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Fantasmi innamorati: eLit
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E-book153 pagine2 ore

Fantasmi innamorati: eLit

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Info su questo ebook

Mentre si occupa della ristrutturazione della casa di Jared Collins, Cookie Naylor non riesce a evitare che quella dimora le susciti strane sensazioni: da dove arrivano quelle risate sussurrate e quei gemiti d'amore? È sicura che strani segreti siano intrappolati tra quelli quattro mura e chissà... forse si tratta di una casa stregata, visto che da quando lavora lì non fa che pensare all'amore...

LinguaItaliano
Data di uscita29 lug 2016
ISBN9788858957417
Fantasmi innamorati: eLit
Autore

Glenda Sanders

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Fantasmi innamorati - Glenda Sanders

    1

    «Cookie Naylor.»

    «E chi sarebbe, zia Essie?» chiese Jared Colin alla imponente matrona che gli sedeva di fronte. Non era imparentato con lei, ma la chiamava così perché sapeva che le faceva piacere. E perché gli conveniva tenersela buona.

    Essie Mae Dunmore Berryhill considerava la presidenza della Taggartville Historical Preservation Society come un incarico sacro e aveva perorato la causa della ristrutturazione di Katherine House, la mostruosità in stile vittoriano che Jared aveva ereditato da suo nonno. Trovandosi nel centro storico di Taggartville, la costruzione era considerata un monumento nazionale; perciò qualsiasi ristrutturazione era soggetta all'autorizzazione della Associazione. E tale approvazione era soggetta alla magnanimità della sua presidentessa. Che, purtroppo per Jared, era una gran chiacchierona.

    «Come, chi sarebbe? È la nipote di Caroline Naylor» replicò Essie, come se fosse l'informazione più ovvia del mondo. «Porta lo stesso nome di sua nonna, perciò, per evitare di confonderle, qui a Taggartville la chiamano Cookie.»

    «Non credo di averla mai incontrata, questa Caroline...»

    «Molto improbabile» ridacchiò la vecchia, «visto che ti sei trasferito qui da una settimana e Caroline è passata a miglior vita cinque anni fa. Comunque» continuò, senza nessuna fretta, «il figlio di Caroline era uno scienziato e lavorava altrove. Ma Cookie passava tutte le estati qui, insieme a sua nonna. Erano inseparabili, quelle due. Ricordo che con ago e filo erano due veri fenomeni.»

    «Interessante» esclamò Jared, sforzandosi di mascherare uno sbadiglio. «Ma non vedo il nesso con...»

    «Be', Cookie sarebbe perfetta» dichiarò la vecchia. «Ha un debole per le case di una volta. Lei e Caroline fecero un viaggio alla scoperta delle vecchie locande di campagna poco prima che Caroline...» Si interruppe e fece un gran sospiro. «Era talmente giovane, poverina!»

    «Chi, Cookie?»

    «Ma no, Caroline! Aveva appena sessantotto anni. Un attacco di cuore.»

    «Quanto mi dispiace...»

    «Forse però non riuscirai a convincerla.»

    «Chi?»

    «Ma Cookie, no? Lavora a Boston, per uno studio di grossi architetti, ed è molto richiesta. Sono sicura che non potrà venire. Ma sarebbe fantastico se si liberasse. Lei sì che farebbe un gran bel lavoro, a Katherine House

    Finalmente Jared riuscì a mettere insieme i pezzi di quello sgangherato discorso. «Sembra proprio la persona ideale» convenne, deciso ad assecondarla. «Dove hai detto che lavora? A Boston?»

    Essie sembrò storcere il naso. «Sua madre era del New England. Una vera Brahim, dei Brahim che arrivarono negli Stati Uniti sulla Mayflower. Conobbe il figlio di Caroline al college e lo convinse a rimanere al Nord. Ma Cookie è una così cara ragazza.»

    «Ne sono convinto.»

    «Ogni anno mi manda una cartolina, a Natale. Da qualche parte dovrei avere anche un suo recapito.»

    «Oh, bene. Così potrò cercare di contattarla» si offrì Jared, se non altro per dimostrare la sua buona volontà.

    «Ora devo andare.» Essie si alzò con calma. «Le amiche mi aspettano per il bridge.»

    Jared le offrì il braccio e la scortò fuori dal suo ufficio, indicandole la strada nel labirinto di teloni appesi nella sala grande.

    Prima di uscire, zia Essie si arrestò a osservare gli operai. «Gran bel lavoro.»

