Cuori in trappola: Harmony Collezione
Di Penny Jordan
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Info su questo ebook
Penny Jordan
Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.
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Anteprima del libro
Cuori in trappola - Penny Jordan
successivo.
1
«Però...» Jodi non resistette alla tentazione di gettare un secondo sguardo carico di apprezzamento all'uomo che attraversava la vasta hall dell'albergo.
Alto, sui trentacinque anni, capelli scuri e vestito con eleganza, emanava un'aura di sensualità virile. Jodi l'aveva notato mentre camminava verso l'uscita dell'hotel: il suo cuore aveva cominciato a battere più in fretta e per un attimo aveva lasciato che i suoi pensieri corressero in una direzione pericolosa.
L'uomo voltò la testa e guardò verso di lei.
Jodi trattenne il respiro: sembrava che tra loro si fosse creata un'intensa corrente, quasi una forma di comunicazione sottile e personale.
Quella reazione la sconcertò, cosa le stava succedendo?
Tutta la sua vita, il suo mondo, erano costruiti intorno ad alcune ineluttabili certezze, come il senso pratico e il seguire le regole. Eppure, nello spazio di un respiro, tutto sembrava vacillare e lei si sentiva proiettata in un mondo alieno.
In quel mondo perfino la frase: amore a prima vista
pareva assumere un significato.
Amore a prima vista? Lei? Nemmeno per idea! Con uno sforzo Jodi scacciò quei pensieri inopportuni. Doveva essere colpa dello stress; non poteva lasciarsi travolgere dalle allucinazioni emotive della sua stessa mente.
«Non hai abbastanza preoccupazioni?» si chiese severamente, nel tono in cui avrebbe rimproverato uno dei suoi allievi. Non che li rimproverasse spesso; Jodi amava il suo lavoro di insegnante con una passione sconfinata.
Da quando aveva assunto l'incarico di preside e insegnante alla scuola elementare del paese, si era votata agli studenti con tutta l'anima. I suoi amici a volte insinuavano che avrebbe dovuto dedicare più energie alla sua vita privata, farsi una famiglia, ma a lei non importava.
Era a causa della scuola e dei suoi allievi che si trovava lì quella sera, nell'albergo più lussuoso della città, in attesa dell'arrivo di suo cugino.
«Jodi...»
Lei sospirò per il sollievo quando lo vide venirle incontro. Nigel, suo cugino e complice, lavorava negli uffici amministrativi della contea. Era stato lui a informarla del pericolo che minacciava la sua preziosa scuola.
Quando le aveva raccontato che la più grossa fabbrica della zona, che produceva componenti elettronici, era stata rilevata da un'azienda concorrente e rischiava di essere chiusa, Jodi aveva rifiutato di credergli.
Il paese in cui insegnava aveva fatto di tutto per attirare nuove fonti di reddito, per evitare di trasformarsi in un'ennesima piccola comunità agonizzante.
Qualche anno prima era stata aperta la fabbrica e parecchie giovani coppie si erano trasferite nella zona. I loro figli erano ora gli allievi di Jodi: senza di loro la scuola sarebbe stata costretta a chiudere.
Jodi credeva fermamente nei benefici che il suo metodo d'insegnamento avrebbe apportato a quelle giovani menti, ma era anche perfettamente consapevole che l'amministrazione locale non le avrebbe concesso i fondi per una scuola frequentata da un numero troppo esiguo di studenti.
Aveva già fatto molti sforzi per convincere i genitori a sostenere la sua scuola, e ora non aveva intenzione di restarsene in disparte mentre un arrogante megalomane chiudeva la fabbrica in nome del profitto, strappando il cuore della loro comunità!
Questo era il motivo per cui si trovava lì con Nigel.
«Cos'hai scoperto?» chiese al cugino, rifiutando l'offerta di un drink con un cenno del capo.
Jodi era astemia, come le dicevano spesso le amiche, era una ragazza un po' vecchio stile. Gli anni trascorsi al college non l'avevano cambiata, e neppure il periodo passato all'estero. Alla fine aveva deciso che il suo posto era lì, nella calma campagna del suo paese.
«Be', so che si è già registrato in albergo. La suite migliore, nientemeno, anche se al momento non è qui.»
Jodi fece un sospiro di sollievo, e Nigel la fissò con uno sguardo inquisitore.
«Sei stata tu a volerlo vedere» le ricordò. «Non avrai cambiato idea?»
