Come il sole sul fiume: Harmony Collezione
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Basta una semplice passeggiata accanto a lui. E tutti i ricordi tornano a illuminare e addolcire la vita di Shannon come il sole che, tramontando dietro al Ponte Vecchio, trasforma l'Arno in un lungo viale dorato. Firenze sembra il luogo adatto per un incontro tra due innamorati. E il problema, per Luca e Shannon, è proprio questo: entrambi non vogliono ammettere di amarsi. Esattamente come due anni prima, quando lui, spinto dall'orgoglio e da un'improvvisa e incredibile scoperta, l'aveva abbandonata. Dopo tutto quel tempo, Shannon non riesce a capire bene i motivi della misteriosa "convocazione" nella sua splendida villa fiorentina. Appena gli intenti di Luca diventano chiari, lei non sa se essere indignata, oppure al settimo cielo.
Michelle Reid
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Come il sole sul fiume - Michelle Reid
successivo.
1
La tempesta che imperversava da ore aveva fatto saltare il segnale. Shannon imprecò sottovoce, mentre le sue dita tremanti riaccendevano il cellulare e premevano il tasto che digitava automaticamente il numero di telefono col quale aveva appena cercato di mettersi in contatto.
La paura le faceva accapponare la pelle e non riusciva a smettere di tremare, ma in quel momento il suo unico pensiero era prendere la linea.
Su, coraggio, pregò a denti stretti, ma non accadde nulla.
Cinque minuti prima un taxi l'aveva lasciata davanti al palazzo dove si trovava il suo appartamento, e l'unica preoccupazione era stata togliersi dalla pioggia battente. Era stata una giornata infernale, fin da quando si era alzata. Nella fretta di prendere il volo per Parigi, si era precipitata fuori dal suo appartamento dimenticando il cellulare e si era sentita persa per tutto il giorno.
Per giunta, la riunione cui aveva partecipato si era rivelata solo una perdita di tempo. A proprie spese aveva scoperto che le top model di grido e i disegnatori grafici insieme non andavano d'accordo, specialmente quando la modella in questione lanciava occhiate preoccupate alla grafica dalle lunghe gambe e dal fisico slanciato, come se potesse costituire una minaccia. Non sapeva come quell'idiota avesse potuto pensare che lei, una rossa di altezza normale, avrebbe potuto competere con una bionda evanescente dall'altezza vertiginosa e dal viso perfetto, ma ogni speranza che la modella le lasciasse progettare il suo sito web per farsi pubblicità era svanito nel nulla.
Shannon aveva preso il primo volo che ritornava a Londra con il peggior tempo immaginabile, aveva lottato per trovare un taxi e si era bagnata fino alle ossa per arrivare al portone di casa sua. La prima cosa che aveva visto entrando dalla porta era il suo cellulare appoggiato sul tavolo che le comunicava che aveva ricevuto una dozzina di chiamate, la maggior parte delle quali dal suo socio in affari, Joshua, che chiedeva perché mai non rispondesse al telefono. Era un altro però il messaggio che l'aveva mandata nel panico assoluto.
Shannon, diceva, richiamami a questo numero appena puoi. C'è stato un grave incidente.
Un incidente. La sua gola si era serrata nello sforzo di deglutire. L'autore del messaggio non aveva lasciato il proprio nome, ma la sua voce profonda e calma era abbastanza familiare da farla rabbrividire. La telefonata doveva essere da parte di Angelo, il marito di sua sorella, e un simile messaggio poteva solo significare che in quell'incidente era rimasta coinvolta Keira.
«Dannazione» mormorò quando non accadde ancora nulla. Stava digitando un'altra volta il numero, quando il campanello della porta suonò.
Si diresse lungo il corridoio scavalcando la borsa che aveva lasciato nel mezzo della stanza. Il suo unico pensiero era il telefono che non riusciva a prendere la linea, e quindi aprì la porta troppo preoccupata per chiedersi chi potesse essere. Fu un vero shock trovarsi davanti l'ultima persona sulla terra che si fosse mai aspettata di vedere. Per alcuni terribili momenti Shannon si sentì così confusa che dovette aggrapparsi alla porta, mentre lui rimaneva lì occupando tutta la soglia con la sua imponente presenza.
«Luca!» esclamò in un sussurro.
Lui non proferì una sola parola, ma allungò una mano a sfilarle il telefono dalle dita intorpidite, poi avanzò costringendola a farlo entrare.
