Impulsi proibiti: Harmony Destiny
Di Joss Wood
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Info su questo ebook
Lachlyn Latimore è una Ballantyne, ricchissima e famosa, ma l'unica cosa che desidera è condurre una vita riservata, lontana dai riflettori e dalla famiglia. Tuttavia, i paparazzi sembrano di altro avviso e Lachlyn diventa la donna più fotografata di New York. Per proteggere la sua privacy viene ingaggiato Reame Jepsen, esperto di sicurezza e amico di famiglia. L'uomo ha recentemente rivoluzionato la sua vita, rifuggendo tutti i legami e dedicandosi a relazioni fugaci e disinibite.
Lachlyn, però, è da sempre il suo desiderio proibito, e quando Reame si trova a passare tutto quel tempo insieme a lei non riesce a resistere all'attrazione che prova, e che a quanto pare non ha travolto soltanto lui.
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Anteprima del libro
Impulsi proibiti - Joss Wood
1
Lachlyn Latimore percorse il corridoio di quella che forse era la casa in pietra arenaria più famosa di Manhattan, o del mondo. I newyorkesi la conoscevano come il Den: un edificio a cinque piani in mattoni usurati dal tempo, che apparteneva da generazioni alla famiglia Ballantyne.
La famiglia in cui era nata, a quanto pareva.
Lachlyn ringraziò con educazione Linc Ballantyne quando le prese il cappotto vintage e lo appese allo schienale di una chaise longue alla destra del portone in legno e vetro colorato.
Lachlyn sperava che non notasse la tasca sfilacciata o il bottone mancante.
Incrociò le braccia sulla maglia bianca a maniche lunghe e resistette all'impulso di asciugarsi le mani sui jeans neri aderenti.
Aveva da poco scoperto di essere la figlia illegittima di Connor Ballantyne, gioielliere di fiducia dei più ricchi e potenti al mondo, oltre che una leggenda a Manhattan, quindi aveva il diritto di sentirsi intimidita.
Connor era morto anni addietro, ma i suoi figli erano altrettanto influenti e osannati.
Lachlyn lanciò un'occhiata al ritratto di Connor sulla parete di fronte all'enorme scalinata. Da lui aveva preso gli occhi azzurri, i capelli biondi, il naso dritto e delicato. Aveva la corporatura esile e le labbra carnose della mamma, ma per il resto era una Ballantyne a tutti gli effetti.
«Grazie per essere venuta, Lachlyn. Andiamo in salotto» suggerì Linc e le fece cenno di seguirlo, ma prima che potessero muoversi qualcuno suonò alla porta.
Le rivolse uno sguardo dispiaciuto.
«Scusa, è il babysitter di mio figlio.» Tornò indietro, mise la mano sul pilastro intarsiato della scala e gridò: «Shaw? C'è Reame».
Aprì il portone e Lachlyn vide entrare un uomo molto alto che dominò immediatamente lo spazio.
Cavolo che babysitter!, pensò.
Mentre Linc e lo sconosciuto sexy si stringevano la mano e si scambiavano quel mezzo abbraccio tipicamente maschile lei stilò un elenco delle qualità di quell'uomo: capelli color caramello, pelle olivastra e abbronzata, barba dorata sulle guance. Spalle ampie, fianchi stretti e un fondoschiena da urlo.
Di solito non notava il fondoschiena degli uomini. Lui la guardò con quei suoi occhi verde chiaro e Lachlyn si sentì una donna attraente. Le mancò il respiro e decise che l'aria non era importante se poteva guardare quell'uomo. Si sentiva viva, sexy.
Lui trasudava sicurezza e intelligenza.
Quindi era questo che si intendeva per attrazione. Una sensazione calda e pulsante che la tormentava per il desiderio di toccare ed essere toccata.
Assomigliava a un moderno cavaliere: forte, determinato e così sexy da far girare la testa sia alle donne del passato che a quelle dei nostri giorni.
Non era il suo tipo, comunque. Per avere un uomo ideale si doveva avere interesse nell'uscire con qualcuno, nelle relazioni.