«No» negò lei. «Devo fare qualcosa. Se ha intenzione di chiudere la fabbrica, tutto il paese ne pagherà le conseguenze. Alcuni genitori vengono già da me a dirmi che dovranno probabilmente trasferirsi, chiedendo se ho delle buone scuole da consigliare loro quando se ne andranno. Sono già al di sotto del numero minimo di allievi, se ne perdessi anche solo il cinque per cento...» Sospirò. «Se solo potessimo aspettare un paio d'anni e se la fabbrica restasse aperta, sono sicura che ci sarebbe un nuovo apporto di bambini. Ecco perché devo assolutamente vedere questo... questo...»
«Leo Jefferson» suggerì Nigel. «Sono riuscito a convincere la ragazza della reception a darmi la chiave della sua suite.» Sorrise quando vide l'espressione di Jodi. «Va tutto bene, la conosco e le ho spiegato che hai un appuntamento con lui ma sei in anticipo. Anche lei ha convenuto che la cosa migliore per te sarebbe salire e aspettarlo nel salottino della suite finché non sarà di ritorno.»
«Non dovrei fare una cosa simile» commentò Jodi, imbarazzata. «Tutto quello che desidero è accertarmi che lui capisca quanto danno arrecherà al paese se va avanti con il progetto di chiudere la fabbrica. Vorrei cercare di convincerlo a cambiare idea.»
Nigel la guardò mansueto mentre lei gesticolava infervorata. Gli alti ideali di sua cugina andavano benissimo, in linea teorica, ma erano del tutto improponibili per un uomo con la reputazione di Leo Jefferson.
Nigel era tentato di suggerire a Jodi che un bel sorriso e una dose di civetteria femminile avrebbero potuto essere di grande aiuto nella trattativa, piuttosto che la discussione veemente che lei si riprometteva. Abbandonò immediatamente l'idea: conosceva troppo bene la cugina e immaginava il modo in cui avrebbe accolto il suo consiglio. Sarebbe stato del tutto contrario ai suoi ferrei principi.
Era un vero peccato, secondo Nigel, perché Jodi aveva tutte le carte in regola per affascinare e conquistare qualsiasi uomo con un po' di sangue nelle vene.
Era attraente in modo spontaneo e irresistibile, con un fisico dalle curve generose. Gli sguardi maschili la seguivano con apprezzamento e desiderio ovunque andasse, per quanto lei tendesse a nascondere il suo corpo voluttuoso in abiti comodi e abbondanti.
Aveva capelli lunghi e ricciuti, occhi di un blu scuro e profondo, ornati da folte ciglia che le davano un'espressione da cerbiatta. Se solo non fosse stata così seria...
Nigel riteneva indispensabile che le sue svariate amiche e fidanzate vivessero il corteggiamento, e il sesso come un gioco divertente. Jodi invece aveva principi morali troppo solidi, non avrebbe mai accettato relazioni occasionali e senza impegno.
Aveva già ventisette anni e, per quel che ne sapeva Nigel, non aveva mai avuto una storia. Aveva preferito dedicarsi al lavoro, anche se c'erano molti uomini che consideravano la sua dedizione un vero spreco.
Jodi prese la chiave che il cugino le stava porgendo e sperò di essere nel giusto.
Aveva la gola asciutta per il nervosismo; chiese a Nigel se poteva farle mandare qualcosa da bere in camera.
«Ma certo! Non vorrai saccheggiare anche il mini bar del signor Jefferson, vero? La violazione di domicilio è più che sufficiente per una santarellina come te!» scherzò Nigel.
«Non sei divertente» protestò lei.
Dover usare sotterfugi per poter scambiare quattro parole con Leo Jefferson la faceva sentire in colpa, ma secondo Nigel non avrebbe mai ottenuto un appuntamento seguendo la via ordinaria: ecco perché era stato necessario usare uno stratagemma così poco piacevole.
Due minuti più tardi, Jodi entrava nella suite, sperando di non dover attendere troppo a lungo il ritorno di Leo Jefferson. Si era svegliata alle sei quella mattina per lavorare a un progetto per i suoi allievi dell'ultimo anno. I ragazzi avrebbero sostenuto l'esame per passare alla scuola superiore e li voleva preparare al meglio.
Erano ormai le sette di sera, e Jodi cominciava a sentirsi affamata e molto stanca. Sobbalzò quando bussarono alla porta, ma era solo il cameriere con la sua bibita.
