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Scommessa bollente: Harmony Destiny
Scommessa bollente: Harmony Destiny
Scommessa bollente: Harmony Destiny
E-book150 pagine2 ore

Scommessa bollente: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

LA PLURIPREMIATA AUTRICE DI BESTSELLER MAUREEN CHILD CI PORTA NELLA CITTÀ DELLA TRASGRESSIONE!
Cooper Hayes non ha alcuna intenzione di condividere il suo impero immobiliare con nessuno, tantomeno con Terri Ferguson, la figlia segreta del suo socio, nonostante lei sia la donna più bella di tutta Las Vegas. E la sua amante appassionata.

Terri non è abituata ai compromessi, nemmeno se a proporli è l'uomo con cui incendia le lenzuola, e non ha alcuna intenzione di vendere a Cooper la sua quota di azioni.

Ora tocca a lui decidere: cosa è disposto a fare per avere un amore che i soldi non possono comprare?
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2020
ISBN9788830514478
Scommessa bollente: Harmony Destiny
Autore

Maureen Child

Maureen Child ha al suo attivo più di novanta tra romanzi e racconti d'amore. È un'autrice molto amata non solo dal pubblico ma anche dalla critica, infatti è stata nominata per ben cinque volte come migliore autrice per il prestigioso premio Rita.

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    Anteprima del libro

    Scommessa bollente - Maureen Child

    successivo.

    1

    «Questa non è una soap opera, per la miseria. È vita vera.» Cooper Hayes si ficcò le mani in tasca e rivolse uno sguardo astioso all'uomo che gli stava davanti. «Ti sembra normale che un erede segreto spunti di punto in bianco il giorno della lettura del testamento?»

    «L'unica cosa che è spuntata, per il momento, è il nome di questa tizia» precisò Dave Carey.

    Cooper strinse gli occhi puntandoli sul suo interlocutore per qualche istante. Dave era il suo migliore amico e confidente dai tempi del liceo. Era talmente saggio e ragionevole da risultare fastidioso, alle volte. Come in quel momento, per esempio.

    «E ti pare poco?» ribatté. «Significa che esiste, ha un nome e un cognome e, a quanto pare, anche metà della società. E il bello è che non sappiamo nulla di lei.»

    Tra le mura del suo ufficio al ventesimo piano dello StarFire Hotel, Cooper poteva finalmente lasciarsi andare, sfogare tutta la frustrazione. In precedenza, davanti ai membri del consiglio di amministrazione e ai legali della compagnia, aveva dovuto mascherare lo sgomento e la rabbia che aveva provato alla lettura del testamento di Jacob Evans.

    Di solito, essere in quella stanza con le ampie vetrate, la soffice moquette e gli arredi di gran classe lo aiutava a concentrarsi e a ricordare i passi da gigante che aveva compiuto il gruppo alberghiero sotto la sua direzione. Provava un senso di orgoglio quando guardava i quadri dei prestigiosi Hotel Hayes che adornavano le pareti. Erano stati suo padre e Jacob a fondare la famosa catena di alberghi, ma spettava a Cooper il merito di averla lanciata sul mercato globale dell'hôtellerie di lusso.

    Al momento, però, era difficile trarre conforto dai successi imprenditoriali, mentre tutte le sue certezze si andavano sgretolando.

    Alla morte di Trevor, Cooper era subentrato al padre defunto, affiancando Jacob nella conduzione dell'attività. Poiché Jacob non aveva eredi, lui era cresciuto con l'idea di ereditare, un giorno, la Hayes Corporation, di diventare il capo assoluto di quell'impero, e ogni singolo passo era stato mosso in quella direzione. Aveva lavorato sodo per acquisire le competenze necessarie per il ruolo manageriale a cui era destinato, pianificando la sua vita in vista di quel momento.

    Adesso, invece, era come se tutto il suo mondo gli fosse crollato addosso.

    Cooper rivolse di nuovo lo sguardo a Dave che, oltre a essere il suo migliore amico, era anche un fidato collaboratore. Non ce l'avrebbe mai fatta senza di lui e per questo gli era profondamente grato.

    Dave sedeva su una delle sedie in pelle di fronte alla massiccia scrivania di mogano di Cooper. Occhi marroni, capelli a spazzola, indossava un completo scuro con cravatta scarlatta e lo guardava pensoso.

