riempio un bicchiere d’acqua, mi volto e me la ritrovo accanto. Mi scruta il viso con quegli occhioni nocciola. «Sono proprio fortunata ad avere un amico come te, Jake».

    È vicina. Talmente vicina che potrei chinarmi e baciarla, e il desiderio a lungo represso è così intenso che mi prende al petto e mi sembra di soffocare. «Concordo». Le porgo il bicchiere. «Bevi».

    Ubbidiente, lo svuota a metà e me lo riconsegna. «Credi che sarò una brava mamma?»

    «La migliore». Deglutisco e faccio un passo indietro per allontanarmi un po’ da lei. Spero che mettendo una minima distanza tra di noi, il dolore al petto diminuisca, ma non è così. Avrà un bambino. «Dai. È ora di andare a letto».

    Si volta verso il divano, dove insiste a voler dormire quando resta da me, ma le poso le mani sulle spalle e la giro verso la mia camera.

    «Stasera mi serve il divano», mento. «Tu dormi nella mia stanza».

    «Oh, scusa. Certo. Non vorrei darti fastidio». Entra nella mia camera e si slaccia il cinturino delle scarpe. Le sposto le coperte e subito s’infila a letto, gli occhi già mezzi chiusi. Con questo bambino finiranno anche le serate tra ragazze dopo le quali viene a dormire da me, ancora allegra e con le guance arrossate?

    «Aspetta», dice mentre la copro. «Abbiamo parlato del bambino?».

    Sono sicuro che non riuscirò mai a sentirla parlare di un bambino senza questa fitta dolorosa alla bocca della stomaco. C’è da dire che ho sempre rispettato Ava, in attesa del giorno in cui avrebbe smesso di vedermi come il ragazzino un po’ imbranato della porta accanto, o come il liceale palestrato pronto a portarsi a letto qualunque ragazza consenziente. Sono stato paziente. Troppo. Perché adesso lei avrà un figlio da un altro. Sto già pensando a come riorganizzare la mia vita per darle tutto l’aiuto possibile, dimenticando però un tassello fondamentale del puzzle. Cosa accadrà quando lo dirà al padre del bambino? Chiunque sia, sarebbe un idiota se non facesse di tutto per stare con lei per sempre.

    Deglutisco a fatica mentre le rimbocco le coperte. «Ne abbiamo parlato. Continueremo domattina, okay? E parleremo anche della questione del bere».

    «Niente più alcol. Il mio corpo diventa sacro da domani». Chiude gli occhi e sorride. «Sei proprio un amico speciale, Jake. Il migliore».

    «Già», sussurro. «Potrei essere il migliore in tutto, se solo tu me lo permettessi».

    2

    Ava

    Appena il telefono squilla e mi sveglia, mi rendo improvvisamente conto di alcune cose.

    Uno, chiunque ci sia dall’altra parte è uno stronzo.

    Due, ho preso una sbornia colossale.

    Tre, sono nell’appartamento di Jake.

    Non è la prima volta che dormo da lui. Non mi capita spesso di sbronzarmi, e se esagero è solo al Jackson Brews, perché è così che vanno le cose quando il tuo migliore amico gestisce un pub. Bevo al piano di sotto, e se sono talmente brilla da non riuscire a tornare a casa a piedi, gli chiedo di dormire sul divano al piano di sopra.

    Stavolta, però, non solo sono nell’appartamento di Jake – sono nel suo letto. E la cosa potrebbe anche essere normale, perché è il genere di ragazzo che lo cede volentieri e va a dormire sul divano pur di far stare comodo l’ospite. Anche se io insisto sempre per dormire in salotto. Adesso però che comincio a mettere a fuoco, poco alla volta, i fatti accaduti ieri sera, svegliarmi nel letto di Jake mi sembra… significativo.

    Ieri sera ho detto alle ragazze del bambino e della decisione di prendere in mano la mia vita e crearmi una famiglia. Ho espresso le mie perplessità riguardo alle banche del seme ma ho anche ribadito che desidero fortemente avere un bambino. E loro mi hanno detto di chiedere lo sperma a Jake.

    E… lui ha accettato? Me lo ha dato ieri sera?

    Mi tiro su a sedere, e subito inizia a martellarmi la testa. Il cellulare sul comodino vibra, devono avermi lasciato un messaggio in segreteria. Mi premo una mano sulla fronte. Ma perché quando si è già sbronzi ci sembra che continuare a bere sia un’idea così geniale? Tante cose ci sembrano geniali quando siamo brilli. Ingurgitare altro alcol. Ballare sui tavoli. Chiedere lo sperma agli amici.

