La moglie del milionario: Harmony Collezione
Di Helen Brooks
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Info su questo ebook
Nick Morgan è il tipo di uomo in grado di avere qualunque donna desideri. Ricco, affabile e incredibilmente attraente, è single e, apparentemente, non è in cerca di una relazione fissa. E se anche decidesse di prendere moglie, la sua scelta non ricadrebbe certo su una ragazza ordinaria e inesperta come Cory James, poco interessante per un playboy del suo calibro. Invece succede esattamente il contrario quando lo sguardo di Nick si posa per la prima volta su di lei. Cory pensa di costituire per lui solo una sfida da vincere, ma gli occhi di Nick sembrano suggerire una risposta ben diversa. E resistere al suo corteggiamento è un'impresa davvero ardua...
Helen Brooks
Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. A ventun anni, insieme a un'amica, partì in nave per un lungo viaggio in Australia, che da Auckland l'avrebbe condotta a Melbourne.
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La moglie del milionario - Helen Brooks
successivo.
1
Nel momento in cui Cory staccò il guinzaglio a Rufus, capì di aver commesso un errore madornale. Il cane, un magnifico incrocio fra un Labrador e un Golden Retriever, partì a razzo attraverso Hyde Park, travolgendo tutto quello che trovava sul suo percorso.
Cory provò a richiamarlo invano un paio di volte, poi si mise a rincorrerlo lungo il prato, gridando scuse a destra e a sinistra, e si ritrovò con il fiato corto, perché il cane non accennava a rallentare.
Eppure zia Joan l'aveva avvertita...
«Tienilo sempre al guinzaglio, Cory» le aveva raccomandato, prima di accompagnarla alla porta, zoppicando per l'ingessatura alla gamba sinistra, in seguito a una brutta caduta, due settimane prima. «Con me Rufus si è sempre comportato bene, ma con te non ha ancora confidenza. Pensare che è un animale così tranquillo, gli piacciono i bambini e gli altri cani» aveva aggiunto. «Purtroppo i suoi padroni precedenti lo tenevano legato e lo maltrattavano, povero tesoro.»
Il povero tesoro
, però, in quel momento le stava dando parecchio filo da torcere, e Cory cominciava a disperare di riuscire a raggiungerlo.
«Rufus! Vieni subito qui!» gridò, vedendo che il cane si era fermato, per annusare una cagnetta bianca e nera.
Come per miracolo, Rufus tornò in sé e decise di darle retta. Dopo un ultimo istante d'esitazione, scrollò la testa e tornò verso di lei, sempre di corsa.
Non si accorse neppure dell'uomo alto ed elegante che attraversava il vialetto ghiaioso, tagliandogli la strada.
Sotto lo sguardo inorridito di Cory, il grosso cane travolse l'uomo d'affari, facendolo cadere di schiena sull'erba.
La lussuosa cartella di pelle volò da una parte, la giacca del completo dall'altra, mentre Rufus girava in tondo, scodinzolando. Perfino lui si era accorto del guaio che aveva combinato.
«Mi spiace! Mi spiace tanto!» esclamò Cory, arrivando di corsa. Aveva l'affanno, quando si inginocchiò sul prato, scuotendo i riccioli color cioccolato fondente, che le arrivavano alle spalle.
Lo sconosciuto rimase immobile ancora per un istante, prima di arrischiare un respiro, che gli strappò un gemito di dolore.
Cory deglutì a vuoto. Non aveva mai visto un uomo più affascinante!
Forse non era il momento più adatto per notare la sua prestanza fisica, il corpo muscoloso, la faccia dai lineamenti decisi, i folti capelli scuri...
«Niente di rotto?» gli domandò, quando ritrovò la voce.
Due magnetici occhi azzurri incontrarono i suoi. Lo sguardo penetrante diceva più di mille parole.
E la colpì per sempre.
Quando lei fece per aiutarlo a rialzarsi, il bellissimo sconosciuto la scostò con un gesto di stizza. Rufus scelse proprio quel momento per scusarsi, con un'affettuosa leccata sulla faccia dai lineamenti scolpiti. L'uomo si raggelò. Si alzò in piedi, senza fare commenti.
Cory lo trovò molto alto e molto in collera. Seppur sempre irresistibile.
«È suo?» le chiese infine lo sconosciuto, indicando il cane.
