Un figlio per Colt: Harmony Destiny
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Sheri Whitefeather
Autrice della novella Sangue Cherokee.
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Un figlio per Colt - Sheri Whitefeather
successivo.
1
Doveva farlo. E subito.
Mentre Melanie si dirigeva verso il balcone, la brezza marina le scompigliò i capelli castani striati di rosso e la larga gonna di cotone. Si sedette su una sedia di midollino rannicchiando le gambe e fissò il telefono senza fili.
Quante volte aveva tentato senza riuscirci? Cinque? Sei? Aveva perso il conto. Alla fine si decise, afferrò la cornetta e cominciò a premere i tasti. Non aveva bisogno del numero. Lo sapeva a memoria.
Il telefono squillò a distanza.
Un uomo rispose. «Pronto?»
Oddio. La voce era calda e profonda.
«Parlo con Colt Raintree?» Sapeva benissimo che era lui. Alto, spalle larghe, capelli neri, Colt era un uomo veloce e pericoloso come la pistola da cui aveva preso il nome.
«Sì.»
«Salve, io sono...» Gertrude. La brutta Gertie, com'erano solite chiamarmi le altre ragazze. Ricordi? Tu non l'hai mai fatto, però. Tu eri gentile e simpatico. «Melanie Richards.»
«Ci conosciamo?»
Sì, ma sono passati tredici anni. Adesso uso il mio secondo nome e sono diventata un'altra persona. «No. Gloria Carnegie mi ha detto che sta cercando una madre in affitto e io...»
Lui la interruppe, il tono sospettoso. «La moglie di Fred?»
«Sì. Gloria l'ha saputo per caso e mi ha contattato perché pensava che sarei potuta essere interessata.» Melanie fece una pausa e inspirò una boccata d'aria salmastra, col cuore che batteva all'impazzata. «In effetti lo sono, ma non l'ho mai fatto prima e non so come comportarmi.»
La voce di Colt si addolcì. «Preferirei discuterne di persona. È libera domani?»
Melanie fissò l'oceano. Il cielo era coperto da una leggera foschia estiva. Un paio di gabbiani si rincorrevano lanciando le loro grida stridule e si divertivano a tuffarsi in mare.
«Domani non è possibile. Abito in California» spiegò e si affrettò ad aggiungere: «Ma la settimana prossima verrò nel Montana».
Lo udì rilasciare un sospiro e lo immaginò che si passava una mano tra i capelli. Capelli bellissimi. Folti e lucidi.
«Va bene la settimana prossima, allora. Potremmo incontrarci alla Steer House. La conosce?»
«Sì.» Aveva mangiato spesso alla Steer House. Non c'erano molti ristoranti a Mountain Bluff. «Qualsiasi giorno mi va bene.» Il suo unico impegno era andare a trovare Gloria.
«Cosa ne dice di mercoledì? Potremmo discutere dei dettagli a pranzo» suggerì lui.
«Va bene. La chiamerò per confermare.»
«Perfetto.» Colt chiuse la conversazione in modo educato. «È stato un piacere, ma adesso devo proprio andare.»
Si salutarono e appesero.
Il mercoledì seguente, Melanie arrivò alla Steer House in anticipo, vestita con un semplice abito nero, una giacca di lino e pochi gioielli. I capelli appena lavati le cadevano sciolti sulle spalle.
Era abituata a pranzi d'affari, conosceva a memoria il copione. Quel giorno, però, era diverso. Non era a Los Angeles. Quella era la sua cittadina natale e il cowboy con cui aveva appuntamento non era interessato a comprare i suoi disegni.
Quando alzò gli occhi, il cuore le si fermò in gola. Alto, forte e più bello di come lo ricordava, Colt si stava avvicinando dietro la cameriera.
Indossava dei jeans che sembravano nuovi e una camicia con dei ricami western, tesa sulle spalle robuste. I capelli lunghi e neri, fermati in un codino dietro la nuca, tradivano le sue origini indiane. Si muoveva con l'agilità di una pantera e una sensualità selvaggia di cui era inconsapevole.
