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Una colazione sexy (eLit): eLit
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Una colazione sexy (eLit): eLit
E-book186 pagine2 ore

Una colazione sexy (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Reduce da un licenziamento, Fran Marsden ha tre bisogni immediati: un caffè, un dolce altamente calorico e un nuovo lavoro. Dopo essersi fermata nel suo locale preferito, Da Giovanni, resta attonita per averli trovati tutti e tre in un istante! Deve ammettere che il nuovo impiego per l'ammaliante Giovanni Mazetti è fantastico, se si trascura l'insistente vocina che la induce a farsi avanti e a pretendere un servizio speciale da lui, non solo al tavolo, ma anche a letto.
LinguaItaliano
Data di uscita31 mar 2017
ISBN9788858968192
Una colazione sexy (eLit): eLit
Autore

Kate Hardy

Autrice inglese, consulta spesso riviste scientifiche per verificare i dettagli tecnici dei suoi romanzi.

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    Anteprima del libro

    Una colazione sexy (eLit) - Kate Hardy

    successivo.

    1

    A guardarla si sarebbe detto che l'Apocalisse fosse alle porte. Avvinghiata alla tazza di caffè ormai vuota, fissava con sguardo vacuo un punto imprecisato oltre la finestra.

    Gio non poteva lasciarla lì seduta a crogiolarsi nel suo dolore. Così, anche se avrebbe dovuto chiudere da almeno dieci minuti, fece esattamente ciò che avrebbe fatto suo padre.

    Preparò un cappuccino. Adagiò un cioccolatino fondente sul piattino e scivolò sulla sedia di fronte alla sua.

    «Ecco!» esclamò.

    Lei sollevò lo sguardo e sgranò gli occhi per la sorpresa.

    «Io...»

    Stava per dirgli che non lo aveva ordinato, ma si trattenne. Gli rivolse un mesto sorriso e avvolse la tazza a piene mani per trarre conforto dal tepore che emanava.

    «Grazie...» mormorò.

    «Di niente. Mi è parso che ne avesse bisogno.»

    «Già» convenne lei.

    Rovistò nella sacca in cerca del portafoglio.

    «Quanto le devo?»

    «Offre la casa.»

    «Non si metterà nei guai con il capo?»

    «I clienti affezionati hanno diritto a un trattamento di riguardo» la rassicurò Gio.

    Gli occhi azzurro cielo di lei si fecero sottili come lame.

    «Clienti affezionati?» ripeté.

    «Ogni mercoledì, lei ordina un cappuccino e un cornetto alle mandorle.»

    Il sospetto che aleggiava nel suo sguardo si tramutò in disagio.

    «E lei come fa a saperlo?»

    Doveva averlo preso per uno svitato con manie persecutorie. Lui non avrebbe dovuto essere così preciso.

    «Lavoro in questo locale da tempo sufficiente per conoscere le abitudini dei clienti» provò a rimediare lui.

    Non poteva beccarsi un'espulsione dal campo prim'ancora di aver disputato la partita.

    «I cornetti sono finiti o gliene avrei portato un altro. Ho pensato che il cioccolatino fosse un valido sostituto. Pare sia un'ottima terapia d'urto. Le mie sorelle ne sono persuase.»

    «Condivido pienamente» convenne lei.

    In effetti sembrava proprio sul punto di scoppiare in lacrime.

    «Le va di parlare?»

    Lei si guardò intorno e parve rendersi improvvisamente conto di essere rimasta l'unica cliente del locale.

    «Mi scusi. La sto trattenendo.»

    «Niente affatto. Mi dia soltanto il tempo di affiggere il cartello di chiusura e sono da lei.»

    Fran ci pensò su. Le aveva chiesto il permesso di unirsi a lei perché non si sentisse minacciata dalla sua presenza. Ma un uomo che le offriva un cappuccino caldo con tanto di cioccolatino poteva mai costituire un pericolo?

    Certo, conosceva le sue abitudini, ma come lui stesso aveva ammesso, era una deformazione professionale. Anche lei dopotutto sapeva riconoscere al volo una voce al telefono e intuire la piega che avrebbe preso la telefonata.

    «D'accordo» acconsentì.

    Lui girò il cartello affisso alla porta d'ingresso, diede una mandata alla serratura, spense l'insegna e tornò ad accomodarsi di fronte a lei.

    «Gio Mazetti» si presentò, tendendole la mano.

    Lei gliela strinse forte e si sorprese dell'inatteso formicolio che la percorse quando le loro dita si sfiorarono.

    «Fran Marsden. E grazie ancora per il cappuccino, Joe.»

    «Gio» la corresse lui con un sorriso. «Diminutivo di Giovanni.»

    Ora sì che tutto le quadrava. Non avrebbe rischiato il posto per averle offerto una consumazione perché quel locale era suo.

