Rumori sospetti: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Zoe Collins non sa ancora se ridere o dispiacersi della propria sbadataggine: ha promesso a uno sconosciuto, rimasto in panne sotto il diluvio, che gli avrebbe chiamato il Soccorso Stradale. Adesso qualcuno sta bussando alla porta.
Possibile che sia...?
Charlotte Lamb
Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Rumori sospetti - Charlotte Lamb
successivo.
1
Di solito a Zoe piaceva guidare fino a casa dopo una lunga giornata di lavoro. Le dava la possibilità di rilassarsi e liberare la mente. Spesso, addirittura, le venivano nuove idee per il suo lavoro durante il percorso, ma quella sera era troppo stanca. Nel viso pallido, circondato da un'aureola di capelli ramati, spiccavano due luminosi occhi verdi, che ora apparivano assonnati.
Si era alzata alle cinque, e sul set erano già in piena attività fin dalle sei, bevendo litri di caffè per tenersi su mentre discutevano la scena che avrebbero girato.
Will, il cameraman, era preoccupato per il cielo di un rosso minaccioso, che si presentava di fronte a loro sui prati ammantati di mistero per la nebbia.
«Lo sapevo! Guarda quel cielo. Rosso di mattina, la pioggia si avvicina! Ieri era umido... Me lo sentivo che stava arrivando un diluvio!»
Zoe aveva deciso di lavorare il più possibile quel giorno, perché forse non avrebbero potuto girare all'esterno l'indomani. Avevano filmato fino alle sette, in tempo per evitare un diluvio torrenziale.
«Hai voglia di cenare con me?» le aveva chiesto Will in tono implorante.
Zoe aveva risposto con un lungo sospiro. Sperava che la smettesse di insistere. Will le piaceva, ma non nel modo in cui intendeva lui.
«Ceneremo tutti insieme» aveva annunciato lei diplomaticamente, quindi aveva chiesto al servizio catering di preparare una cena calda.
Will l'aveva guardata con un'espressione di rimprovero. Era alto e ben piazzato, con un viso dai lineamenti severi; ogni tanto usciva con una delle ragazze dello staff, ma erano tutte storie di poco conto; le sue fiamme s'infastidivano a essere sempre al secondo posto dopo il lavoro e, soprattutto, dopo le benedette cineprese. Anche per questo non s'era mai sposato.
Zoe sperava che, se lei avesse continuato a declinare i suoi inviti, lui a un certo punto l'avrebbe lasciata in pace. Non credeva d'essere importante per lui, era convinta solo che sperasse di riuscire là dove altri avevano fallito.
Lei aveva fama d'essere una donna non facile da sedurre, e questo ne faceva una specie di trofeo di caccia che a certi uomini sarebbe piaciuto poter conquistare.
Gli addetti avevano preparato chili con riso. Tutta la troupe si era avventata sul cibo come un branco di lupi affamati, ma Zoe non aveva toccato niente perché era a dieta.
Adesso ripensava a quello che aveva in dispensa da poter cucinare in un paio di minuti e che non fosse troppo calorico. Le uova? Una minestra?
Dando un'occhiata al cruscotto vide che erano quasi le otto. Che cosa le andava più a genio? Cenare o dormire? In realtà aveva fame e sonno al contempo.
Stava per svoltare nel viottolo di casa sua quando, nel buio e sotto la pioggia, un uomo si materializzò all'improvviso vicino al finestrino della sua automobile, facendola trasalire. Da dove diavolo era spuntato?
Per un secondo pensò che fosse uno scherzo che il suo cervello stanco le stava giocando, ma poi lui si piegò e cercò di aprire la portiera.
Zoe era una donna decisa e capace. A trentadue anni era abituata a reagire con prontezza, ma forse per la stanchezza in quell'istante fu sommersa da una ondata di paura, finché non si ricordò di aver chiuso le portiere prima di partire.
Scoprendo la stessa cosa, l'estraneo diede dei colpetti sul vetro dicendo qualcosa. La sua bocca si apriva e si chiudeva, ma la pioggia che gli scorreva sul viso annegava la sua voce.