Sentì un grido provenire dal piano di sopra e distolse lo sguardo dalle cosce muscolose di lui – cosa stava guardando poi? – e quando alzò la testa vide un bambino che si precipitava giù dalle scale.
A cinque gradini da terra si lanciò in aria e Lachlyn sussultò impaurita, sicura che sarebbe caduto. Si mosse per aiutarlo ma il tizio alto la precedette, afferrando il bambino e infilandoselo sotto al braccio come una palla da football.
Lei si portò una mano al petto e chiuse gli occhi.
Santo cielo, era sicura che il bambino si sarebbe spiaccicato al suolo.
«Devi smetterla di fare così, Shaw» disse Linc, affatto preoccupato. In effetti, tra i tre, lei era l'unica che sembrava immaginarsi sangue, ossa rotte o punti di sutura.
Linc indicò Lachlyn.
«Reame, ti presento Lachlyn Latimore. Lachlyn, Reame Jepsen è un mio caro amico. E bada a mio figlio Shaw.»
L'uomo rimise a terra il piccolo e incrociò lo sguardo di lei. Ecco di nuovo tornare l'aria nella stanza.
«Signorina Latimore.»
Aveva una voce profonda, leggermente roca. Lachlyn voleva sapere come sarebbe stato quando le sue parole le avrebbero sfiorato la pelle... Le porse la mano e lei riuscì a immaginarla mentre le scivolava lungo la coscia, le afferrava il seno. Si sentì avvampare e ignorò quella mano virile.
Non si azzardava a toccarlo. Non avrebbe rischiato di incendiarsi e mandare a fuoco l'ingresso della casa di Linc.
«Salve» mormorò, guardandosi le scarpe.
«Salve a te.» Percepì il divertimento in quelle parole. Si sforzò di sollevare lo sguardo e... sì, notò il suo sorrisetto.
Reame Jepsen adorava l'effetto che faceva alle donne e non era affatto sorpreso dalla ridicola reazione di Lachlyn. Solitamente quel genere di sorriso le spegneva ogni desiderio, tuttavia, anziché provare disgusto, trovava attraente quella sua sicurezza.
Addirittura irresistibile.
Oh, cavolo. Non andava bene. Per niente.
«Zio Reame!»
Lui distolse lo sguardo – per fortuna, perché Lachlyn si sentiva inchiodata al suolo – per guardare Shaw, appeso al suo braccio muscoloso.
Oh, smettila, Lachlyn! Shaw si arrampicò come una scimmietta lungo il fianco fino a sederglisi in braccio. Lachlyn vide che il bambino sollevava il labbro superiore per mostrare a Reame un buco in bocca.
«Ho perso il dente» disse con una pronuncia blesa.
«Vedo» rispose lui. «Sei bruttissimo.»
Shaw sorrise, poi mise il broncio. «La fatina dei denti si è dimenticata di venire.»
In piedi dietro a Shaw, Linc fece una smorfia. Lachlyn poteva anche non intendersene di bambini, ma era ovvio che qualcuno si era dimenticato di lasciare delle monetine sotto al cuscino di Shaw.
«Che peccato. La fatina dei denti che segue questa zona dev'essere una scansafatiche» disse Reame, riuscendo a rimanere serio.
«La mamma ha detto che è perché non ho raccolto i giocattoli e che alle fatine non piacciono le camerette in disordine» spiegò lui, dispiaciuto.
«Forse è così.»
Non c'era nulla di più sexy che guardare un bell'uomo interagire con un bambino adorabile, pensò Lachlyn. Avrebbero potuto benissimo far parte di uno spot e il prodotto pubblicizzato si sarebbe venduto alla grande.
«Riprova stanotte, amico» suggerì Reame, e Lachlyn sorrise quando lo vide guardare Linc come a dire guai a te se te ne dimentichi.
«Possiamo andare adesso?» piagnucolò Shaw, strattonando il braccio di Reame.
