Una principessa al mio servizio (eLit): eLit
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Info su questo ebook
La principessa Arabella mai si sarebbe sognata di dover fare da quasi mamma a un dolce pargoletto di un anno e di dover affrontare con lui una traversata transoceanica. Ma le promesse, per quanto possano essere impegnative, vanno mantenute. Per questo motivo ora Belle si trova in Montana, nella residenza di Preston McCade, il padre del piccolo Ben. Tutto potrebbe essere molto semplice se non fosse per gli occhi magnetici di lui che non la lasciano un momento e sembrano avvertirla che lei, la preda, sta per essere catturata.
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Anteprima del libro
Una principessa al mio servizio (eLit) - Christine Rimmer
Immagine di copertina:
Depositphotos / kobiela.tomasz
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Rancher’s Christmas Princess
Harlequin Special Edition
© 2012 Christine Rimmer
Traduzione di Raffaella Fontana
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-439-2
1
Le notizie ci mettevano ben poco a fare il giro di Elk Creek, Montana, e la presenza di una principessa in carne e ossa in paese era uno scoop sensazionale.
La principessa in questione era Arabella. Arabella Bravo Calabretti. Sua madre era a capo di un minuscolo quanto ricco principato affacciato sul Mediterraneo. La principessa Arabella aveva affittato tre stanze al Drop On Inn, sulla strada principale. Si diceva che avesse con sé un bambino. Era altresì accompagnata da una donna di mezza età e da una guardia del corpo, e a Elk Creek, dove durante i lunghi e nevosi inverni non succedeva mai niente, la visita di una principessa era decisamente una notizia bomba.
Per principio, Preston McCade non avrebbe degnato della minima attenzione nessuna principessa, né a Elk Creek né altrove, tuttavia sua altezza Arabella si era informata direttamente sul suo conto. Era arrivata in paese all’inizio di dicembre e quella sera stessa Preston aveva ricevuto una telefonata che lo informava che la principessa intendeva mettersi in contatto con lui.
Quando poi un lunedì mattina si era fermato da Feed and Seed per ritirare un ordine, Betsy Colson lo aveva accolto col sorriso più radioso che lui avesse mai visto sul suo viso lentigginoso da quando la conosceva.
«Pres!» Betsy aveva fatto il giro del bancone per raggiungerlo. «Hai sentito che c’è una principessa in paese?»
«Buongiorno anche a te, Betsy.»
«A dirmelo è stato Dee Everhart, che a sua volta l’ha saputo direttamente da RaeNell.» RaeNell e Larry Seabuck erano i proprietari del Drop On Inn. «Viene da Montedoro, questa principessa. Ne hai mai sentito parlare? È un principato sulla costa francese. Dicono che sia molto bello laggiù. Ci sono palme e casinò, spiagge tranquille e il sole tutto l’anno.»
Pres si tolse il cappello e se lo batté contro la coscia per rimuovere la neve. «A proposito di tempo, pare che nevicherà a intermittenza anche domani.»
Betsy, che lo conosceva fin dai tempi delle elementari, si piazzò le mani sui fianchi sottili. «Hai sentito quel che ho detto?»
«Lo sapevo già. RaeNell mi ha chiamato al ranch per dirmi che una certa principessa mi stava cercando.»
«Dee mi ha detto che RaeNell le ha detto che la principessa vuole parlarti, Pres.»
«Be’, in tal caso immagino che mi chiamerà, visto che ho autorizzato RaeNell a darle il mio numero di telefono.»
Betsy corrugò la fronte e arricciò il naso appuntito. «Cosa pensi che possa volere da te, una principessa?»
«Non ne ho idea. Il mio ordine è già arrivato?»
«No, mercoledì. Promesso.»
«D’accordo, allora tornerò tra un paio di giorni» disse lui raggiungendo la porta.
«Sta al Drop On Inn» insisté la donna. «Potresti fare un salto per vedere cosa vuole...»
«A mercoledì, Betsy.» Preston si rinfilò il cappello e aprì la porta abbassando la testa per non impigliarsi nel vischio appeso all’infisso, e uscì prima che Betsy potesse ripetergli cosa avrebbe dovuto fare.
