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Un ancora di salvezza: Harmony Collezione
Un ancora di salvezza: Harmony Collezione
Un ancora di salvezza: Harmony Collezione
E-book153 pagine2 ore

Un ancora di salvezza: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Accidenti alla sua sbadataggine!

Costretta a tornare in ufficio per recuperare l'agenda dimenticata, Claudia si ritrova nel mezzo di un temporale che la costringe a fermarsi. Come se non bastasse, un albero è caduto e le ha distrutto il cofano.

Nel buio intravede la sagoma di...
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2017
ISBN9788858963371
Un ancora di salvezza: Harmony Collezione
Autore

Emma Richmond

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Un ancora di salvezza - Emma Richmond

    successivo.

    1

    La statale M23 era stata chiusa al traffico fino a Gatwick, a causa del vento forte che l'aveva fatta da padrone provocando danni e incidenti, e portando il più totale scompiglio tra i veicoli che procedevano a senso unico alternato. Ma... quali veicoli? In quel momento c'era solo lei sulla strada, e il folle camionista che la seguiva a breve distanza. Be', se credeva che avrebbe accelerato, si sbagliava di grosso!

    Guidare nell'oscurità era già abbastanza pericoloso. Per di più in una stretta stradina secondaria, con le raffiche che la facevano sbandare di lato. Ci mancava solo quel pazzo con gli abbaglianti puntati! Altri dieci centimetri e le sarebbe stato addosso.

    Maniaco, borbottò Claudia fra sé. Cosa ne era stato dei gentiluomini di un tempo? Una volta gli uomini al volante erano gentili, prudenti, disponibili. Non rompiscatole, come l'idiota che aveva alle calcagna.

    A mano a mano che ci si avvicinava all'uscita per l'aeroporto, la corsia di marcia raddoppiò tornando alla normalità, e l'autotreno la sorpassò con un rombo, provocando un forte spostamento d'aria.

    Lei guardò i fari scomparire nella notte e sospirò, in preda a un senso di abbandono. Maledizione, Claudia. Se non avesse dimenticato la sua preziosa agenda, ora non sarebbe stata costretta a guidare in quelle condizioni.

    Sterzando in modo brusco per contrastare l'ennesima raffica, concentrata nello sforzo di mantenere il controllo della vettura, perse l'uscita giusta e imboccò la successiva, pensando erroneamente che l'avrebbe comunque portata nella giusta direzione.

    Ma non fu così. Guidò a lungo alla ricerca disperata di un segnale che le ricordasse una località familiare. Quella dannata strada doveva pur sboccare da qualche parte.

    Calmati, s'impose. Rilassati. Siamo nel West Sussex, non in mezzo alla foresta. Tutte le strade devono portare a una città, prima o poi. Horsham non dove va essere lontana.

    Svoltò a sinistra, semplicemente seguendo il suo istinto, e si ritrovò in una strada che tagliava dritto in mezzo a un bosco. Guardò nervosamente gli alberi tormentati dal vento. Forse era il caso di rinunciare e tornare a casa; avrebbe telefonato a Beck l'indomani.

    La potenza del vento stava aumentando. I rami spezzati volavano sulla strada, danzando come impazziti e persino la sua auto, che aveva sempre considerato affidabile, in quel momento le sembrava in balia della furia degli elementi.

    Accidenti, possibile che nessuno avesse previsto una tempesta del genere?

    Ma tu non hai seguito i notiziari, Claudia, dovette riconoscere.

    E nonostante il vento forte, quando era uscita di casa non avrebbe potuto prevedere un tale peggioramento. Comunque adesso era tardi per i ripensamenti.

    I fari illuminarono un vecchio edificio e Claudia frenò di colpo. Era chiuso, o magari abbandonato. Doveva trattarsi di un vecchio pub. Niente, comunque, che potesse esserle d'aiuto.

    Ripartì sconsolata e dopo poche centinaia di metri si trovò a un incrocio. Un cartello indicava Horsham sulla destra. Una volta giunta là, sarebbe stata in grado di arrivare da Beck.

    Rincuorata, riprese velocità. Un animale le tagliò la strada. Una volpe forse, o magari un coniglio selvatico. Poi un rombo spaventoso la fece trasalire.

