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Facili virtù (eLit): eLit
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E-book376 pagine5 ore

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Info su questo ebook

Margaret si esibisce in un casinò di Reno, un lavoro che non le piace ma che serve per guadagnare il denaro necessario a dimostrare l'innocenza di suo padre, condannato e imprigionato per un delitto che non ha commesso.
Ogni sforzo sembra essere però inutile e, dopo molti anni, Jimmy Duggan continua a essere rinchiuso in carcere.
Dane Barrett, Ministro della Chiesa Unitaria, viene casualmente a conoscenza di fatti che potrebbero scagionare Jimmy e parte subito alla ricerca di Margaret per aiutarla a liberare il padre.
Difficile immaginare due persone più lontane l'una dall'altra per abitudini, educazione, stile di vita.
Ciononostante lavoreranno insieme...
LinguaItaliano
Data di uscita31 mag 2018
ISBN9788858987797
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    Anteprima del libro

    Facili virtù (eLit) - Janice Kaiser

    successivo.

    1

    GIOVEDÌ 8 AGOSTO

    Casinò High Chaparral

    Reno, Nevada

    Poverette, pensò Margaret impietosita. Delle dodici ragazze che sgambettavano sul palcoscenico a tempo di musica, solo un paio erano davvero brave: le altre non sarebbero mai dovute andare oltre le recite scolastiche.

    Margaret le capiva bene, c'era passata anche lei, e sapeva che per ognuna di loro quello era il momento più importante di un'intera vita. Passo, giravolta, passo. Avvertiva il loro nervosismo anche dal fondo del teatro.

    Artie Heartman era sul palco con loro e osservava i corpi in movimento con uno sguardo rapace che Gene Kelly, a cui si ispirava, probabilmente non aveva mai avuto. «Tu, dolcezza, con il body rosso... basta così. Puoi andare.»

    La ragazza uscì dalla fila con aria abbattuta. «Grazie di essere venuta...» borbottò lui subito dopo, pro forma.

    La poverina sparì oltre le quinte e Margaret si sentì dispiaciuta per lei. La ragazza avrebbe pianto, quelle respinte lo facevano sempre, ma Artie aveva ragione. Le sue ragazze dovevano essere delle dure, in grado di ballare a testa alta dimenticando tutti gli altri problemi tipo bambini con la febbre, dolori mestruali, difficoltà economiche e quant'altro. Margaret non aveva figli e non soffriva di dolori periodici, ma quanto alle difficoltà economiche era un'esperta. Ed era per questo che si trovava lì a un'ora in cui di solito dormiva ancora come un ghiro.

    Controllò l'orologio. Aveva appuntamento con Muriel Eddy alle undici e mezzo, e non era proprio il caso che la irritasse fin dall'inizio arrivando in ritardo.

    Lasciò il teatro e attraversò le sale da gioco, senza badare al suono delle slot machines. Un giocato re seduto al tavolo del blackjack la squadrò dalle snelle caviglie fino all'orlo dei calzoncini bianchi e alla massa di capelli color rame, poi schioccò la lingua e le fece l'occhiolino. Sì, anche tu non sei male, pensò lei ridendo tra sé.

    «Ehilà, Margaret» la salutò una delle guardie dal corridoio che portava agli uffici amministrativi del casinò. «Com'è che sei qui così presto?»

    «Ciao, Lou. Sai, avevo bisogno di sentire il tintinnare dei dollari.»

    «Ti servono di ispirazione per pagare le bollette?» ridacchiò l'uomo.

    «Se bastasse l'ispirazione non avrei problemi...» fece lei scrollando la testa. Poi salì le scale e si trovò in un altro mondo. Lì, niente ricordava il rutilante mondo del gioco d'azzardo, e l'arredamento lussuosamente severo era degno in tutto e per tutto di Wall Street. Nessuno varcava le porte dell'ufficio di Bernie Solomon a meno di non esservi costretto. Era Muriel Eddy, il suo braccio destro, a trattare con i comuni mortali.