    «Per il momento, ne sappiamo poco e niente. Fra un paio d'ore, però, avremo qualche notizia in più. Ho già sguinzagliato i miei migliori segugi.»

    «Bene» borbottò Cooper sommessamente, divorato dall'impazienza. «Roba da non credere, Jacob aveva una figlia» ripeté, continuando a scuotere la testa. «Una figlia segreta, di cui nessuno sapeva nulla. Mi sembra la trama di un film.»

    A quanto pareva, Jacob non aveva rivelato a nessuno l'esistenza di quella figlia con cui lui stesso non aveva mai avuto contatti in vita sua, avendola data in adozione.

    E aveva aspettato di morire per annunciare al mondo la paternità.

    Affondando una mano fra i capelli, Cooper emise un sospiro. «Insomma, mi pare proprio strano che Jacob non mi abbia accennato nulla al riguardo.»

    «Magari aveva in mente di farlo» ipotizzò Dave, poi tacque appena si beccò l'ennesima occhiataccia.

    «Lo conoscevo da una vita, per la miseria. Possibile che non sia riuscito a trovare cinque minuti, negli ultimi anni, per dirmi che aveva una figlia?»

    «Se ti aspetti da me una risposta, devo deluderti» replicò Dave, scrollando le spalle. «Sembra strano anche a me che non te ne abbia mai parlato. Vero è che non si aspettava di morire così all'improvviso, in uno stupido incidente sui campi da golf.»

    Era così, infatti. Se quella golf car non lo avesse tragicamente travolto e Jacob non si fosse rotto l'osso del collo... In realtà, non sarebbe cambiato granché, rifletté Cooper. Il suo socio era un uomo anziano.

    Poteva prevedere che, prima o poi, sarebbe passato a miglior vita.

    «La dà in adozione, la ignora per anni, poi le lascia metà della compagnia?» Cooper prese un bel respiro, sperando di calmarsi. «Che razza di comportamento è questo?»

    Dave non rispose perché non c'era una risposta a una tale follia. A quel punto, Cooper aveva solo una serie di domande che gli frullavano nella testa.

    Chi era quella donna? Quale sarebbe stata la sua reazione nel momento in cui avesse scoperto di essere l'erede di un così ingente patrimonio? E, soprattutto, avrebbe preteso di avere voce in capitolo nella gestione del gruppo alberghiero? Bastò quell'idea a paralizzarlo. No, mai e poi mai avrebbe accettato interferenze e non gli importava nulla di chi diavolo fosse quella tipa.

    «Voglio sapere tutto di questa...» Gettò un'occhiata alla copia del testamento di Jacob che era sulla scrivania, «Terri Ferguson, per fine giornata. Che scuole ha frequentato, che cosa fa nella vita, chi conosce, che cosa mangia a colazione. Se devo avere a che fare con lei, voglio avere più munizioni possibili da utilizzare in questa guerra.»

    «Non fasciamoci la testa prima di rompercela» tentò di rassicurarlo Dave. «Magari siamo fortunati e scopriamo che la Hayes Corporation non le interessa affatto.»

    Cooper avrebbe voluto farsi una risata, ma era troppo nervoso.

    «Sì, certo, capita tutti i giorni, infatti, che qualcuno rifiuti un patrimonio di milioni di dollari.»

    Dave annuì. «In effetti...»

    «No, non si tirerà indietro» stava dicendo Cooper, più a se stesso che all'amico. «Tuttavia se crede di comparire dal nulla e pretendere di avere la sua, si sbaglia di grosso. Speriamo di riuscire per lo meno a convincerla a intascare i soldi che le spettano e a levarsi dai piedi.»

    «Ci possiamo provare. Tentar non nuoce» sentenziò Dave. «Intanto, sollecito i miei uomini a velocizzare le ricerche.»

    «Bene.»

    Una volta che l'amico se ne fu andato, Cooper si voltò verso la vetrata alle sue spalle. Posò lo sguardo sulla vivace Vegas Strip, circa trenta piani sotto, e lasciò vagare i pensieri. Era cresciuto in quell'albergo, il quartier generale della compagnia, e occupava ancora una delle suite al ventiquattresimo piano. Conosceva ogni angolo di quella scintillante città e ne amava ogni centimetro.

