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Seducente inganno: Harmony Privé
Seducente inganno: Harmony Privé
Seducente inganno: Harmony Privé
E-book194 pagine3 ore

Seducente inganno: Harmony Privé

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Info su questo ebook

"Dobbiamo comportarci come una vera coppia."
A volte la realtà supera persino la più audace delle fantasie.

C'è un solo modo per Cat Livingston di tenere alla larga il proprio ex marito: fingere di avere una relazione con Dane "Smoke" Kingsolver, il migliore amico che abbia mai avuto. Riuscire a convincere tutti che la loro amicizia si è trasformata in un rapporto più piccante è stato straordinariamente semplice. Un po' meno facile è riuscire a spegnere il fuoco che si è acceso fra loro dopo quel primo, inaspettato bacio. La rovente chimica che li divora rischia di rovinare per sempre il loro rapporto... o di trasformarlo in qualcosa di molto più eccitante.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2019
ISBN9788858998304
Seducente inganno: Harmony Privé

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    Anteprima del libro

    Seducente inganno - Jackie Ashenden

    successivo.

    1

    Cat

    È sempre brutto se ti ritrovi in quel tipo di problemi che ti spinge a chiedere l'intervento di una banda di motociclisti, ed è ancora più brutto quando sai che faresti qualsiasi cosa pur di ottenere quel tipo di intervento.

    Ma se tua figlia è in pericolo, combatti con le unghie e con i denti, e se non sei in grado di combattere da sola, cerchi qualcuno che lo faccia al posto tuo.

    Io avrei dato tutto quello che possiedo per sottrarre Annie al padre.

    Il che è il motivo per cui finii fuori dalla sede del Knights of Ruin MC a mezzanotte di un sabato piovoso, durante uno dei party più rumorosi della storia.

    Non volevo entrare. Avevo sempre giurato che non sarei mai entrata.

    Ma quando il diavolo si è preso la tua bambina, e gli sbirri invece pensano che sia tutto a posto, cos'altro dovresti fare? C'era una sola persona che poteva aiutarmi, e sfortunatamente quella persona era nel club.

    Dane Kingsolver, meglio conosciuto come Smoke, il mio migliore amico da sempre, membro dei Knights.

    Che non stava rispondendo al suo dannato cellulare.

    La sede dei Knights era un vecchio deposito di mattoni situato nella periferia di Brooklyn. Le motociclette parcheggiate fuori erano sorvegliate da un paio di reclute, altri due tizi stazionavano a guardia dell'ingresso. La musica rimbombava dall'interno, e non ebbi difficoltà a riconoscere il ritmo assordante dell'heavy rock. Alcune ragazze chiacchieravano con i novellini alla porta, i capelli come criniere selvagge, le gonne corte fin quasi a mostrare il sedere. Tutte in cerca dell'eccitante brivido dato dal pericolo.

    Che stupide. Non avevano idea del guaio in cui si stavano cacciando e quasi volevo spiegarglielo. Mi trattenni, tanto non mi avrebbero dato ascolto.

    Le ragazze sparirono dentro e io mi avvicinai alla recluta, che se ne stava lì con le mani affondate nelle tasche dei jeans strappati, probabilmente credendosi Dio perché toccava a lui decidere chi entrava e chi restava fuori. Era giovane, con un bel paio di occhi azzurri e un'espressione ancora quasi innocente sul viso. Presto sarebbe diventato un mostro come gli altri.

    Mi rivolse un'occhiata sospettosa, ovviamente non sapeva chi fossi.

    «Devo vedere Smoke» esordii, sostenendo il suo sguardo.

    «Chi lo vuole vedere?» replicò il ragazzo.

    «Cat. Cat Livingston.»

    La recluta mi squadrò da capo a piedi, e io sapevo cosa stava vedendo. Una donna più vecchia dall'aspetto esausto con addosso un paio di jeans aderenti e una logora t-shirt. Niente make-up. Scarpe da ginnastica di tela. Nulla di particolare.

    Non me ne fregava niente della sua opinione. Non ero lì per lui. Ero lì per Smoke. Ero lì per salvare mia figlia, perché, se ero sicura di qualcosa, era che Smoke amava la bambina quasi quanto me, e che avrebbe fatto di tutto per lei. E per me.

