Uno sguardo dal passato: Harmony Collezione
Di Penny Jordan
5/5
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Info su questo ebook
Uno scioccante segreto...
Non è facile per Louise Anderson avvicinarsi a quell'imponente portone senza ascoltare il proprio cuore, che le batte impazzito nel petto quasi a supplicarla di non farlo. Soltanto il duca di Falconari può esaudire l'ultimo desiderio dei suoi amati nonni, ma Cesare è anche l'ultima persona con la quale Louise vorrebbe avere a che fare. Lui le ha voltato le spalle senza un solo sguardo, dopo la loro indimenticabile notte di passione, e lei ha fatto di tutto per provare a dimenticarlo.
Penny Jordan
Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.
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Anteprima del libro
Uno sguardo dal passato - Penny Jordan
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Secret Disgrace
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2012 Penny Jordan
Traduzione di Carla Ferrario
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-788-6
www.eHarmony.it
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1
«Sono stati i tuoi nonni a chiedere che le loro ceneri fossero sepolte qui, nel cimitero della chiesa di Santa Maria?»
Il tono distaccato dell’uomo non lasciava trasparire nessuna emozione, proprio come nulla si poteva leggere sul suo viso. La struttura del volto era definita da pennellate di luce che parevano uscite dalla mano geniale di Leonardo, rivelando così la natura del retaggio culturale dell’uomo. Gli zigomi alti, la linea risoluta della mascella, l’accenno di carnagione olivastra, il naso aquilino, tutto dava testimonianza del miscuglio di geni degli invasori che nel corso dei secoli avevano preso possesso della Sicilia. I suoi antenati non avevano mai permesso che qualcosa si frapponesse tra loro e ciò che volevano. E in quel momento l’attenzione dell’uomo era rivolta a lei.
Istintivamente avrebbe voluto prendere le distanze, nascondersi al suo sguardo, ma indietreggiando rischiò di fratturarsi la caviglia quando la zeppa della sua deliziosa scarpa andò a sbattere contro il bordo della lapide alle sue spalle.
«Attenta.»
Il suo movimento rapido la paralizzò, come un coniglio immobilizzato dalla mortale discesa in picchiata del falco, da cui veniva il cognome della sua famiglia.
Lunghe dita abbronzate si chiusero sul suo polso e Cesare l’attirò in avanti.
Grazie a quella vicinanza, il suo alito caldo, profumato di menta, le bruciò il viso.
Impossibile muoversi, parlare e persino pensare. Tutto ciò che poteva fare era sentire, schiacciata dalle emozioni bollenti scaturite dentro di lei, diffuse persino nella più minuscola terminazione nervosa.
Questa è una vera tortura.
Il suo corpo si contrasse, scosso dalla collera. La stretta di quell’uomo non provocava tentazioni, solo disprezzo di sé e indifferenza.
Quella parola appena sussurrata, Lasciami, suonò come il grido di una vittima più che l’ordine impartito da una donna moderna e indipendente.
Profumava di rose e lavanda, e appariva in tutto e per tutto la tipica donna inglese. Si era anche comportata come tale, almeno finché non l’aveva toccata. A quel punto aveva mostrato il lato passionale e l’intensità tipica del suo orgoglioso retaggio siciliano.
«Lasciami» gli aveva ordinato.
Cesare strinse le labbra per respingere le immagini che quelle parole avevano liberato nella sua memoria. Immagini e ricordi così dolorosi dai quali rifuggire automaticamente. Quanto dolore, e senso di colpa, da sopportare da solo...
E allora perché fare quello che devo fare? Servirebbe solo a suscitare un’animosità ancora maggiore nei miei confronti e ad approfondire i miei sensi di colpa.
Eppure non aveva scelta. Doveva pensare al bene più importante. Doveva pensare, come aveva sempre fatto, al bene del suo popolo e al dovere verso la sua famiglia e il suo nome.
Per nessuno dei due poteva esserci libertà. Ed era solo colpa sua.
Il cuore aveva cominciato a battere in modo forsennato. Non aveva messo in conto la possibilità di essere tanto ricettivo alla sua presenza, tanto toccato dalla sua sensualità. Come l’Etna, il famoso vulcano siciliano, lei era un fuoco ricoperto di ghiaccio. E io sono molto più sensibile alle sue caratteristiche di quanto mi aspettassi.
