Je t'aime, mon amour!: Harmony Collezione
Di Helen Brooks
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Info su questo ebook
Helen Brooks
Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.
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Anteprima del libro
Je t'aime, mon amour! - Helen Brooks
successivo.
1
«Come sta, la mia dolce Holly, questa mattina? Ti sei divertita nel fine settimana? Hai l'aria di chi sa bene come divertirsi!»
Alzando gli occhi dal computer Holly si impose di non manifestare alcuna reazione allo sguardo lascivo di Jeff Roberts. «Buongiorno, signor Roberts» salutò con tono secco. Lo stomaco le si contrasse quando lui si diresse verso la sua scrivania.
Adesso le era vicino a sufficienza perché l'odore pungente del suo dopobarba invadesse il suo spazio vitale, ma lei continuò a battere sulla tastiera senza degnarlo di un'occhiata, nella speranza che afferrasse il concetto e se ne andasse.
In pratica c'erano tre sistemi per risolvere il problema di un molestatore sul luogo di lavoro, aveva stabilito Holly qualche tempo prima, quando aveva iniziato a lavorare alla Querruel International.
Ignorare il sordido individuo in questione, facendogli così capire che le sue avance non erano gradite.
Urlare con tutto il fiato che aveva in corpo il proprio sdegno rivolgendosi a chi di dovere.
Togliersi la soddisfazione di mollargli un sonoro ceffone in pieno viso.
Holly aveva messo in pratica il primo sistema per otto settimane senza risultati apprezzabili. Una lamentela ufficiale era fuori questione, a meno che non intendesse perdere l'impiego, perché Jeff Roberts era il figlio del direttore generale... nonché la luce dei suoi occhi.
La terza opzione avrebbe implicato la definitiva rinuncia non solo all'impiego, ma anche a qualsiasi lettera di referenze, però le avrebbe dato una gran soddisfazione, senza contare che avrebbe impartito una lezione indimenticabile a quel verme.
Lui si chinò al di sopra delle sue spalle, leggendo la relazione che stava battendo. «Te l'ho detto, chiamami Jeff quando siamo soli» le sussurrò.
I suoi abiti emanavano odore di stantio, o forse era la sua pelle, e Holly dovette reprimere un brivido di disgusto. A peggiorare la situazione, il suo ufficio era praticamente un cubicolo, accanto a quello della segretaria del padre di Jeff, cui si accedeva da quell'unica porta di comunicazione.
«Se cerca Margaret sarà di ritorno da un momento all'altro dal bar» disse Holly intenzionalmente.
«Ah, sì?» Mentre lei continuava con il proprio lavoro, Jeff completò la manovra di accostamento, chinandosi per prendere una penna e approfittando dell'occasione per sfiorarle il seno. «La prendo un attimo. Posso?»
Holly smise di battere e, sforzandosi di puntare gli occhi su quel viso giallastro e molliccio, esclamò decisa: «Gliel'ho già detto, signor Roberts! Non si permetta mai più».
«Permettere che cosa?» Non si prese neppure il disturbo di assumere un'espressione indignata. Lo sguardo si focalizzò sul suo seno prima di scendere alle gambe per poi risalire al suo viso, mentre, nel processo, si umettava le labbra.
«Non sopporto che mi tocchi!» chiarì lei, sempre più seccata.
«Ti ho toccata?» Sorrise, chinandosi ancora di più su di lei e gratificandola del suo alito puzzolente. «Perché non ce ne andiamo a bere qualcosa, dopo l'orario, eh? Conosco il posticino giusto. Ti farebbe piacere, vero?»
Al diavolo! «Ho altri programmi» annunciò con voce gelida.
«Allora, domani?» Occhi lascivi si fissarono avidi sul suo viso. «Ti offrirò anche la cena se farai la brava.»
Ma da dove diavolo era sbucato quell'individuo?
Da chiacchiere che giravano nell'ufficio, Holly aveva saputo che Jeff Roberts aveva l'abitudine di molestare chiunque gli capitasse a tiro, ma fortunatamente per loro, le altre ragazze erano al riparo dalle sue attenzioni poiché lavoravano in uffici affollati.
Gli puntò addosso uno sguardo furibondo. «Mi dispiace, ma non verrò a bere qualcosa con lei, signor Roberts, né domani né mai.»