Zoe si piegò sul comando del finestrino per abbassarlo solo di un filo. «Che cosa vuole?»
«Mi si è rotta la macchina. Potrebbe darmi uno strappo fino a un garage, per favore?» Aveva una voce profonda, leggermente roca, come se avesse un raffreddore o fumasse troppe sigarette.
Era una figura imponente, i folti capelli neri seminascosti dal cappuccio di una vecchia giacca a vento blu, una barba nera e riccia che occultava una buona parte della faccia, dandogli più le sembianze di uno sbandato che di qualcuno che possedeva una macchina.
Zoe lo squadrò da capo a piedi notando che i suoi jeans erano logori e infangati. Anche se il suo istinto non le mandava segnali di pericolo, non si sarebbe mai sognata di dargli un passaggio. Sarebbe stata pura follia, per una donna in giro da sola la sera, prendere a bordo uno sconosciuto. Aveva sentito troppe storie del genere, poi finite male.
«Il garage più vicino chiude alle nove» lo informò lei a quel punto con voce decisa. «C'è una cabina telefonica di fianco alla chiesa, pochi metri più in giù su questa strada. Può chiamare un taxi da lì.»
Con gli occhi penetranti che fissavano con insistenza quelli di lei, lo sconosciuto ribatté con fare aspro: «Non può lasciarmi qui fuori sotto la pioggia. Sono bagnato fradicio! Ho già provato alla cabina, ma è fuori uso. Sono passato attraverso un paesino, un paio di miglia indietro, e avevo visto un pub che sembrava aperto. Non impiegherebbe molto, se mi desse un passaggio fin lì».
«Proverò a chiamare un taxi dal mio telefonino» borbottò Zoe con riluttanza.
Cercando a tastoni la sua borsa, la aprì e frugò tra i mille oggetti che era solita portarsi al lavoro. Tirò fuori il portatile, facendoglielo vedere.
La pioggia batteva senza pietà sul viso di lui. Tremando, le rispose: «Fantastico. Può sentire se verranno prima che muoia di broncopolmonite?».
«Mi dispiace, ma non funziona» gli spiegò lei con disinvoltura, tenendo l'apparecchio bene in alto in modo che potesse vedere che non gli stava mentendo. «Non l'ho più usato da stamattina, ma le pile si scaricano anche se uno non lo adopera.» Osservò come la pioggia gli scorresse sul viso e, per un attimo, provò compassione. «Guardi, le chiamerò un taxi appena arrivo a casa» gli promise. «Aspetti e vedrà che in pochi minuti sarà qui.»
L'uomo si aggrappò alla portiera in un modo che a lei sembrò minaccioso. «Come faccio a sapere se lei manterrà la parola oppure se ne dimenticherà?» le chiese con voce dura.
La pazienza di Zoe si esaurì. Era stanca, le era venuto mal di testa, e non vedeva l'ora di arrivare a casa per andare a letto.
«Dovrà fidarsi di me. Ora molli la mia portiera, per favore, altrimenti partirò con lei attaccato. Le assicuro che ne sarei capace.» Zoe era certa che lui fosse troppo intelligente per rimanere agganciato una volta che lei fosse ripartita, ma per sicurezza tirò su il finestrino.
Lo sconosciuto provò a tenerlo abbassato, ma non ci riuscì e dovette togliere la mano prima che gli rimanesse schiacciata dentro.
Lei accelerò finché, nello specchietto retrovisore, intravide l'uomo che, sotto la pioggia torrenziale, la stava fissando con uno sguardo rabbioso. Da quella distanza sembrava alto più di due metri, con i jeans appiccicati addosso che evidenziavano i muscoli delle cosce.
Dovette ammettere con se stessa che era un tipo decisamente sexy, anche se un po' rude. Conosceva donne che avrebbero fatto follie per un uomo come quello. Lei, comunque, non era di quello stampo.
Le ricordava qualcuno, ma era troppo stanca per risolvere un indovinello del genere in quel momento, mentre viaggiava lungo la stradina di campagna che portava al suo cottage. Dopo tre minuti scorse il tetto rosso della sua casa un po' nascosto dietro gli alberi del giardino.