    «Faccio del mio meglio. Mio nonno era molto affezionato a questa casa e sarebbe felice di sapere che sto facendo tutto il possibile per tenerla in ottimo stato, zia cara.»

    Una mano avvizzita gli si posò sul braccio. «Sei un caro ragazzo, Jared. Il governatore sarebbe fiero di te.»

    Un manto di fuliggine scendeva dal cielo grigio sullo strato di ghiaccio e di neve sporca che si ammassava sui marciapiedi. Caroline Naylor guardò oltre Danitra, per osservare lo spettacolo al di là della finestra. Le tre del pomeriggio ed era già quasi buio; alle cinque, sarebbe stato ancora più buio. Si sarebbe infilata in una macchina gelata e ci avrebbe impiegato un'ora, imbottigliata nel traffico, a raggiungere il suo appartamento.

    Le veniva la pelle d'oca solo a pensarci. L'inverno non era mai stata la sua stagione preferita, e quell'inverno in particolare era stato il peggiore di tutti.

    Ignara del tempo e delle preoccupazioni dei comuni mortali, Danitra conduceva la riunione settimanale con la solita disinvoltura. Si apprestò ad aprire una cartelletta di pelle. «Ho tenuto per ultimo il meglio: la Claxton Corporation. Non mi hanno ancora dato l'okay, ma i nostri schizzi preliminari sono piaciuti parecchio» annunciò gongolante.

    I nostri schizzi, notò Caroline con sarcasmo. Gli schizzi erano proprietà personale dell'architetto che li aveva fatti fino a quando il cliente non li approvava. Dopo di che, diventavano proprietà della Urbanel Interiors; e siccome Danitra era la Urbanel Interiors, diventavano le sue idee, così come il merito che ne conseguiva.

    Accavallò le gambe e soffocò un sospiro. L'arte oratoria eccessivamente drammatica di Danitra aveva perso ogni attrattiva ai suoi occhi già dopo la terza esibizione. Lavorando alle sue dipendenze ormai da quattro anni, calcolò di essersi sorbita quelle noiose riunioni settimanali come minimo duecento volte.

    E per la millesima volta si chiese se non fosse arrivato il momento di voltare pagina. Da Danitra, ormai, aveva imparato tutto quello che c'era da imparare. Si era fatta una certa esperienza e aveva preso importanti contatti nell'ambiente dell'industria. E non si concedeva una vera vacanza da almeno due anni.

    Un'ora più tardi, il ronzio dell'interfono la distolse da uno schizzo. Era Dolores, la centralinista. «Spero non mi farai licenziare per questo, ma tu per caso rispondi al nome di Cookie?»

    Caroline rimase senza parole. Sua nonna era stata l'ultima persona a chiamarla così. Sua nonna e alcuni suoi amici di Taggartville. «Perché?»

    «C'è un certo signor Colin sulla due, che ha chiesto di Cookie Naylor. Insiste per parlarti.»

    «Colin, hai detto?» L'unico Colin che ricordasse, frugando nella memoria, era il panettiere da cui sua nonna si serviva sempre.

    «Esatto.»

    «D'accordo. Passami la chiamata» decise incuriosita. «Ah, Dolores?»

    «Sì, Cookie?» replicò la ragazza, scherzosa.

    «Ti è sembrato un tipo piuttosto in là con gli anni?»

    «Al contrario! Ha una voce alla Kevin Costner. Non so se mi spiego...»

    Sempre più curioso... Caroline pigiò il pulsante della linea due e assunse il suo tono più professionale. «Caroline Naylor.»

    «Signorina Naylor? Sono Jared Colin. Lei non mi conosce, ma Essie Mae Dunmore...»

    «Zia Essie!» esclamò, senza lasciarlo finire. «Mio Dio, sarà un secolo che non la vedo!»

    Il suo entusiasmo e il calore della sua voce sorpresero non poco Jared. Per qualche motivo, si era creato un'immagine mentale di quella Cookie, pensandola come un'imponente signora di mezza età, altera e contegnosa. E invece, a giudicare dalla voce calda, gli parve una donna abituata a indossare... biancheria di raso. Anzi meglio: di pizzo trasparente, preferibilmente nero. Si schiarì la voce, e riprese. «Io ho una casa, qui a Taggartville.»

    «Ah» fece Caroline. E attese ulteriori spiegazioni.

    «Credo che lei la conosca. È un obb... cioè, una casa vittoriana. Qui la chiamano Katherine House

    «Katherine House?» ripeté la Voce, con rinnovato entusiasmo. «Vuol dire la casa del vecchio Taggart?»

