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Un playboy col camice: Harmony Bianca
Un playboy col camice: Harmony Bianca
Un playboy col camice: Harmony Bianca
E-book154 pagine2 ore

Un playboy col camice: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Jade è una specializzanda in medicina e, per potersi mantenere, lavora come cameriera in un locale. È proprio qui che incontra l'affascinante dottor Ben Langley: la sua fama di playboy è riconosciuta nell'ospedale dove entrambi lavorano e, nonostante sembri chiaramente interessato ad avere un'avventura con lei, Jade non ha alcuna intenzione di lasciarsi abbindolare. Ma tutte le sue certezze precipitano quando scopre che Ben è diventato suo vicino di camera. Da quel momento le difese crollano, le distanze si annullano, esistono solo lui, lei e la passione che li unisce. Finché Jade non scopre l'uomo che ama tra le braccia di un'altra donna...

È possibile che un playboy incallito si trasformi nel giro di una notte nell'uomo dei sogni?
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2018
ISBN9788858985809
Un playboy col camice: Harmony Bianca
Autore

Joanna Neil

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un playboy col camice - Joanna Neil

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Dr Langley: Protector Or Playboy?

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2012 Joanna Neil

    Traduzione di Monica D’Alessandro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-580-9

    1

    «Non so come tu faccia a venire qui subito dopo un’intera giornata di lavoro in ospedale.» Matt Berenger diede una rapida occhiata a Jade e iniziò a mettere lo zucchero nel caffè. «Io ho bisogno di una pausa prima di riuscire persino a pensare di ricominciare a fare qualsiasi altra cosa.»

    «Bisogna adattarsi alle necessità» rispose Jade, con un mesto sorriso. «Devo mantenere basso il più possibile il mio prestito per mantenermi all’università.» Si guardò rapidamente intorno. Per il momento, tutti i clienti sembravano soddisfatti e nessuno cercava di attirare la sua attenzione, quindi probabilmente non ci sarebbe stato nulla di male se scambiava quattro chiacchiere con Matt.

    Si poggiò il vassoio vuoto sulle gambe e, con la mano libera, si tirò in fretta la gonna della sua uniforme da cameriera. «Questa divisa mi fa diventare matta» mormorò a denti stretti. «Non è per nulla la mia taglia e tende sempre a salire.»

    Matt la osservò alcuni istanti, inclinando da un lato la testa coperta di folti capelli scuri. «A me sembra vada bene.»

    Jade lo guardò di sbieco. Sapeva qualcosa di come dovessero stare gli abiti alle donne?

    Matt controllò che il caffè non fosse troppo caldo, e ne bevve un sorso. «Allora, com’è stato il tuo primo giorno in Pediatria?»

    «È andato bene, credo.» Jade aggrottò la fronte. «C’è tanto da tenere a mente... dove sono tenute le cose, per cominciare, i moduli per il Laboratorio, le attrezzature, la biancheria, e poi ci sono tutte quelle persone nuove che si incontrano. Il primario, lo specializzando, il resto dello staff, e le infermiere, senza parlare dei pazienti...» Chiuse i suoi intensi occhi verdi. «Vedere quei piccoli bambini stare così male mi spezza il cuore.» Jade sospirò. «Ma almeno c’è qualcuno quasi al mio stesso livello, è un anno avanti a me, come te, e frequenta il primo anno di specializzazione. Credo che sia qualche anno più grande, quindi forse è stato impegnato in qualcos’altro prima di decidere di studiare medicina.» Lo guardò pensierosa. «Infatti, probabilmente lo conosci, dato che frequenta il tuo stesso anno. Ben Langley? Ti suona familiare?»

    «Ben.» Matt annuì, curvando le labbra. «Oh, sì. Abbiamo avuto degli incarichi insieme, e alcune lezioni, naturalmente. È un tipo a posto, mi piace. E ti accorgerai che è molto popolare tra le donne.» Bevve un altro sorso di caffè. «Sa come muoversi in ospedale, ed è molto disponibile. Sono sicuro che, se glielo chiedi, ti aiuterà per qualsiasi cosa tu abbia bisogno.»

    «Sì, lo credo anch’io. Mi sono rivolta a lui un paio di volte, dato che sembrava avesse la situazione sotto controllo, ma non ho voluto farlo spesso per paura di sembrare una sprovveduta.» Sospirò. «È che tutti sembrano sapere così tante cose più di me. Sono così sicuri, competenti, mentre io, la maggior parte delle volte, mi sento persa. Anche tu ti sentivi così quando eri al quinto anno? Mi aspettavo che sarebbe stato un po’ più semplice, ormai. Certo, non come bere un bicchiere d’acqua, però...»