Il suo respiro era affannoso, e il fatto che lei non gli avesse gridato di sparire diceva molto riguardo al suo stato di completo sbigottimento. Senza parlare avanzarono nell'ingresso finché lei non si trovò con la schiena contro il muro e gli occhi fissi su di lui che con calma si voltò a chiudere la porta.
Quell'uomo così esuberante e sicuro di sé apparteneva alla potente famiglia Bruni. Luca Bruni, di Firenze, era un uomo importante e molto affascinante e lei, Shannon Gilbraith, sorella della cognata, era stata la sua fidanzata. Lui era l'uomo che avrebbe dovuto sposare e con cui aveva vissuto come una moglie per sei meravigliosi mesi prima che tutto finisse. Lo aveva amato appassionatamente e ora era come pietrificata in sua presenza.
Luca si voltò lentamente ad affrontarla, e il suo sguardo si posò sulla borsa in mezzo alla stanza.
«Sei stata via» mormorò. Il suo inglese era perfetto, con un accento che faceva rimescolare i sensi.
«A Parigi» rispose lei.
Stava tremando, scossa da troppi conflitti, conscia che avrebbe dovuto pensare solo a sua sorella, ma in quel momento incapace di considerare tutto il resto.
«Keira...» Si sentì invadere da un'ondata di angoscia e serrò i pugni. Sollevò gli occhi blu colmi d'ansia sul suo viso duro e risoluto e aprì la bocca per chiedere cosa era accaduto, ma lui parlò per primo.
«Siamo soli?» chiese, e quando Shannon lo guardò a bocca aperta, incapace di credere che avesse osato fare una simile domanda, lui decise di scoprirlo da sé. Scavalcando la sua borsa, cominciò ad aprire le porte.
Lo shock fu sostituito da un bruciante sgomento quando lei si rese conto delle sue intenzioni. Due anni prima Luca era arrivato nell'appartamento di Firenze e l'aveva scoperta mentre si affrettava a tentare di nascondere qualcosa che non sarebbe dovuto accadere in sua assenza.
Quello che era avvenuto in seguito era stato orribile e le aveva fatto capire cosa significava prendersi gioco di un Bruni. Lui l'aveva trascinata di stanza in stanza controllando tutti i posti in cui avrebbe potuto nascondersi un amante.
«Sei un bastardo» ansimò, trovando la forza di staccarsi dal muro e dirigersi con passo tremante verso il salotto.
Non aveva ancora avuto la possibilità di entrarci, si rese conto. Premette l'interruttore della luce e chiuse le tende color crema sui vetri bagnati di pioggia. Quando si voltò lo vide immobile sulla soglia che la fissava con sguardo glaciale. Il suo viso dai lineamenti severi era bello, ma duro e gelido.
Sembrava un dio greco, pensò. Ne possedeva il fisico e il viso, ma dentro era un comune mortale come tutti gli altri. Aspettò di calmarsi per non farsi sopraffare dalla rabbia e dal dolore per quell'amore che le era stato crudelmente strappato e che lei sapeva non essere mai morto.
In quel momento, però, Shannon si rese conto che mentre stava lì in piedi, pallida e tesa, non provava assolutamente nulla, nemmeno un'ombra di quel senso di disperazione che le attanagliava il cuore quando il pensiero di lui tornava. Quegli occhi, che di solito riuscivano a sconvolgerla, ora la lasciavano gelida, e anche la vista di quel viso magnifico non le provocava la solita ansia. Provò una sorta di sollievo perché forse significava che alla fine era riuscita a dimenticare quell'uomo.
«Sei soddisfatto delle tue ricerche?» chiese sarcastica. «O preferisci controllare anche dietro le tende?»
«No» fu tutto quello che lui rispose mentre il suo sguardo vagava nella stanza dalle pareti color pastello e dall'arredamento moderno, così in contrasto con i rari pezzi di antiquariato con cui lui aveva arredato casa sua. I piccoli divani gemelli di Shannon erano coperti di lino color crema e il pavimento era di legno chiaro, mentre quello della casa di Luca aveva preziosi intarsi nel parquet pregiato e i suoi divani di pelle marrone erano così grandi da riuscire a stendersi in due, a sbaciucchiarsi e... i ricordi ricominciarono a tornare a frotte.
Ancora una volta si costrinse a tornare al presente. Perché ripensare a tutto questo quando da tempo non significava più nulla per lei?, si chiese spostandosi nella stanza per accendere un'altra luce.
