Agli ordini dell'infermiera: Harmony Bianca
Di Anne Fraser
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Info su questo ebook
Daniel non è bravo coi bambini, anche se si tratta di suo figlio. In fondo lo conosce a malapena e fare il padre non è mai stata una sua priorità. L'unica che lo può aiutare è Colleen. La sua allegria e il suo incondizionato amore per la vita forse potranno salvare la sua famiglia e riaccendere il suo cuore.
Anne Fraser
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Agli ordini dell'infermiera - Anne Fraser
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Firebrand Who Unlocked His Heart
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Anne Fraser
Traduzione di Daniela De Renzi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-821-3
1
«Mi dispiace, ma la risposta è ancora no» affermò Colleen con decisione.
Daniel Frobisher si lasciò andare contro la spalliera della sedia e si tolse con un gesto della mano un immaginario granello di polvere dal vestito grigio scuro. Poi la scrutò, stringendo gli occhi, come se non riuscisse a credere alle sue parole.
Doveva essere vicino alla quarantina. Aveva capelli castano chiaro e occhi verdi dallo sguardo intenso. Un viso fatto per essere ammirato. Il naso lungo e dritto, la bocca piena, gli zigomi alti e ben disegnati. Gli uomini belli come lui avevano qualcosa di irreale. «La pagherò bene. Molto bene...» riprese Daniel con il suo accento da persona colta e accennò a una somma da capogiro. Era più di quanto Colleen guadagnasse in un mese. Più di quello che guadagnava in due mesi... Ma il problema non erano i soldi.
«Non ho bisogno di soldi. E la mia vita va bene com’è» affermò secca.
Aveva già rifiutato la proposta di Daniel parlando con il suo assistente, il signor Haversham, qualche giorno prima. «Se il signor Frobisher non può sprecare il suo tempo per venire da me, ho l’impressione che non abbia molto a cuore la salute del figlio» aveva osservato Colleen in tono asciutto. «Per migliorare, il ragazzo deve essere sottoposto a trattamento intensivo per tutto l’arco della giornata. E questo significa che anche suo padre dev’essere coinvolto. Ma se non ha nemmeno il tempo di incontrarmi...» Colleen aveva fatto una pausa. «Non mi sembra il modo migliore di cominciare.»
«Il signor Frobisher è molto occupato» aveva replicato Haversham, senza scomporsi. «Se avesse potuto, sarebbe venuto personalmente. Mi ha chiesto di rappresentarlo in questa faccenda.»
Faccenda? «Senta, gli dica che mi dispiace. Davvero. Ma se il signor Frobisher è ricco, come lei dice, ci sono soluzioni più adatte al suo caso.» Aveva salutato cortesemente e si era dimenticata di quella conversazione fino a quando, quella mattina, Daniel Frobisher in persona si era presentato, chiedendo di lei.
«C’è un uomo bellissimo che ti cerca» le aveva detto Lillian, la ragazza della reception, quando era venuta a chiamarla. Colleen stava passando le consegne ai colleghi. «Gli ho detto che eri impegnata, ma dice che ha bisogno di parlarti. Adesso.» Lillian aveva sgranato gli occhi. «Ce lo hai tenuto nascosto, eh...? Ma se tradissi il mio fidanzato con un uomo così bello, cercherei anch’io di non farlo sapere in giro...»
«Io non tradisco Ciaran...» aveva protestato immediatamente Colleen. «Digli che deve aspettare... o tornare lunedì.»
«Tesoro, qualsiasi cosa tu debba fare con quel tipo, sappi che non se ne andrà.»
Colleen aveva lanciato uno sguardo perplesso in direzione dell’entrata. Lillian aveva ragione. Quell’uomo era proprio notevole. Ma lei non sapeva chi fosse. Altrimenti se lo sarebbe ricordato. «Ti ha detto come si chiama?» aveva chiesto a Lillian confusa.
«Ha detto di essere il signor Frobisher...»
Quindi quell’uomo molto occupato era venuto da lei di persona. Be’... gli avrebbe detto le stesse cose, che aveva detto ad Haversham. Ma avrebbe dovuto aspettarla.
Dopo aver parlato con i colleghi del turno di notte, Colleen passò a salutare i pazienti.
Per ultima entrò nella stanza di Kiera Flanningan, una ragazza di diciotto anni che sei mesi prima era stata coinvolta in un grave incidente stradale, rimanendo paralizzata dal collo in giù. Colleen aveva dovuto trascorrere ore vicino al suo letto, per persuaderla a seguire il programma di riabilitazione, ma alla fine i suoi sforzi erano stati premiati.
