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Doppia tentazione
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E-book216 pagine3 ore

Doppia tentazione

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Info su questo ebook

Zoë McNamara, brillante dottoranda in psicologia, non ha mai avuto un appetito sessuale smodato, anzi! Ma da quando ha incontrato Jed Calhoun, misterioso e selvaggio, non riesce a dominarsi. Decisa a levarselo dalla testa, si concede il miglior sesso della sua vita con l'enigmatico biondino. Poi però... Zoë incontra Ethan Blair, affascinante, sofisticato, con un accento inglese molto sexy, e i suoi ormoni si risvegliano. Di nuovo! Come può desiderare Ethan dopo aver toccato il paradiso, pochi giorni prima, con Jed? C'è qualcosa di strano in quei due...

LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2016
ISBN9788858945520
Doppia tentazione
Autore

Cara Summers

Residente nello stato di New York, è sposata e madre di tre figli maschi. Dopo aver pubblicato una dozzina di romanzi, può dirsi una veterana del rosa!

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    Anteprima del libro

    Doppia tentazione - Cara Summers

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Two Hot!

    Harlequin Blaze

    © 2006 Carolyn Hanlon

    Traduzione di Elisabetta Frattini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-552-0

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Voglio Jed Calhoun.

    Zoë McNamara si mordicchiò il labbro inferiore, impegnata a studiare le parole che aveva appena scritto sulla prima pagina di un blocco nuovo. Fin da ragazzina aveva sviluppato l’abitudine di scrivere i pensieri e le sensazioni che l’agitavano. Farlo l’aiutava a mantenere la concentrazione e a risolvere i problemi.

    E Jed Calhoun meritava di essere classificato come un problema. Zoë lo conosceva da appena due settimane, ciononostante era sufficiente un suo sguardo per ridurla a un ammasso di nervi. Per non parlare di quando la sfiorava inavvertitamente, magari lambendole un braccio con il suo mentre entravano in una stanza. In quei casi il cuore di Zoë prendeva a battere come impazzito.

    Poi c’era stato il bacio.

    Corrugando la fronte Zoë batté la penna sul margine della pagina. Non si era trattato di un vero e proprio bacio, ma piuttosto di un contatto ravvicinato che aveva scatenato in lei l’ondata di desiderio che l’aveva indotta a prendere in considerazione l’idea di esplorare più approfonditamente l’attrazione che la spingeva verso di lui.

    Da quando l’aveva quasi baciato, Zoë non faceva altro che pensare a lui, di giorno e di notte, e le fantasie che affollavano la sua mente incominciavano a interferire anche con il suo lavoro. Non riusciva a smettere di chiedersi come sarebbe stato se lui l’avesse baciata davvero.

    Zoë avrebbe voluto prendere il blocco e scagliarlo contro la parete dell’ufficio, o meglio ancora le sarebbe piaciuto trovare il coraggio di andare a cercare Jed Calhoun per chiedergli di portare a termine quello che aveva incominciato. A frenarla era la consapevolezza che cedere a ciò che i suoi genitori amavano definire il lato primitivo della sua natura, in particolar modo quando si trattava di uomini, non avrebbe risolto niente. Ci era già passata, infatti, il primo anno di università e aveva imparato a sue spese la lezione. O no?

    Zoë sobbalzò sentendo il telefono squillare. Una veloce occhiata al display del cellulare fu sufficiente a provocarle una serie di crampi allo stomaco. Era sua madre. Senza dubbio voleva essere messa al corrente dei progressi che stava ottenendo sul lavoro.

    Lasciando che la chiamata venisse trasferita sulla segreteria telefonica, si alzò e girò intorno alla scrivania, poi cominciò a camminare avanti e indietro sul tappeto orientale. Negli ultimi tempi i suoi genitori le avevano lasciato intendere che erano soddisfatti di lei. Laureata in psicologia, era dottoranda alla Georgetown University. La ricerca di cui si stava occupando in quel momento insieme alla dottoressa Sierra Gibbs, che riguardava le modalità degli approcci tra i single nelle grandi città e le loro relazioni sessuali, sarebbe stata pubblicata, garantendole quella carriera accademica a cui i suoi genitori ambivano per lei.