    «Ci passiamo tutti.» Matt sorrise. «A ogni modo, in base a quanto ho visto, tu stai andando molto bene. Pensa solo che, in questo periodo, l’anno prossimo, sarai nella stessa posizione in cui mi trovo io, uno specializzando del primo anno.»

    Jade sospirò, cercando di immaginare quello scenario. «Mi piacerebbe non dovere aspettare tanto.»

    «Oh, così speri di non dovere aspettare tanto, eh?» una voce tagliente le risuonò nelle orecchie, facendola sobbalzare. «Ma pensi che i clienti vogliano farlo? Alors! Dovresti servire ai tavoli, n’est ce pas? Vediamo di smetterla con tutte queste chiacchiere. Allez

    «Oh... mi dispiace.» Jade si raddrizzò e diede un’occhiata al suo capo, Jacques. Era un uomo di mezza età, piuttosto suscettibile, un po’ sovrappeso, con capelli castani sempre fuori posto per via della sua abitudine di passarvi in mezzo la mano. Era soggetto ad accessi di ira, e lei riteneva che dipendessero dalle responsabilità derivanti dalla gestione di un bar nel centro di Londra. Oggi era una brutta giornata, perché l’aria condizionate si era rotta e la temperatura in cucina era quasi insopportabile.

    Jade rivolse a Matt un sorriso per scusarsi. «Devo andare» mormorò. «Ci vediamo dopo, a casa, così potrai raccontarmi come hai fatto a cavartela al Pronto Soccorso.»

    «Va bene.» Matt bevve il suo caffè fino all’ultima goccia. «È meglio che vada anch’io. Non penso che Lucy si sia ricordata di prendere qualcosa per cena. In questi giorni ha la testa tra le nuvole.»

    Jade prese le difese dell’amica. «Non è colpa sua, lo sai. Ha molti pensieri in questo periodo.»

    «Non li abbiamo tutti?»

    Matt uscì dal bar e Jade si concentrò a pulire i tavoli. Al suo capo certo non piaceva vederla in giro a parlare con i clienti, anche se, a quanto pareva, non era entrato più nessuno.

    Non appena quel pensiero le passò per la mente, si aprì la porta ed entrò un gruppo di uomini. Erano quattro, tutti vestiti con abiti eleganti, camicia e cravatta, e uno di loro era proprio colui del quale stava parlando fino a poco prima, Ben Langley.

    Lui si diresse verso un tavolo vuoto e si sedette. In reparto, dava l’impressione di essere qualcuno su cui poter contare. E non faceva differenza adesso. Aveva lo sguardo tipico di un uomo del tutto a suo agio con se stesso e con tutto ciò che lo circondava... calmo, ma deciso.

    Jade lo studiò furtivamente, mentre aspettava che il resto del gruppo si sistemasse. Era una ventina di centimetri più alto di lei, aveva i capelli scuri e dei lineamenti che in qualche modo ti costringevano a guardarlo, e a guardarlo ancora. I suoi occhi, si ricordava, erano uno splendido mix di grigio e blu, e aveva un modo di guardarti che ti faceva credere di avere la sua completa attenzione.

    E la stava guardando proprio in quel momento. Jade trasalì, e si sentì arrossire perché lui l’aveva sorpresa a fissarlo.

    Controllati, si rimproverò mentalmente. La stava guardando soltanto perché voleva ordinare qualcosa da mangiare, e lei era la cameriera.

    Lui sorrise mentre la ragazza si avvicinava al tavolo. Ben aveva un modo di fare cordiale e amichevole che attirava subito la gente. Se n’era accorta dall’inizio, come del fatto che tutte le infermiere erano innamorate di lui. D’altra parte, la regola numero uno dei giovani dottori era quella di farsi amico lo staff infermieristico, se volevano fare strada nel loro lavoro, e lui ci era riuscito di sicuro.

    Jade sospirò. Era molto imbarazzante che lui e i suoi amici la vedessero lavorare lì, tra tanti posti in cui avrebbe potuto incontrarli. La sua credibilità professionale sarebbe andata in pezzi.

    «Buongiorno. Cosa vi porto?» chiese lei. Rivolse loro il più accogliente dei sorrisi e passò in rassegna con lo sguardo gli amici del collega.

    «Per me hamburger e patatine fritte » disse il ragazzo con i capelli biondi. «Sto morendo di fame.» Diede un’occhiata ai lunghi capelli castani della ragazza e le fece un sorriso di apprezzamento.