L'espressione di Jeff mutò all'istante. «Posso fare molto per te qui, Holly, se giochi bene le tue carte» mormorò, «ma vale anche il contrario. Capisci cosa sto dicendo?»
«La capisco molto bene.»
«E...?»
«E la mia risposta è la stessa. Ora, se non le spiace, devo terminare questa relazione.»
La guardò un attimo prima di mettersi in posizione eretta, e Holly credette che fosse in procinto di allontanarsi. Chinò di nuovo il capo sulla tastiera ma all'improvviso due mani grassocce approdarono sulle sue spalle e subito dopo le strizzarono dolorosamente il seno.
In un batter d'occhio Holly balzò dalla sedia e lo schiaffeggiò in viso con la forza che scaturiva dal disgusto e dalla collera.
Evidentemente lui non si era aspettato una reazione del genere. Arretrò barcollando contro degli scaffali mentre si lasciava andare a una sequela di oscenità. Quando riacquistò l'equilibrio, Holly seppe che le sarebbe piombato addosso e si preparò a difendersi, gli occhi fiammeggianti.
«Cosa sta succedendo?»
La voce dalla soglia fece voltare Jeff, mentre Holly focalizzava lo sguardo sull'uomo imponente che era intervenuto. Avrebbe capito immediatamente chi era, anche se il pronunciato accento francese non l'avesse tradito. Aveva sentito parlare talmente spesso e dettagliatamente del proprietario della Querruel International, che sarebbe stata in grado di descriverlo alla perfezione, anche se non aveva mai incontrato di persona il severo, affascinante magnate francese.
Jacques Querruel, trentadue anni. Celibe, ma talmente amante delle avventure galanti da essere perennemente sui rotocalchi. Il classico playboy, con la differenza che, oltre che pensare a divertirsi, lavorava duramente. Un uomo che si era fatto da sé ed era approdato, da uno squallido quartiere parigino, ai fasti della buona società. L'originaria fabbrica di mobili ora aveva una serie di succursali sia in Francia, sia in Inghilterra sia negli Stati Uniti.
E viveva secondo regole tutte sue, come del resto attestava il suo abbigliamento. Secondo le voci possedeva una serie di macchine fantastiche, come si addice a un giovane milionario, ma il suo mezzo di trasporto preferito, quando si recava in Gran Bretagna, era la Harley-Davidson.
«Guarda come si veste» aveva sussurrato una giovane del reparto contabilità a Holly qualche settimana prima. «Il Re della Strada, su un mezzo fantastico. Potresti perderti nel suo fascino.»
«Dovresti vedere il signor Querruel nella tuta di pelle nera!» Questo era stato il commento di una cameriera del bar che ovviamente non intendeva perdere tempo nei dettagli del mezzo, preferendo accentrare l'attenzione sul conducente. «Tutto si ferma quando arriva lui, credimi. Non c'è una sola donna qui dentro che non gli cadrebbe subito ai piedi. Si tratta di dinamite pura, Holly.»
E ora si trovava di fronte quella dinamite, rifletté Holly con una punta di isterismo. Ma ben presto la sua attenzione fu distolta dalla imponente figura in nero, perché Jeff si era lanciato in un diluvio di parole affannose.
«Signor Querruel, sono mortificato che lei abbia assistito a una scena tanto spiacevole. È imperdonabile, lo so. Stavo rimproverando la signorina Stanton per la scarsa applicazione al lavoro quando ha reagito in modo eccessivo. Temo di aver perso la testa quando mi ha colpito.»
«Bugiardo!» Holly era sconcertata per la sua faccia tosta. «Come osa...?»
«Basta così.» Jacques Querruel tacitò la sua protesta, la voce bassa ma affilata come una lama. «Ne discuteremo nell'ufficio del signor Roberts. Vi prego di seguirmi.»
«Un momento!» Holly ormai aveva buttato la cautela alle ortiche. Sapeva bene cosa sarebbe successo quando avrebbero coinvolto il signor Roberts senior nella diatriba. Si sarebbe trovata sulla strada in men che non si dica. Quindi tanto valeva... «Sta mentendo. Non si tratta di lavoro...»
«Forse non sono stato chiaro.» L'accento francese era più pronunciato che mai. «Discuteremo di questa faccenda nell'ufficio del signor Roberts, signorina Stanton. Il signor Roberts sarà assente per almeno un'ora, quindi non saremo interrotti.»
