Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Nella tana del lupo: Harmony Destiny
Nella tana del lupo: Harmony Destiny
Nella tana del lupo: Harmony Destiny
E-book153 pagine2 ore

Nella tana del lupo: Harmony Destiny

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Isabella è finita "nella tana del lupo". È proprio il caso di dirlo vista l'identità dell'uomo che la soccorre durante un'improvvisa tormenta di neve. Il magnate dell'high-tech Michael Wolf, sensuale protagonista delle sue fantasie adolescenziali, vuole aiutarla e la invita per questo nella sua splendida villa. Isabella, incinta di otto mesi e con l'auto fuori uso, non può che accettare, nonostante la consapevolezza che tenere sotto controllo la passione che ancora prova per lui non sarà facile. Michael è cambiato, ha avuto successo, ma i suoi occhi sono ancora dolci e ammaliatori come un tempo. In ogni caso, in quel momento, Isabella deve fare i conti con altre priorità: la sua piccola ha deciso di voler conoscere il mondo appena varcata la soglia della casa di Michael. L'isolamento e la situazione alquanto imbarazzante giocheranno o meno a favore del loro rapporto?
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2016
ISBN9788858948347
Nella tana del lupo: Harmony Destiny
Autore

Laura Wright

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

Leggi altro di Laura Wright

Correlato a Nella tana del lupo

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Nella tana del lupo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Nella tana del lupo - Laura Wright

    successivo.

    1

    Grossi fiocchi di neve cadevano fitti da un cielo plumbeo, coprendo gli alberi spogli con una spessa coltre bianca.

    Isabella Spencer si calò il capello di lana sulle orecchie, sforzandosi di ignorare il velo di ghiaccio che si stava formando sulla sciarpa con cui si copriva la bocca e il naso. Soffocando a stento l'ondata di preoccupazione che l'agitava, chiuse la portiera della macchina in panne e si guardò intorno nella strada deserta. Si trovava a due ore da Minneapolis e a sessanta chilometri dalla cittadina dove voleva disperatamente tornare.

    Il destino però sembrava avere in serbo altri programmi per lei.

    Non era ancora iniziato il mese di novembre e già il tempo si dimostrava oltremodo inclemente. Il vento gelido le sferzava il viso con folate che tentavano di spostarla come se fosse stata un fuscello.

    I segnali luminosi. Devi andare a prendere i segnali luminosi. Presto qualcuno passerà di qui.

    Facendo attenzione a mantenere l'equilibrio, nonostante i chili accumulati negli ultimi mesi, si mosse con circospezione sullo strato di neve per raggiungere il baule dell'auto. Nel fare questo, inveì prima contro quei meteorologi inetti che non erano riusciti a prevedere una nevicata così abbondante e poi contro la batteria del telefonino che ormai non aveva più una grande autonomia. Mentre collocava diversi segnali luminosi nella neve e li accendeva, maledisse anche la macchina. Quando gliel'aveva consegnata, suo marito le aveva assicurato che non aveva alcun problema, ma evidentemente le cose non stavano così.

    In realtà erano passati più di sette mesi da quando Rick gliel'aveva lasciata prima di andarsene, intenzionato a chiedere il divorzio e prima che, ubriaco, si schiantasse contro un palo della luce, morendo qualche ora più tardi.

    Il brivido che le percorse la schiena non aveva niente a che vedere con il freddo. Suo marito l'aveva abbandonata. Non aveva voluto restare con lei e con il bambino che aspettava, perciò prima si fosse lasciata alle spalle quel brutto capitolo della propria vita, prima sarebbe riuscita a ricostruirsi una nuova esistenza a Fielding, sua cittadina natale. Né una stupida tempesta di neve né i fantasmi del passato sarebbero riusciti a fermarla.

    Posando una mano sull'addome prominente in un gesto protettivo, Isabella tornò nell'abitacolo dell'auto. Non faceva molto più caldo rispetto a fuori, ma se non altro era al riparo dalla neve e dal vento gelido.

    Qualsiasi fosse il problema che impediva alla macchina di muoversi, grazie al cielo non riguardava la batteria. Isabella girò la chiave dell'accensione e mise in azione il riscaldamento. Avrebbe goduto del gradito tepore che usciva dalle bocchette solo per pochi minuti, poi avrebbe dovuto spegnere di nuovo il riscaldamento e aspettare il più possibile per riaccenderlo.

    «Va tutto bene, piccolino» mormorò accarezzandosi l'addome. «Non permetterò che ti succeda niente di male.»