    Noto la pipetta vicino a me sul letto, mugugno e mi nascondo di nuovo sotto le coperte. Chiaramente non ha raccolto lo sperma in un barattolino perché lo potessi usare.

    Prima di tutto, che imbarazzo. Secondo, quella che da ubriaca mi sembrava un’idea geniale, da sobria mi pare un’assurdità. Non ho in programma di lasciare Jackson Harbor, e neppure Jake sta pensando di trasferirsi altrove. Se anche fosse disponibile a darmi il suo seme, avere un figlio da lui cambierebbe le cose tra noi. Oppure no?

    Allora perché sono nel suo letto?

    Sento dei passi, istintivamente apro gli occhi e vedo Jake fare capolino dalla porta.

    «Buongiorno, festeggiata», dice.

    «Non c’è nulla di buono in questo giorno», mugugno. «Mi sento uno straccio».

    Jake è a torso nudo, i tatuaggi sulle braccia e sul petto in bella vista.

    A livello razionale, so bene che ha un bel corpo. Non il fisico che ti aspetteresti da un nerd come lui, e soprattutto non da uno che beve tanta birra. Ma effettivamente non c’è traccia di pancetta. Si allena troppe ore in palestra insieme ai fratelli perché ciò accada. In più, hanno tutti questo patrimonio genetico pazzesco per cui sono straordinariamente belli. Sì, da un punto di vista razionale, non posso che apprezzare il fisico dell’uomo che ho di fronte.

    Ma l’attrazione non è una questione razionale. L’attrazione è fatta di emozioni e sensazioni. E a livello emotivo, vedo Jake come il mio migliore amico. Tutto qui. Ed è così ormai da parecchio tempo. Quindi se una mia amica lo guarda e si scioglie, o mi dice che impazzisce dalla voglia di andarci a letto, capisco il perché. Mi accorgo anch’io di quant’è affascinante. Ma non sono gelosa di lui. Ed è un bene, perché se lo fossi, mi scoppierebbe a ridere in faccia.

    «Perché hai lasciato che mi ubriacassi?».

    Incrocia le braccia e la mascella gli si irrigidisce. «Perché non sapevo che fossi incinta, tanto per cominciare».

    Per la seconda volta stamattina, scatto seduta sul letto, e per la seconda volta mi metto una mano sulla testa perché il movimento è stato troppo brusco.

    «Non fa bene bere quando si aspetta un bambino», dice Jake.

    «E pensi che non lo sappia?»

    «Non ti sto giudicando. Pensavo solo che…».

    «Non sono incinta». Vero? Ho forse usato la pipetta? Dio, mi sento da schifo.

    «Ieri sera mi hai detto che avresti avuto un bambino».

    «È così».

    Aggrotta la fronte. «Quindi?».

    Scuoto la testa e subito me ne pento. «Posso avere del Tylenol? E una tazza di caffè, e dell’acqua, e, che so, magari un pugnale per fare harakiri?».

    Esce dalla camera e quando torna mi trova nuovamente sdraiata a letto. Ha portato tutto, tranne il pugnale. C’era da scommetterci. Posa tutto sul comodino accanto al letto. «Ne vogliamo parlare?»

    «Ho i postumi della sbornia e mi sento troppo male. E poi tu continui a dire cose senza senso, quindi no. Preferisco rimandare la chiacchierata».

    «Io dico cose senza senso?». Posa le mani sui fianchi. «Sei stata tu a dirmi che eri incinta».

    «Non è vero. Ti ho detto che avrei avuto un bambino. È diverso».

    «E quale sarebbe esattamente la differenza?»

    «Non lo so. Il tempo verbale, l’uso del condizionale, e… non riesco a ragionare sulla grammatica la mattina presto».

    «Sono le dieci, Ava».

    Prendo il Tylenol sul comodino e lo mando giù con un sorso d’acqua fresca, bevendo direttamente dalla bottiglia. Quando il liquido mi arriva allo stomaco, arriccio il naso. «Vorrei un bambino, Jake. E te ne ho parlato ieri sera perché…». Solo una cosa potrebbe rendere questa conversazione più imbarazzante di quanto già non sia: vedere Jake reggere in mano il barattolino col suo sperma mentre discutiamo dell’eventualità che possa farmene dono. Faccio un respiro profondo e sputo il rospo. «Ho bisogno… del tuo aiuto».

    «Per cosa?»

    «Perché rendi tutto tanto difficile?». Gli lancio un cuscino sul petto. «Vattene. Sono stanca, mi sento uno straccio e ieri sera ho commesso un errore madornale».