    Atterrita, si guardò disperatamente intorno e non credette ai propri occhi. Grandi piante secolari si agitavano come fossero fuscelli. E per di più si trovavano giusto lungo la sua strada.

    Si rese conto di aver rallentato e spinse di nuovo sull'acceleratore, ma era troppo tardi. Un albero alla sua destra, appena qualche metro davanti a lei, venne definitivamente sradicato.

    Claudia sapeva che accelerare o frenare non sarebbe servito a salvarla, ma fece comunque un disperato tentativo.

    L'albero si abbatté proprio dietro la sua testa e lei si buttò istintivamente verso il lato del passeggero, mentre il gigantesco tronco schiacciava le sottili lamiere della vettura.

    2

    Piegata in due, trattenendo il fiato con gli occhi serra ti, Claudia non si mosse. Le sembrava quasi di avvertire il peso su di sé, mentre il vento continuava a sibilare con furia, ora anche all'interno dell'abitacolo squarciato della sua auto.

    Aprì cautamente gli occhi e si guardò intorno. Da quel poco che riusciva a vedere, l'albero doveva aver bloccato la portiera e il sedile posteriore, e si era fermato a pochi centimetri dalla sua testa. Il tetto era schiacciato, il parabrezza e i finestrini non esistevano più e una pioggia di frammenti di vetro era caduta anche sulle sue ginocchia. Ma la cosa più strana era che lei riusciva a distinguere tutto ciò in modo piuttosto obiettivo. Non era ferita, o almeno così le sembrava. Era bloccata, rattrappita, ma non aveva nulla di rotto.

    Doveva trovarsi nel bel mezzo di una tromba d'aria. Polvere e detriti di vario genere le svolazzavano intorno costringendola a chiudere gli occhi.

    Ma era una donna autosufficiente, abituata a cavarsela da sola; non era tipo da aspettare che qualcuno venisse in suo aiuto.

    Tentò di sollevare il capo ma toccò la lamiera e rinunciò alla manovra. La leva del cambio le premeva nel fianco. Si mosse delicatamente; l'auto scricchiolò e lei si immobilizzò di colpo.

    Cercò di spostare il piede su ciò che restava del sedile del passeggero, ma inutilmente. Non aveva la minima possibilità di movimento, a meno che non fosse riuscita a spostare indietro il sedile.

    Con i lunghi capelli scuri che le oscuravano la visuale, le spalle incurvate, cercò a tentoni la leva, la tirò e il sedile scattò rapidamente indietro, attivando l'allarme. Manovrò ancora disperatamente per liberarsi, ma non c'era niente da fare. Be', in quel caso avrebbe dovuto per forza aspettare che arrivasse qualcuno. Il che, probabilmente, non sarebbe accaduto prima dell'alba.

    Non era certo piacevole trascorrere la notte in mezzo alla foresta, nonostante ora il terrificante urlo del vento si fosse attenuato.

    «Vuoi piantarla?» gridò rivolta all'allarme, fuori di sé per la stanchezza e la rabbia.

    In quel momento un fascio di luce attraversò l'abitacolo e scomparve.

    Sbigottita, alzò il capo di scatto. «Chi c'è?»

    «Claudia?» Una torcia venne puntata attraverso il finestrino semischiacciato.

    «Sono qui, riuscite a vedermi?» domandò nonostante le sue parole non avessero molto senso.

    «Sì, ti vedo. Sei ferita?»

    «No» rispose sollevata. «Sono bloccata!»

    Era Beck! Se c'era una persona che avrebbe voluto avere vicino in un momento difficile, quello era Beck. La sua giacca e i suoi capelli svolazzavano tormentati dalla furia del vento, mentre allungava il braccio all'interno dell'auto per disinserire la chiave dal quadro e disattivare l'allarme.

    Alcuni istanti dopo lo sportello posteriore fu aperto, il sedile posteriore ribaltato e l'auto sprofondò paurosamente, mentre lui s'infilava nel limitato spazio disponibile.

    «In quale parte sei bloccata?»

    «Dalla vita in giù. Non ho abbastanza spazio per fare leva.» Basta, si sarebbe messa a dieta, una volta uscita di lì.