    Geneticamente era adatta al lavoro che stava svolgendo con Sierra Gibbs. Suo padre, il dottor Michael McNamara, occupava una cattedra in fisica teoretica all’università di Harvard e sua madre, la dottoressa Miranda Phelps era rettore del politecnico di Stanford. Ciononostante, avevano preferito non affidarsi unicamente alla predisposizione genetica per quanto riguardava la sua educazione e l’avevano fatta studiare a casa, privatamente, con professori di meritata fama.

    Soffocando un sospiro, Zoë si guardò intorno nel piccolo ufficio ordinato e lindo. Quello era il mondo nel quale i suoi genitori avevano sempre voluto che si muovesse. E lei era molto brava in quello che faceva. Allora perché si sentiva così... frustrata?

    Spostandosi verso la finestra lanciò un’occhiata al cortile quadrato. I raggi del sole creavano lunghe ombre sull’erba rigogliosa. Nelle uniche due occasioni in cui si era ribellata alle aspettative dei suoi genitori per fare di testa sua, si era cacciata nei guai. Dopo aver sperimentato una vita spericolata durante il primo anno di università, mamma e papà avevano insistito affinché incominciasse a vedere uno psicologo. E nei due mesi in cui aveva lavorato per la CIA erano arrivati al punto di rifiutarsi di rivolgerle la parola. Mancanza di buonsenso e inaccettabile spreco di talento. Avevano definito così le sue defezioni.

    Accettare il lavoro alla CIA era stata la sua ultima ribellione nei confronti dei progetti studiati appositamente per lei. Zoë aveva immaginato che lavorare per l’Agenzia avrebbe apportato alla sua vita quel pizzico di avventura che aveva sempre sognato di vivere. Aveva persino praticato con dedizione il karate nella speranza di diventare un giorno un agente operativo.

    Purtroppo, però, l’unico tipo di eccitazione che aveva provato lavorando come analista di dati alla CIA era stato virtuale. Zoë si era immedesimata nelle vicende di un agente in particolare, nome in codice Lucifer, del quale aveva letto ogni rapporto.

    Il suo compito consisteva nell’analizzare le probabilità che Lucifer avesse assassinato un altro agente. Naturalmente le probabilità si erano rivelate nulle, ma nel corso della raccolta di informazioni Zoë aveva sviluppato una curiosità insaziabile su di lui.

    La sua reputazione era mitica. Lucifer era un maestro del travestimento al punto che nessuno sapeva che faccia avesse. Il suo curriculum, per quanto riguardava le missioni svolte, non menzionava alcun insuccesso. Qualcuno sosteneva addirittura che non esistesse e che il nome Lucifer fosse in realtà un codice per definire un gruppo di agenti che si occupava di missioni segrete altamente pericolose.

    Zoë però la pensava diversamente. Dopo aver letto tutti i suoi rapporti, aveva identificato uno stile distintivo nel modo di scrivere di Lucifer che prevedeva l’uso di un umorismo caustico che personalmente apprezzava molto. Inoltre, ammirava l’accurata preparazione, caratteristica di ogni missione che gli veniva affidata. La cosa che però le piaceva di più di Lucifer era l’integrità che contraddistingueva il suo operato. Lucifer era un uomo di cui ci si poteva fidare.

    In fondo non c’era da stupirsi che si fosse ritagliato un posto speciale nella sua immaginazione. Quell’uomo era l’incarnazione della vita avventurosa che lei aveva sempre sognato di condurre. Zoë era giunta al punto di crearsi un’immagine di Lucifer. Nella sua mente assomigliava all’angelo caduto del quale portava il nome. Capelli lunghi e scuri e occhi brillanti e azzurri. A mano a mano che raccoglieva informazioni su di lui, Lucifer aveva incominciato ad avere un ruolo attivo nelle sue fantasie. Zoë si era invaghita di lui proprio come la Desdemona di Shakespeare si era innamorata delle spettacolari storie raccontate da Otello.

    Zoë corrugò la fronte. Desdemona non era riuscita a cogliere la vera essenza di Otello, così come, secondo il suo capo alla CIA, Hadley Richards, lei non era riuscita a cogliere la vera essenza di Lucifer. Richards non le aveva nascosto di essere molto deluso dal suo rapporto finale sul superagente.