    «Non faccio il finto tonto. Trovo solo un tantino complicato comprendere cosa intendi». Respira a fondo e sulle labbra gli compare il sorriso più paziente tra quelli che ha in faretra. «Vuoi un bambino. Non sei incinta».

    «Non sono incinta», dico sottovoce. Parole che continuano a ferirmi. Mi facevano soffrire all’inizio del mio matrimonio, quando mio marito mi stringeva a sé e mi prometteva che la volta successiva saremmo stati più fortunati. Hanno continuato a farmi soffrire anche in seguito, quando sullo stick del test compariva sempre il segno meno rosa, che poco alla volta aveva alzato un muro tra di noi. E ancora alla fine del matrimonio, quando il tradimento di mio marito mi aveva devastata, mentre tutti mi dicevano che dovevo essere contenta perché almeno non c’erano figli di mezzo. Parole che mi feriscono sempre, che mi fanno soffrire. Non incinta.

    Jake espira, rilassa le spalle e si volta dall’altra parte. «Cazzo. Una buona notizia».

    Jake

    «È una pessima notizia», dice Ava, con un tono di voce stranamente stridulo, che non le appartiene. «Devo farmi una famiglia quanto prima: lo sai che le probabilità di concepire un figlio diminuiscono ogni anno dopo i trenta? Ti rendi conto che per me potrebbe essere molto difficile rimanere incinta?».

    Mi volto e vedo che s’infila di nuovo nel letto e si copre fin sopra la testa. «Ti va di parlarne?», le domando.

    «No», dice, la voce attutita dalle coperte.

    La raggiungo dall’altra parte della stanza e le scopro il viso. So che non si sente bene per i postumi della sbornia, ma non posso far finta di niente e andarmene senza affrontare l’argomento. Non ho quasi chiuso occhio stanotte, ancora frastornato dalla notizia della gravidanza e sconvolto dalle inevitabili conseguenze, e invece adesso mi dice che non è incinta. Vuole sì un bambino, ma vorrebbe anche il mio aiuto.

    Ma che cazzo significa?.

    «Spiegami bene». Incrocio le braccia sul petto.

    «Voglio una famiglia, e sono stufa di aspettare che arrivi l’uomo dei miei sogni, quindi me ne faccio una da sola».

    «E vuoi che io ti aiuti?». Accidenti. Non saltare a conclusioni affrettate si fa sempre più dura. E a proposito di cose che si stanno indurendo…

    «Esatto. Cioè, no. Voglio dire…». Fa un respiro profondo. «Ieri sera mi sembrava un’ottima idea».

    A me l’atto di concepire un bambino con Ava sembra un’ottima idea ogni minuto di ogni ora di ogni dannato giorno. Ma temo che lei immagini raramente di fare certe cose con me. Okay, forse non ci pensa proprio mai. «Ieri sera, quando mi hai chiesto di aiutarti, intendevi dire che vuoi che ti metta incinta?».

    Mi guarda storto. «Fai apposta a fare il finto tonto?»

    «Ti giuro di no». Stavolta più che mai, ho davvero bisogno che mi spieghi, per filo e per segno, cosa intende dire. «Voglio essere sicuro di aver capito bene».

    Si preme una mano sulla fronte. «Vorrei solo che mettessi un po’ del tuo sperma in un barattolino, e me lo dessi. Niente di tanto strano».

    Certo. Perché questo non è strano. «Scusa». Alzo un dito. «Dammi un secondo». Giro per la stanza, esamino gli angoli del soffitto. Guardo dietro l’abat-jour, apro l’armadio e controllo dentro.

    «Cosa stai facendo, Jake?».

    Mi volto verso di lei. «Cerco la telecamera – quella che hai nascosto da qualche parte per farmi finire su Scherzi a parte. Fanno ancora quella trasmissione? Perché sono sicuro di essere su Scherzi a parte». Mi inginocchio e guardo sotto il letto.

    «Non sei su Scherzi a parte! Smettila di comportarti da idiota!».

    Mi tiro su, incrocio le braccia e irrigidisco la mascella. «Ieri sera volevi che mi masturbassi, raccogliessi lo sperma in un barattolino e te lo dessi. È questo che mi stai dicendo?». Mi cade lo sguardo sulla pipetta sopra il letto, posata accanto a lei. Ma certo. Adesso capisco tutto.

    Cristo Santo. Come mi sono ridotto. Succede quando rimani per anni innamorato perso della tua migliore amica e non fai nulla per voltare pagina e andare avanti. Alla fine lei vorrà il tuo seme. Non te. Solo i tuoi spermatozoi. Mi sento come un ragazzino che è andato a scuola con un foglietto appiccicato sulla schiena con su scritto Prendetemi a calci. «Non dici sul serio,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1