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Sexy emergenza al pronto soccorso: Harmony Bianca
Sexy emergenza al pronto soccorso: Harmony Bianca
Sexy emergenza al pronto soccorso: Harmony Bianca
E-book161 pagine2 ore

Sexy emergenza al pronto soccorso: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

La vita della dottoressa Ruby Martyn è sprofondata nel caos. Deve prendersi cura della bambina di sua sorella, scomparsa nel nulla. L'ospedale ha un nuovo direttore, Sam Boyd, cinico, arrogante e assolutamente sexy, che si preannuncia un osso duro. E come se tutto questo non bastasse, lui l'ha baciata.



A questo punto rifugiarsi nell'isolata tenuta di famiglia sembra a Ruby l'unica scelta possibile. Fino a quando l'oggetto del suo desiderio non la viene a cercare per riportarla indietro.



E' STATO PROCLAMATO LO STATO DI EMERGENZA!

LIVELLO DI ALLERTA: Massimo.

CONSIGLI UTILI: Barricarsi in casa, possibilmente in camera da letto.
LinguaItaliano
Data di uscita10 lug 2017
ISBN9788858969779
Sexy emergenza al pronto soccorso: Harmony Bianca
Autore

Joanna Neil

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Sexy emergenza al pronto soccorso - Joanna Neil

    1

    «Bene, tesoro, finalmente siamo arrivate.» Ruby entrò nel parcheggio dell’ospedale, posteggiò e spense il motore dell’auto. Dal sedile posteriore le giunse un lieve gorgoglio e si voltò per osservare un istante la bambina. Becky se ne stava seduta nel seggiolino e, con espressione pacifica, cercava di afferrarsi le dita dei piedi.

    Ruby sorrise e scese dall’auto per prendere la piccola.

    «Per fortuna sei un cuor contento» mormorò tra sé. «Mi rendi tutto più facile. Dopo tutto, anche se ti voglio un bene dell’anima, non avevo alcuna intenzione di portarti con me.»

    Becky si dibatteva e muoveva braccia e gambe per l’eccitazione. Un sorriso splendente le illuminò il viso paffuto quando vide la sua zia che si avvicinava.

    Ruby iniziò a sganciare la cintura di sicurezza. «Mi piacerebbe proprio sapere che fine ha fatto tua madre» le spiegò piano, sollevando i palmi delle mani con espressione interrogativa. «Mi aveva promesso che sarebbe venuta a riprenderti in tempo per permettermi di venire alla riunione.»

    Becky ridacchiò con i vivaci occhi azzurri, mentre Ruby estraeva il seggiolino dall’auto. «Tu non hai molte preoccupazioni, vero, piccola?» Ruby le sorrise con indulgenza. «A te che cosa importa che debba andare a sentire il mio nuovo capo che vorrebbe che tutti riducessimo all’osso i costi? E poi non dovrebbe neanche essere qui. Quel posto spettava a me e io ce l’avrei fatta a fare funzionare le cose senza discussioni e malanimi.»

    Becky la osservò, corrugando lievemente la fronte del piccolo viso, come se cercasse di dare un senso a quel fiume di parole. Ruby rise piano. «Sì, lo so. La tua zia è matta come un cavallo. Altrimenti non andrebbe a una riunione di lavoro con una neonata al seguito.» Si chinò in avanti per fare il solletico alla bambina e i lunghi e morbidi capelli castani le ricaddero sulle spalle. Becky rise e le afferrò una ciocca.

    «Ohi, ohi...» esclamò Ruby, fingendo di sentirsi catturata.

    «Mamma... mamma.» La piccola Becky di sei mesi, facendo lievi versetti e tubando con le delicate labbra rosa, alla fine le lasciò andare i capelli e cominciò a succhiarsi il pollice.

    «Sì, hai proprio ragione» mormorò Ruby, raddrizzandosi. «Tua madre in questi giorni è strana, ma noi dobbiamo fare del nostro meglio per cavarcela. Cercheremo un posticino tranquillo in fondo alla sala. Con un po’ di fortuna nessuno si accorgerà che ti ho portato con me.»

    Si avvicinò all’ingresso principale dell’ospedale. La gente entrava e usciva di fretta dalle porte che si aprivano e chiudevano in continuazione. La maggior parte delle persone era vestita in maniera informale e forse andavano a trovare parenti o amici ricoverati. Altre erano vestite di tutto punto, probabilmente medici o pazienti che avevano appuntamento per visite private.

    C’era anche chi si prendeva una pausa al caldo sole del pomeriggio e se ne stava seduto o in piedi nel giardino a respirare l’aria fresca.

    Improvvisamente, le porte si aprirono di nuovo e un uomo venne verso di lei, la camminata dinoccolata, lo sguardo basso, l’espressione corrucciata. La collisione fu inevitabile e lui investì Ruby con notevole vigore, facendole perfino perdere l’equilibrio. Lei stringeva con forza la maniglia, ma il seggiolino disegnò in aria una sorta di arco. Becky scoppiò a piangere, spaventata dall’improvviso scossone e, per un paio di secondi, Ruby temette che la bambina si fosse fatta male.