«Mi spiace» si scusò ancora Cory, confusa dalla sua vicinanza. «Mi spiace tanto, io non...»
L'uomo non la lasciò finire.
«Quel suo... Che cosa sta mangiando?» Il grido gli si strozzò in gola.
«Oh, no!» Con un gemito soffocato, Cory tolse il cellulare dalle mascelle di Rufus.
Ormai il danno era fatto. Nessuno dei due si era accorto che il cane aveva ficcato il naso nella giacca caduta a terra.
«Era... era costoso?» azzardò lei, anche se conosceva già la risposta.
L'uomo ignorò il cellulare che lei gli porgeva, ormai inservibile. Respirò a fondo, poi raccolse la cartella e la giacca, con una smorfia di dolore.
Lo scontro con Rufus, in un sabato mattina a Hyde Park, non era stato senza conseguenze.
«Non avrei dovuto togliergli il guinzaglio» mormorò lei, quasi fra sé.
Lui inarcò le sopracciglia scure, con espressione ironica.
«Ma davvero?»
Cory deglutì a vuoto.
«Le ripagherò ogni cosa, è ovvio» proruppe, alzando la testa con fierezza. «Il cellulare, l'abito... tutto quanto» concluse, debolmente.
«Magari si aspetta anche che la ringrazi» replicò lo sconosciuto, con un sorriso di sufficienza.
In quel momento Cory non notò più la bellezza dei suoi occhi, ma soltanto la sgradevolezza dei suoi modi.
«Niente affatto» tagliò corto, con voce contratta. «Era una constatazione, tutto qui.»
Rufus si era accovacciato di fianco all'uomo, e sembrava l'animale più docile del mondo. Cory l'avrebbe strozzato volentieri.
«Vieni qui!» lo chiamò, preparandosi a mettergli il guinzaglio.
Rufus non l'ascoltò neanche.
Una deliziosa barboncina francese aveva attirato la sua attenzione, e lui si mise a seguirla, incurante dei richiami di Cory.
«Seduto!» Il richiamo secco dello sconosciuto arrivò dopo qualche attimo soltanto.
Come per incanto, il cane fece dietrofront e tornò scodinzolando verso di loro, sotto lo sguardo allibito di Cory.
«Grazie» mormorò lei con riluttanza.
«Di niente» replicò lui, con una freddezza irritante. «I cani si addestrano. È solo questione di tono.»
«Lei è un esperto di cani?»
«Sono solo un esperto nel dare ordini.» Lui la fissò negli occhi. «Dovrebbe portarlo a un corso di obbedienza» suggerì poi, in tono condiscendente.
«Rufus non è mio» spiegò Cory in fretta. «Mia zia l'ha trovato in un rifugio per cani maltrattati. Lo hanno tenuto rinchiuso fin da cucciolo. Lei lo ha portato al corso di obbedienza. Ma poi si è rotta una gamba, e così io mi sono offerta di fargli fare una passeggiata.»
«Povero piccolo» commentò l'uomo, allungando una carezza a Rufus. Poi tornò a lei, con il solito distacco. «Finché sua zia non guarisce, lo tenga al guinzaglio, per il bene di tutti. D'accordo?»
Lei preferì non rispondergli per le rime.
«Ci avevo già pensato per conto mio» si limitò a comunicargli.
«Bene.»
Il tono dell'uomo era definitivo. D'un tratto lei ebbe paura di non rivederlo mai più, e il pensiero le parve insopportabile.
«Il suo cellulare... glielo voglio ripagare. Le do il mio indirizzo e il numero di telefono?» si ritrovò a domandargli.
Lui inarcò un sopracciglio.
«È sempre così pronta a rivelare i suoi dati personali al primo sconosciuto che incontra?» la canzonò.
«Non mi capita tutti i giorni di travolgere qualcuno con il cane che mi è stato affidato» fu la pronta risposta di Cory.
Lui borbottò qualcosa che somigliava a un grazie al cielo. Poi la tranquillizzò: «Non si preoccupi per il cellulare, signorina...?».
«James, Cory James.» E lei sgranò i vellutati occhi color nocciola, appena più chiari dei capelli. «Insisto per rimborsarle il cellulare, signor...?»
«Mi chiamo Nick Morgan.» L'uomo fece un breve cenno con il capo. «Non si preoccupi per il cellulare, glielo ripeto.» Così dicendo, glielo tolse di mano e se lo infilò in tasca, con fare noncurante.