    Margaret si fermò davanti alla porta di Muriel e recitò mentalmente un paio di Ave Maria, come faceva a scuola quand'era convocata dalla madre superiora. Poi bussò, e una voce roca la invitò a entrare.

    All'interno l'aria era così densa di fumo che sembrava nebbia. Muriel, con la sigaretta incollata all'angolo della bocca, le indicò una sedia davanti alla scrivania. Curva sulle sue carte, con ciuffi di capelli grigiastri ritti sulla testa e una pelle dura e vizza come cuoio vecchio, sembrava uno gnomo.

    «Volevi parlarmi?» esordì senza preamboli.

    Lei chiamò a raccolta tutto il proprio coraggio. «Ve... verrò subito al sodo» balbettò. «Ho bisogno di un anticipo di duemila dollari, ma posso farmene bastare anche millecinquecento.»

    La donna aspirò una boccata di fumo dalla sigaretta, poi la soffiò verso il soffitto. «Credevo sapessi che non diamo mai anticipi» disse.

    «Sì, so che è contrario alla politica del casinò, e non te lo chiederei se non si trattasse di un'emergenza molto grave» replicò Margaret cercando di non tremare.

    Muriel la squadrò a lungo, con espressione neutra. «Che tipo di emergenza?» domandò finalmente.

    «Ecco, negli ultimi tempi ho speso parecchio per l'investigatore privato e l'avvocato di mio padre, e così non ho potuto pagare alcune bollette e ho chiesto un prestito ad Anthony, che lo ha chiesto a sua volta agli strozzini... insomma, devo assolutamente ridargli i soldi entro domani o passerò dei guai seri.»

    Muriel la squadrò di nuovo, per un'eternità. «Brutta storia» mormorò.

    «Lo so, ma è la verità.»

    La donna schiacciò la sigaretta nel portacenere e ne accese subito un'altra. «A Bernie non piacerebbe se tu gli chiedessi un anticipo, e ti risponderebbe di no» disse tossendo. «Perciò è quello che ti risponderò anch'io. No.»

    «Ma ci deve pur essere un modo per avere quei soldi!» esclamò lei ansiosamente. «Forse, se parlassi con il signor Solomon di persona...»

    «Sei qui da quanto?» replicò l'altra. «Quattro anni, cinque?»

    «Quasi cinque» ripose Margaret, con la sensazione che stesse per arrivare qualcosa di sgradevole. E se l'avessero liquidata?

    «Be', io ci sono da ventidue» riprese Muriel. «Le ragazze che hanno cominciato a ballare con me adesso sono nonne. Perciò so come funziona questa baracca, e so come la pensa Bernie.» Aspirò una profonda boccata di fumo e riprese: «Ti racconto una storia, così capirai ancora meglio. Un sei, sette anni fa c'era qui una ballerina di fila, Karen Nonsocosa, che aveva un bambino. Il ragazzino viene investito da una macchina e si frattura le ossa del bacino. Una faccenda seria, e naturalmente Karen non ha assicurazione né niente e il padre del bambino è sparito chissà dove. I medici le dicono che ci sarebbe un'operazione da sperimentare per impedire che il bambino resti storpio per sempre, ma l'operazione costa un sacco di soldi e Karen non ha nessuno a cui chiederli. Mi segui?».

    Margaret fece segno di sì.

    «Bene, i ragazzi del casinò fanno una colletta e raccolgono circa millecinquecento dollari, che non bastano neanche per cominciare. Allora Bernie si impietosisce e le firma un assegno di ventimila testoni. Una bella cifra, no?»

    Margaret annuì di nuovo, in silenzio.

    «Così Karen porta il ragazzino a Los Angeles, promettendo a Bernie di restituirglieli fino all'ultimo centesimo. L'operazione non riesce al cento per cento, ma il bambino sta meglio e Karen si ferma con lui a Los Angeles per la terapia di rieducazione. Ovviamente non può tornare qui, ma si guadagna da vivere facendo la cameriera in un night e Bernie riceve due o tre assegni di centocinquanta, duecento dollari. Poi, più niente. Facciamo qualche indagine, ma Karen e il figlio sembrano spariti dalla faccia della terra. Capisci? E così Bernie ha perso i suoi soldi e ha finito col fare la figura dell'allocco, cosa che non gli è piaciuta per niente.»