    Zoë si allontanò dalla finestra e posò lo sguardo sul blocco. Pensandoci bene, Jed Calhoun le ricordava in qualche modo Lucifer. Non che fosse una superspia, certo. Le sue labbra si incresparono in un sorriso. L’idea era a dir poco assurda. Tuttavia, intorno a Jed c’era davvero un alone di mistero. Doveva pur esserci una ragione che spiegasse perché si era fatto ospitare dal suo amico Ryder Kane ma nemmeno Sierra, il suo capo, nonché fidanzata di Ryder, sembrava conoscere i dettagli. Jed alloggiava nella casa sull’acqua che Ryder teneva ormeggiata nella Chesapeake Bay e non nell’appartamento di Washington D.C. Sembrava quasi che si stesse nascondendo.

    Immersa nei suoi pensieri, Zoë sobbalzò sentendo bussare alla porta.

    «Zoë, ci sei?»

    Zoë riconobbe subito la voce di Sierra e non fece in tempo a voltarsi che la dottoressa Sierra Gibbs era già entrata nella stanza, con le braccia cariche di pacchi. Solo un mese prima avrebbe chiesto il permesso prima di entrare nell’ufficio di Zoë, ma da quando Sierra aveva incontrato Ryder Kane erano cambiate molte cose.

    Prima di conoscere Ryder, Sierra e Zoë erano l’una l’immagine riflessa allo specchio dell’altra, se si sorvolava sul fatto che Sierra era alta e bionda e Zoë minuta e castana. Entrambe portavano gli occhiali e i capelli legati. Indossavano gonne lunghe e maglioncini comodi. Lavorando con Sierra, Zoë non solo aveva sviluppato una vera ammirazione per lei, ma era anche diventata sua amica.

    Per questo motivo era stata più che felice di vederla fiorire dopo l’incontro con Ryder Kane. Ora Sierra indossava un tailleur elegante di un colore che Zoë avrebbe definito melograno e calzava scarpe dal tacco alto. I capelli le ricadevano sulle spalle in morbide onde e Zoë non poté fare a meno di ammirare il suo stile mentre lei si voltava a guardarla.

    Fu solo allora che si accorse che il suo capo aveva estratto da un pacchetto una bottiglia di champagne, due bicchieri e una confezione di cioccolato d’importazione.

    «Siediti. Dobbiamo festeggiare» la invitò Sierra.

    «Festeggiare? Che cosa?»

    Sierra si bloccò mentre stava stappando lo champagne per fissarla. «Stai scherzando, non è vero?»

    «No. Che cosa stiamo festeggiando?»

    «Semplicemente il fatto che il comitato che decide quali studi promuovere si è riunito questa mattina. Il dottor Holloway è passato dal mio ufficio poco fa per darmi la bella notizia. La tua proposta è stata accettata. Sei ufficialmente sulla buona strada per ottenere i riconoscimenti che meriti. Ti eri dimenticata che la riunione era prevista per questa mattina?»

    «Sì, io...» Zoë si passò una mano tra i capelli. Se ne era completamente dimenticata. Ecco perché sua madre l’aveva chiamata. «È... fantastico.»

    Sierra studiò l’amica con occhi sottili come fessure mentre le porgeva il bicchiere con lo champagne. «Bevi, ne hai bisogno, e non solo per festeggiare.»

    Come aveva potuto dimenticarsi di una cosa così importante? La risposta era ovvia. Dal momento in cui Jed Calhoun aveva cercato di baciarla, Zoë non aveva pensato ad altro.

    Sierra scartò la tavoletta di cioccolato. «È svizzero. Me l’ha regalato Ryder, ma in un’occasione come questa sono più che felice di condividerlo con qualcuno.»

    Zoë si sedette e accettò il quadretto di cioccolato che Sierra le aveva porto, sforzandosi di mettere ordine tra i pensieri che le affollavano la mente.

    Sierra prese posto davanti alla scrivania e, dopo aver sorseggiato lo champagne, chiese: «Che cosa c’è che non va? Sputa il rospo».

    Zoë prese tempo, bevendo un sorso di champagne.

    Sierra le sorrise. «Tanto non mi muovo da qui fino a quando non saprò che cosa ti preoccupa. Confessarsi fa bene all’anima o almeno questo è quello che le mie sorelle mi ripetono sempre. Naturalmente potrei usare la stessa tecnica che loro usano con me» la minacciò Sierra.

    Zoë corrugò la fronte. «C’entra in qualche modo la tortura?»

    Con gli occhi che le brillavano, Sierra rispose: «Non mi torturano più da quando ero piccola. Ultimamente si limitano a dirmi che credono di sapere che cosa mi preoccupa, poi si lanciano in una lunga filippica, seguita da una serie di consigli non richiesti».