    Al contempo, si rese conto della fitta di dolore lancinante che le attraversò il polso e che, mentre cercava ancora di restare in equilibrio, l’uomo si stava allontanando, lasciandola con un’espressione torva e accigliata.

    «Tutto bene?» Una voce maschile irruppe nei suoi pensieri. Era calda, profonda e rassicurante che l’aiutò a distendere i nervi tesi. «La bambina sta bene?» Con una mano l’aiutò gentilmente a sostenersi, mentre con l’altra afferrò il manico del seggiolino.

    «Penso di sì.» Lei, disorientata, appoggiò la sdraietta a terra e controllò che Becky stesse bene. «Tranquilla, piccola. È tutto a posto» mormorò per rassicurarla, cercando di distrarla con un sonaglio colorato dalle mille possibilità di esplorazione. «Sembra in buone condizioni.» Poi, soddisfatta, guardò negli occhi l’uomo che era accorso in suo aiuto.

    Erano occhi bellissimi, di un curioso colore tra l’azzurro e il grigio. Le ricordarono la foschia marina e l’acqua screziata dal sole e allo stesso tempo suscitarono in lei un’inquietante reazione, una sorta di strana irrequietezza che da molto, molto tempo non provava.

    Cercò di darsi un contegno e raddrizzò le spalle. Lasciò il seggiolino dov’era per permettere a Becky di esaminare il nuovo gioco e dimenticare il brutto incidente e si massaggiò delicatamente il polso.

    «Ho la sensazione di avere già visto quell’uomo» asserì lei, aggrottando lievemente la fronte. «Non so dove esattamente, ma aveva qualcosa di familiare.»

    «Davvero? Non sembrava particolarmente di buon umore. Forse qui non è andata come sperava.» Guardò l’edificio e poi di nuovo lei e notò che si strofinava il polso con aria furtiva. «Pensa sia il caso di farlo vedere?»

    «No, grazie. Andrà a posto.» Rise brevemente. «E poi, se dovessi cambiare idea, sarei nel posto giusto. Non le pare? Il Pronto Soccorso è proprio dietro l’angolo.»

    «Infatti.» Sul suo volto apparve un’espressione improvvisamente seria, mentre rifletteva sulla saggezza della sua decisione e lei ne approfittò per osservarlo più attentamente.

    Era troppo elegante per essere un parente in visita. Non era un medico perché non portava la targhetta identificativa. Forse era un informatore medico di una casa farmaceutica. Ruby sapeva che i dirigenti dell’ospedale erano preoccupati per l’elevato costo dei farmaci e infatti erano in programma diversi incontri per affrontare la questione con il personale medico.

    Indossava un impeccabile abito di taglio sartoriale. La giacca grigio scuro gli accarezzava perfettamente le spalle larghe mentre i pantaloni gli scendevano a piombo, sottolineando il ventre piatto e le lunghe forti gambe. Nel complesso, ebbe su di lei un immediato effetto conturbante.

    «Ha bisogno di una mano per andare dov’è diretta? Se vuole posso portarle la bambina.» La fissava e con lo sguardo era come se la sfiorasse. Osservò i suoi freschi abiti estivi, la camicetta abbottonata davanti e la delicata gonna a fiori e poi si soffermò sul suo viso.

    Lei batté le palpebre, cercando di restare lucida e scrollò il capo. «No, grazie. Ce la faccio.» Sorrise. «E poi immagino che anche lei abbia fretta...» Aveva l’aspetto di uno di quegli uomini che sono sempre in movimento, energici, attivi. Forse era l’abito che portava che lo faceva sembrare un uomo d’affari, un professionista.

    «Stavo solo prendendo una boccata d’aria e godendomi per qualche minuto questo pallido sole e la leggera brezza. A volte gli ospedali sembrano luoghi senza anima, perfino qui nel meraviglioso Buckinghamshire.»

    «Ha ragione.» Lei annuì. «Oggi, infatti, non avevo proprio voglia di venire, ma ho un appuntamento.»

    Lui aggrottò la fronte. «Spero nulla di spiacevole... Per lei o per la bambina?»

    Lei fece una smorfia ironica. «Né per me né per lei. Godiamo entrambe di ottima salute. E per fortuna, visto che tra poco il mio nuovo capo supremo mi darà del filo da torcere. Ma sono pronta a battermi. Non gli permetterò di fare tutto a modo suo.»

    Un’espressione interrogativa gli attraversò il volto e parve quasi che si aspettasse di sentirla proseguire, ma lei non aggiunse ulteriori dettagli. «Devo andare. Sono già in ritardo» dichiarò frettolosamente. «Grazie per l’aiuto. L’ho molto apprezzato.»

    La riunione doveva essere già iniziata. Se si sbrigava, avrebbe comunque fatto in tempo a fare sentire la sua voce. Prese il seggiolino e, annuendo in direzione dello sconosciuto, si avviò in fretta all’interno dell’edificio.