    «Sai, non ti conosco. E non penso che...»

    «Non mi interessa quello che pensi» lo interruppi bruscamente. «Sono la migliore amica di Smoke, e lui sarà davvero seccato se non mi lasci passare subito.» Non volevo dirgli di Annie. Mi sentivo già abbastanza a disagio senza riferire i fatti miei a quel deficiente.

    «Ehi, attenta a come parli. Mostra un po' di dannato rispetto.»

    Perfetto. Dunque un teenager testa di cazzo aveva la pretesa di zittirmi mentre il mio violento ex aveva mia figlia. E questo per il rispetto. Tipico dei biker.

    Aprii la bocca pronta a spiegargli dove poteva ficcarselo, il suo rispetto, quando Tiger uscì dalla porta, una sigaretta in una mano, una birra nell'altra. Tiger era uno dei migliori amici di Smoke, alto e muscoloso come lui. Aveva capelli neri che alla luce assumevano sfumature bronzo, e degli strani occhi color ambra che gli avevano meritato il suo soprannome da battaglia.

    Era un cretino, ma meno cretino della recluta di guardia.

    «Ehi, Cat» esordì Tiger quando mi vide. «Cosa ti porta da queste parti?»

    «Smoke è qui? Ho bisogno di vederlo. È urgente.» Non volevo parlare di Annie nemmeno con Tiger. Era prevenuto su un paio di argomenti, che includevano i bambini.

    Tiger si appoggiò allo stipite, portò la birra alle labbra e bevve un sorso. «Sì, è qui, ma non credo che tu voglia vederlo proprio ora.»

    «Perché no? Ti ho detto che è urgente» precisai, bilanciando il mio peso da un piede all'altro. «Una questione di vita o di morte.»

    «Uh-uh.» Tiger socchiuse gli occhi, ma non si mosse. «Bene, è in fondo al corridoio. Vicino alle camere.»

    Non mi serviva sapere altro. Senza degnare la recluta di uno sguardo, salii alla svelta gli scalini che conducevano all'ingresso. «Grazie, Tiger» mormorai, oltrepassandolo.

    «Di niente. Ricorda che c'è un party, poi non prendertela con me se ti imbatti in qualcosa che non avresti voluto vedere.»

    Avrei dovuto dargli ascolto, ma non lo feci. Riuscivo solo a pensare a mia figlia e al bastardo che era andato a prenderla a scuola ma che non me l'aveva riportata a casa, come invece aveva promesso di fare. E che ora non rispondeva ai miei SMS e alle mie telefonate.

    Un crampo di paura che mi attanagliava lo stomaco, entrai nel club.

    «Stai attenta, Cat» si raccomandò Tiger alle mie spalle. «Lo sai come sono le feste dei Knights.»

    In realtà non sapevo com'erano le feste dei Knights, non ci ero mai stata, ma Smoke mi aveva raccontato qualcosa. Alcol, fumo e musica ad alto volume. Droga e sesso.

    Mi sembrava disgustoso, ma io non facevo parte dei Knights e non andavo ai loro party, dunque non toccava a me giudicare.

    Tuttavia, mentre marciavo lungo il corridoio, mi resi conto di essere capitata nel pieno svolgimento della festa e che sì, stavo giudicando.

    Arrivai nella zona comune del club, bassi divani di pelle nera, poster di motociclette e di donne nude alle pareti, due tavoli praticamente coperti da bottiglie. L'aria puzzava di sigarette, di spinelli e di birra spillata. C'era un bar a un lato della sala, dove un tizio stava versando alcol in piccoli bicchieri disposti sulla pancia di una ragazza seminuda. Continuai a camminare senza guardarmi intorno e soprattutto cercando di non attrarre l'attenzione dei biker in giubbotto di pelle ammassati sui divani o in piedi accanto al bancone. Un paio di tizi giocavano a biliardo insieme a due donne nude, altri due in un angolo sembravano assorti in una conversazione molto seria, tranne per il fatto che una bionda inginocchiata fra loro faceva un lavoro di bocca a uno, e di mano all'altro.