    Zoë incominciò a rilassarsi. Lei e Sierra non avevano mai parlato di Jed Calhoun. Zoë non aveva mai nemmeno pronunciato il suo nome davanti all’amica, che quindi non poteva immaginare cosa la turbasse. «Avanti, prova a indovinare. Secondo te che cos’è che mi scombussola?»

    «Ti senti attratta da Jed Calhoun e non riesci a decidere se sia il caso di entrare in azione o di lasciar perdere.»

    Zoë rimase a bocca aperta. «Come fai a saperlo?»

    «Tesoro, quando voi due siete nella stessa stanza, la temperatura si alza di diversi gradi, per non parlare delle scintille che emanate.»

    «Hai colto nel segno. Lo desidero, ma non voglio che succeda.»

    Sierra sorrise annuendo. «Mi sentivo anch’io così quando ho incontrato Ryder. Non lo conoscevo, ma mi bastava vederlo perché in me si scatenassero emozioni che non avevo mai provato prima.»

    «Sì, mi capita la stessa cosa» confermò Zoë, bevendo un altro sorso di champagne. «Non ha nessun diritto di farmi provare certe sensazioni.»

    «Ah, dannati uomini. Sono tutti uguali» commentò Sierra sollevando il bicchiere in un brindisi.

    «Invade il mio spazio personale.»

    «Non fanno tutti così?»

    «E non ha nessun diritto di essere così bello.»

    «Hai ragione. È bello da impazzire.»

    «Esatto» annuì Zoë, richiamando alla mente l’immagine di Jed. Alto, magro, muscoloso quanto bastava, con quella camminata lenta e fluida da felino era davvero irresistibile. I capelli biondo scuro erano lunghi e spesso li raccoglieva in un codino sulla nuca. Le poche volte che Zoë lo aveva visto, portava jeans o pantaloni sportivi e magliette che aderivano al suo torace mettendo in evidenza i muscoli ben delineati. «Per non parlare del suo sorriso. Detesto quando mi sorride.»

    «Ti capisco» annuì Sierra, sorseggiando lenta lo champagne.

    «È come se sapesse cose di me che non ha il diritto di conoscere.»

    «Il che è assolutamente imperdonabile.»

    Zoë si sporse verso l’amica. «Quell’uomo nasconde qualcosa. In superficie dà l’impressione di essere sempre a suo agio e rilassato come un surfista californiano che vive in attesa dell’onda perfetta, ma sotto c’è dell’altro. Qualcosa di potente e intenso. È difficile da spiegare...» Si trattava della stessa forza che aveva immaginato possedesse Lucifer e si sentiva attratta da quella forza tanto quanto dal suo fascino sornione. «Se Jed Calhoun si mette sulla tua strada, non è facile passargli accanto senza rimanerne attratti.»

    «Sì» annuì Sierra. «L’ho notato anch’io.»

    «E non mi ha nemmeno baciata» osservò Zoë.

    Sierra le riempì il bicchiere. «Quando non ti avrebbe nemmeno baciata?»

    «L’altra sera al Blue Pepper, mentre festeggiavamo il tuo fidanzamento con Ryder. Mi ha invitato a ballare e, senza nemmeno rendermene conto, mi sono trovata dietro una di quelle piante in vaso disposte sulla terrazza. Stava per baciarmi e...» Zoë si interruppe. Ripensando a quei momenti intensi fu attraversata da un’ondata di calore.

    Alle sue spalle c’era un muro di mattoni. Jed Calhoun le si era avvicinato e le aveva sollevato il mento con due dita dai polpastrelli ruvidi e dal tocco deciso. A quella distanza riusciva a distinguere delle pagliuzze verdi nei suoi occhi grigi e per la prima volta da quando lo conosceva non aveva individuato alcuna traccia di ironia nella sua espressione.

    «Vorrei capire perché ho tanta voglia di baciarti» aveva mormorato lui con voce roca dal tono leggermente risentito.

    Le sue parole facevano eco ai sentimenti che Zoë provava, tanto che per un istante si era chiesta se per caso le avesse letto nel pensiero. Sostenendo il suo sguardo, Jed le aveva cinto il collo con le mani e aveva abbassato la testa fino a quando le loro labbra non erano state a pochi millimetri le une dalle altre.

    A quel punto la mente di Zoë si era svuotata, come se

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