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Il fascino del deserto: Harmony Destiny
Il fascino del deserto: Harmony Destiny
Il fascino del deserto: Harmony Destiny
E-book148 pagine1 ora

Il fascino del deserto: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Tornano i FIGLI DEL DESERTO. Uomini nati per comandare destinati a trovare l'amore eterno... Quando sveglia in ospedale, Anna Lamb non ricorda né l'uomo affascinante che afferma di essere suo marito, né la neocognata che sostengono sia sua figlia, ma convinta di essere ancora sotto shock per l'incidente accetta di seguire lo sceicco Gazi al Mamzeh. Quando arriva nel Barakat si rende conto di non avere affatto un'amnesia. Gazi le confessa di averla ingannata perché...
LinguaItaliano
Data di uscita9 set 2016
ISBN9788858954201
Il fascino del deserto: Harmony Destiny
Autore

Alexandra Sellers

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il fascino del deserto - Alexandra Sellers

    successivo.

    Prologo

    Rannicchiata su stessa nell'oscurità, gemette piano per il dolore; lui l'aveva fatta aspettare troppo. L'aveva avvertito, ma non aveva voluto credere alle sue bugie e ora, nascosta in quel vicolo buio e sporco, sentiva che non c'era più tempo.

    Una fitta tornò a trafiggerla, strappandole un grido involontario. Si premette una mano sulla bocca e si guardò attorno, atterrita. Ormai lui doveva aver scoperto la sua fuga e certo la stava inseguendo. Se aveva sentito quel grido...

    Si rimise in piedi barcollando, afferrò la borsa e si allontanò con il cuore che batteva all'impazzata. Dopo pochi passi il dolore tornò. Dio mio, non qui! Non poteva farsi trovare in quel vicolo, inerme e spaventata, del tutto incapace di difendere il suo bambino.

    E lui non avrebbe mostrato pietà, ne era sicura. Riprese a camminare incespicando e mormorando una preghiera. Quasi in risposta alla sua invocazione, si ritrovò in un passaggio più stretto e oscuro e di-stinse una fila di porte. Dovevano essere dei box...

    Poi vide ciò che l'aveva attirata fin là: una delle porte era socchiusa. C'era forse qualcuno all'interno? Si avvicinò piegata in due dal dolore e in quel momento sentì un grido. Era ancora lontano, ma lei te-meva ciò che le stava alle spalle più di ciò che l'attendeva.

    Scossa da singhiozzi di paura e di dolore, raggiunse la porta, la spinse ed entrò.

    1

    «Mi sente, Anna? Sente la mia voce?»

    Anna gemette piano, lamentosa. Che cosa volevano da lei? Perché non la lasciavano dormire?

    «Muova la mano se riesce a sentirmi. Può muovere la mano?»

    Riuscì a farlo con un enorme sforzo,

    «Benissimo. Ora provi ad aprire gli occhi.»

    Le pareva che qualcosa di pesante le premesse sul cranio, provocandole un dolore sordo.

    «Temo proprio che avrà un bel mal di testa» osservò la voce in tono gioviale. «Su, provi ad aprire gli occhi.»

    Anna obbedì. La luce era troppo intensa e le faceva male. Una donna in uniforme da infermiera la guardava, attenta.

    «Oh, eccoci qui!» esclamò sollevata. «Come si chiama? Ricorda il suo nome?»

    «Anna Lamb.»

    «Benissimo, Anna» approvò l'altra.

    Lei si guardò intorno, disorientata: si trovava in una cameretta tutta bianca, distesa su un letto d'ospe-dale.

    «Che cos'è successo? Perché sono in ospedale? Oh, la mia testa!»

    «Ha avuto un incidente e una lieve commozione cerebrale, ma si rimetterà presto. Il bambino sta bene.»

    Bambino? Un dolore diverso, più profondo, la colpì come una mazzata.

    «Il mio bambino è morto» replicò Anna con voce flebile.

    L'infermiera le misurò la pressione, poi scosse la testa, decisa.

    «È una bambina e sta bene» la corresse con fermezza. «Non so come abbia fatto a partorire in un taxi, ma, per fortuna, tutto è andato bene. Il dottore sta finendo di visitarla.»

    Si chinò in avanti, le sollevò con gentilezza una palpebra e diresse nell'occhio il fascio di una piccola torcia.