Una mezz’ora più tardi fu pronta per andare a casa. Ma alla reception il signor Frobisher passeggiava ancora avanti e indietro, guardando impaziente l’orologio. Si era completamente dimenticata di lui... «Sono Colleen McCulloch» si presentò in modo cordiale. «Aveva bisogno di vedermi?»
Frobisher aveva smesso di camminare e aveva lanciato un’occhiata significativa al suo orologio.
«Mi dispiace di averla fatta aspettare...» mormorò Colleen, infilandosi la giacca.
Lui le porse la mano e strinse la sua con decisione. «Daniel Frobisher. Senta, c’è un posto tranquillo dove possiamo parlare?»
Era così alto che Colleen dovette ripiegare indietro la testa, per riuscire a guardarlo negli occhi. «Temo abbia sprecato il suo tempo. Come ho già detto al signor Haversham, non posso occuparmi di suo figlio. Mi dispiace, ma ho già un lavoro. Comunque ho fornito al signor Haversham un paio di nomi di validi professionisti, che potrete contattare in alternativa.»
«Per venire qui ho utilizzato del tempo che non posso permettermi» aveva replicato Daniel serio. «Dovrebbe avere almeno la cortesia di ascoltarmi.» Aveva parlato con impazienza e Colleen si sentiva già leggermente irritata. Ma, prima che potesse reagire, Frobisher l’aveva afferrata per un gomito e la stava guidando all’aperto. «Non riesco a stare qui» aveva affermato in modo schietto. «Ne ho abbastanza di ospedali. Non è possibile parlare da qualche altra parte?»
«Non c’è niente di cui parlare» aveva replicato Colleen, cercando di divincolarsi. Ma lui la stava stringendo con forza. Non poteva costringerla a salire su una macchina in mezzo alla gente... Ma fu quello che Frobisher fece. La sua auto, nera e cromata, con i finestrini oscurati, stava aspettando proprio davanti all’ospedale. Dove nessuno, neanche il responsabile di reparto, aveva il diritto di parcheggiare.
Nel giro di pochi secondi Colleen si ritrovò seduta sul sedile posteriore al fianco di Frobisher. Quell’uomo la stava davvero irritando. «Vuole per favore fermarsi e lasciarmi scendere?» affermò ad alta voce, rivolta all’autista, sforzandosi di mantenere un tono fermo. Frugò nella borsetta alla ricerca di un’arma, ma trovò soltanto un taccuino, una penna, il portamonete e una bottiglia di profumo. La tirò fuori e cominciò ad agitarla. «Le spruzzerò del profumo negli occhi!»
«Ha intenzione di scoraggiarmi con del profumo?» Frobisher appariva divertito. «Ho bisogno di trenta minuti» continuò in tono più serio. «Le prometto che la riporterò indietro, appena finito di parlare. Ma voglio che mi ascolti, prima di decidere.»
La nota di tristezza nel suo timbro di voce indusse Colleen a osservarlo con maggiore attenzione. Nonostante la bellezza, aveva rughe intorno agli occhi e i muscoli della bocca erano contratti. Si vedeva che stava soffrendo. Colleen decise di concedergli qualche minuto... «Bene» ammise un po’ riluttante. «Ascolterò quello che ha da dirmi. Ma non penso che cambierò idea. In ogni caso non ho intenzione di parlare qui. Sto morendo di fame. C’è un bar dietro l’angolo. Può dire all’autista di fermarsi lì.»
«Mi promette che non cercherà di scappare?»
Colleen non riuscì a trattenere un sorriso. «Glielo prometto. Potrà usare tutto il tempo che mi ci vorrà per mangiare. Ma non oltre» affermò porgendogli la mano con decisione. «Siamo d’accordo?»
Le dita di Frobisher strinsero le sue e Colleen sentì una specie di scossa attraversarle il corpo. Immediatamente ritrasse la mano.
Quando arrivarono di fronte al bar, lui si mostrò stupito. Dall’esterno non era un granché, ma all’interno il locale era caldo e accogliente. E vendeva le migliori colazioni in quella zona di Dublino. Colleen ci si fermava spesso, andando o tornando dal lavoro. Inoltre quel posto era di proprietà della sua amica Trish. «È sicura di voler mangiare qui?» domandò perplesso Daniel. «Potrei consigliarle un posto migliore.»