Aveva quasi smesso di nevicare e il Drop On Inn era sulla strada principale. Vi si diresse a piedi fermandosi in drogheria per comprare un po’ di verdura. In effetti anche lui era curioso di scoprire cosa volesse da lui quella principessa.
Quando fece il suo ingresso nella reception del motel, dietro il bancone c’era Larry Seabuck. «Preston, come va la vita?» chiese l’uomo brizzolato.
«Non mi lamento. Mi è stato riferito che una delle tue ospiti mi vuole vedere.»
«Sì, la principessa» disse Larry con deferenza e un pizzico di possessività.
«In che stanza alloggia?» Preston si tolse nuovamente il cappello.
Larry corrugò la fronte. «RaeNell ha dato il tuo numero di telefono a sua altezza.»
«Non potresti farle uno squillo per dirle che sono qui e che sono pronto a parlarle?»
«Ehm... ecco, in questo momento non c’è.»
Pres si appoggiò con i gomiti al bancone decorato col filo argentato. «Ti stai comportando in maniera piuttosto strana, Larry. Perché non sputi il rospo?»
Gli occhiali di Larry gli erano scivolati sulla punta del naso. «Ecco, una donna di quel livello, un’aristocratica... è nostra ospite. Ci hanno già chiamato due giornalisti per sapere se alloggiava qui da noi. Lei ci ha chiesto di non essere disturbata e noi desideriamo rispettare la sua privacy.»
Pres, che nella vita non aveva mai avuto molte ragioni per ridere, si trovò a reprimere un ghigno. «È carina questa principessa?»
«Oh, be’, ecco... Sì, molto.»
«Adesso capisco. Larry, faresti meglio a fare attenzione, o qualcuno spiffererà tutto a RaeNell.»
«Andiamo, Preston, non è affatto come credi» si difese l’uomo battendo ripetutamente le palpebre.
«Dimmi solo dove posso trovarla. Giuro di comportarmi come si deve.»
«Ma se non sai nemmeno come rivolgerti a una principessa.»
«Allora perché non mi dai un paio di dritte?»
«Non ti sedere in sua presenza, a meno che non sia lei stessa a invitarti a farlo. La prima volta che le rivolgi la parola, chiamala sua altezza, dopodiché semplicemente signora.»
«È stata lei a dirti tutto questo?»
«Certo che no» fece l’altro piccato. «Ho cercato su Wikipedia.»
«Ah be’, allora... Insomma, si può sapere dove posso trovarla?»
Finalmente Larry cedette. «E va bene, come vuoi. Sta facendo colazione.» Con la mano magra e pallida indicò il ristorante sull’altro lato della strada.
«Grazie, Larry. Buona giornata.»
Belle lo vide avvicinarsi. Era alto e decisamente attraente, in una maniera piuttosto ruvida. Si diresse dritto verso il tavolo dove lei sedeva da sola, si tolse il cappello da cowboy e le rivolse la parola educatamente. «Sua altezza, sono Preston McCade. Mi è stato riferito che mi ha cercato.»
Marcus, la sua guardia del corpo, in piedi accanto all’ingresso, era pronto a intervenire in qualsiasi momento. Belle incontrò lo sguardo dell’uomo e scosse impercettibilmente il capo, dopodiché gratificò il nuovo venuto con un sorriso ampio e cordiale. «Proprio così; speravo di incontrarla, signor McCade.» Indicò la sedia libera davanti a sé. «Prego, perché non si accomoda?»
Gli sguardi di tutti i presenti erano fissi su di loro, Belle li avvertiva chiaramente. Nel locale non si sentiva volare una mosca. Il cowboy si sfilò la giacca imbottita e la appese a un attaccapanni accanto al tavolo. Sotto la giacca indossava una semplice camicia di cotone della stessa tonalità di azzurro dei suoi occhi. I jeans e gli stivali di pelle mostravano i segni dell’usura.
Occhi azzurri, pensò lei. Un azzurro meraviglioso, proprio come quelli di Ben...
«Il solito, Pres?» gli chiese la cameriera da dietro il bancone.
«Grazie, Selma.» E con quelle parole si sedette al tavolo.
La cameriera afferrò una caraffa di caffè e li raggiunse per riempire due tazze fino all’orlo.
Il cowboy bevve una sorsata e riappoggiò la tazza. La cameriera li aveva lasciati nuovamente soli. «Ha intenzione di fermarsi in paese per un po’, signora?»