    «Ma io gli ridarò tutto!» esclamò Margaret. «Non vado da nessuna parte, io, e sai che sono una precisa, che ballo anche se ho una caviglia slogata o un braccio rotto. E non ho nemmeno bisogno di millecinquecento, guarda, me ne bastano solo mille. Giusto per togliermi Anthony dai piedi per qualche settimana.»

    «Ma allora non mi sei stata a sentire!»

    «Sì, certo, ti ho sentita, ma il mio caso è diverso... e Bernie può prendersi un tanto al mese direttamente dal mio salario!»

    «Io non voglio ferirti, Margaret, ma visto che Bernie è già stato scottato una volta, e per una cosa seria come l'operazione di un bambino che altrimenti rimaneva storpio tutta la vita, che cosa ti fa pensare che sia disposto ad anticipare dei soldi a una che li deve all'ex marito? E che li ha buttati per dimostrare che suo padre non ha commesso l'omicidio per cui sta rinchiuso a San Quintino?»

    Margaret cominciò a tremare, più arrabbiata che ferita. «Mio padre non c'entra» disse con la voce più ferma che poté trovare. «Si tratta di Anthony. Se non lo pago entro domani mi ucciderà. Forse sto esagerando, ma...»

    L'altra alzò una mano per zittirla. «Senti, Margaret, tu sei una brava ballerina e finora ti sei comportata bene. Noi non ci aspettiamo che le nostre ragazze siano delle suore di carità, o che cantino nel coro della chiesa la domenica. Ma non vogliamo nemmeno che vengano a batter cassa perché la loro vita è uno schifo. La cosa non ci riguarda.» Trasse un'altra boccata dalla sigaretta, poi scosse la cenere nel piattino stracolmo. «Insomma, non siamo un ente assistenziale, chiaro? Tutte hanno qualche problema, che sia un bambino storpio o un padre al fresco o il cancro o che diavolo. Ma se Bernie cominciasse a far prestiti a tutte non ci sarebbe più lo spettacolo, e voi non avreste più un lavoro e dovreste andare a fare le cameriere o a battere il marciapiede. Secondo te cos'è meglio, lavorare qui o là fuori?»

    «Lavorare qui, è chiaro.»

    «Vedo che ci capiamo.»

    A quel punto, pensò Margaret, era inutile insistere. «Sì, Muriel. Ci capiamo benissimo. Grazie di avermi dedicato un po' del tuo tempo.»

    «Scusa se sono stata così brusca, tesoro, ma secondo me è sempre meglio parlar chiaro.»

    «Sì, certo.» Margaret accennò ad alzarsi, ma l'altra la fermò e lei cominciò a preoccuparsi seriamente. L'aria satura di fumo sembrava di colpo irrespirabile, e Margaret pensò al suo povero padre malato di asma il cui primo compagno di cella era stato un fumatore accanito.

    «Hai abbastanza soldi per mangiare?» domandò Muriel aprendo un cassetto ed estraendo da un roto lo di banconote tre biglietti da venti dollari. «A Bernie non piacerebbe che una delle sue ragazze svenisse sul palco perché non mangia da un paio di giorni.»

    «Non ho problemi, davvero. Sto vivendo alle spalle di Janine, ma lei è un'amica e capisce.»

    Muriel depose le banconote davanti a Margaret. «Prendili comunque e compra un po' di bistecche da mettere in freezer.»

    Lei occhieggiò i soldi. Sessanta dollari non avrebbero risolto i suoi problemi con Anthony, ma potevano aiutare Janine... però se li avesse accettati si sarebbe sparsa la voce che lei aveva seri problemi di soldi, e questo avrebbe compromesso la sua credibilità sul lavoro. Si sforzò di sorridere. «Sei molto gentile, Muriel, e ti ringrazio per averci pensato. Ma non ne ho bisogno, davvero.»