Si sedette sulla sedia di fronte alla sua e le sorrise educato. Poi allungò una mano attraverso il tavolo. La candela accesa illuminò i suoi zigomi pronunciati e gli occhi dal taglio esotico. Era invecchiato bene. Il ragazzo alto e magro era diventato un guerriero.
«Melanie, giusto?»
Lei annuì e strinse la mano tesa. Era grande, callosa e calda. Lo amava ancora, realizzò, non aveva mai smesso di farlo, e per fortuna ora aveva una seconda possibilità.
«Piacere di conoscerti. Io sono Colt. Diamoci del tu.» I loro occhi si incrociarono. «Sono in ritardo?»
«No.» Melanie sorrise. «Sono io in anticipo.»
Apparentemente non la riconobbe, ma la cosa non la stupì. Era davvero poco somigliante alla timida adolescente di un tempo. Dopo che se n'era andata da lì, era stata investita da una macchina e aveva dovuto sottoporsi a un intervento di chirurgia plastica che le aveva alterato i lineamenti.
La cameriera ricomparve portando il menu. «Cosa ne dici se prima ordiniamo?» suggerì Colt.
«Certo.» Anche se era troppo nervosa per mangiare, scelse uno spezzatino di pollo.
Colt, invece, preferì degli scampi come antipasto e una bistecca per secondo. Tutti e due presero l'insalata e mentre aspettavano di essere serviti chiacchierarono del più e del meno. Melanie attese che fosse lui a introdurre l'argomento. E lo fece dopo che ebbero portato le insalate.
«Non sei come mi aspettavo» esordì. «Mi immaginavo una... non so, più materna.»
«Una di quelle casalinghe dei telefilm sui cinquant'anni?»
«Sì, qualcosa di simile» confermò lui mettendosi a ridere. Lo stesso sensuale sorriso che l'aveva conquistata tredici anni prima. «Sai che sono scapolo, vero? La cosa ti dà fastidio?»
Lo stomaco di Melanie si strinse. L'esame era cominciato. «Non ho niente in contrario. Sono nubile anch'io.»
Lui prese un pezzo di pane. «Nessun fidanzato da consultare?»
Melanie mescolò la lattuga che aveva nel piatto. «No. Nessuno.»
Colt imburrò il pane. «Dobbiamo essere sinceri l'uno con l'altro. Tu mi devi dire perché vuoi dare il tuo utero in affitto e io ti rivelerò perché ne sto cercando uno.»
Melanie fu contenta che il tavolo fosse appartato. Non voleva che qualcun altro potesse ascoltare. Si era ripetuta il discorso per tutto il giorno. Essere sincera era fuori questione. Doveva mischiare un po' di verità con una storia inventata. Dare al cliente quello che voleva sentirsi dire.
Cominciò con la verità. «Da piccola sono stata data in affido. Di conseguenza, ho dovuto imparare a cavarmela da sola. Quando eravamo bambine, io e Gloria abitavamo vicine ed eravamo amiche per la pelle. Come sai, è stata lei a parlarmi del tuo problema. L'idea di un uomo scapolo che desidera un figlio mi ha affascinato. Ed è per questo che ti ho contattato.» Sorseggiò un po' d'acqua e proseguì, conscia di avere la sua completa attenzione. «Non credo che potrei farlo per una coppia sposata. Non sarei a mio agio a essere fecondata dal marito di un'altra donna.»
Lui sembrò soddisfatto. «Hai altri figli?»
Melanie scosse la testa. «Sono sempre stata troppo impegnata col lavoro. Sono un'illustratrice. Disegno di tutto. Cartoline di auguri, poster, calendari, copertine di libri. Non ho tempo per nient'altro.»
Lui spinse via l'insalata a metà. «Non hai un'aria familiare.»
Melanie provò un tuffo al cuore. «Dovrei?»
«Hai detto che abitavi vicino a Gloria, il che significa che sei cresciuta qui.» Colt la studiò con attenzione e sembrò soddisfatto di quello che vedeva.
Melanie riconobbe l'ammirazione maschile. Aveva lavorato sodo per ottenerla: un impegno quotidiano, i capelli tinti, un guardaroba scelto con attenzione e la giusta dose di trucco.