Colleen non aveva intenzione di farsi portare ancora in giro. «O qui o da nessun’altra parte» affermò con sicurezza. «È a soli cinque minuti da casa mia. E io ho bisogno di dormire.» Si pentì subito di quell’affermazione. Non voleva che Frobisher sapesse dove abitava. Aveva la spiacevole sensazione che quell’uomo non si sarebbe arreso facilmente.
«D’accordo» replicò lui con un sorriso. «Facciamo come vuole lei.» Il sorriso era durato una frazione di secondo, ma per un attimo il suo volto si era trasformato, apparendo più giovane e se possibile ancora più bello.
Si sedettero a un tavolo accanto alla vetrina e subito Trish si affrettò verso di loro, facendo un cenno incuriosito a Colleen dietro le spalle di Frobisher.«Prendo il solito, Trish» affermò Colleen, facendo finta di non notare gli ammiccamenti dell’amica.
«E lei, signore?» domandò Trish, guardando Daniel con ammirazione.
«Caffè nero. Senza zucchero.»
Dopo aver fatto l’occhietto a Colleen, Trish si allontanò ancheggiando verso la cucina. Ma Frobisher non sembrò degnarla nemmeno di uno sguardo.
«Bene. Sono tutt’orecchi. Anche se le sarà difficile convincermi» cominciò Colleen decisa. Ma immediatamente addolcì il tono di voce. «Come le ho già detto, ho già un impiego ed è un lavoro che amo e che non ho intenzione di lasciare. Inoltre il signor Haversham mi ha riferito che lei abita a Londra e temo proprio che questo fatto da solo renda impossibile la cosa. Non potrei mai lasciare l’Irlanda, signor Frobisher.»
«Mi chiami pure Daniel.»
«Daniel, allora. Ha già provato con un’agenzia? Mi è sembrato di capire che suo figlio avrà bisogno di assistenza continua. Ci sono un paio di ottime organizzazioni a Londra, che mi sento di raccomandarle.»
In quel momento Trish si avvicinò con due caffè, un piatto di uova, salsicce, bacon e toast. Daniel si mostrò esterrefatto. Non aveva mai visto una donna mangiare?
Mentre Colleen aggiungeva del ketchup e infilzava una salsiccia, lui prese dalla tasca una fotografia e gliela porse. Lei si fermò a guardare il ritratto. Rappresentava una donna bellissima, con capelli biondi e sguardo luminoso. Abbracciava un bambino, che sorrideva verso l’obiettivo. A giudicare dagli occhi verdi, copia perfetta di quelli che la stavano fissando in quel momento, non c’era dubbio che quel ragazzino fosse figlio di Daniel.
«È stata scattata due anni fa» le spiegò lui commosso. «Mio figlio Harry aveva dieci anni.»
Colleen aveva saputo da Haversham che Harry Frobisher aveva dodici anni. Possibile che Daniel non avesse una foto più recente?
«Quella insieme ad Harry è sua moglie?»
«La mia ex-moglie. Abbiamo divorziato. Eleanor è rimasta uccisa nell’incidente nel quale anche Harry è stato coinvolto.»
«Mi dispiace molto.» Colleen dovette fare uno sforzo per non appoggiare una mano su quella di Daniel. Aveva la netta sensazione che quel gesto non sarebbe stato gradito.
Lui mantenne un’espressione indecifrabile. «Era andata a prendere Harry a scuola, quando è successo. Dovevano andare all’aeroporto...» Sembrava che Daniel stesse rivivendo quei momenti terribili.
«E suo figlio è rimasto ferito gravemente?» lo invitò a continuare Colleen.
«È rimasto in coma quasi per una settimana. In quei momenti ho pensato che non ce l’avrebbe mai fatta.» La voce di Daniel aveva assunto un tono distaccato, come se stesse parlando di qualcosa che non lo riguardava. «Harry ha ripreso conoscenza un mese fa. Non riesce a parlare e i suoi movimenti sono limitati.» Fece una smorfia con la bocca. «Non riesce nemmeno a mangiare da solo. Mio figlio è prigioniero nel proprio corpo!»
«È ancora presto...» mormorò commossa Colleen. «Nel giro di sei mesi potrebbe migliorare... se sarà seguito adeguatamente.»
Daniel riprese la foto e la ripose con cura nella tasca. «Me