    Poi si alzò e lasciò l'ufficio, sperando di aver salvato almeno un briciolo di dignità. Ormai non le restava che quella.

    In fondo al corridoio andò quasi a urtare contro Sean, il giovane fattorino. Tutte loro sapevano che era un guardone, e che ciondolava spesso vicino agli spogliatoi sperando di cogliere qualche nudità fuori programma. Ma in fondo era innocuo.

    «Ehi, proprio la persona che volevo vedere» esordì il ragazzo fissandole i seni. «C'è un'altra lettera d'amore per te.»

    «Sempre della stessa persona?»

    «Sì. Ma stavolta niente fiori.»

    Margaret stava per dirgli di buttarla via, ma conoscendo la curiosità di Sean temeva che lui l'avrebbe aperta e non voleva alimentare ulteriormente i pettegolezzi. Le compagne la prendevano già abbastanza in giro per via del suo ammiratore, un omino che veniva a vedere lo spettacolo tutti i venerdì sera e se ne stava a fissarla come un adolescente alla prima cotta.

    Prese la lettera e la cacciò nella borsa, pensando di nuovo ai suoi problemi finanziari e alla povera Janine che l'aveva aiutata come poteva dandole duemilacinquecento dollari per l'investigatore privato. L'avvocato che lei aveva assunto per difendere suo padre aveva accettato di essere pagato mensilmente, ma con gli interessi: e i venticinquemila dollari di parcella erano stati frammentati in cinquecento al mese, da pagare in cinque anni. Margaret aveva pagato fedelmente, dicendosi che così allungava la vita di suo padre di altri trenta giorni; e in un certo modo questo aveva alleviato il suo sacrificio.

    Sospirando, Margaret si avvicinò alla vecchia Ford Escort comprata di seconda mano. L'abitacolo era come un forno, ma lei non poteva permettersi di far riparare il sistema di condizionamento che era guasto da mesi e abbassò tutti i finestrini, aspettando un po' prima di entrare. La grande insegna dell'High Chaparral ruotava sul tetto del casinò, catturando i raggi del sole. Dall'esterno, tutto sembrava allegro e scintillante; ma Margaret sapeva bene che non era così. Com'era finita lei in quell'inferno, una ragazzina appena uscita dalla scuola cattolica?

    Pensò ad Anthony, paventando il momento in cui avrebbe dovuto affrontarlo quel pomeriggio. Essendo lui stesso in crisi, Anthony era capacissimo di picchiarla a sangue. Lo aveva fatto altre volte, perché non aveva scrupoli di sorta.

    Una volta, qualche mese prima, le aveva anche proposto di fare la ragazza squillo. «Ti introduco io nel giro che conta. Con il tuo aspetto, in un paio di serate puoi raccattare più di quanto guadagni in un mese agitando le tette al casinò.»

    A quel punto lei si era messa a urlare. «Non sono una puttana! L'unica cosa da puttana che ho fatto è stata sposare te!»

    Lui l'aveva presa a pugni, lasciandole un segno sulla guancia che la truccatrice aveva faticato non poco a nascondere. «Perché, cosa credi che sia quello che fai adesso?» aveva ribattuto. «L'unica differenza è che tu stai sul palcoscenico e i tuoi clienti in sala, ma la sostanza non cambia!»

    Sposare Anthony era stato l'errore più madornale della sua vita e lei se n'era resa conto quasi subito; ma quando si era trattato di pagare Robinson Palmer, l'investigatore privato, lei non aveva potuto far altro che rivolgersi all'ex marito, che all'epoca era pieno di soldi. Anthony le aveva dato dodicimila dollari senza fiatare, e aveva accettato, anche lui, di essere ripagato un tanto al mese. Ma adesso era al verde, e si rifaceva su di lei...