«Non posso permetterlo» si ostinò Cory. «Non sarò contenta finché non le avrò risarcito i danni, signor Morgan.»
La mascella quadrata si irrigidì.
«Non è necessario.»
«Insisto.»
«È sempre così... determinata, signorina James?» domandò Nick Morgan, senza nascondere la sua meraviglia.
«Sempre» confermò Cory, senza sorridere. Era una bugia a metà.
Nick Morgan la scrutò per qualche istante, a braccia conserte. Era a un metro da lei, e la sua vicinanza le faceva battere il cuore con forza.
Cory si morse il labbro.
Non si trattava di fascino puro e semplice, si ripeté. La prestanza fisica di Nick Morgan era... incombente e la metteva a disagio.
«Non ho problemi di denaro, glielo assicuro. Non appena metterò piede in ufficio me ne forniranno uno nuovo» dichiarò lui, senza scomporsi. Del resto, la sua ricchezza era evidente. «Ma lei vuole sdebitarsi a tutti i costi. È così?»
«È così.»
Il sorriso dell'uomo non prometteva niente di buono.
Cory si sentì tremare.
«Questa sera dovrò partecipare a una festa di lavoro» spiegò Nick Morgan. «La mia accompagnatrice non potrà essere presente, per un impegno improvviso. Verrebbe lei, al suo posto?» le propose.
Cory trasalì, come colpita da uno schiaffo. Non le piaceva essere presa in giro.
«Parlo sul serio» le assicurò lui, che le aveva letto la contrarietà sul viso. «Naturalmente, se lei ha un impegno precedente, un marito o un fidanzato che non è d'accordo...» E lasciò la frase in sospeso, senza abbandonare il suo sguardo.
Poteva mentirgli, ma era sicura che Nick Morgan se ne sarebbe accorto. Cory respirò a fondo, e raddrizzò le spalle.
«Non ho un compagno» rivelò in fretta. Si morse il labbro, ma ormai era fatta. «Come si svolgerà la festa di questa sera?»
«Si beve qualche cocktail, si cena, si balla...» Cory rimase in silenzio, in attesa di ulteriori spiegazioni. «Ho rilevato da poco una nuova società» dichiarò infine lui, con scarso entusiasmo. «I dirigenti hanno organizzato una serata al Templegate, come omaggio nei miei confronti.»
Cory rimase a fissarlo, sempre più frastornata. Il Templegate era il più famoso locale di Londra, il luogo dove i giovani ricchi e famosi andavano per vedere ed essere visti.
Lei non ci era mai stata, naturalmente, ed era sicura che non ci avrebbe mai messo piede.
Il destino riserva sempre delle sorprese.
«Una festa con quanti invitati?» domandò, sforzandosi di tener ferma la voce.
«Una quindicina, credo. La mia accompagnatrice ha dato forfait stamattina» aggiunse Nick Morgan. «Ha ricevuto una proposta per una sfilata, che non ha potuto rifiutare.»
Dunque Nick Morgan usciva con una modella... Il quadro era completo. E lei non c'entrava affatto.
«Avrà pure un'altra ragazza da invitare alla serata» commentò ad alta voce.
Lui si strinse nelle spalle.
«Lei voleva sdebitarsi per quello che ha combinato il suo cane, e io le ho solo suggerito un modo. Se la proposta non è di suo gradimento, va bene lo stesso.»
Cory si sentì franare la terra sotto i piedi. Al Templegate le donne erano tutte bellissime e disinvolte, portavano abiti firmati e scarpe che da sole valevano un paio dei suoi stipendi.
Un'intera serata in compagnia di questo sconosciuto, che intratteneva altri perfetti sconosciuti?
Una vera tortura.
Cory si guardò intorno, nella tiepida mattina di giugno, in cerca di un appiglio qualunque. Poi trovò la soluzione dentro di sé, come sempre.
Doveva amare le sfide, perché sentì la propria voce che gli rispondeva: «D'accordo. Se è questo che vuole, accetto. Anche se preferirei pagare il cellulare, e finirla lì».
«Ho ricevuto risposte più gentili a un invito a cena, ma non posso pretendere troppo.» Con un sorriso divertito, l'uomo tirò fuori dalla cartella un biglietto da visita,