    «In taxi?» ripeté Anna, confusa. «Ma...»

    L'infermiera continuò a visitarla con gesti rapidi ed esperti, mentre lei serrava gli occhi e cercava di pensare, nonostante il dolore e il disorientamento.

    «Si ricorda il parto, Anna?» chiese la donna alla fine della visita.

    Un'ondata di dolore cocente tornò a sommergerla. Si rivide in ospedale, con medici e infermiere radu-nati intorno al suo prezioso bambino e risentì l'intrecciarsi delle voci, la sua disperata invocazione, la risposta dolente del dottore.

    «Lasciatemelo vedere, ve ne supplico! Perché non posso vederlo?»

    «Mi dispiace tanto, ma non abbiamo potuto salvarlo.»

    Anna sollevò la testa e guardò l'infermiera.

    «Sì, me lo ricordo» rispose con voce spenta.

    Un uomo si affacciò alla porta della stanzetta.

    «Caposala, può venire, per favore?»

    La donna radunò i suoi strumenti.

    «Un'infermiera del reparto maternità arriverà appena possibile» annunciò. «Forse ci vorrà un pochino, però. Stanotte c'è molto lavoro e...»

    Un lieve bussare precedette l'arrivo di una giovane infermiera con una culla a rotelle; aveva l'aria esau-sta, eppure sorrideva.

    «Oh, eccola! Come sta la piccola?» l'accolse la caposala.

    La neonata strillava disperatamente e nessuna delle due infermiere sentì il gemito soffocato di Anna. Sconvolta da un turbine di emozioni, si sollevò a sedere puntellandosi sui gomiti e cercò di scacciare il mal di testa che le martellava le tempie.

    «Quella è mia figlia?» chiese, incredula.

    La giovane infermiera assentì e spinse verso di lei la culla a rotelle.

    «Guardi com'è bella.»

    Anna abbassò lo sguardo, chiuse gli occhi e li riaprì. La bambina smise di colpo di piangere : era av-volta in una tutina fornita dall'ospedale e si guardava intorno con aria sconcertata.

    «Oh, Dio mio!» proruppe Anna, sconvolta. «Ma allora era tutto un incubo?»

    «Dopo un colpo alla testa come quello che ha ricevuto, non è insolito sentirsi confusa» spiegò la capo-sala. «Tra un po' le cose si chiariranno: la terremo in osservazione per qualche giorno, ma lei non deve preoccuparsi.»

    Anna non la stava quasi a sentire.

    «Voglio tenerla in braccio!» sussurrò, tendendo una mano verso la culla.

    La giovane infermiera l'accontentò; lei si strinse al petto la neonata e ricadde contro i cuscini.

    Il cuore le martellava per una gioia così intensa da scacciare per qualche momento il terribile mal di testa. Anna abbassò lo sguardo sul visino della bimba.

    Era bella, con grandi occhi scuri, soffici capelli neri e una boccuccia che, all'improvviso, si distese in uno sbadiglio. Intorno a un occhio si vedeva una voglia scura, che tuttavia non toglieva nulla alla sua bellezza.

    «Sembra un fiore appena sbocciato» sussurrò Anna, estasiata. «È così fresca, così delicata!»

    «Sì, è bellissima» concordò l'infermiera più giovane, mentre l'altra finiva di scrivere la cartella medica che fissò poi ai piedi del letto di Anna.

    Poco dopo le due infermiere uscirono e lei rimase sola con la neonata. Il senso di irrealtà tornò a som-mergerla, come se una nuvola di dolore e confusione l'avvolgesse.

    La bambina dormiva tranquilla e Anna si chinò a osservarla da vicino. La voglia scura era più eviden-te, ora che aveva gli occhi chiusi; sarebbe potuto sembrare un difetto e invece possedeva una sua deli-cata bellezza e rendeva la piccola ancora più tenera e vulnerabile.

    Anna non ricordava di aver mai visto una simile voglia. Era forse un tratto ereditario? Nessuno nella sua famiglia l'aveva.

    Il ricordo dell'altro figlio, minuscolo, bello e cereo era forse un sogno? Le avevano permesso di tenerlo in braccio per un attimo, tanto per salutarlo e in quel momento il suo cuore era morto, si era impietrito. L'avevano incoraggiata a piangere, ma lei non poteva farlo: le lacrime richiedevano un cuore.