    Margaret sospirò ed entrò in macchina. «Dio mio...» gemette sentendo il sedile bollente sulle gambe nude. Fu solo un attimo, ma quella fu la classica goccia che fece traboccare il vaso.

    Prese a pugni il volante e scoppiò in lacrime, maledicendo il destino, suo padre, Bernie Solomon, Anthony, e il mondo intero.

    Dopo un paio di minuti aprì la borsa per cercare un fazzolettino di carta, e vide la lettera che aveva dimenticato. Sapeva di chi era, non era la prima che riceveva, ma il suo ammiratore la metteva un po' a disagio. Le aveva mandato un primo biglietto circa tre mesi addietro, dicendole che veniva sempre a vedere lo spettacolo, che l'ammirava molto e la trovava bellissima; e poi aveva continuato a inviarle fiori e biglietti dello stesso tenore, firmandosi Ramon e raccontando ogni volta qualcosa di sé. Era basco, aveva sessantaquattro anni, era vedovo da cinque e molto solo. Vederla ballare, diceva, era l'unica cosa che gli desse gioia. E per questo prendeva sempre lo stesso tavolo, nella prima fila alla destra del palco, in modo da vederla bene quando lei faceva il suo numero in topless. Qualche settimana dopo aveva scritto che si sarebbe messo un bocciolo di rosa all'occhiello per farsi riconoscere, e Margaret lo aveva finalmente localizzato. Sembrava abbastanza innocuo, ma lei aveva inciampato durante il numero perché il sorriso angelico dell'ometto l'aveva innervosita.

    Nel biglietto successivo Ramon le aveva detto che quella dimostrazione di fragilità lo aveva intenerito, e aveva doppiamente lodato la sua bravura di ballerina.

    Finalmente si decise ad aprire la busta, e una banconota da cento dollari le cadde in grembo.

    La lettera che accompagnava la banconota diceva:

    Cara Margaret,

    voglio finalmente confessarti che ti amo. Questo ti sorprenderà perché non ci siamo mai parlati, ma è la pura verità.

    So bene che non posso aspettarmi niente, perché sono un vecchio e non ho molto da offrirti, e inoltre ho un cancro e non mi restano che pochi anni da vivere. Non te lo dico per impietosirti, ma perché ho un desiderio che vorrei veder realizzato prima di morire.

    Ogni notte sogno di toccare il tuo bel corpo nudo. Non allarmarti, non ho scopi immorali, vorrei solo toccare la donna che amo come uno scultore accarezzerebbe una statua. Perciò ti faccio un'offerta: ti mando i cento dollari per pregarti di venire nella mia camera (numero 812) venerdì sera dopo lo spettacolo.

    Ti darò novecento dollari se ti toglierai i vestiti e ti lascerai ammirare nella privacy della mia camera. Se poi mi permetterai di toccarti con il massimo rispetto, ti darò altri mille dollari. Non chiedo nessun incontro sessuale, solo ciò che ho detto, e ti prego di capire le mie buone intenzioni e il mio profondo amore per te. Ti porterò nel cuore fino al giorno della mia morte.

    Ramon

    Margaret ripiegò la lettera e la rimise nella borsa. Non le era mai successo niente del genere. Nessuno le aveva mai fatto una proposta oscena dichiarandole nello stesso tempo il suo amore.

    Mise i cento dollari nel portafoglio e girò la chiavetta d'accensione, poi attraversò il parcheggio con un nodo alla bocca dello stomaco. Quell'uomo era davvero innamorato e morente, o il suo era il solito sporco trucchetto per impietosirla? Perché tutti gli uomini sembravano volere da lei una cosa sola?

    I suoi occhi si colmarono di lacrime, e lei non le asciugò.

    Laurel, California

    «Proprio non riesco a immaginarti mentre predichi a un mucchio di allevatori di maiali» disse seccamente la voce di sua madre al telefono.

    Dane strinse i denti. «Mamma cara, nel mio gregge non ci sono allevatori di maiali. E se ce ne fossero, dubito che apparterrebbero alla Chiesa Unitaria.»