    Santo cielo! Smoke non aveva esagerato quando mi aveva descritto quelle feste.

    Ero stata lì solo un paio di volte, ma sapevo dov'erano le camere, così, lo sguardo fisso sulla porta che dava accesso a quella zona, puntai in quella direzione. Solo per essere intercettata da un tizio grande come un armadio e ricoperto di tatuaggi, con una lunga barba nera e un paio di acquosi occhi verdi.

    Big Red, dichiarava la targhetta sul suo smanicato di pelle. Il vice presidente. Non lo avevo mai incontrato prima, ma Smoke mi aveva parlato di lui. Un dannato figlio di puttana, apparentemente.

    Che dire, davvero fortunata a trovarmelo davanti.

    «Ehi, bambola, che ci fai da queste parti?» domandò lo scimmione, strascicando le parole. «Non ti ho mai visto prima.»

    Sorrisi nel tentativo di dimostrarmi gentile. «Cerco Smoke. Tiger mi ha detto che lo avrei trovato qui in fondo.»

    «Non hai bisogno di cercare Smoke. Hai me.»

    Fantastico... Prima la recluta, poi questo tizio. Poteva peggiorare ancora la situazione? Allargai ancora di più il mio sorriso. «Forse potrei venire da te... dopo?»

    Big Red ridacchiò e mi pizzicò la guancia, cosa che io non apprezzai per niente. «Smoke è occupato al momento, tesoro.»

    «Perché? Cosa sta facendo?»

    «È con Hannah e non vuole essere interrotto.»

    Ovvio, Smoke era con una donna. D'altra parte, lo erano anche tutti gli altri Knights, perché lui non avrebbe dovuto?

    Quindi, non solo ero stata costretta ad andare in quella fogna per chiedere aiuto, ora dovevo anche disturbare il mio migliore amico mentre faceva sesso. E tutto perché quell'animale del mio ex, Justin, non aveva riportato Annie a casa come promesso. Tenni il sorriso ben fermo sulle labbra e oltrepassai il gorilla.

    «Oh, alla fine credo proprio che apprezzerà un extra» commentò il vice presidente quando gli feci l'occhiolino.

    Lasciandomi Big Red alle spalle, imboccai il corridoio. Lì era molto più tranquillo, L'unico suono che echeggiava era il ritmo di una musica house che risuonava da dietro una porta, e i gemiti che provenivano da un'altra.

    Continuai ad avanzare chiedendomi dove potesse essere Smoke, disposta anche a bussare a ogni porta per trovarlo, e infine girai l'angolo.

    E mi immobilizzai.

    Una figura alta era appoggiata alla parete. Una figura familiare. Spalle ampie, fianchi stretti, capelli neri come la notte, zigomi che avrebbero fatto invidia a un dio greco. Mascella decisa, naso dritto, sopracciglia scure. Una bocca che parlava di peccato, o almeno questa era l'opinione di alcune mie amiche.

    Smoke. La persona che mi conosceva meglio al mondo, e quella che io conoscevo meglio, da quando avevo cinque anni e lui sette ed eravamo vicini di casa. Ero diventata sua amica quando lo avevo visto sfrecciare sul suo skateboard; un ragazzino ossuto con le ginocchia sbucciate che si esibiva per fare colpo sulla bambina della porta a fianco.

    Aveva fatto miracoli su quello skate, leggero e fluido come il vento. In quel momento avevo deciso che lo avrei sposato.

    Non l'ho fatto, ovviamente.

    Perché in caso contrario adesso non sarei stata lì, nel lurido club di una banda di biker, a fissarlo mentre affondava le mani nei capelli di una donna inginocchiata davanti a lui, ovviamente impegnata a lavorarselo con la bocca.

    Uno strano calore mi invase. Smoke era sempre circondato da donne, e io lo avevo visto spassarsela con loro in più di un'occasione, e la cosa non mi aveva mai turbato. Adesso però qualcosa mi colpì come un pugno alla bocca dello stomaco.