    Osservò il viavai di turisti lungo il viale, con i portafogli gonfi. Andavano a giocare al tavolo verde, alle macchinette e quant'altro con la speranza di dare una svolta alla loro vita e tornare a casa ricchi. Perché la figlia di Jacob non poteva fare altrettanto? Sarebbe bastato che si presentasse, intascasse il malloppo e si levasse di torno.

    Passò in rassegna la sfilza di alberghi attorno al suo e per la prima volta notò che alla luce del giorno Las Vegas non aveva la stessa magia che la caratterizzava di notte. La città dormiva di giorno e si animava durante le ore notturne, trasformandosi nella capitale del divertimento sfrenato che tutto il mondo conosceva.

    La famiglia di Cooper era parte della storia di quella città da decenni, rammentò a se stesso, voltandosi di nuovo verso la scrivania. Lui non aveva fatto altro che raccogliere l'eredità paterna e conferire il marchio di lusso e di internazionalità all'attività di famiglia. Cooper era riuscito a raggiungere quell'obiettivo con fatica e determinazione e con un'idea precisa di ciò che voleva.

    Per nulla al mondo avrebbe permesso a un'intrusa, a un'illustre sconosciuta di distruggere il suo sogno.

    «Mi scusi...» Terri Ferguson si diede un pizzicotto per accertarsi che non stesse sognando. Si guardò intorno. Era nella sala ristoro riservata ai dipendenti della banca dove lavorava. Era tutto vero. Appena un quarto d'ora prima si trovava alla cassa ad aiutare la signora Francis con un deposito e adesso era seduta davanti a un puntiglioso avvocato che le raccontava una storia che aveva dell'incredibile, la cui protagonista, a quanto pareva, era proprio lei.

    «Le dispiace ripeterlo un'altra volta?»

    L'avvocato Maxwell Seaton emise un sospiro con aria seccata. «Signorina Ferguson, gliel'ho già spiegato ben due volte. Non è sufficiente?»

    Terri avvertì il senso di fastidio dell'interlocutore e, in un certo senso, non lo biasimava, anche se sfidava chiunque, al posto suo, a non sentirsi destabilizzato a una notizia del genere.

    Quella mattina, come tutti i giorni, si era recata al lavoro, aveva scambiato quattro chiacchiere con i colleghi, poi aveva preso posto a uno degli sportelli della Wasatch Bank, nel centro di Ogden. Clienti che conosceva da una vita erano entrati e usciti dalla banca, finché non si era avvicinato quel tizio che, nel giro di qualche minuto, le aveva rivoluzionato l'esistenza.

    L'avvocato si sfilò gli occhiali, emise un altro sospiro, poi estrasse un fazzoletto dalla tasca della giacca e si mise meccanicamente a pulire le lenti. «Come le ho già spiegato, signorina, sono qui a rappresentare il suo padre biologico.»

    «Mio... padre» ripeté lei con un filo di voce. Quella parola suonava alquanto strana alle sue orecchie.

    Terri era cresciuta sapendo di essere stata adottata. I suoi genitori le avevano sempre detto la verità, che era stata scelta da loro perché si erano innamorati di lei non appena l'avevano vista: un fagottino in fasce. Erano stati proprio loro a incoraggiarla a cercare i genitori biologici, una volta raggiunta la maggiore età; lei, però, non lo aveva ritenuto necessario. A che pro?

    Inoltre, non aveva voluto ferire i sentimenti della madre e del padre. Quando, poi, il papà adottivo era morto, la mamma aveva deciso di trasferirsi per stare vicina alla sorella, e Terri era stata troppo occupata con la scuola per pensare a un legame con delle persone che non aveva mai visto in vita sua.

    «Sì, suo padre. Jacob Evans.» L'avvocato si rimise gli occhiali. «È da poco deceduto e, in base a quanto espresso nel testamento, io sono qui per informarla che lei è la sua unica erede.»

    Il che era assurdo. Perché quell'uomo aveva lasciato tutto a lei? Non c'era mai stato alcun rapporto tra loro, a parte quello del sangue. E se sapeva chi era, perché Jacob Evans non l'aveva mai cercata? Erano tutte domande destinate a rimanere senza risposta.

    «Bene. E cosa avrei ereditato, di preciso? Un albergo, ha detto?» Terri prese un bel respiro e sollevò la mano, prima di riprendere a parlare. «Le chiedo scusa. Di solito, non sono così tarda di comprendonio. Però mi sembra tutto talmente assurdo.»

    Per la prima volta da quando era entrato in banca e le aveva

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