    «E allora che razza di gente è, se mi è lecito saperlo?»

    Dane scavalcò una cassa di libri posata sul pavimento. «Viticultori, direi. E commercianti, avvocati, insegnanti, vedove. Molte vedove. Ma non li ho ancora visti, aspetto di conoscerli domenica.»

    La voce di sua madre sembrava angosciata. «Oh Dane, tesoro, sei certo che questo sia proprio quello che volevi?»

    «È la vita che ho scelto, mamma» replicò lui bevendo un sorso d'acqua e asciugandosi il sudore dalla fronte.

    «Sì, lo so, ma non riesco a pensare a mio figlio che celebra matrimoni e funerali e battesimi...»

    «Nella Chiesa Unitaria non esiste il battesimo» replicò lui paziente.

    «Ah già, dimenticavo, voi non credete nel peccato e quindi non battezzate né confessate. Però, Dane, non posso fare a meno di preoccuparmi. Temo che diventare sacerdote ti abbia reso troppo... come dire, conciliante, ecco.»

    «È proprio questo il punto, mamma. Se uno impara ad accettare quello che il destino gli riserva, a negare il proprio egoismo e a sublimarlo, sarà veramente felice. Lo dice anche Buddha.»

    «Sì, ma tu sei felice?»

    «Te l'ho appena detto, mamma. Non ho ancora raggiunto il nirvana e a volte cado ai livelli più bassi di coscienza, ma sono sereno.»

    Constance Barrett sospirò. «Mi domando ancora se tuo padre non aveva ragione.»

    Dane sentì risuonare nella mente un campanello d'allarme. «A che proposito?»

    «Su di te, sulla tua carriera, la faccenda del denaro e così via...»

    «Mamma, dobbiamo proprio affrontare di nuovo l'argomento?»

    Un altro sospiro. «No, hai ragione, meglio di no. Da quando abbiamo deciso di evitarlo andiamo più d'accordo, vero?»

    «Vero. Senti, mamma, non preoccuparti. Sono cresciuto, so quel che faccio, e sto benissimo.»

    «D'accordo. Ma non senti la mancanza di Toby?»

    Ecco, pensò Dane scostando la maglietta dal corpo. Dopo il divorzio sua madre aveva ripreso a telefonargli regolarmente, ma possedeva l'abilità diabolica di toccare tutti i suoi punti deboli. «Sai, essere in pace con il resto del mondo non significa essere privi di sentimenti» tenne a precisare. Non vedeva l'ora di finire quella conversazione, ma non poteva riattaccare bruscamente.

    «E Kathy non ha mostrato nemmeno un po' di rimorso?» insistette lei.

    «Vuoi dire perché si portava via Toby per un anno?»

    «Sì, anche questo... ma insomma, non le dispiace di andare in Giappone, lontano da te?»

    Dane si fece vento con l'orlo della maglietta. «Mamma, eravamo già lontani. Abbiamo divorziato, hai presente?»

    «Oh, non essere così ottuso. Voglio dire se non se ne va in Giappone solo per farti dispetto.»

    Dane sbuffò piano. Decisamente, sua madre non avrebbe mai accantonato l'animosità verso l'ex nuora. «Mi è sembrata molto contenta di partire, e senza il minimo rimorso.»

    Il silenzio che seguì sembrò prolungarsi all'infinito. Dopo l'iniziale antipatia per Kathy, Constance si era rassegnata al matrimonio; ma stranamente, il divorzio l'aveva sconvolta. Quanto a Dane, quello che l'aveva addolorato soprattutto era la perdita del figlio; ma la decisione di divorziare non era stata interamente sua. Anzi, era stata Kathy a insistere, assai più di lui.

    «Be', se non altro per un po' di tempo starà lontana da quel suo playboy sudamericano» disse finalmente Constance.

    «Magari. Osvaldo è andato a Kyoto con lei.»

    «Come ha potuto fare una cosa del genere?»

    «Gli ha comprato un biglietto aereo.»