Aveva intuito i motivi che l'avevano spinta a obiettare? Holly si perse in quegli occhi dai riflessi d'ambra. Erano snervanti, quegli occhi. Stupendi ma freddi e misteriosi. Come quelli di un predatore che studia la vittima.
Si riscosse subito, rimproverandosi mentalmente per questa similitudine fantasiosa. Cosa diavolo le stava succedendo?, si chiese mentre seguiva i due uomini attraverso l'ufficio di Margaret per raggiungere l'opulento dominio del signor Roberts senior.
Ebbe appena il tempo di notare Margaret, appoggiata contro la propria scrivania, lo sguardo incuriosito, il che sottintendeva che alla segretaria del direttore era giunto all'orecchio qualcosa, ma poi la porta si chiuse e lei si ritrovò sola con Jacques Querruel e un furibondo Jeff Roberts.
«Veramente, signor Querruel, non è il caso che lei perda tempo con questa spiacevole questione» stava dicendo il giovane. «Lei ha senz'altro cose ben più importanti da...»
«Al contrario, Jeff.» Era glaciale e quando indicò ai presenti di prendere posto con un gesto autoritario della mano, Jeff si sentì spiazzato.
Holly aveva immaginato che lui si sarebbe seduto dietro la massiccia scrivania di quercia che dominava la stanza, invece si appollaiò sul bordo, gli occhi inquisitori che la studiavano.
Si sforzò di non giocherellare con i capelli o di fare qualche movimento inconsulto, ma le risultava molto difficile. Soprattutto con Jeff così vicino. Ma doveva affrontare la situazione, quindi alzò il mento, l'espressione tempestosa.
«Allora...» Lo sguardo attento di Jacques passò dal suo viso imporporato a quello corrucciato di Jeff, e agli occhi dai riflessi d'ambra non sfuggì certo l'impronta della mano sulla guancia flaccida dell'uomo. «Immagino ci sia un problema...»
«Niente che io non possa gestire, signor Querruel...» rispose Jeff.
«Ma certo che c'è!» Holly interruppe Jeff con una certa veemenza. «Ho chiesto al signor Roberts di tenere le mani a posto diverse volte, e oggi ha passato il limite. Quest'uomo è un pervertito e mi rifiuto di essere importunata da lui un'altra volta!»
Le sopracciglia scure si arcuarono mentre le labbra ebbero un leggero fremito. «Non meniamo il can per l'aia, signorina Stanton» replicò Jacques. «Spieghi esattamente cosa intende.»
Holly trafisse con uno sguardo lampeggiante l'eminente proprietario della Querruel International; in quel momento non gliene importava un accidente di chi fosse. Balzò in piedi, la voce rotta dalla collera. «Grazie, signor Querruel. È esattamente quello che intendo fare. Il figlio del suo direttore generale è un bugiardo e un essere lascivo. Non c'è niente che non vada nel mio lavoro e, ben lungi dal rimproverarmi per motivi d'ufficio, ha spinto le sue molestie, con le quali mi sta perseguitando da settimane, a un livello inaccettabile. È per questo che l'ho schiaffeggiato e gli è andata bene a essersela cavata così a buon mercato» dichiarò.
«Questo lo vedo.» Era stato solo un mormorio.
Non era proprio il momento di fermarsi a considerare che aveva la voce più sexy che avesse mai udito, ricca e seducente a dispetto della riprovazione, pensò Holly con un moto di disgusto per se stessa.
«Sono tutte fandonie!» Jeff aveva deciso di essere rimasto estromesso dalla conversazione troppo a lungo. «Il fatto è che la signorina Stanton non è all'altezza del compito che le è stato assegnato. Mi spiaceva per lei, così nelle ultime settimane le ho offerto delle opportunità, e solo troppo tardi ho capito che aveva frainteso la mia gentilezza scambiandola per interesse personale nei suoi confronti. Quando le ho chiarito che non apprezzavo le sue moine, ha perso la testa e mi ha colpito.»
Lo sguardo di Jacques Querruel scivolò sul grasso individuo dai capelli unti che gli sedeva di fronte, prima di tornare all'adorabile donna che stava davanti alla scrivania. Aveva i capelli color del cioccolato che le scendevano in morbide onde sulle spalle, gli occhi azzurri come i fiordalisi e un viso che molte modelle le avrebbero invidiato. Ed era