    Era stato tutto un sogno?

    Anna si sentiva esausta. Rimise nella culla la bimba addormentata e si chinò su di lei in cerca di rispo-ste.

    «Chi è tuo padre?» sussurrò. «Dove sono? Che cosa mi sta succedendo?»

    La testa le faceva un male tremendo. Tornò ad appoggiarsi ai cuscini e desiderò che le luci non fossero così intense.

    «Figlia mia, preparati a una grande notizia.»

    La fanciulla sorrise, fiduciosa, alla madre.

    «Si tratta del principe?» chiese.

    L'eccitante informazione era trapelata fino all'harem.

    «Ho parlato del tuo matrimonio con gli emissari del principe e anche con tuo padre. Una simile unio-ne gli fa molto piacere, figlia, giacché egli desidera la pace con il principe e il suo popolo.»

    Lei si inchinò.

    «Sono felice di fargli piacere. E il principe... com'è?»

    «Oh, figlia mia, è un uomo capace di appagare qualsiasi donna: è bello, forte e dotato di ogni talen-to. Si è anche distinto in battaglia; dovunque si narra del suo coraggio.»

    Lei sospirò felice.

    «Oh, madre, sento già di amarlo!»

    Anna si svegliò senza sapere che cosa l'avesse disturbata. Un uomo alto e scuro leggeva la sua cartella medica fissata ai piedi del letto. Aveva qualcosa... Aggrottò la fronte, tentando di concentrarsi, ma il sonno la riprese.

    «Stanno bene tutte e due» gli sentì dire alla giovane infermiera quando riaprì gli occhi.

    Non sapeva se fossero passati alcuni secondi o qualche minuto.

    L'uomo non era tipo da passare inosservato: bello e forte come un capo di pirati o un nobile da film, con un fascino virile ed esotico. Indossava un completo grigio chiaramente tagliato su misura da qual-che grande sarto e all'anulare portava un anello di diamanti. I polsini della camicia di seta color crema erano chiusi da gemelli d'oro e all'altra mano brillava uno smeraldo.

    Eppure non appariva pacchiano o eccessivo, come se quell'eleganza fosse naturale per lui.

    Anna sbatté le palpebre e cercò di tornare alla realtà. La giovane infermiera lo guardava, sorridente e affascinata, come se l'energia virile dell'uomo le avesse acceso dentro una scintilla, nonostante la stan-chezza.

    «È sveglia!» esclamò all'improvviso, notando che Anna aveva aperto gli occhi.

    L'uomo si girò a fissarla con il suo sguardo cupo e intenso. Aveva una voglia sull'occhio proprio come quella della bambina.

    «Anna!» proruppe, con un lieve accento straniero a rendere più attraente la sua voce profonda. «Grazie a Dio tu e la bambina state bene! Che cos'è successo?»

    Anna si sentì sempre più stupida e confusa.

    «Lei è il dottore?» chiese.

    Gli occhi scuri si incupirono e l'uomo scoppiò in una risata amara e preoccupata. Si chinò su di lei e le prese le mani, stringendole come se volesse darle un avvertimento.

    «Cara, l'infermiera mi ha detto che non ricordi nulla dell'incidente, ma spero che almeno tu non abbia dimenticato tuo marito!»

    2

    Marito? Anna rimase a fissarlo a bocca aperta.

    «Io non...» cominciò.

    Lui le strinse ancora la mano, poi la lasciò andare. Era davvero suo marito? Come poteva essere sposata e non ricordarlo? Possibile che un uomo così affascinante si fosse innamorato di lei, l'avesse scelta?

    «Siamo sposati?» chiese.

    Lui scoppiò di nuovo a ridere, ma nella sua ilarità c'era una nota minacciosa che Anna non riusciva a capire.

    «Guarda la nostra bambina! Non lo dimostra, forse?»

    In effetti la voglia sull'occhio era inconfondibile.

    «Io... io non ricordo niente» spiegò Anna con voce tremante, respingendo a fatica un'ondata di panico.

    Come poteva aver dimenticato un marito del genere? Chiuse gli occhi, ma l'accolse solo un'oscurità infinita. Ricordava chi era e nient'altro.

    Riaprì gli occhi e

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