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Stregata da un principe: Harmony Destiny
Stregata da un principe: Harmony Destiny
Stregata da un principe: Harmony Destiny
E-book148 pagine2 ore

Stregata da un principe: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Per il venticinquesimo compleanno, i colleghi di Maria McPherson decidono di regalarle una serata con un magnifico uomo, che si presenta puntuale nel loro ufficio. Un regalo imbarazzante, per una ragazza riservata come Maria. Ma Antonio la convince a trascorrere del tempo insieme si dimostra anche molto galante. Non è infatti un gigolo, ma un principe. È venuto a sapere che uno sconosciuto usa il suo nome per offrire compagnia a pagamento e ora vuole far luce sulla cosa!
LinguaItaliano
Data di uscita11 apr 2016
ISBN9788858947883
Stregata da un principe: Harmony Destiny
Autore

Kathryn Jensen

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Stregata da un principe - Kathryn Jensen

    successivo.

    1

    La situazione era peggiore di quanto avesse immaginato.

    Antonio Bonifacio uscì dall'ascensore e fissò la targhetta sulla porta di fronte. Klein & Klein Public Relation and Advertising, diceva. Controllò che fosse il posto giusto sul foglietto che aveva in mano, lo stomaco contratto come se gli avessero dato un pugno. Marco non gli aveva detto che si trattava della sede di un'azienda, maledizione, e lui si era aspettato che quell'indirizzo corrispondesse all'appartamento della donna.

    Non fare più del necessario, si disse deciso. Una spiegazione semplice sarebbe bastata per la cliente che il suo ex cameriere avrebbe dovuto incontrare. Una semplice spiegazione e nient'altro.

    Scusi, signorina... No, doveva parlare in inglese. Mi scusi, ma il signore che lei aspettava non lavora più per la Royal Escort Service. Se mi dice quanto ha pagato per la sua compagnia, sarò felice di rimborsarla.

    Cosa c'era di difficile?

    Per esempio, il fatto che non si era aspettato di incontrare quella donna sul posto di lavoro e di doverle dare una notizia così delicata in quella sede.

    Comunque, ormai non poteva tirarsi indietro. Non poteva permettere che quel mascalzone di Marco usasse l'illustre cognome della sua famiglia per disonorarlo. I Bonifacio di Carovigno avevano avuto un tempo la stessa importanza dei de' Medici. Erano stati committenti di grandi artisti come Michelangelo e Leonardo da Vinci. Le loro radici aristocratiche risalivano al Dodicesimo secolo, includevano due papi, illustri uomini di stato e donne di cui essere orgogliosi, e, finché lui fosse vissuto, non avrebbe permesso a nessun mascalzone di macchiare quel nome.

    Con decisione, aprì la porta ed entrò in una reception grigia e beige. Il bancone era vuoto, in giro non c'era nessuno. All'improvviso sentì uno scoppio di voci dietro una porta accostata alla sua destra, puntò in quella direzione e spiò all'interno attraverso la stretta apertura.

    Si trattava di una sala riunioni piena di uomini e donne col classico abbigliamento della gente d'affari. Su un grande tavolo di mogano al centro della stanza c'era una grossa torta colorata con le candeline accese e una giovane donna con gli occhi grigi e dei lunghi capelli biondi era pronta a spegnerle. Un attimo dopo soffiò con delicatezza sopra le fiammelle spegnendole tutte, si raddrizzò, e sorrise nervosamente alla piccola folla riunita intorno a lei.

    «Ecco fatto. Servitevi pure. Io devo tornare al lavoro» disse accennando ad allontanarsi.

    «Aspetta, Maria!» la trattenne una donna bruna con i capelli corti. «Non hai ancora visto il tuo regalo.»

    Una serie di risatine corse nella stanza, e Antonio ne dedusse che tutti tranne la ragazza sapessero in che cosa consistesse. Osservò quella creatura timida, sentendosi in imbarazzo per lei. Ed ebbe la sensazione di averla già vista in precedenza, che gli fosse in qualche modo familiare. Ma dove poteva averla già incontrata?

    Maria scosse nervosamente la testa. «Non dovevate darvi tanto disturbo per me, Tamara» disse imbarazzata alla donna.

    «Oh, per noi è un vero piacere!» ribatté quella. «Sono certa che trarremo dal tuo regalo lo stesso piacere che ne trarrai tu.»