Lui annuì e Lachlyn vide il sorriso che gli rivolse. Un sorriso aperto e affettuoso e dieci volte più potente del sorrisetto di prima. Era chiaro che gli piaceva il figlio di Linc e Linc sembrava a suo agio nell'affidargli Shaw.
Doveva fidarsi ciecamente di Reame visto che in città sapevano tutti che Linc era un padre devoto e protettivo, era un riconoscimento non da poco. Jepsen sembrava un modello ma Linc si fidava di lui tanto da affidargli il figlio, quindi doveva avere delle qualità.
Lachlyn sentì i due che si mettevano d'accordo su Shaw e nel giro di trenta secondi il bellissimo Reame e quell'adorabile bambino se ne andarono, lasciandola sola con Linc.
Voleva sapere chi era Reame e che ruolo aveva nella vita di Linc. Così, anche se non era da lei, glielo chiese.
«Lo conosco da sempre. Da piccoli vivevamo nello stesso quartiere» spiegò lui. «Mia madre è diventata la governante di Connor e ci siamo trasferiti qui però, anche se vivevamo vite completamente diverse ai lati opposti della città siamo rimasti amici.»
Non avrebbe dovuto fare altre domande, d'altra parte nessun uomo l'aveva mai colpita tanto e, be', era curiosa.
«Lavora per te alla Ballantyne & Company?»
«No figurati, ci scanneremmo.» Linc scosse la testa, e non sembrava infastidito da quelle domande. «Reame ha una ditta che si occupa sicurezza. Era nell'esercito, in una di quelle unità top-secret che si occupano di cose top-secret. Ha una carriera militare strepitosa alle spalle, incluse delle medaglie al valore. Per un paio d'anni non l'ho visto né sentito per mesi. Era questa la vita di chi si arruolava nelle forze speciali. Poi...» Linc esitò e Lachlyn gli rivolse uno sguardo deciso. Non avrebbe smesso di parlare proprio adesso, vero?
«Poi?» lo incalzò.
«Ha avuto problemi in famiglia ed è dovuto tornare a casa. Sua madre e le sorelle avevano bisogno di lui. Ha lasciato l'esercito e ha iniziato a lavorare come guardia del corpo di Connor. Ha talento negli affari, quindi dopo aver acquisito nuovi clienti ha iniziato ad assumere i suoi amici militari come guardie del corpo, così ha fondato la sua azienda. Se poi aggiungi i servizi d'investigazione sui tradimenti e quelli sulla sicurezza informatica per le imprese, la Jepsen & Associates è una delle più grandi società di sicurezza in città» concluse Linc, orgoglioso.
Bellezza, forza, intelligenza. Per fortuna non l'avrebbe più rivisto. Quell'uomo era pericoloso.
Pericoloso e bellissimo.
Allontanandosi dal Den, Reame rallentò così Shaw non avrebbe dovuto correre per stare al passo.
«Allora me lo dici perché mi hai mandato un messaggio SOS? Credevo fossimo d'accordo che lo potevi usare solo per le emergenze.»
Due ore prima, quando lo aveva ricevuto, non si era preoccupato visto che al momento era al telefono con Linc e sapeva che al Den era tutto a posto.
«Era un'emergenza. Spike voleva che mi portassi a giocare a baseball.»
Sì, giusto.
«Un'emergenza è quando qualcuno è ferito, o ci sono fuoco o sangue. Non quando ricevi un messaggio sul baseball da un drago barbuto, Shaw» disse Reame al figlioccio. «Tate sa che hai usato il suo telefono?»
Tate era la fidanzata di Linc, oltre che il motivo per cui il suo migliore amico adesso se ne andava in giro con uno sguardo inebetito.
In realtà tutti i Ballantyne avevano avuto fortuna con le donne. Era strano vedere i suoi amici d'infanzia sistemati. Non era passato molto tempo da quando scorrazzavano per Manhattan, felici di essere gli scapoli più ambiti. Di recente si erano tutti follemente innamorati. Reame, uno scapolo impenitente e restio ai legami, si era fatto delle grasse rissate.
