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Agli ordini del re: Harmony Collezione
Agli ordini del re: Harmony Collezione
Agli ordini del re: Harmony Collezione
E-book158 pagine4 ore

Agli ordini del re: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Dovrebbe scegliere una regina...
Il re Augustus di Arun rimane scioccato quando il Consiglio gli invia a Palazzo una misteriosa cortigiana, ma un'antica legge del regno dice che l'unico modo per lasciarla libera è sposare qualcun'altra. Augustus ha sempre voluto avere una famiglia e assicurarsi degli eredi, ma a patto di trovare la donna giusta.

... ma il suo desiderio sarà più forte del dovere.
Nel frattempo però l'innocenza di Sera e il genuino desiderio che prova per lui portano al limite il suo leggendario autocontrollo. Augustus sa bene che se si permetterà di cedere alla tentazione, non si staccherà più da lei finché Sera non sarà diventata la sua regina.
LinguaItaliano
Data di uscita11 nov 2019
ISBN9788830506640
Agli ordini del re: Harmony Collezione
Autore

Kelly Hunter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Agli ordini del re - Kelly Hunter

    successivo.

    Prologo

    Augustus

    Non avrebbero dovuto trovarsi in quella parte del Palazzo. Il quattordicenne Augustus, principe incoronato di Arun, aveva cercato il padiglione circolare con la cupola di vetro almeno per gli ultimi sei anni. Poteva vederlo dall'elicottero tutte le volte che partiva o arrivava, ma non era mai stato in grado di trovarlo all'interno del Palazzo, e sembrava che nessun adulto fosse disposto ad aiutarlo.

    Suo padre diceva che quell'ala era stata chiusa un centinaio d'anni prima. E sua madre aveva aggiunto che era una zona vietata perché il soffitto non era sicuro.

    Ma questo non aveva impedito a lui e alla sorella di continuare a cercarlo, anche se non avevano mai avuto fortuna. Era come una caccia al tesoro. E non sarebbero riusciti a trovarlo neppure quella volta, senza l'aiuto di una mappa.

    Il pavimento era di marmo del colore lunare, così come le colonne e gli architravi che sorreggevano la cupola centrale. Il poco mobilio rimasto era coperto da teli polverosi che una volta dovevano essere stati bianchi. Eppure quella stanza era più calda di qualsiasi altra sala del castello.

    «Perché non viviamo in questa parte del Palazzo?» domandò la sorella da qualche parte non lontano dietro di lui, mentre era occupata ad aprire ogni porta che si affacciava sulla sala circolare. «Queste sono camere da letto. Io potrei vivere qui.»

    «Vuoi cinquanta camere da letto tutte per te?»

    «Voglio acciambellarmi al sole come un gatto. Mostrami un altro posto del Palazzo in cui sia possibile farlo.»

    «La mamma ti ucciderebbe se ti trovasse distesa al sole. Perderesti il tuo incarnato color latte.»

    «Augustus, io non ho l'incarnato color latte, qualsiasi cosa possa volere nostra madre. Ho capelli e occhi neri, e pelle olivastra, proprio come te e nostro padre. Alla mia pelle piace il sole. Ha bisogno del sole, lo desidera. Oh!» Sparì attraverso una delle tante porte e la sua voce giunse in lontananza. «Una piscina interna!»

    «Cosa?» Augustus fece per raggiungerla, ma proprio sotto l'architrave a volta andò quasi a sbattere contro la sorella che usciva di corsa.

    «Qualcosa correva in un angolo...» mormorò lei come spiegazione.

    «Vuoi ancora vivere qui?» Non riusciva a decidere se la pozza fosse abbastanza grande per essere chiamata piscina o abbastanza piccola per essere definita vasca da bagno. L'unica cosa che sapeva era che non aveva mai visto un pavimento a mosaico tanto ricco ed elaborato.

    «Voglio ancora dare un'occhiata in giro» replicò la sorella. «Ma puoi andare avanti tu.»

    Lui alzò gli occhi al soffitto, anche se l'orgoglio richiedeva che assumesse il comando. Dopotutto era nato per regnare sul paese, un giorno. Una qualche creatura che correva non lo avrebbe scoraggiato di certo. Aggirò la sorella e prese a destra. C'era un lavandino ricavato all'interno di una parete, e rubinetti che scintillavano argentati. Provò ad aprirne uno, ma non c'era acqua.

    «Cos'è questo posto? A che servono tutte queste panche di pietra e queste alcove?» domandò sua sorella seguendolo, senza perdere d'occhio gli angoli bui.