    Lui posò la torcia, l'afferrò per le braccia e tirò. Un piede puntato contro il cruscotto semidistrutto, lei spinse a sua volta ignorando il dolore, e finalmente riuscì a liberarsi.

    «Avanti, usciamo di qui.»

    «Un attimo, fammi prendere fiato.»

    «Non c'è tempo.» Le sue parole risuonarono decise, lucide, e per una volta lei non discusse, ma l'assecondò sforzandosi di strisciare fuori, nel caos, dove altri alberi minacciavano di crollare sferzati dalla furia del vento.

    Lui la prese per il braccio e la fece allontanare. Con gli occhi semichiusi per evitare la polvere e i detriti, le dita serrate sul giaccone di lui, Claudia lo seguì barcollando.

    Parlare, o anche solo pensare in maniera coerente era pressoché impossibile in quei frangenti; erano necessarie tutte le loro energie per trascinarsi lontano da lì, verso la salvezza.

    Claudia cadde un paio di volte, e fu rialzata in modo brutale da Beck, che non intendeva perdere neanche un secondo. Di certo non ce l'avrebbe mai fatta senza di lui.

    I pali della luce erano crollati, e sprizzavano scintille bluastre nell'erba umida. Cercando di evitarle, girando intorno ad alcuni tronchi d'albero caduti, scavalcandone altri nella quasi totale oscurità, Beck fece strada faticosamente fino ad arrivare nelle vicinanze di un edificio.

    Esausti, entrambi rimasero per qualche istante fermi, cercando di prendere fiato.

    «Tutto bene?» le domandò.

    Lei fece cenno di sì, il capo abbandonato sulla sua spalla.

    «Pronta?»

    Claudia annuì di nuovo, e lui la condusse lungo la fiancata in pietra dell'abitazione, quindi girò l'angolo, dove la piena forza del vento li investì ancora una volta.

    La strinse al suo fianco, quindi si fermò, rovistando nelle tasche alla ricerca delle chiavi, aprì la porta e la spinse all'interno. Ci volle tutta la sua forza per richiudere l'uscio alle sue spalle, e di colpo si trovarono quasi inaspettatamente in un ambiente calmo e silenzioso.

    Claudia si guardò intorno. Stava tremando. Tentò di districare in qualche modo i capelli con le dita e se li sistemò dietro le orecchie, assaporando il gusto di respirare normalmente. Era buio, ma era fin troppo consapevole della presenza di lui nelle vicinanze.

    Lo sentì premere un interruttore, ma non accadde nulla. Senza una parola, si sentì guidare nell'oscurità verso un'altra stanza, poi ancora in un'altra, dove dei carboni bruciavano in un caminetto, emanando abbastanza luce da lasciarle intravedere una poltrona.

    La fece sedere; poi si chinò per gettare un ceppo nel camino e attizzò il fuoco. «Vado a preparare del caffè.»

    «Grazie.»

    Il vento continuava a sibilare ancora più forte da dietro i vetri, come se fosse infuriato per essersi lasciato scappare le sue prede. Lei si accasciò contro lo schienale fissando le fiamme, trasalendo a ogni scricchiolio proveniente dall'esterno.

    Il fuoco stava cominciando ad attaccare lentamente il ceppo come una belva affamata e insaziabile. Claudia si sentiva al sicuro, ora, nella casa di Andrew Beckford, Beck per gli amici. Già, il suo datore di lavoro. Un uomo che aveva fatto di tutto per evitare nelle ultime settimane. Aveva ritenuto che fosse meglio così.

    La prima volta che si erano incontrati, a novembre, lei aveva creduto che sarebbe stato un lavoro come un altro. Un nuovo cliente, niente di più. Di lui sapeva solo che era un esperto in archeologia marina, velista, nonché stimato uomo di montagna ed esploratore. Si era aspettata un individuo arrogante e pieno di sé, invece la persona che aveva conosciuto l'aveva spiazzata.

    Era alto, con profondi occhi grigi e capelli castani, e ispirava a prima vista un'istintiva fiducia. Inoltre nel suo sguardo s'intravedeva un'ombra di tristezza e lei, come le capitava spesso, aveva lasciato che il suo cuore avesse la meglio sul

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