    «Io prendo un panino al formaggio alla piastra» ordinò il tipo accanto a lui. «Facciamo conti separati» aggiunse, con tono scherzoso. «Stiamo festeggiando il primo giorno nei nostri nuovi posti di lavoro, nell’ospedale dall’altra parte della strada» spiegò lui.

    La ragazza annuì, e intervenne Ben. «Lei sa tutto, Jack. È una di noi» mormorò all’amico.

    Jack spalancò gli occhi. «Davvero? Come mai non ti ho mai vista in giro?»

    «Frequentiamo anni diversi, immagino» la ragazza alzò le spalle e si concentrò a scrivere le ordinazioni.

    «Jade è una studentessa del quinto anno» spiegò Ben, e lei si voltò verso il collega. Si ricordava il suo nome? Non significava nulla, certo. Forse Ben era soltanto bravo in questo genere di cose.

    «È vero» mormorò Jade. «Ho iniziato oggi in Pediatria, insieme a Ben. Mi piacerebbe tanto restare a parlare con voi, ma purtroppo sono già nei guai con il mio capo, perché non vuole che stia in giro a chiacchierare. Riesco a percepire il suo sguardo dalla cucina.»

    «Allora sarà meglio che ci sbrighiamo a decidere cosa vogliamo mangiare.» Studiò il menu insieme all’altro amico e le comunicò le ordinazioni un paio di istanti dopo.

    Jade ripose il bloc-notes nella tasca e si diresse verso la cucina. Sperò che Ben non la stesse seguendo con lo sguardo. L’uniforme le stava salendo di nuovo sopra i fianchi e lei dovette fare ricorso a tutta la sua forza di volontà per non tirarla di nuovo giù.

    «Ecco» esordì lei, poco tempo dopo, sistemando sul tavolo i piatti con le ordinazioni. «Hamburger e patatine fritte, panino al formaggio alla piastra, baguette e crêpes. Tra un paio di minuti vi porto da bere.»

    «Grazie.» Ben accettò il piatto con le invitanti crêpes che Jade gli mise davanti. I suoi amici iniziarono a mangiare, chiacchierando gli uni con gli altri, mentre Ben trascurò il cibo e la guardò. «È bello rivederti» le mormorò, percorrendo la sua figura con lo sguardo e rendendola all’improvviso consapevole del modo in cui la gonna le aderisse al corpo, e della porzione di décolleté in vista attraverso la maglietta di cotone. «Sono sicuro che presto impareremo a lavorare l’uno a fianco all’altra. Il primo giorno in un nuovo posto di lavoro fa sempre un po’ paura, non è vero? Ma, a quanto pare, tu sei stata in grado di affrontare bene la situazione.»

    «Davvero?» Jade rise timidamente. «Credo di essere stata in grado di gestire la situazione quando sono riuscita a trascorrere del tempo con i pazienti. Tutto il resto è sembrato passare in secondo piano, dopo. A parte quando il primario è arrivato per fare il giro del reparto. In quel momento ho avuto un po’ paura.» Jade lo guardò con i suoi intensi occhi verdi. Dubitava che anche lui avesse tali problemi.

    Alla fine della sua giornata lavorativa, Ben sembrava del tutto rilassato. Si era tolto la giacca e quando si era rimboccato le maniche lei aveva notato che le sue braccia forti erano abbronzate, coperte da una leggera peluria scura.

    «Ti ha messo un po’ in difficoltà, non è vero, facendoti quelle domande sullo stridore del bambino?» La sua voce era calda e profonda, e la confortava come avrebbe fatto una tazza di cioccolata calda. «Ho pensato fosse un po’ ingiusto da parte sua, a dire la verità, comportarsi così il tuo primo giorno di lavoro.»

    Lei annuì. «Hai ragione. Le sue domande mi hanno lasciata spiazzata per un po’, devo essere sincera. Per prima cosa, mi sono chiesta se gli strani rumori che faceva il bambino quando inspirava avessero a che fare con un problema respiratorio, ma almeno ho fatto mente locale fino a proporre di controllargli la gola oltre al petto.»

    «E quella è stata la cosa giusta da fare, com’è risultato alla fine.» Ben sorrise, incurvando la sua bellissima bocca e facendo scintillare i suoi occhi grigio-blu. Colta alla sprovvista, il cuore di Jade batté forte dentro al suo petto.

    «Sì» rispose con voce roca. Cosa le prendeva? Non reagiva così di fronte a un

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