    Era stata una vecchia mappa del palazzo che li aveva condotti lì. Quella e un insegnante di storia che preferiva dare ai suoi studenti reali un libro da consultare così da potersi concedere un pisolino durante la lezione pomeridiana.

    «Forse è stata costruita per una compagnia di guerrieri che dormivano in queste stanze e venivano qui per fare il bagno. Magari si allenavano con le spade nella sala circolare» suggerì la sorella.

    «Forse.»

    I sovrani avevano regnato in quel palazzo per secoli. Era quella la ragione per cui quella costruzione appariva tanto formidabile all'esterno, e aveva ben poche comodità all'interno, a dispetto degli sforzi di generazioni di reali che avevano cercato di renderla più vivibile. C'era qualcosa in quel maniero che resisteva a qualsiasi ammorbidimento. Eccetto forse lì. C'era un che di stranamente caloroso e bello in quella parte del castello. Augustus toccò una veste di seta dorata che stava appesa a un gancio sulla parete, e il tessuto si sbriciolò tra le sue mani finendo sul pavimento.

    «Pare proprio che i tuoi guerrieri indossassero vestaglie di seta ricamate.»

    Sua sorella sussultò. «L'hai distrutta?»

    «No. Io l'ho appena toccata, è stato il tempo che l'ha distrutta.» La razionalità era il suo forte.

    «Posso prendere qualche brandello?» Senza attendere il permesso, cominciò a raccogliere alcuni lembi di stoffa sfilacciata dal pavimento, poi si mise a sfregare per pulire una mattonella.

    «Ci vorrà ben più di questo per ripulire.»

    «Voglio solo vedere il disegno... oh...»

    Augustus guardò e... oh. «Congratulazioni, hai appena trovato un'antica piastrella erotica.»

    «Si tratta di arte, deficiente.»

    «Sarà come dici...» borbottò lui dubbioso.

    «Vorrei che si potesse vedere meglio qui dentro» si lamentò la sorella.

    «Dovremmo avere l'elettricità. Oppure dovremmo accendere le torce e posizionarle nei supporti lungo i muri.»

    Chiuse gli occhi e un'immagine gli sovvenne nella mente, chiara come il giorno. Quelle stanze non ospitavano guerrieri che facevano poi il bagno nella grande vasca bensì donne, a disposizione del re.

    Augustus non aveva mai sentito dire che i suoi antenati avessero avuto un harem, ma come aveva osservato il loro insegnante ottantenne, i libri di storia non contenevano tutti i fatti.

    «Quindi, tante camere da letto, un grande bagno comune, una sala d'intrattenimento... che altro?» Trovarono altre stanze, un'antica cucina, sale con enormi camini e stanze più piccole con alcuni candelieri posizionati nelle nicchie del muro.

    Trovarono casse contenenti disegni, e una credenza nascosta sotto pesanti teli, grandi specchi che sua sorella giurò la facessero sembrare più magra, e persino una spazzola per capelli.

    «Credo che la gente del Palazzo non sappia neppure cosa ci sia qui dentro» commentò Moriana mentre riponeva la spazzola. «Non so perché evitino questo posto. Sembra un museo di cose vecchie. Questa spazzola è d'avorio intarsiata d'argento, ed è stata abbandonata. Forse dovremmo portare qui il nostro professore affinché veda questo luogo.»

    «No.» La sua voce uscì più dura di quanto intendesse. «Questo è un posto privato. Nessuno deve venire qui.»

    Moriana gli lanciò un'occhiata ma non fece commenti mentre continuavano a esplorare. Tutte le porte immettevano in corridoi che tornavano alla sala centrale, come una piccola piazza al centro di una città circolare.

    «Forse i nostri avi studiavano le stelle da qui.» Osservò la cupola di vetro. Sarebbe potuto tornare lì una notte e fare lo stesso. E se nel farlo avesse dato un'altra occhiata a quelle piastrelle dipinte con quei nudi, be', tanto meglio. Anche i futuri re dovevano avere le loro informazioni in qualche modo. «Forse avevano piazzato un telescopio e lo muovevano tutt'intorno. Se salivano quegli scalini...» Fece un gesto verso i gradini che correvano a mezza via lungo il muro e conducevano a una piattaforma che non aveva alcun parapetto. «Forse usavano le carrucole e le corde per sollevare il materiale. Forse quella era la piattaforma per gli astronomi.»

    «Augustus, questo è un trapezio da circo» lo informò sollevando dal pavimento l'attrezzo.