Aveva acquistato Ivydene perché le era piaciuta l'assoluta tranquillità dell'ambiente, ma quella sera le avrebbe fatto piacere avere dei vicini a portata di voce. L'incontro, seppur breve, con quell'individuo, era riuscito a intaccare un po' della sua proverbiale sicurezza. Arrivata davanti al cottage, saltò giù dalla macchina e corse al riparo sotto il piccolo portico dell'ingresso, chiudendo l'auto col telecomando. Zoe si tolse l'impermeabile e lo appese a un gancio perché sgocciolasse. Era troppo inzuppato per portarlo dentro casa. Entrando, accese la luce nell'anticamera.
Per un secondo si fermò in ascolto, ma non sentì nulla tranne il ticchettio della pendola vittoriana che era nell'ingresso. Abitava lì da tre anni, ormai. Quando l'aveva acquistato, il cottage era in uno stato deplorevole: il tetto perdeva, la carta da parati era sollevata in qualche punto per l'umidità e alcune finestre erano state rotte dai ragazzini della zona. Dopo la spesa per l'acquisto, non aveva più avuto la possibilità di pagare la manodopera per il restauro e così, quando aveva del tempo libero, si occupava personalmente di imbiancare, sostituire la tappezzeria e scegliere lei stessa nuove tende e tappeti.
Il cottage era stato costruito nell'epoca edoardiana, con soffitti alti, caminetti e solide porte di rovere. Al piano superiore, in mansarda, c'erano tre camere da letto e tutto l'insieme dava l'impressione di un'accogliente casa di campagna.
Arrivata in cucina, aprì il frigorifero facendo un veloce inventario di quanto conteneva. Poteva andare bene una crema di pomodoro con del pane tostato. Impiegò solo un paio di secondi per aprire la scatola e mettere a scaldare la zuppa. Tagliò due fette di pane e le mise nel tostapane.
Mentre controllava la cottura, si recò in soggiorno e accese la segreteria telefonica, sorridendo nell'udire la voce allegra e calda di sua sorella che inondava la stanza.
«Ciao, sono io! Vedi di non scordarti del barbecue di sabato, per favore! Ti aspettiamo intorno alle sei. Vieni pure con qualcuno, se ti fa piacere. A proposito, chi è l'ultimo? Porta qualcosa da bere, quello che vuoi.»
In sottofondo si sentiva una vocina in falsetto, accompagnata dal battere di un martello e da altri rumori indecifrabili.
«Canta più piano, amore!» si raccomandò Sancha con il tono indulgente di voce che era solita usare con sua figlia Flora. Quel frastuono era forse lei che cantava? Zoe accese il caminetto a gas. Il riscaldamento centralizzato partiva alle sei ogni pomeriggio, ma era troppo poco per una sera come quella, lei sentiva il bisogno di aver più caldo e voleva anche godersi l'illusione del fuoco. «Zoe, ho una bella notizia per te! Io... Non fare quello al gatto!» ordinò Sancha con voce severa.
Fare... che cosa, santo cielo? Si sentì il rumore del gatto che soffiava e faceva concorrenza al cosiddetto cantare di Flora.
«Devo scappare» concluse Sancha in fretta e furia. «Lei sta provando a tirare il gatto dentro il suo recinto. Zoe, non provarci nemmeno a dimenticartene e non arrivare in ritardo. Ci vediamo!» A quel punto la comunicazione era stata interrotta; si sentì il fruscio del nastro che scorreva e poi iniziò un'altra voce.
«Cara, ti prego, devo vederti, non c'è un modo per parlarne?»
Zoe fece avanzare velocemente il nastro per eliminare quella voce roca. Era stato piacevole uscire con Larry per qualche settimana, ma questo era tutto quello che significava per lei: un po' di tempo passato insieme piacevolmente. Era una brava persona, ma si era rivelato noioso, così, quando si era accorta che il loro rapporto stava diventando troppo importante