    «Non se sarà fortunata» commentò una voce maschile, e tutti scoppiarono a ridere.

    E così era quella la loro intenzione, pensò Antonio. Quel gruppetto di sofisticati, arroganti PR, aveva deciso di divertirsi alle spalle della loro modesta, timida collega, decidendo di affittare per lei un vero principe che si era offerto come accompagnatore per signore con un annuncio su un giornale.

    Per fortuna un senatore suo amico lo aveva visto e gliene aveva mandato una copia: quel farabutto di Marco, suo ex cameriere, aveva usato il suo nome e il suo titolo, principe di Carovigno, per proporsi come ragazzo squillo.

    In un certo senso, per la signorina McPherson era una fortuna che lui avesse scoperto la cosa e imposto, con l'aiuto dell'ufficio immigrazione, a Marco Serillo di fare le valigie. Se non altro, la giovane donna che adesso stava mangiando una fetta di torta non avrebbe dovuto subire l'umiliazione della performance di quel cialtrone e delle sue inevitabili conseguenze.

    Per quanto ne sapeva lui, Serillo avrebbe anche potuto fare uno spogliarello integrale lì nell'ufficio. Se non peggio.

    Ma come poteva, adesso, farsi avanti e dire che la cosa era andata a monte, umiliando definitivamente quella povera ragazza?

    La soluzione gli venne in mente all'improvviso. Spinse la porta, entrò nella stanza, e tutti smisero di parlare. Lui sorrise alle donne presenti, riservò ai maschi un breve cenno del capo, e rivolse il più misterioso e seducente dei suoi sguardi alla festeggiata.

    «È un grande piacere per me incontrarla. Ho sentito parlare molto di lei, mia cara» le disse con il pesante accento italiano che immaginava avrebbe avuto Marco.

    Maria accennò un sorriso imbarazzato. «Lei ha... ha sentito parlare di me

    «Sì. I suoi amici hanno deciso di regalarle un'avventura. Spero che abbia il resto della giornata libero.»

    La donna bruna annuì a Maria e nei suoi occhi, sorpresi nel constatare che l'accompagnatore che avevano affittato per la modesta collega era così bello, passò un lampo di invidia.

    «Bene, allora possiamo andare» disse lui alla ragazza. «La mia macchina ci aspetta giù, davanti all'entrata.»

    Maria si guardò intorno con gli occhi pieni di panico, poi disse sottovoce ad Antonio: «Guardi che non è obbligato. So che è tutto uno scherzo».

    «Per me portarla fuori è un piacere, signorina McPherson» ribatté lui con uno sguardo complice, in modo che tutti lo potessero sentire; poi le posò una mano sulla schiena e la condusse deciso verso la porta. La signorina McPherson indossava un anonimo vestitino nero di una fibra sintetica ruvida al tatto, e lui provò a immaginarla con addosso del cachemire blu che si intonasse con i suoi occhi.

    Tamara finalmente riuscì a muoversi. Diede a Maria la sua borsa, il suo cappotto e un cartoncino, e le disse: «Divertiti, tesoro. Qui sopra sono indicati tutti i servizi che il tuo cavaliere è pronto a offrirti. Domani ci farai sapere i dettagli, spero. Tutti».

    La giovane donna arrossì violentemente e seguì Antonio fuori dalla stanza senza guardare nessuno, accompagnata da un coro di saluti e auguri.

    «Vuole che il mio autista l'aiuti a portare giù qualcos'altro?» le chiese lui, lasciando perdere il pesante accento italiano.

    «Ehm... no. No, grazie. Non mi serve altro. Usciamo in fretta da qui, per favore.»

    «D'accordo.» Nel corridoio Antonio le cedette il passo e valutò la sua figura. Sì, del cachemire sarebbe stato perfetto. Quella ragazza aveva una figura elegante, solo non sapeva come vestirsi. O forse, semplicemente, non aveva i mezzi per comprarsi degli abiti migliori.

    Non appena la porta dell'ascensore si aprì, Maria entrò e gli disse: «Senta, so che sta facendo il suo lavoro, ma adesso può smetterla di interpretare l'aristocratico. I miei colleghi volevano solo mettermi in imbarazzo, ci sono riusciti, e quindi il suo lavoro è finito».