    «Non fare lo spiritoso. Come può far vivere un altro uomo sotto lo stesso tetto con tuo figlio? A te non secca?»

    Dane sospirò di nuovo. La compassione di sua madre, che di solito era solo irritazione mal dissimulata, cominciava a dargli fastidio. «Può darsi, ma di questo argomento parleremo un'altra volta.»

    Constance cambiò saggiamente discorso. «E col tennis come va? Ti tieni in allenamento?»

    «Non ho ancora trovato un compagno, ma ci penserò.»

    «Ci deve pur essere qualcuno che gioca. O sono tutti troppo impegnati in campagna?»

    «Non fare la snob, mamma. Alcuni di questi viticultori sono più ricchi di te.»

    «E tu non essere maleducato!»

    In quel momento Dane guardò dalla finestra e vide una macchina ferma sul vialetto. L'uomo che ne usciva era in clergyman, e si dirigeva verso la sua porta. Ecco la sua prima visita di cortesia, pensò lui.

    «Senti, mamma, ti devo lasciare perché sta arrivando un visitatore e io non sono vestito nel modo più adatto. Ci sentiamo domenica sera, va bene?»

    Aveva appena riappeso che il campanello squillò. Dane scavalcò alcune casse e aprì la porta a un ometto tondo e sorridente, che parve non fare caso ai calzoncini e alla maglietta che lui indossava.

    «È la casa del reverendo Barrett?» domandò. «Lui c'è?»

    «Sì, sono io» disse Dane.

    L'uomo rise con allegria. «Santo cielo, gli unitari sono sempre più casual. Sono padre Muncey della Chiesa Cattolica di St. Aubin, in fondo all'isolato.» Tese la mano e continuò: «Tom Muncey. Sono passato a darle il benvenuto».

    «Che gentile» sorrise Dane. «La prego di scusare il mio abbigliamento, ma sa com'è, non ci si mette la tonaca per disfare i bagagli.»

    «Mi permetta una domanda impertinente» fece l'altro con un scintillio divertito negli occhi, «ma lei usa davvero una tonaca?»

    «Sarò sincero, l'unica volta che ho messo un collarino in vita mia è stato in seminario. Mi ero travestito la notte di Halloween, per fare dolcetti o scherzetti con una delle ragazze della facoltà. Ma la prego, padre Muncey, si accomodi.»

    «Oh, dammi del tu e chiamami Tom. Vedo che sei in pieno trasloco.»

    «Infatti. Ma se andiamo in cucina magari troviamo due sedie libere. Dio nella sua saggezza non ha ritenuto di benedirmi con un sistema di condizionamento funzionante, ma può darsi che la birra in frigo sia già fredda.»

    «Be', visto che voi unitari credete nel paradiso in terra è giusto che vi tocchi anche un po' di inferno» replicò l'altro.

    Dane spostò una cassetta degli attrezzi per liberare una sedia, poi aprì il frigo e prese due bottiglie di birra.

    «Birra importata» commentò Tom Muncey. «Non sei troppo ascetico, a quanto vedo.»

    «Questo è uno dei pochi lussi che mi concedo.» Dane aprì le bottiglie e ne porse una a Tom. «Alla pace universale» disse brindando.

    L'altro bevve un sorso. «Veniamo subito al punto» esordì. «Sono qui non solo per darti il benvenuto, ma anche perché sono venuto a conoscenza di una faccenda che secondo me rientra nella tua giurisdizione.»

    «Ah, davvero?»

    «Si tratta di questo. Una delle mie parrocchiane, Elena Perez, fa l'infermiera in una casa di riposo. E la settimana scorsa è venuta a parlarmi di un'anziana paziente che aveva avuto un attacco di cuore, e che voleva confessarsi prima di morire. Sono andato fin là, ma parlando con il personale ho scoperto che la signora, Ledi Hopkins, non era cattolica ma unitaria. Allora ho telefonato al vostro ufficio, ma ho saputo che il Ministro ad interim, Jane Shallcross, era tornata nel New England perché stava per arrivare il titolare, cioè tu.»