    James e Olivia, i due medici specializzandi del suo staff, l’aspettavano sulla porta della sala riunioni.

    «Per fortuna sei arrivata» sottolineò Olivia. «Cominciavamo a disperare.» Si voltò per salutare Becky con un sorriso e le fece dondolare davanti al viso il suo giochino. Lei cercò di afferrarlo e rise. Anche Olivia sorrise divertita prima di rivolgersi nuovamente a Ruby. «Stiamo facendo una pausa. Gli animi si erano già un po’ surriscaldati...»

    «Immagino.» L’espressione di Ruby era cupa. «Il nuovo dirigente si è fatto sentire?»

    «Eccome.» James annuì. Snello e scattante, con i corti capelli scuri, lo stile disinvolto, era un collega efficiente e pieno di energia. «È chiaro che sta dalla parte del consiglio. Tagli, tagli e ancora tagli. Sembra il suo mantra. Per questo ti ho chiamato. Non potevi non venire a presentare il nostro punto di vista. I consiglieri sostengono che siamo nei debiti fino al collo e che i tagli sono indispensabili.»

    «Avrei voluto arrivare prima» spiegò Ruby. «Ho accettato di occuparmi di Becky mentre mia sorella andava dal medico, ma poi lei non è tornata e non so che fine abbia fatto. L’ho aspettata e nell’attesa mi sono chiesta se era davvero il caso di partecipare a questo incontro. Dopotutto, sarà il nuovo consulente a prendere le decisioni d’ora in poi.»

    «Ed è qui che ha sbagliato il consiglio» commentò Olivia, aggrottando la fronte. «Avrebbero dovuto incaricare te di risolvere la situazione. Lo sappiamo tutti. In questi anni sei stata un pilastro per il Pronto Soccorso e tutto è sempre filato liscio mentre il capo si preparava alla pensione. Questo incarico era la giusta ricompensa per tutto il lavoro che hai svolto.»

    Ruby sorrise sardonica. «Ma non è andata così e non ha senso piangere sul latte versato. Il consiglio ha scelto l’uomo che ritiene più idoneo per il cambiamento.» Rise piano, divertita. «Forse sapevano che sarei stata un osso duro e che non avrei accettato passivamente tutte le decisioni.»

    «Probabile. E Sophie?» chiese Olivia. «Sapeva che avevi un appuntamento importante.»

    Ruby aggrottò la fronte. «Non lo so. E infatti sono preoccupata. In questi giorni mi è parsa strana. È da qualche tempo che non sta bene. Le ho raccomandato di fare degli esami per capire che cosa c’è che non va. Immagino si tratti di un problema ormonale, ma non si lascia consigliare. È già stato un successo convincerla ad andare dal medico di base.»

    La specializzanda annuì. «Ma qualcosa non è andato come previsto.» Olivia indicò dei posti liberi e andarono a sedersi.

    «Ho chiamato lo studio medico e in effetti pare che stamattina si sia presentata, ma che poi non abbia aspettato di essere ricevuta» spiegò Ruby, aggrottando la fronte. «Ho provato a chiamarla al telefono, ma non risponde. Il fatto è che, ultimamente, non è troppo lucida. Più tardi proverò a scoprire che fine ha fatto.»

    «Per fortuna sei arrivata» intervenne James. «Sei l’unica in grado di fare ragionare il consiglio. Come possono pensare di offrire un servizio valido, tagliando sul personale e chiudendo i reparti?»

    «Credo che questo sia l’ultimo dei loro problemi.» Ruby posò per terra davanti a lei il seggiolino con Becky e osservò la gente che cominciava a rientrare in sala. «Che tipo è il nuovo primario? È riuscito a dare qualche suggerimento sensato?»

    «Scherzi?» Olivia rise divertita. «Sarà anche un ottimo specialista in medicina d’urgenza, ma l’aggettivo ragionevole non gli appartiene. Non importa a nessuno degli ultimi anelli della catena.»

    «Faremo del nostro meglio per farli ragionare» concluse Ruby accaldata, guardandosi intorno e sollevandosi i capelli dalla nuca. «Fa caldo qui dentro con il sole che entra dalle finestre.»

    Infilò la mano nella grande borsa di lino che aveva con sé e prese il programma dell’incontro. «Così almeno serve a qualcosa.» Si appoggiò allo schienale e cominciò a farsi aria con il foglio.

    «Adesso va meglio.» E mentre si sventolava, si rese improvvisamente conto che nella sala era sceso il silenzio e che il consiglio aveva preso posto. C’era solo una sedia libera.

    In quel preciso istante, da una porta laterale, entrò un uomo che con passo deciso attraversò la stanza. Avanzò lungo il corridoio tra le file di sedie e le passò accanto proprio mentre gettava il capo all’indietro e si scostava alcune ciocche ribelli di capelli dalla fronte. Becky gorgogliò allegramente e lui lanciò loro un’occhiata veloce.

    Ruby sbarrò lo

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