    Portava il suo nome: Da Giovanni.

    «È il proprietario!» esclamò.

    Lui annuì.

    Fran si mosse nervosamente sulla sedia.

    «Mi scusi.»

    Gio rise.

    «E di che? Mi fa piacere essere scambiato ogni tanto per barista. I proprietari hanno la pessima fama di non muovere mai un dito e di tiranneggiare sui dipendenti.»

    Aveva un bel sorriso. Denti bianchi e sani senza neanche l'accenno di un'otturazione. Un uomo che badava ai dettagli, ma che non era vanesio al punto da sottoporsi a interventi estetici.

    Non sembrava neanche un palestrato. Aveva un fisico sodo e muscoli al punto giusto, ma non pompati da massicce dosi di anabolizzanti.

    «Allora, le va di parlare?» la esortò lui, e dinanzi al silenzio di lei scosse il capo. «Mia nonna, che era italiana, soleva dire che un problema discusso è già risolto per metà.»

    Una perla di pura saggezza popolare. Del genere caro a sua madre.

    Sua madre...

    Il sorriso le si appassì sulle labbra prim'ancora di avere avuto il tempo di sbocciare. Quella sera avrebbe dovuto chiamare i suoi e confessare loro di essere una fallita.

    Non solo era l'unica figlia a non aver conseguito una laurea, era anche l'unica a non essersi aggiudicata un lavoro decente.

    Un particolare che ben si addiceva al suo status di discendente non naturale. Era infatti la sola dei quattro rampolli Marsden a essere stata adottata.

    Fran esalò un sospiro.

    «Oggi ho perso il lavoro» ammise.

    «Mi spiace. Deve essere stato un duro colpo.»

    Quel tipo aveva ragione. Vuotare il sacco avrebbe smorzato in parte quel soffocante senso di disfatta che l'attanagliava.

    «Il mio capo ha deciso che era arrivato il momento di raccogliere nuove sfide. Ha venduto tutto ed è partito in giro per il globo alla ricerca della sua vera identità.»

    Fran si strinse nelle spalle.

    «L'azienda è stata rilevata da un concorrente che ha pensato bene di contenere i costi tagliando il personale in esubero. Non c'era posto per due direttori amministrativi e la sottoscritta è stata mandata a casa.»

    «Quindi, è un direttore amministrativo.»

    «Lo ero» puntualizzò lei. «La prego, mi ignori. Sono in piena fase lamentosa. Qualcosa troverò. Il guaio è che quel lavoro mi piaceva sul serio e non sarà facile trovarne uno analogo. Non ci sono molti studi di registrazione da queste parti.»

    «Uno studio di registrazione?» le domandò Gio con aria interessata.

    «Già. Di quelli che registrano stacchetti pubblicitari, incidono libri parlati e producono effetti speciali, come cavalli al galoppo, fuochi d'artificio e cose del genere.»

    «Allora dev'esserci un bel giro di attrici e attori famosi.»

    «Non necessariamente, ma mi è capitato di prenotare anche grossi nomi.»

    «Era incaricata delle prenotazioni?»

    «Non spettava certo a me decidere in ultima analisi a chi assegnare l'incarico, ma formulavo suggerimenti e curavo la parte organizzativa.»

    E soprattutto si sentiva parte integrante del tutto. Cosa che per lei era persino più importante dello stipendio sicuro a fine mese.

    «C'erano il responsabile commerciale che curava i rapporti con i committenti, il tecnico del suono che si occupava della parte pratica e il capo, il creativo del gruppo.»

    Fran si morse il labbro e chinò la testa.

    «Mi mancherà. Terribilmente. Ma la vita deve continuare e qualcosa salterà fuori prima o poi.»

    Consultò l'orologio e accennò ad alzarsi.

    «Mi spiace. Le sto facendo fare tardi.»

    Gio scosse il capo.

    «Nessun problema. Non ho impegni per la serata. Devo soltanto pulire la macchina del caffè perché sia pronta per domattina. Posso farlo mentre chiacchieriamo, se mi segue al banco.»

    Fran lo squadrò dalla testa ai piedi.

    Su una scala da uno a dieci, Gio Mazetti avrebbe spuntato un dieci e più quanto ad avvenenza con quell'incarnato olivastro, la bocca ben disegnata, i capelli neri e gli occhi di un intenso blu zaffiro.

    Lo seguì al banco come un automa mentre faceva mentalmente l'inventario dei suoi innegabili attributi fisici.

    «Che preavviso le hanno dato?» le domandò lui.

    «La comunicazione mi è stata consegnata stamane. Nel pomeriggio ho vuotato la scrivania. E ho cinque mesi di congedo retribuito.»

    «Niente male» osservò Gio mentre si accingeva a smontare la macchina.