Il ragazzo posò una caraffa sul tavolino di fronte a lei: il liquido aveva un colore invitante, ma Jodi avrebbe preferito della normale acqua.
Rassegnata, si versò un bicchiere e bevve in fretta; aveva troppa sete per interrogarsi sul sapore strano della bevanda. Per quanto poco familiare, la bibita era dolce e invitante. Le tremò leggermente la mano quando versò un secondo bicchiere.
Sfogliò una rivista e ripassò mentalmente il discorso che voleva fare a Leo Jefferson... A proposito, dov'era? Jodi sbadigliò, poi si alzò in piedi e vacillò, stordita.
Aveva la sensazione che la sua testa fosse diventata leggera, e per giunta girava... Guardò il succo di frutta con aria sospettosa.
Quel sapore sconosciuto non poteva essere alcol, vero? Nigel sapeva che lei era astemia.
Si guardò intorno incerta, cercando il bagno.
Leo Jefferson sarebbe arrivato a momenti e lei voleva avere un aspetto ordinato e molto professionale.
La prima impressione è quella che conta, specialmente in una situazione così delicata.
Il bagno, ovviamente, doveva essere accessibile dalla camera da letto. Mentre s'incamminava vacillando verso la porta della camera, si chiese cosa avessero messo in quel drink per farla sentire così stordita.
Si lavò le mani e si spruzzò un po' d'acqua fresca sui polsi mentre controllava il proprio viso arrossato nello specchio.
Una volta uscita dal bagno, si fermò a contemplare con desiderio il grande letto.
Aveva un'aria davvero comoda e invitante e lei si sentiva così stanca. Quando sarebbe rientrato quell'uomo?
Un altro sbadiglio rischiò di slogarle le mascelle.
Aveva le palpebre pesanti, doveva proprio sdraiarsi qualche minuto, solo per far passare quella sensazione di torpore.
Con la cauta concentrazione propria degli ubriachi, Jodi si tolse tutti i vestiti e li ripiegò meticolosamente prima di sprofondare tra le coperte e abbandonarsi a un sonno di piombo.
Leo Jefferson guardò l'orologio con aria truce mentre apriva la porta della sua suite. Erano le dieci e mezza passate e lui era riuscito solo allora a rientrare in albergo. Era stata una giornata molto movimentata.
Aveva visitato una delle due fabbriche che aveva acquistato, ma prima di poterlo fare aveva dovuto sprecare gran parte del pomeriggio in una discussione con il genero del vecchio proprietario di una delle due.
Quell'idiota aveva fatto di tutto per convincere Leo a recedere dal contratto di vendita.
«Senta, mio suocero ha commesso un errore. Ne facciamo tutti» aveva detto a Leo sulle prime, con una falsa cordialità dipinta in faccia. «Abbiamo cambiato idea e non vogliamo più cedere la nostra attività.»
«È un po' tardi per questo» aveva replicato Leo. «La trattativa è conclusa e avete già firmato il contratto.»
Jeremy Driscoll però aveva continuato a insistere affinché Leo cambiasse idea.
«Sono certo che esiste un modo per convincerla» aveva affermato, battendogli una mano sulla spalla. «Hanno aperto uno di quei club dove ballano la lap-dance, giù in città. Ho sentito dire che è un vero toccasana per gli uomini d'affari che si sentono soli. Perché non ci facciamo un salto? Possiamo parlare dopo della mia proposta, quando saremo tutti e due più rilassati.»
«Non ci penso nemmeno» era stata la risposta di Leo.
Aveva sentito dire che Jeremy Driscoll era senza scrupoli e non esitava a usare mezzi poco ortodossi per raggiungere il suo obiettivo, quando si trattava di affari.
Poco incline al pettegolezzo, Leo gli aveva dato il beneficio del dubbio, ma questa volta aveva dovuto riconoscere che le critiche erano decisamente inferiori alla realtà.
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Qualsiasi luogo dove un essere umano doveva vendere il proprio corpo per il piacere di un'altra persona non aveva alcuna attrattiva per Leo. Non aveva fatto quindi alcun tentativo per mascherare il suo disappunto per la proposta di Jeremy Driscoll.
Quest'ultimo, comunque, sembrava protetto da una corazza di insensibilità. Imperturbabile, aveva continuato tutto gioviale. «No? Preferisce divertirsi in privato, a tu per tu magari? Sono certo che si possa organizzare qualcosa...»
«Lasci perdere» aveva replicato