    «Dunque pensi che qui facessero il circo?»

    «Credo piuttosto che fosse un harem.»

    Troppo per la sua innocente sorella. «Io salgo le scale. Vieni?» le domandò.

    Moriana lo seguì. Non era sempre d'accordo con lui, ma Augustus poteva sempre contare su di lei per qualsiasi cosa.

    Purtroppo la madre li aveva trattati sempre in modo diverso, enfatizzando e lodando i meriti di Augustus, la sua mente acuta e il suo autocontrollo, e criticando invece la natura eccessivamente emotiva di Moriana. A suo avviso condividevano la stessa fierezza, solo che lui era più abile a trasformare il suo temperamento impetuoso in un gelido, impenetrabile riserbo.

    Un re deve sempre anteporre i bisogni del suo popolo ai propri desideri.

    Parole di suo padre. Regole di vita.

    Un re non deve mai perdere il controllo.

    Raggiunsero la sommità della piattaforma e si sedettero, con le spalle alla parete. Augustus guardò il vetro sopra la testa, poi il pavimento a mosaico sotto di loro.

    «Mi sento come un uccello in gabbia» commentò Moriana. «Mi chiedo come si sentissero le donne che vivevano qui.»

    «Immagino più o meno lo stesso.» Lui non era una donna, ma sapeva bene cosa significasse essere intrappolato dal dovere.

    «Potremmo esercitarci con l'arco da qui.» Moriana finse d'impugnare un arco e scoccare una freccia.

    «Mi piace.» Doveva pure scaricare da qualche parte la rabbia. Avrebbe potuto usare quel posto di tanto in tanto, sottrarsi agli occhi che lo sorvegliavano e giudicavano ogni sua mossa «Giurami che non dirai a nessuno che siamo stati qui.»

    «Lo giuro.» Gli occhi luccicavano.

    «E che non ci verrai da sola.»

    «Perché no? Tu lo farai.»

    A volte sua sorella gli leggeva nella mente.

    «Che cosa hai intenzione di venire a fare qui?» lo interrogò Moriana.

    Ruggire, piangere. Lasciar uscire quello che non poteva tenersi dentro. «Tu non vuoi mai stare in un posto dove nessuno ti sorvegli e ti giudichi? Sederti al sole se hai voglia di farlo, perdere il controllo e dire finalmente quello che ti preme dentro, anche se nessuno ti ascolta? Specialmente se nessuno ti ascolta. Ho bisogno di un luogo dove andare in cui sentirmi libero di essere me stesso. E questo potrebbe essere quel posto.»

    La sorella piegò le gambe contro il petto e vi passò intorno le braccia. Lo fissò pensosa. «Non dovremmo nascondere la nostra vera natura agli altri, Augustus. So che siamo molto in vista, ma dovremmo permettere almeno a qualcuno di vedere cosa c'è sotto le apparenze.»

    «Sì, certo.» Augustus ripensò alle lunghe ore di lettura che gli erano state imposte come punizione per aver detto a suo padre che non intendeva presenziare a un altro funerale di un re che neppure conosceva. «Ma tu non sei me.»

    Sera

    Sera non poteva uscire di casa quando sua madre riceveva il suo ospite. Doveva restare nella stanza sul retro, in silenzio, senza farsi notare. Erano regole che anche una bambina di sette anni sapeva bene che era meglio non infrangere.

    Tre, forse quattro volte a settimana, il visitatore si presentava alla loro porta, e in seguito ci sarebbe stato cibo sulla tavola e vino per la madre, anche se in quei giorni c'era più vino e meno cibo. Sua madre era ammalata e il vino era come una medicina. La sua dolce e silenziosa mamma sapeva di acido, e il visitatore non si fermava mai a lungo.

    Lo stomaco di Sera si contorse quando andò alla porta tra il salotto e il resto della grande casa e posò l'orecchio contro il legno. Se fosse riuscita ad andare dal fornaio prima della chiusura avrebbe potuto trovare il pane avanzato per metà prezzo, e magari anche una ciambella. Il fornaio le diceva sempre di augurare a sua madre una buona giornata da parte sua. La mamma sorrideva in risposta e affermava che era un buon uomo. Diceva di essere andata a scuola con lui quando erano bambini, molto tempo prima che lei se ne andasse per studiare e cercare di diventare qualcosa di più.

    Sera ignorava cosa intendesse dire con di più, però sapeva che non erano rimasti molti oggetti da vendere in casa, e che la maggior parte del tempo sua madre stava male, non c'erano più risate a meno

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