Tra le braccia di un conte: Harmony Collezione
Di Sara Wood
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Info su questo ebook
Il conte Vittore Mantezzini ha un preciso obiettivo: rintracciare suo figlio, di cui ha perso le tracce da anni. Quando finalmente lo ritrova, la gioia si unisce a un'immensa sorpresa: una donna, Elaine, ha badato al bambino fino ad allora. Una donna che lui non conosce. E che Vittore trova subito intensamente bella, di un fascino delicato e sconvolgente al tempo stesso. Ma lei, distante e sospettosa, sembra non ricambiare l'affetto di Vittore. Perché è così diffidente?
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Anteprima del libro
Tra le braccia di un conte - Sara Wood
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Italian’s Demand
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2002 Sara Wood
Traduzione di Roberta Canovi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2004 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5894-084-6
www.harlequinmondadori.it
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1
Agganciata la cornetta, per un lungo momento restò a fissare le mani che gli tremavano ancora, incapace di reagire. Quando la notizia cominciò a farsi strada nella sua mente, un’emozione scioccante si riversò in quello che era stato il vuoto del suo cuore.
Lio! Vittore aveva gli occhi velati di lacrime di gioia e le asciugò con gesto impaziente, saltando in piedi e dirigendosi verso lo studio. Mio figlio!
Chiamò prima con voce stentata, poi più forte e subito il personale accorse, allarmato. Impartì gli ordini senza indugio alcuno: la sua Maserati sportiva doveva essere sostituita da una berlina Mercedes, bisognava prenotare voli e albergo e preparare immediatamente una borsa da viaggio.
All’istante!
Con sguardo febbrile, percorse a lunghe falcate gli ampi corridoi del palazzo fino alla porta d’ingresso, si precipitò fuori e salì in macchina come se fosse inseguito dalle fiamme dell’inferno. Invece, finalmente, l’inferno se lo stava lasciando alle spalle.
Sprofondato nell’avvolgente sedile in pelle, si ricordò appena di rivolgere un cenno di ringraziamento al personale ancora perplesso e, come un fulmine, varcò i cancelli.
Ce l’aveva fatta! Affrontando da esperto le curve strette della piazzetta, lasciò dietro di sé lo spettacolare golfo di Amalfi e prese la strada per Napoli, per Londra...
Per suo figlio!
Gli parve di rinascere di una nuova energia, che gli rinvigoriva il corpo sollecitando ogni singolo muscolo. Il battito era accelerato, il sistema nervoso tanto all’erta quasi da spezzarsi.
Come poteva resistere fino a Londra? Aveva voglia di urlare, ridere, esplodere per il sollievo...
«Piccolo mio» sospirò dolcemente, e le parole gli provocarono una fitta di gioia e di dolore nel cuore. «Mio figlio, il mio bambino.»
Presto l’avrebbe rivisto, il suo adorato bambino, la creatura che aveva amato di un amore irragionevole e incontrollabile fin dalla prima volta in cui l’aveva visto; un amore tanto estremo e inaspettato che l’aveva sconvolto fino al midollo, lasciandolo disperatamente e fatalmente vulnerabile a tutto il dolore che era seguito.
Si passò una mano tra i capelli, una volta tanto senza preoccuparsi di apparire in disordine. Nessuna meraviglia: trovare Lio era stato il suo unico sogno, notte desolata dopo notte desolata, per più di un anno.
Aveva riempito gli interminabili mesi, settimane e ore con un feroce programma di lavoro per arginare l’agonia che aveva scavato linee dure nel suo volto un tempo perfetto.
La tragedia l’aveva trasformato in un recluso. Una macchina fredda e severa invece dell’uomo che un tempo era stato, solare e attivo, che adorava la vita, gli amici e i parenti.
Ma ormai non aveva più niente da dare loro. Non poteva filtrare alcun sentimento dalla gabbia d’acciaio che aveva rinchiuso il suo cuore ferito. La vita aveva perso la sua gioia, il suo significato.
Ma ora... Presto suo figlio, che ormai aveva diciassette mesi, sarebbe stato di nuovo al sicuro tra le sue braccia: il miracolo per cui aveva pregato, nel buio della sua stanza, durante tutte quelle lunghe notti disperate. Presto, Lio avrebbe dormito nel lettino di legno intagliato che aveva dato riposo a generazioni di Mantezzini, addormentato dalla giostrina di animali che pendeva dal gancio superiore. Passati quattordici mesi, nella sua stanza tutto era rimasto com’era prima che Linda, la sua moglie inglese, lo portasse via scomparendo dalla faccia della terra.
Per un momento la sua gioia si offuscò al ricordo della ragione per cui suo figlio sarebbe ritornato a casa: Linda era morta due mesi prima, gli aveva comunicato al telefono l’istituto bancario. E il suo nome, a quanto pareva, era stato dato come garanzia per la sua casa di Londra.
Rabbrividì. Se Linda non avesse falsificato la sua firma, non avrebbe mai avuto modo di rintracciare Lio. Che ironia della sorte!
«Povera Linda» mormorò, dedicandole un pensiero pietoso.
Oh, non che fosse un santo capace di perdonare la defunta moglie. All’inizio l’aveva maledetta per averlo privato del figlio che tanto amava. Eppure ora si sentiva incredibilmente triste per il destino che le era toccato. Morire a trent’anni. Una vera tragedia.