    Il bambino scalciò, inducendola a ignorare il freddo che le paralizzava le gambe, il petto e il viso. Doveva trovare a tutti i costi il modo di scaldarsi. Doveva lottare per il suo bambino.

    Sollevando lo sguardo al cielo chiese aiuto a suo padre, poi tornò a guardare il parabrezza sul quale cadevano inesorabili larghi fiocchi di neve che a poco a poco le nascosero la vista sul mondo esterno.

    Michael Wolf lanciò un'occhiata dal finestrino dell'auto che lo stava portando a casa dall'aeroporto. Al di fuori dei confini dell'abitacolo soffiava un forte vento freddo che con le sue folate riusciva a spostare persino la grossa macchina.

    Il giorno prima si era incontrato a Los Angeles con i responsabili della Micronics, che sembravano interessati all'acquisto di un suo prototipo di software a comando vocale. Avevano sentito parlare di lui, ma per superbia lo avevano sottovalutato. I pettegolezzi che circolavano sul suo conto lo descrivevano come un uomo misterioso, un eremita e un genio, tutte qualifiche che non avevano certo preparato i suoi interlocutori a trattare con lui.

    Michael aveva provveduto a sfatare subito quelle false opinioni e alla fine aveva lasciato la California, dopo aver firmato un contratto molto vantaggioso, per tornare a casa, dove lo aspettavano temperature molto meno gradevoli. La bufera di neve che lo aveva accolto all'aeroporto non era stata una vista piacevole. Michael amava il Minnesota e il suo clima rigido, apprezzava la solitudine e l'isolamento che riusciva a trovare in quei luoghi a lui familiari, anche se, avvicinandosi il Natale, sentiva sempre di più la mancanza delle lunghe giornate estive.

    Il pomeriggio era appena iniziato e già il cielo grigio e la neve avevano conferito al paesaggio un aspetto irreale e ovattato. La visibilità era minima, ciononostante Michael notò un bagliore provenire dal ciglio della strada, qualche metro davanti a lui. Accanto alle luci di segnalazione vi era un ammasso di neve simile a un igloo, con specchietti retrovisori e una targa dell'Illinois.

    «Che cosa diavolo è?» bofonchiò ad alta voce.

    L'autista rallentò, lanciando un'occhiata alla sua destra. «Ha tutta l'aria di essere un'auto abbandonata, signore.»

    Abbandonata. Un familiare dolore alla bocca dello stomaco avvertì Michael che non sempre le cose erano come sembravano. Sarebbero bastati pochi secondi per accertarsi che la macchina fosse davvero abbandonata, pochi secondi che lui era disposto a sprecare anche se in una bufera del genere qualsiasi rallentamento poteva rivelarsi rischioso. «Fermati.»

    L'autista si fermò accanto al veicolo in sosta. Con un balzo Michael scese dall'auto e nonostante la gamba menomata gli dolesse, irrigidita dal freddo, raggiunse in fretta la berlina. Con una mano pulì il parabrezza dalla neve per assicurarsi che all'interno non ci fosse nessuno.

    Un'imprecazione gli morì sulle labbra quando si accorse che al posto di guida era seduta una donna coperta dalla testa ai piedi. Sembrava addormentata o perlomeno Michael si augurava che fosse solo addormentata.

    «Signorina? Signorina, riesce a sentirmi?» gridò aprendo la portiera. Dal momento che la donna non rispondeva, si tolse i guanti e infilò una mano dentro la sciarpa. Quando sentì la vena nel collo pulsare contro le proprie dita, emise un lungo sospiro di sollievo.

    Fu in quel momento che lei aprì gli occhi e lo guardò. Le iridi azzurre dallo sguardo profondo sembrarono parlare direttamente al suo cuore.

    Michael era sicuro di aver già visto quegli occhi.

    La donna mosse appena le labbra. «Mi hai trovato.»

    Anche quella voce, benché rauca e sommessa, gli era familiare.

    La neve cadeva fitta intorno a lui, ricordandogli che non era quello il momento adatto per trovare le risposte alle domande che affollavano la sua mente. Era necessario tirare fuori la donna dall'auto e portarla al più presto in salvo. Ma dove? L'ospedale era a quarantacinque minuti da lì, quindi troppo lontano.

    «Il riscaldamento ha smesso di funzionare mezz'ora fa» mormorò lei scandendo bene le parole. «Devo essermi addormentata.»

    «Lei è molto fortunata» commentò Michael aiutandola a scendere dalla macchina. «Un'altra mezz'ora e...» E l'auto si sarebbe trasformata in una tomba, pensò, ma evitò di farglielo notare.