Eppure non mancavano donne belle e sensuali, pronte a dividere il letto con lui. Lo avevano fatto in molte, prima che fosse costretto ad ammettere a se stesso che i cosiddetti piaceri di quegli incontri lo lasciavano vuoto, alla ricerca di qualcosa di più soddisfacente e significativo. Ma a quel punto non aveva più niente da offrire al genere di donna con la quale avrebbe potuto costruire un rapporto valido.
Era diventato un uomo che non poteva amare a modo suo, il cui dovere era seguire le orme dei suoi predecessori, perché da lui dipendeva il futuro del suo popolo.
Quel senso del dovere gli era stato instillato fin da bambino. Persino quand’era rimasto orfano di entrambi i genitori, a sei anni, e piangeva la loro morte, gli era stato detto che non doveva dimenticare la sua posizione e il suo dovere. A uno straniero quei costumi potevano apparire rigidi e addirittura crudeli. Stava facendo ciò che poteva per modificare quella mentalità, ma erano necessari tempi lunghi, soprattutto considerata l’avversione al cambiamento dimostrata dal capo del consiglio del popolo, ben radicato nelle sue idee.
Cesare però non aveva più sei anni ed era determinato a realizzare quelle innovazioni.
Ma si possono davvero cambiare delle cose fondamentali? Si possono riparare dei vecchi torti?
Si riscosse da quei sogni per tornare al presente.
«Non hai risposto alla mia domanda sui tuoi nonni» ricordò a Louise.
Per quanto non sopportasse quel tono dispotico, Louise si sentì sollevata nel vedere che tra loro era tornata un’atmosfera normale. «Sì» rispose brusca.
Desiderava solo terminare quella conversazione. L’idea che dovesse quasi strisciare davanti a quel duca siciliano aristocratico ed elegante, con quell’aria tenebrosa, pericolosamente sexy e troppo bello, soltanto perché centinaia di anni prima la sua famiglia aveva donato la terra su cui era stata edificata la chiesetta del villaggio, andava contro tutto ciò in cui credeva. Eppure, in quella remota zona della Sicilia, le cose andavano ancora così.
Lui era il proprietario della chiesa, del villaggio e di chissà quanti ettari di terreno. Era anche considerato il patrono, secondo la cultura del posto, il padre degli abitanti del villaggio, anche se ormai si trattava di persone della generazione dei nonni di Louise. Insieme al titolo e alla terra aveva ereditato anche quel ruolo. Lei lo sapeva, era cresciuta con quella consapevolezza, acquisita ascoltando i racconti dei suoi nonni a proposito della vita dura fatta da bambini, costretti a lavorare la terra posseduta dalla famiglia dell’uomo che in quel momento le stava di fronte nel silenzio ombroso dell’antico cimitero.
Louise rabbrividì, superando con lo sguardo il cielo azzurro e rivolgendolo alle montagne, sulle quali incombeva l’Etna. Controllò di nuovo il cielo con un’occhiata furtiva. I temporali non le erano mai piaciuti e quelle montagne erano conosciute per evocarli dal nulla. Tempeste pericolose, capaci di scatenare pericoli di una crudeltà selvaggia. Proprio come l’uomo che intanto la stava osservando.
Louise non era come se l’aspettava. Quei capelli così biondi non erano siciliani, come anche gli occhi verde mare. Eppure si muoveva orgogliosamente come una donna italiana. Era di altezza media, sottile, quasi troppo, pensò Cesare, osservando il polso minuto e leggermente abbronzato. L’ovale del viso e gli zigomi alti richiamavano una femminilità classica. Una bella donna, che faceva girare la testa agli uomini. Eppure lui sospettava che la sua aria apparentemente serena e distaccata fosse il frutto di un duro esercizio e niente affatto naturale.
E che sentimenti provava nei suoi confronti, trovandosela davanti? Se li aspettava? Cesare si voltò per far sì che Louise non potesse cogliere la sua espressione. Ho forse paura di quello che potrebbe leggervi? Dopotutto è un’esperta professionista, i suoi titoli costituiscono la prova della sua capacità di scavare dentro la psiche delle persone per trovare quello che nascondono. E Cesare aveva paura di quello che avrebbe potuto vedere in lui.