Gli piacevano Piper, Cady e Tate, e rispettava le scelte degli amici. A lui, però, non interessava sistemarsi. Il pensiero di mettersi in una situazione del genere lo faceva sentire a disagio.
Tornò a concentrarsi su Shaw e si rese conto che doveva ancora rispondergli.
«Allora?»
«Più o meno.»
Quindi no. Prima che potesse rimproverarlo Shaw lo guardò con quei suoi occhioni azzurri.
«Era un'emergenza, zio Ree. Sarei dovuto andare a casa della zia Piper perché papà doveva parlare con quella ragazza. E avrei dovuto giocare con i bambini» si lamentò. «Visto che stavi solo lavorando ho pensato che potevamo andare a fare un giro.» Solo lavorando... Se si poteva definire così gestire un'agenzia di sicurezza da milioni di dollari. «Avevo bisogno che mi salvassi, non potevo giocare con i bambini» affermò Shaw con enfasi.
Che manipolatore, pensò Reame, ma era davvero troppo carino.
Sospirò e scosse la testa. Era sopravvissuto ad allenamenti brutali, aveva combattuto battaglie intense in guerra e in azienda, ma si lasciava plagiare da Shaw. La verità era che se Shaw o uno dei Ballantyne lo chiamavano correva da loro. Erano la sua famiglia.
«Quella ragazza era carina» dichiarò Shaw, cambiando argomento con furbizia.
Carina? No. Ti toglieva il respiro per quanto era bella, ed erano anni che non provava una cosa simile per una donna. Forse non gli era mai capitato.
Reame guardò il viso birichino del figlioccio e sollevò le sopracciglia.
«Non sei un po' troppo piccolo per notare le ragazze carine?» chiese.
Shaw arricciò il naso ricoperto di lentiggini. Cavolo, adorava quel bambino.
«È la vera figlia del nonno Connor. Ma non l'ha adottata, come ha fatto con papà.»
Quando i Ballantyne erano venuti a sapere della possibile parentela tra Lachlyn e la famiglia grazie al fratello di lei, Tyce Latimore, Reame aveva ordinato al suo miglior investigatore di scavare nella sua vita.
Sulla carta sembrava una qualunque. Viveva da sola, lavorava alla biblioteca pubblica di New York, sembrava riservata. Non c'era nulla di sospetto, quando, però, aveva visto le sue foto nel dossier aveva provato qualcosa allo stomaco.
Per qualche motivo anche allora, senza averla ancora incontrata, lo aveva colpito. Pur sapendo solo che era la figlia di Connor lo aveva messo a disagio.
Lo stesso istinto che lo aveva salvato in molte situazioni difficili in qualità di militare delle forze speciali gli aveva urlato che Lachlyn Latimore avrebbe avuto un impatto nella sua vita.
L'averla incontrata non aveva placato il subbuglio che avvertiva, pensò, tenendo una mano sulla spalla del ragazzino mentre raggiungevano un campo da baseball a qualche isolato dal Den.
Le foto nel dossier di Lachlyn non le avevano reso giustizia. Aveva gli occhi di Connor, ma di un azzurro più intenso, tendente al viola, il viso era più delicato, gli zigomi più pronunciati, e la bocca sembrava fatta per essere baciata. Era minuta, gli arrivava a malapena alle spalle, ma aveva le curve al posto giusto.
Aveva dovuto usare tutta la forza di volontà di cui disponeva per distogliere lo sguardo da quel viso bellissimo e afferrare Shaw a mezz'aria. Rabbrividì al pensiero che se avesse reagito con un secondo di ritardo Shaw sarebbe caduto. Quel bambino doveva smettere di credersi un supereroe. Oppure Reame doveva mantenere la concentrazione in presenza di belle donne.
Di solito gli riusciva benissimo.
Piaceva alle donne e viceversa, quando aveva tempo da dedicare loro. Solitamente non ne aveva. Gestire una società in espansione gli