    I suoi occhi grigi erano diventati più scuri. Era chiaro che per parlare si era dovuta fare coraggio e che stava facendo un grande sforzo per non abbassare gli occhi. «Non so per cos'altro è stato pagato, ma possiamo chiuderla qui. Io non sono abituata a uscire con degli sconosciuti e non sono interessata ad avere... un'avventura» aggiunse arrossendo leggermente.

    «Ha degli altri programmi? Magari una festa con la sua famiglia?» le chiese Antonio.

    «No. Voglio solo andarmene a casa e approfittare del pomeriggio libero per leggere un buon libro e fare un bagno caldo.»

    «Da sola?» chiese stupito Antonio.

    «Sì, da sola» rispose lei, come se le mancasse il fiato. «Per che tipo di donna mi ha preso?»

    «Per una donna adorabile, intelligente e sensibile» rispose Antonio, ed era sincero.

    Maria si accorse di essere rimasta per un attimo a bocca aperta e la chiuse in fretta. «Chi è lei? E come posso mettere fine a questa sua commedia da latin lover?»

    Antonio si rifiutò di offendersi. Dopo tutto, quella povera creatura doveva essere rimasta alquanto sconcertata da ciò che era accaduto negli ultimi venti minuti. «Sono Antonio Bonifacio, principe di Carovigno» si presentò, «e vorrei toglierla dall'imbarazzo in cui l'hanno messa i suoi amici. Tanto per la cronaca, sono italiano ma non sono un latin lover, e...»

    «Senta» lo interruppe Maria con una decisione inaspettata. «So che è stato assunto per fare un lavoro. Di cosa ha bisogno per provare di averlo fatto? Di una ricevuta firmata di mio pugno? Di una mia dichiarazione che sono rimasta soddisfatta dei suoi servigi? Gliela firmo subito. Oh, santo cielo!»

    Erano usciti dall'edificio davanti al quale era ferma una limousine scura il cui autista in uniforme, non appena li aveva visti, si era precipitato ad aprire la portiera posteriore con un breve e deferente cenno del capo. Lei deglutì e guardò Antonio, le guance di nuovo arrossate, gli occhi animati da una divertita sorpresa, e ripeté: «Oh, santo cielo!».

    «Fa parte del pacchetto, per metterla come la vede lei» le disse lui. Affittava sempre una macchina con autista, quando arrivava in una città sconosciuta, ma a casa guidava personalmente la sua Ferrari. Conosceva bene la strada tutta curve che correva lungo la costa, e gli piaceva immensamente la sensazione di essere in grado di tenere sotto controllo quel veicolo così potente.

    «Accidenti! Non sono mai salita su una limousine, prima d'ora!» esclamò Maria.

    Antonio sorrise, affascinato dalla sua semplicità. «Mi permetta almeno di accompagnarla a casa» le disse con gentilezza. «Vorrei spiegarle alcune cose, durante il tragitto.»

    Maria esitò. «Non... Forse sarebbe meglio che chiudessimo qui.»

    «Se fossi al suo posto non lo farei» la interruppe Antonio allungando una mano per prendere la sua.

    Lei fece per ritirarla, poi fissò una fila di finestre in alto sull'edificio e vide una serie di facce che li stavano osservando da dietro i vetri del suo ufficio.

    «Vuole che i suoi amici sappiano che è scappata come un coniglio?» le chiese il suo cavaliere.

    Maria rise, e la tensione scomparve dal suo viso. «Non voglio certo dar loro questa soddisfazione!» rispose, e dopo aver sorriso e salutato con l'altra mano i colleghi, lasciò che Antonio la aiutasse a salire sul sedile posteriore della macchina.

    Mentre scivolava sulla sua morbida pelle per fargli posto, disse all'autista: «Abito a Bethesda, nel Maryland, al settemilacinquecentocinquantacinque di Mullen Street».

    L'uomo richiuse la portiera e tornò al posto di guida. «L'autista sa dove si trova Bethesda?» chiese lei ad Antonio.

    «Ne sono certo. Spero che il viaggio sarà lungo, perché devo spiegarle alcune cose, signorina McPherson.» Antonio sorrise, accorgendosi che lei gli stava fissando le labbra.

    Maria sospirò, poi scosse la testa come se si stesse negando un dessert che l'avrebbe fatta ingrassare. «Lei è un uomo molto gentile. È anche un uomo attraente, è molto bello,

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