Oh, basta!, ordinò a se stessa. Luca alzò lo sguardo all'improvviso come se lei avesse parlato a voce alta. I loro occhi s'incontrarono e l'aria sembrò riempirsi di tensione, sull'onda di ciò che un tempo c'era stato tra loro e che non sarebbe mai potuto scomparire, anche se lo avessero voluto.
Shannon provò il desiderio di gridargli di parlare, Lui era sempre stato abile a tacere per logorare i nervi delle persone, e continuò a rimanere lì in piedi a fissarla come se stesse aspettando che fosse lei a dire qualcosa, poi, come se le avesse letto nella mente, distolse lo sguardo e lo posò oltre la sua spalla destra.
Shannon non aveva bisogno di guardare per sapere cosa avesse attratto la sua attenzione. Doveva essere la fotografia incorniciata di sua sorella Keira che sorrideva radiosa all'affascinante fratello di Luca, Angelo, il giorno del loro matrimonio. Dietro la coppia, un po' sfuocati, s'intravedevano anche loro due. Entrambi erano stati testimoni degli sposi, allora lui aveva ventotto anni e lei diciotto. Quel giorno aveva segnato l'inizio della loro storia.
«Credo che faresti meglio a sederti.»
Di colpo tutti i muscoli del suo corpo si tesero e i suoi sensi si allertarono. Quando qualcuno ti dice di sederti, può solo significare che sta per comunicarti qualcosa che potrebbe farti svenire, e quindi lui stava per darle brutte notizie.
«Cosa è successo a Keira?» chiese d'impulso.
«Quando ti sarai seduta» insistette lui.
«Oh, ti prego! Smettila di fingere di mostrarti tanto sensibile e dimmi piuttosto cos'è accaduto a mia sorella!» gridò. «Ho trovato un messaggio sul telefonino che mi comunicava che c'era stato un incidente e che avrei dovuto telefonare a uno stupido numero di cellulare che è irraggiungibile e quindi forse non esiste nemmeno!»
«Esiste» mormorò lui.
E come un lampo improvviso, Shannon si rese conto del terribile errore che aveva fatto. «Era il numero del tuo cellulare, non è vero?» chiese con tono accusatorio, non potendo credere di avere scambiato la sua voce roca e profonda con quella più calda di suo fratello Angelo. «Povero Luca» lo derise con improvvisa amarezza, «essere costretto a dare alla strega cattiva il tuo nuovo numero e rischiare un secondo assalto di chiamate indesiderate!»
Due anni prima lei aveva cercato in ogni modo di riuscire a parlargli. L'aveva chiamato sul suo portatile notte e giorno fino a che improvvisamente il numero era divenuto inesistente e lui l'aveva risolutamente tagliata fuori dalla sua vita.
«Parla allora, maledizione!» esclamò esasperata.
Con le labbra strette in una smorfia risoluta, Luca sembrava deciso a continuare a tenerla in sospeso finché lei non si fosse seduta. I suoi occhi la scrutarono e il tremore che la scuoteva quasi la costrinse a cedere. Solo la sua testardaggine la tenne in piedi: era sempre stata il suo maggior difetto, secondo l'uomo che si trovava davanti a lei.
Ancora una volta si ordinò di chiudere la porta in faccia al passato: non doveva pensare a niente, e nemmeno notare il disprezzo con cui lui la stava guardando.
Luca si mosse e Shannon, con un brivido di apprensione, vide la sua espressione divenire grave. I suoi occhi guardarono altrove e sospirò, poi le parole arrivarono.
«C'è stato un incidente, uno scontro in macchina questa mattina» le spiegò. «Ci sono stati dei feriti gravi» precisò lui.
«Keira...?» il nome era poco più che un sussurro.
«Sì» annuì. «Ed è necessario che tu sia forte, Shannon» la avvertì poi, «perché la prognosi non è buona e dobbiamo... oh, diavolo, maledetta testarda!»
Lei non seppe di aver barcollato finché le mani di Luca non la afferrarono saldamente per le spalle e la costrinsero a sedersi sul divano lì accanto.
«Perché non devi mai ascoltare un consiglio quando te lo si dà?» sbottò mentre s'inginocchiava e le stringeva le mani gelide. «Era una semplice richiesta visto che stavi quasi per svenire, come sapevo che sarebbe accaduto.