Un’improvvisa ondata di panico gli ghiacciò il sangue nelle vene. Non poteva essere certo che Lio fosse nella casa di Londra! Dopo la morte della madre poteva essergli successa qualsiasi cosa, anche se Linda aveva portato con sé denaro sufficiente per vivere bene e assumere del personale. Solo i gioielli della madre di Vittore valevano una fortuna, e Linda aveva preso anche i propri e tutto ciò che avevano sul conto corrente comune. Conoscendo il suo scarso istinto materno, presumeva che avesse assunto una balia o una governante. Con un po’ di fortuna, Lio sarebbe stato ancora in quella casa, seguito e curato a dovere.
A meno che non fosse stato portato via da un amante di Linda, o da qualche suo lontano parente. Peggio, poteva essere finito in un orfanotrofio!
Batté violentemente il pugno sul volante, per la frustrazione, e fece una smorfia mentre correggeva la traiettoria sulla strada che serpeggiava lungo la scogliera: non sarebbe stato di alcun aiuto se fosse rimasto ucciso o gravemente ferito durante il tragitto, eppure non riusciva a tollerare l’incertezza che l’avrebbe accompagnato fino a Londra.
Sarebbe stato troppo crudele perdere di nuovo Lio. Non se lo meritava. Tutto il benessere, il potere erano nulla davanti all’amore per il figlio. E per riaverlo avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Qualsiasi.
Elaine chinò il corpo indolenzito sul bimbo che dormiva e gli baciò teneramente la guancia, cancellando con l’amore e la compassione tutta la stanchezza che aveva accumulato nelle ultime ore. Che bambino meraviglioso! Sorrise, esausta. E che giornata! Divertita che uno fosse la causa dell’altra, stirò lentamente le gambe dolenti.
Era sconvolgente: non era mai stata tanto sfinita in vita sua, e neppure tanto felice.
«Buonanotte, tesoro mio» mormorò amorevolmente. «Batuffolino, piccolo Lio. Dormi bene.»
Fuori della stanza, dovette fermarsi appoggiandosi alla porta, sopraffatta dalla stanchezza che la investì come un treno espresso. Tutta l’energia le era stata prosciugata. Pensava che non sarebbe riuscita a muoversi nemmeno se ne fosse dipesa la sua stessa vita.
Certo, non era una sorpresa. Il suo piccolo batuffolo si aggrappava a lei per tutto il giorno, ogni giorno, senza lasciarla nemmeno per un secondo. Ma come poteva biasimarlo o respingerlo? Era comprensibile: sua madre era morta solo due mesi prima. Povero Lio. Povera Linda.
Il suo volto espressivo si contrasse per il dispiacere. Rivolse un pensiero a John e Sue Fox, i genitori adottivi che avevano prelevato lei e Linda dall’orfanotrofio tanti anni prima, e che erano ormai scomparsi. Sospirò. Non avrebbero potuto trovare due bambine più diverse nemmeno se ci avessero provato.
La vita all’ombra di Linda, bella e preferita, era stata dura. E infatti non aveva più visto la sorellastra per dieci anni, limitando i contatti ai bigliettini d’auguri per Natale.
Tuttavia, la morte di Linda era stata una tragedia e Lio, poverino, ne aveva sofferto.
Fece una smorfia. Come il suo lavoro, la sua vita sociale e la sua salute, dato che Linda aveva lasciato un biglietto chiedendole di occuparsi di Lio. Ma non rimpiangeva un solo secondo del tempo passato col bambino, e la smorfia divenne un sorriso divertito.
Quando per la prima volta aveva sollevato tra le braccia il nipote rimasto orfano era stata preda di emozioni contraddittorie: gioia e puro terrore si erano combinati per confonderla. Gioia perché finalmente aveva qualcuno da amare. Terrore perché Lio non la smetteva un attimo di piangere e lei non sapeva nulla di pannolini. Per fortuna il suo istinto materno si era risvegliato all’istante e aveva saputo subito che avrebbe rinunciato a qualsiasi cosa per lui. Il piccolo aveva disperatamente bisogno di lei, ancor più di quanto lei avesse bisogno di lui.
E lei si sarebbe dedicata a Lio, pensò. Poi, con l’andatura barcollante, si trascinò giù dalle scale e fuori in giardino, fino alla piscina.
Sollevando il lungo prendisole, si lasciò andare sulla sdraio più vicina, le ossa che sembravano scomparse in un ammasso di muscoli doloranti.
I piedi le dolevano, la testa le doleva, tutto - incluse parti di cui non aveva mai conosciuto l’esistenza - la avvertiva di non muoversi per ore, altrimenti avrebbe patito le pene dell’inferno.
Non poté trattenere una risatina, però, quando sul petto le caddero un paio di margherite. Doveva averne ancora pieni i capelli da quando lei e Lio avevano tagliato l’erba in giardino e il bimbo le aveva sistemato ogni singolo fiore tra i riccioli vagabondi. Un momento adorabile, pensò.
Di lì a poco, quando avesse trovato un muscolo che non fosse entrato in sciopero, avrebbe fatto un bel bagno rilassante. Per ora, si limitava ad ammirare il tramonto e tentare di recuperare le forze per il giorno dopo.
Nonostante un buon numero di amici, fino a due mesi prima la sua vita era stata vuota e insignificante. Ora era completa, grazie all’arrivo di un piccolo e tenero batuffolo.
Con il terribile padre di Lio morto e nessun parente che potesse reclamare suo nipote, era ovvio che avrebbe dovuto adottarlo. Era solo una questione di tempo perché divenissero ufficialmente madre