Temeva che strappasse la cicatrice cresciuta sul senso di colpa e sul dolore, sull’orgoglio e sul senso del dovere e anche sopra le terribili, vergognose richieste che quei sentimenti avevano forzato su di lui.
Non solo vergogna, ma anche senso di colpa, rifletté tra sé.
Ne portava il peso ormai da più di dieci anni e avrebbe continuato a farlo. Aveva cercato di rimediare, inviandole una lettera che non aveva mai ricevuto risposta, che parlava di scuse, che esprimeva una speranza, parole che in quel momento aveva sentito sgorgare dal petto come sangue. La mancata risposta aveva chiarito che non ci sarebbe stato perdono né possibilità di tornare indietro. E che cosa mi aspettavo? Quello che ho fatto non merita il perdono.
Avrebbe portato il peso della sua colpa per tutta la vita, ma quella era la sua punizione personale, che apparteneva solo a lui. Impossibile tornare indietro e cambiare gli avvenimenti, nessuna offerta da parte sua poteva compensare il male che le aveva fatto.
La presenza di Louise non ha aumentato il mio senso di colpa, lo ha solo reso più pungente, come il dolore provocato da una pugnalata, che provoca fitte a ogni respiro.
Si parlavano in inglese, lingua scelta da lui, e chi avesse guardato Louise, giudicandola dall’abito blu e dalla giacca di lino bianco, l’avrebbe immaginata come una professionista della classe media di buona cultura, in vacanza in Sicilia.
Si chiamava Louise Anderson, e sua madre era stata la figlia della coppia di siciliani di cui lei era venuta a seppellire le ceneri nel tranquillo cimitero. Suo padre invece era australiano, ma sempre di origini siciliane.
Cesare si mosse, e con quel movimento tornò la consapevolezza della lettera che aveva infilato nella tasca interna della giacca.
Louise sentiva la tensione avvitarsi come una molla, sotto lo sguardo dell’uomo che la stava osservando.
Nella famiglia Falconari prevaleva un atteggiamento venato di crudeltà verso chi era considerato più debole. Era connaturato alla loro storia, sia scritta sia orale. Eppure non aveva alcun motivo per comportarsi in modo crudele verso i suoi nonni, né verso di lei.
Era rimasta sconvolta quando, dopo aver scritto al prete del desiderio dei suoi nonni, aveva ricevuto la risposta che sarebbe stato necessario il permesso del duca, una formalità, aveva scritto il sacerdote, che aveva già fissato il necessario appuntamento.
Avrebbe preferito incontrare Cesare nell’anonimo clamore dell’albergo anziché nella quiete di quel vecchio luogo, denso dei ricordi silenziosi di tutti coloro che vi erano stati sepolti.
Ma la parola di Cesare era legge. Quella consapevolezza bastava a farle mantenere le distanze tra loro. Si allontanò di un altro passo, questa volta facendo attenzione a evitare ogni possibile ostacolo alle spalle, come se mettere una maggiore distanza tra loro bastasse a contenere l’attrazione che la sua personalità esercitava su di lei. E che dire della sua sensualità?
Fu attraversata da un brivido. Non si aspettava di percepire ancora con tanta forza la sua sensualità, addirittura più di tanti anni prima.
Mise bruscamente un freno a quei pensieri, sollevata nell’udire la sua voce.
«I tuoi nonni, partiti dalla Sicilia poco tempo dopo il matrimonio per andare a stabilirsi a Londra, hanno espresso il desiderio di essere sepolti qui?»
Tipico di questo genere di uomo, gran signore potente e arrogante, permettersi di discutere i desideri dei miei nonni, come se fossero ancora suoi servitori e lui il padrone. Il sangue indipendente che scorreva dentro di lei ribollì per l’odio nei suoi confronti. Fu felice di trovare quella scusa per giustificare il senso di antagonismo che provava verso di lui.
No, non doveva giustificare i suoi sentimenti, come non doveva giustificare il diritto dei suoi nonni di desiderare la sepoltura nella terra dei loro antenati.
«Se i miei nonni se ne sono andati è stato solo perché qui non c’era lavoro. Neppure una paga da fame a servizio della tua famiglia, come avevano fatto i loro genitori e i loro nonni prima di loro. Desideravano essere sepolti qui perché consideravano la Sicilia ancora casa loro, la loro terra.»