    «Avevo cinque anni di anzianità dunque avevo diritto a un mese di congedo retribuito per ogni anno di servizio maturato. Naturalmente, in questo lasso di tempo mi è severamente proibito contattare eventuali clienti dello studio.»

    «Perché non se li porti dietro nel caso in cui fosse assunta dalla concorrenza» arguì lui.

    Era appunto quella la nota dolente.

    «In cinque mesi i miei contatti saranno obsoleti, tenuto conto dei ritmi ai quali viaggia il cambiamento nel mondo della pubblicità. Sempre nell'ipotesi in cui riesca a trovare un lavoro in un altro studio di registrazione qui a Londra. Di positivo c'è che le mie competenze sono comunque spendibili sul mercato. Potrei tentare la carta di qualche agenzia pubblicitaria.»

    «Cosa prevedeva il suo profilo professionale?»

    «Curavo la programmazione dello studio, i rapporti con le stazioni radio e le case editrici e verificavo le fatturazioni e i pagamenti.»

    «Mmh...»

    Gio si staccò dalla macchina e si sporse sul banco.

    «In breve, possiede indubbie doti organizzative, è abituata a seguire più progetti in contemporanea e a rapportarsi con interlocutori di diversa estrazione» azzardò.

    Lei stessa non avrebbe saputo riassumerlo meglio. Perché negarlo? Doveva abituarsi a sfoderare le unghie e a mettere in risalto le proprie competenze. Le sarebbe tornato utile nei futuri colloqui di lavoro che sperava vivamente di sostenere a breve.

    «Sì» gli confermò senza falsa modestia.

    «E s'intende di finanza.»

    C'era una bella differenza tra fare l'onesta e darsi delle arie. Non poteva certo spacciarsi per una maga della finanza.

    «So tenere la contabilità e riprodurre graficamente gli andamenti.»

    «È in grado di leggere un conto profitti e perdite?» indagò lui.

    «Potrei aver bisogno di rivolgere qualche domanda, ma nel complesso me la cavo.»

    «E sa come funzionano i margini di profitto? Conosce la differenza tra costi fissi e variabili?»

    Fran annuì.

    E Gio sorrise.

    «In tal caso, ho una proposta da farle.»

    «Che genere di proposta?»

    «D'affari, s'intende.»

    Non poteva essere diversamente.

    Alcuni attori le avevano fatto il filo, ma Fran sapeva per esperienza che gli uomini tendevano a vedere in lei la confidente o la collega e non certo la potenziale fidanzata.

    Era colei alla quale rivolgersi per consigli su come catturare il cuore dell'amata e non la maliarda che stregava il loro muscolo cardiaco al primo sguardo.

    Personalmente, le stava bene così. Al momento la sua vita era già abbastanza complicata per contemplare un romantico coinvolgimento.

    «Potrebbe risolvere i problemi di entrambi» aggiunse lui in tono misterioso. «Venga a cena con me stasera e le spiegherò cosa ho in mente.»

    Cena?

    Non aveva moglie e figli che lo attendevano a casa?

    La domanda doveva esserle apparsa stampata sulla fronte a caratteri cubitali perché la bocca di lui s'incurvò in un sorriso.

    «Prima che me lo chieda, le comunico che sono single. Mia nonna sostiene che nessuna fanciulla nel pieno possesso delle sue facoltà mentali aspetterebbe fiduciosa che un drogato di lavoro come il sottoscritto si accorgesse della sua esistenza. Ritiene anche che sia ora che metta la testa a partito. A quasi trent'anni suonati il mio tempo limite starebbe per scadere. Sto seriamente considerando di dirle che sono dell'altra sponda.»

    Fran non si sarebbe stupita. Quando c'era di mezzo un uomo mozzafiato, valeva puntualmente la regola dei tre: era già impegnato, era un bastardo o era gay.

    «Ma a parte il fatto che non lo sono...»

    Non era ammogliato e non era omosessuale. Significava che era un bastardo?

    «... lei non mi crederebbe. Sono un bugiardo patentato» aggiunse con un sorriso malandrino.

    Possibile che anche la regola dei tre avesse le sue rare eccezioni?

    Gio le sorrise.

    «Non mi guardi a quel modo. Sto soltanto cercando di dirle che con me non ha proprio nulla da temere.»

    Il che era vero. Erano settimane che aveva messo gli occhi su Fran Marsden. C'era qualcosa in lei che lo intrigava. Era silenziosa al punto da sconfinare nella timidezza, ma era anche volitiva e decisa.

    Gio non l'aveva mai vista tentennare dinanzi a un menu. Aveva sempre gli spiccioli pronti e le banconote del taglio giusto, oltre che un sorriso da sfoderare al barista che le serviva il cappuccino, anziché dare per scontato che quello fosse il suo lavoro e basta.

    Era

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