«Ti ricordi di Gloria?» gli chiese un po' sorpresa.
«Certo, ho fatto il liceo con Fred, suo marito. Stavano già insieme, allora. Strano che io e te non ci siamo mai incontrati.»
Melanie inarcò un sopracciglio. «Io frequentavo il Santa Theresa. Ero una brava ragazza.»
«Ah, sì?» Lui si mise ridere. «Io, invece, ero un tipo terribile.»
Melanie alzò gli occhi e incontrò il suo sguardo divertito. «So tutto di te, Colt. La tua reputazione ti ha preceduto.»
Il sorriso sparì. «Tutto?»
Melanie non era sicura di cosa significasse quella parola. «Sono pettegolezzi, suppongo. La gente ama parlare. Anche a vanvera.»
Lui bevve un sorso d'acqua. «Le chiacchiere sono cominciate con mia mamma. I suoi genitori costruirono Bluff Creek, il ranch che ho ereditato. La nonna mandava avanti la locanda mentre il nonno portava in giro i turisti a conoscere la zona. Pesca, campeggio, passeggiate nei boschi, quel genere di cose.» Una risata stridula gli uscì dal petto. «I guai iniziarono quando il nonno assunse un giovane indiano come aiutante. Toby Raintree s'infatuò di mia madre. Il problema era che lei aveva solo sedici anni. Quando se ne accorse, il nonno lo mandò via, ma ormai il danno era fatto e nove mesi dopo sono nato io.»
Colt si passò una mano tra i capelli, gli occhi velati dalle vecchie ferite.
Melanie ripensò alle proprie origini di figlia illegittima. «Non devi raccontarmi tutto, se la cosa ti mette a disagio...»
«Credo che dovremmo essere il più possibile sinceri.» Si strinse nelle spalle. «Inoltre, la mia famiglia mi ha amato, anche se avevo sangue cheyenne nelle vene ed ero più scapestrato di altri.»
In quel momento arrivò la cameriera a portare via i piatti. Se lui aveva notato la sua mancanza di appetito, non fece commenti. Tutti e due ordinarono una tazza di caffè e rinunciarono al dolce.
«Devo sapere, Melanie. È per i soldi? Come saprai, offro un congruo compenso alla donna che accetterà di partorire mio figlio.»
Quella domanda ebbe il potere d'innervosirla. «So che la tua famiglia è ricca, ma non ho bisogno del tuo denaro.»
«Ho il diritto di conoscere le motivazioni che ti spingono a un simile gesto» insistette lui.
Melanie avrebbe voluto sporgersi attraverso il tavolo e gridargli che lo amava, che sperava di passare con lui il resto della vita. «Darò i soldi in beneficenza, a un'organizzazione per bambini abbandonati. Ho un buon lavoro e il denaro non m'interessa.»
«Non era mia intenzione offenderti.» Addolcì il tono. «Avevo una figlia, una bambina deliziosa...» Gli occhi gli divennero lucidi. «Dio, sembra un secolo.» Si sporse sul tavolo e le prese la mano per scusarsi. «T'interessa ancora o ti ho appena dimostrato quanto posso essere idiota?»
«M'interessa ancora» mormorò lei con voce roca per l'emozione.
Lui le accarezzò la mano. «Vuoi venire a vedere il ranch domani? Mi piacerebbe mostrartelo. È un bel posto per crescere un bambino.»
«Certo. Verrò volentieri.»
Due ore dopo Melanie si stava dondolando sul portico di legno della casa di Gloria, un'espressione ansiosa nello sguardo che tradiva il groviglio di sentimenti che aveva dentro.
Il figlio minore dell'amica, di quattro anni, stava giocando con un camion giallo e lo caricava di sassi che raccoglieva sul selciato. Aveva la bocca sporca di ghiacciolo al lampone e piagnucolava che ne voleva un altro.
Seduta accanto a lui sul primo gradino, la madre gli accarezzò la testa con affetto. «La figlia di Colt aveva l'età di Joey quando è morta. Non riesco a immaginare cosa si provi a perdere un figlio.»
Melanie rabbrividì. Ricordava quell'estate. Era tornata in paese per il battesimo di uno dei figli