    Il vento gli sferzò il viso e il collo quando si tolse il cappotto per coprire la sventurata automobilista. «Andrà tutto bene, vedrà. Tenga duro.»

    «D'accordo» mormorò lei.

    Michael la sollevò tra le braccia e si avviò verso la sua macchina.

    L'autista gli andò incontro per aiutarlo. «Signore, vuole che pensi io a...»

    Michael ignorò l'offerta. «Alzi al massimo il riscaldamento e ci porti a casa più in fretta che può.»

    L'autista annuì. «Sì, signore.»

    Quando furono al sicuro all'interno dell'auto, Michael tolse gli stivali alla donna e le massaggiò i piedi gelati.

    «Che bello» mormorò lei. «Sento un gran formicolio, ma è molto piacevole.»

    Quando i piedi furono caldi, Michael le tolse i guanti e massaggiò le mani minute, poi la strinse a sé per infonderle calore.

    «Quanto tempo è rimasta ferma nella neve?» le chiese.

    La donna lasciò cadere la testa contro la sua spalla e rispose con un sospiro: «Dalle dieci di questa mattina».

    Cinque ore.

    Michael imprecò a denti stretti. «Adesso cerchi di rilassarsi. È al sicuro.» Anche se era ancora leggermente disorientata, la donna sarebbe stata presto bene, ne era certo, tuttavia le sue condizioni che nemmeno il cappotto era riuscito a nascondere lo preoccupavano un po'.

    «Quando deve nascere il bambino?» le chiese.

    «Tra un mese circa.»

    Michael atteggiò le labbra a una smorfia di disappunto. Chi era quel cretino che lasciava viaggiare la moglie da sola in mezzo a una bufera di neve all'ottavo mese di gravidanza? Be', presto lo avrebbe scoperto.

    Con gesti lenti e precisi le tolse la sciarpa. Troppo intento a portarla al riparo, non si era preso la briga di guardarla bene in viso eccetto per l'attimo in cui aveva notato che i suoi grandi occhi azzurri gli erano in qualche modo familiari. Anche i lunghi capelli biondi e il perfetto ovale del viso gli ricordavano qualcuno, ma chi? Frequentava pochissima gente e non andava mai in città.

    «Grazie» mormorò lei appoggiando di nuovo la testa alla sua spalla. «Grazie per essere venuto a prendermi, Michael.»

    Michael si irrigidì mentre una risposta incominciava a prendere forma nella sua mente.

    Addormentata accanto a lui c'era l'unica persona al mondo con cui si fosse mai sentito in debito, la ragazza, anzi la donna, che molto tempo prima si era ripromesso di ripagare, in qualche modo, per ciò che aveva fatto per lui.

    Estraendo dalla tasca il cellulare premette un tasto e pronunciò le parole dottor Pinta nel microfono.

    L'anziano medico, che aveva curato tre generazioni di cittadini di Fielding e che era l'unico amico che Michael si fosse mai concesso di avere, rispose al secondo squillo.

    «Ho bisogno di te, Thomas.»

    Immagini di una cioccolata calda e di coperte elettriche danzarono nella mente annebbiata di Isabella insieme al viso del ragazzo di cui si era innamorata da bambina, che arrivava a trarla in salvo in un'armatura luccicante, liberandola dalle fauci del drago che sputava ghiaccio invece di fuoco. Erano immagini piacevoli, ma più lei si avvicinava alla cioccolata, alle coperte e al bel cavaliere senza macchia e senza paura, più avvertiva un fastidioso formicolio ai piedi e la gola le bruciava.

    «Isabella?»

    La voce le giungeva da lontano, attraverso una nebbia che attutiva tutto.

    «Isabella, devi svegliarti.»

    Il tono gentile e paterno la indusse ad aprire gli occhi. Isabella sapeva di essere vestita e sollevando le palpebre vide che si trovava sotto parecchie coperte, in una stanza che non era la sua.

    Guardandosi intorno sentì il cuore balzarle in gola. La stanza era grande e arredata con mobili di legno scuro. Davanti a lei una spessa tenda copriva quella che doveva essere una grande finestra, il fuoco scoppiettava nel camino alla sua sinistra e un uomo sedeva sul bordo del letto accanto a lei. Lo riconobbe subito. L'incipiente calvizie, la barba grigia e il naso adunco erano tratti inconfondibili.

    Gli occhi vivaci del dottor Pinta si posarono su di lei. «Bene, bene. Sono molto

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1