«La prego» disse lei dolcemente, «mi chiami Belle. La mia visita qui è... a tempo indeterminato.»
Si scambiarono un’occhiata. Lo sguardo di lui era rassicurante e intenso. Aveva spalle ampie e la mandibola squadrata con una deliziosa fossetta al centro. Non la stupiva che Anne lo avesse trovato tanto attraente. Qualunque donna si sarebbe trovata d’accordo.
Peraltro non era solo attraente, in lui c’era qualcosa di ponderato. Un che di riflessivo, una certa dignità e riservatezza. L’istinto le diceva che era uno su cui si poteva contare. Sentiva che sarebbe stato facile attaccarsi a un uomo così, provare rispetto nei suoi confronti. La cosa le faceva piacere. Era molto preoccupata all’idea che potesse anche non piacerle.
La situazione non era certo facile ed era normale che avesse mille ansie e preoccupazioni. Inoltre aveva il cuore a pezzi, per la perdita della sua amica e per il piccolo, dolcissimo Ben...
Oddio, come doveva comportarsi? Come aveva fatto Anne a chiederle una cosa del genere? Non spettava a lei occuparsene...
«Tutto a posto, signora... cioè, Belle?» le chiese McCade con voce bassa e sinceramente preoccupata. Si era piegato leggermente verso di lei.
All’improvviso Belle non riuscì più a sostenere il suo sguardo. Osservò le sue mani che stringevano la tazza di caffè. Erano mani forti e grandi. Callose. Le mani di un lavoratore.
La sua vita era... difficile?
Erano così tante le cose che aveva bisogno di scoprire. Troppe, in effetti. Quell’obbligo le pesava come un macigno.
Si ricompose e sollevò nuovamente la testa. «Sì, tutto a posto, grazie.» Diede un’occhiata fuori dalla finestra. «Ha ricominciato a nevicare.»
Lui annuì. «Farebbe meglio a non prolungare troppo la sua visita. Un’altra settimana al massimo, altrimenti non riuscirà a lasciare il Montana prima dell’arrivo della primavera.»
«Credo che dovrò correre il rischio, signor McCade.»
«Preston, può darmi del tu.»
«D’accordo, allora anche tu.» Per qualche strano motivo aveva voglia di sorridere. «Preston.»
«Mangia, o si rafredderà tutto.»
Ma Belle non aveva fame. Non più. L’appetito le era completamente passato nel momento in cui aveva visto quell’uomo avvicinarsi a lei con falcate lunghe e decise, tuttavia riprese in mano la propria forchetta.
Pres sorseggiò il caffè sforzandosi di non fissare la principessa.
Era molto carina, non c’erano dubbi. Con quei lucenti capelli castani e gli occhi a mandorla del colore del whisky. La sua pelle era diafana. Era pronto a scommettere che fosse morbida come seta. E poi aveva classe da vendere. Era beneducata, aveva una voce melodiosa, non c’era da stupirsi che Larry si fosse preso una cotta.
La cameriera gli servì una bistecca, quattro uova, patatine fritte, toast e una generosa porzione di torta di mele. Pres iniziò a mangiare, pensando che gli piaceva il modo in cui lei lo guardava dritto negli occhi. Però aveva un’aria molto grave. E un po’ triste. Come se sulle spalle portasse un pesante fardello.
Tuttavia, a ben guardare, anche lui in genere era piuttosto grave: la vita era dura. E alla fine non rimaneva più niente.
«Hai sempre vissuto in Montana, Preston?»
«Eccetto gli anni di università nello Utah. Vivo nel mio ranch di famiglia. È un po’ decentrato rispetto al paese. Alleviamo e addestriamo cavalli da lavoro.»
«Qui negli Stati Uniti avete i migliori: agili, veloci, perfetti per il lavoro nei campi.»
La sua considerazione per lei aumentò ulteriormente. «Te ne intendi di cavalli.»
«Mio padre è cresciuto in un ranch in Texas» gli spiegò. «Vicino a San Antonio. Adesso a occuparsene è mio cugino Luke.»
«E così tuo padre è americano?»
«Ha cambiato nazionalità quando ha sposato mia madre, ma sì, è americano di nascita. Sia io che i miei