    «Già, Jane. Donna in gamba.»

    «Deliziosa» convenne Muncey. «Detto fra noi, credo che il Vaticano sbagli a escludere le donne dal sacerdozio. Alcuni dei migliori pastori che ho conosciuto erano donne.»

    «Già. Ma spesso chi sta ai posti di comando non ha contatto con la realtà» commentò Dane.

    «Credo sia una questione generazionale» riprese Tom. «Come per il celibato. I vecchi sacerdoti che si sono sacrificati non vogliono che le cose cambino adesso che per loro sarebbe troppo tardi.»

    «Già» rise Dane, apprezzando la sincerità e l'umorismo del collega.

    «Ma stiamo divagando. Quando ho saputo che saresti arrivato nel giro di pochi giorni ho pensato che le esigenze spirituali della signora Hopkins potevano aspettare. Ma purtroppo lei è morta ieri.»

    «Oh, mi dispiace. Spero che non si sia sentita abbandonata in un momento così delicato.»

    «Lo spero anch'io... ma c'è dell'altro» riprese Tom. «Conversando con Elena Perez ho saputo che prima dell'ultimo attacco la signora Hopkins aveva parlato parecchio di un omicidio successo qui otto anni fa. Una studentessa del liceo, Donna Lee Marshall, uccisa a coltellate. Ledi Hopkins sembrava ossessionata da quella storia, e sosteneva che l'uomo condannato per l'omicidio era innocente. Io non ne sapevo niente perché era accaduto prima del mio arrivo qui, ma ne ho parlato con il capo della polizia, Carl Slater: e ho scoperto che la signora Hopkins era stata una testimone dell'accusa durante il processo al presunto omicida, un certo Jimmy Duggan.»

    «Però, sul letto di morte questa signora ha ritrattato la sua testimonianza.»

    «Praticamente sì. L'ho detto a Slater, ma lui ha minimizzato asserendo che le condizioni della signora Hopkins la rendevano una testimone inattendibile, e che non c'erano elementi sufficienti per riaprire il caso.»

    «Ma tu non te la sei bevuta» indovinò Dane.

    «Infatti. Ma forse ho una mente sospettosa perché sono figlio di un poliziotto» fece Muncey.

    «Questo Jimmy Duggan ha avuto una condanna capitale?»

    «No, è stato condannato all'ergastolo. Però nemmeno questo è uno scherzo, specialmente se è innocente.»

    «Già, immagino di no. Dunque, tuo padre era un poliziotto?»

    «Sì, a San Francisco.»

    «Il mio era avvocato.»

    «Penalista?»

    «No, civilista esperto di contratti. E piuttosto bravo, anche. La mia famiglia era molto ricca, vivevamo in una bella casa nel quartiere più elegante di Santa Barbara, e io ero convinto che tutti i miei coetanei passassero l'estate nella piscina del Country Club.»

    «E poi hai rovinato tutto facendoti prete» rise Muncey.

    «Intendiamoci, non che io abbia fatto voto di povertà. Solo che ho preso una strada che i miei non avrebbero mai scelto.»

    «Con loro grande rincrescimento, immagino.»

    «A dir poco. Mio padre è morto da cinque anni, ma prima di morire mi ha diseredato. Tanto per manifestarmi il suo dissenso, capisci.»

    «E tu come l'hai presa?»

    Dane rise scuotendo la testa. «Sei il primo prete cattolico con cui ho parlato un po' più a lungo del solito, e vuoi già che mi confessi!»

    «Scusami... è un fatto di abitudine. Sai, dopo tanti anni viene quasi naturale.»

    I due finirono le loro birre, poi Dane continuò: «Non ho mai parlato molto di mio padre con nessuno, e mia madre e io di solito giriamo intorno all'argomento. Ma devo dire che quello che ha fatto mi pesa ancora parecchio».

    «Se vuoi parlarne, sono a disposizione. In fondo sto bevendo la tua birra, è il minimo che possa fare.»

    «Be', perché no? Mi sono

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