    «Proprio quella.»

    Quando Caroline era una bimbetta, era l'abitazione di uno strano vecchietto, nonché la fonte di mille voci infondate su fantasmi e spiriti che la abitavano. «Noi la chiamavamo la Casa del Balordo. Sa, per via del vecchio un po' strambo che ci abitava. Dicevano che avesse più di cento anni.»

    «Ne aveva esattamente centotré quando tirò le cuoia.»

    «Ma è davvero infestata dagli spiriti?»

    «Non saprei. Ma se lo fosse, questa storia dei fantasmi mi farebbe un'ottima pubblicità, dal momento che voglio trasformarla in un albergo e in una sala da tè. Con la collaborazione della Taggart Historical Preservation Society, e di zia Essie.»

    «Ah.» La cosa si faceva interessante.

    «Con il piano terra siamo già a buon punto. Ma per i piani superiori ho bisogno di aiuto...»

    «Mi dica, è vero che il vecchio Taggart non ci saliva mai, e non faceva salire nessuno? E che volle che tutto restasse esattamente com'era quando sua moglie morì?»

    «Sembrerebbe di sì, almeno stando a quanto abbiamo trovato di sopra. Abbiamo dato una ripulita, visto che la casa era abbandonata da un anno, ma siamo stati attenti a fotografare ogni dettaglio prima di intervenire e abbiamo conservato i campioni dei tessuti e delle carte da parati, in modo da poterli ripristinare così com'erano.»

    Caroline non disse nulla, soprattutto per non tradirsi. Avrebbe dato un occhio della testa pur di sentirsi offrire l'incarico di lavorare alla sistemazione di Katherine House.

    «Secondo i miei calcoli, ci vorranno all'incirca sei settimane, o qualcosina in più» continuò Jared. «Non so che tipo di contratto abbia con la Urbanel. Potremmo fatturare il lavoro a loro, se crede. Oppure potrebbe chiedere un periodo di aspettativa, e lavorare in proprio. La pregherei di pensarci.»

    Pensarci? Caroline aveva già deciso. «Vuol dire che dovrei accantonare il progetto a cui sto lavorando per la Urbanel, per venire laggiù a seguire il restauro della sua casa?»

    «In poche parole, sì. Oh, e vorrei cominciare subito.»

    Caroline guardò fuori dalla finestra. «Insomma, dovrei abbandonare il rigido inverno del Massachussetts per venire ad arrostirmi sotto il sole della Florida, mescolandomi a orde di turisti che se ne vanno in giro in shorts e canotte scollacciate?»

    Jared non capiva bene se fosse interessata o seccata dalla sua proposta. «Be'...»

    «Mi consideri assunta.»

    «Ma... come, così su due piedi?»

    «Vuole vedere un curriculum? Un album dei miei lavori?»

    «No... voglio dire, sì. Sa, per gli schedari. Una formalità. Non mi chiede neanche quanto sono disposto a pagarla?»

    Ah, già! La prospettiva di fuggire da quell'odiosa città dal clima siberiano aveva fatto dimenticare a Caroline quel piccolo dettaglio. «Presumo conosca le tariffe attuali di un architetto di un certo livello» lo informò, dandosi un tono.

    «Sì, ma...»

    «E non avrà intenzione di fregarmi, spero. Altrimenti dovrà vedersela con zia Essie.»

    «Dio ce ne scampi e ce ne liberi!» esclamò Jared, già tremando al pensiero.

    «E naturalmente avrò bisogno di un alloggio.»

    «Purché non pretenda una suite al Ritz

    «Che io ricordi, non ci sono alberghi a cinque stelle a Taggartville. Comunque stia tranquillo, mi accontento di poco. Mi basterà una stanza e un bagnetto privato.»

    «Si può fare. Ne parlerò con zia Essie. Lei sicuramente troverà qualcosa.»

    «E naturalmente, provvederà a rimborsarmi le spese» aggiunse lei, approfittando di tanta disponibilità.

    «È sottinteso.»

    «Molto bene. Dovrei essere lì...» Fece un rapido calcolo di quanto ci avrebbe impiegato a tirar fuori il suo guardaroba estivo. «Entro mercoledì.»

    «Perfetto. Non vedo l'ora di lavorare con lei. A presto» concluse Jared. E riattaccò, con un risolino soddisfatto. Nei prossimi cinque giorni, pensò, avrebbe passato il tempo cercando di dare un volto, e un corpo, a quella

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