    Lui era sempre stato chiuso, non permetteva mai a nessuno di intuire i suoi pensieri, nemmeno a me. E se cercavi di sapere qualcosa di più sul suo conto, di andare un po' più a fondo, lui ti girava le domande, il che lo rendeva un ottimo ascoltatore. Ecco perché lo chiamavano Smoke. Perché si nascondeva sempre dietro un'immaginaria cortina di fumo per non essere costretto a parlare di se stesso.

    Tuttavia adesso non c'era alcuna cortina a velare il suo sguardo, e quell'espressione sul suo volto...

    Non riuscivo a distogliere gli occhi.

    Lo avevo sempre giudicato bello, ma non avevo mai percepito quella bellezza. Ora invece ero incantata dall'intensità che scorgevo sul suo viso. Focalizzava la propria attenzione sulla donna, come se anche il più piccolo movimento di lei fosse importante. Le labbra si muovevano mentre sussurrava qualcosa che io non riuscivo a sentire. Mi ritrovai a chiedermi come fossero i suoi occhi, se bruciassero di passione.

    E mi domandai anche come sarebbe stato se avesse guardato me in quel modo.

    Respinsi quel pensiero. Smoke e io non ci eravamo mai spinti in quel senso, e mai lo avremmo fatto. Quando avevo sedici anni lo amavo alla follia, ma lui non mi aveva mai fatto capire se ricambiasse il mio sentimento.

    Così lo avevo cancellato, quel sentimento, e dimenticato. E decisamente non volevo che tornasse a galla proprio adesso.

    Amavo Smoke perché era il mio migliore amico. Ma per quello che riguardava il sesso, gli uomini significavano guai, e io non volevo avere nulla a che fare con loro.

    Quasi avesse avvertito la mia presenza, lui sollevò la testa e i nostri sguardi si incrociarono.

    E quello strano calore che mi avvolgeva si intensificò. Merda. C'era qualcosa nei suoi occhi che mi fece tremare le gambe, e che mi procurò un capogiro.

    Che mi indusse a dimenticare chi ero.

    Perché fu come se mi avesse visto per la prima volta in tutta la sua vita.

    Era una sensazione forte, strana, e io non sapevo come gestirla. Così mi girai, certa di avere il viso in fiamme.

    «Cat?»

    La sua voce in genere era profonda e controllata, ma ora risuonava di una tonalità acuta che mi fece rabbrividire.

    «Che cazzo ci fai qui?»

    Io fissai la parete opposta. «Scusa, non volevo interromperti... Ma ho bisogno di te.»

    «Cristo, sono un po' impegnato...»

    «Si tratta di Annie.»

    Smoke tacque. Dopo qualche istante disse qualcosa alla donna inginocchiata. Sentii il fruscio della stoffa, il tintinnare delle catene agganciate ai suoi jeans, il sibilo di una zip che si chiudeva.

    Cercai di cancellare il rossore dalle mie guance, di calmare il battito impazzito del mio cuore. Non avevo idea di cosa mi stesse succedendo, ma in qualsiasi caso non avevo il tempo di pensarci.

    La donna mi passò accanto, lanciandomi uno sguardo irritato. Ovviamente anche lei non aveva gradito l'interruzione.

    «Dimmi» mi esortò Smoke.

    L'espressione del suo viso era tornata quella di sempre, guardinga, circospetta. La passione era scomparsa dai suoi occhi, quasi non ci fosse mai stata. Una parte di me non poté evitare di dispiacersi per questo. Per la precisione, la parte che avrebbe voluto essere l'oggetto di quella passione.

    La ignorai. «Mi dispiace, davvero non avrei mai voluto venire qui, ma Justin è andato a prendere Annie a scuola e avrebbe dovuto riportarla a casa quattro ore fa. Non lo ha fatto, non risponde alle telefonate, o ai messaggi...» Il panico mi strinse la gola, impedendomi di continuare a parlare. Non volevo crollare adesso, ma il solo fatto di essere con Smoke abbassava il livello della tensione che mi aveva sostenuta sino ad allora.

    «Ehi, è tutto a posto. La troveremo. Hai parlato con qualcun altro?»

    «No.»

    «Come sei arrivata qui? Hai un'auto?»

    «Sì.»

    «Bene.» Smoke si passò una mano fra i capelli. «Torna a casa. Io

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