Una famiglia all'improvviso: Harmony Bianca
Di Sue Mackay
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Info su questo ebook
Marshall: Non ho mai dimenticato la mia storia con Charlie, anche se è stata troppo breve per darci l'illusione di poter avere un futuro insieme. E la colpa è solo mia. La mia professione lascia davvero poco spazio alle relazioni, tuttavia, quando mi è stata data la possibilità di vedere Charlie ancora una volta non ho esitato un attimo. Ma la bambina che gioca felice nel suo giardino dimostra che lei, al contrario di me, è riuscita a guardare avanti.
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Anteprima del libro
Una famiglia all'improvviso - Sue Mackay
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
From Duty to Daddy
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2014 Sue MacKay
Traduzione di Marzia Delli Colli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-262-7
1
Charlie Lang chiuse di scatto il pc portatile con un gesto di stizza, lo mise da parte sull’ampio divano di vimini dove sedeva, e continuò a fissarlo con aria di rimprovero, come se quell’oggetto fosse la causa di tutti i suoi problemi, e della sua costante delusione. «Papà, non lo troverò mai, è sicuro.»
«Il padre di Aimee? Chi può dirlo, cara?» rispose lui, accoccolato accanto alla splendida aiuola fiorita, da cui toglieva erbacce con cura. «Ma non è facile. Sai così poco di lui.»
Diciamo pure niente. «Quanti medici nell’Esercito degli Stati Uniti si chiamano Marshall Hunter?» Charlie scosse il capo, con amarezza, un nodo allo stomaco. «Avrò inviato centinaia di email.»
«Anche l’ultima è tornata indietro, immagino.»
«Già.» Come tutte le altre. «Perché mai mi ha dato quell’indirizzo, se non voleva farsi trovare?»
Strano davvero. Perché Marshall glielo aveva lasciato, dopo averle spiegato in tutti i modi che non si sarebbero più incontrati, dopo la fine della loro breve storia?
Possibile che lui non avesse provato la sensazione di perdere qualcosa di importante, di speciale, al momento di salutarsi? Marshall tornava ai suoi impegni militari, lei in Nuova Zelanda, il cuore stretto dalla consapevolezza di un disastro imminente. Possibile che Marshall fosse riuscito ad allontanarsi, senza sentire l’impulso di abbracciarla ancora una volta?
Eppure aveva inserito il biglietto con la sua email nella tasca della camicia di Charlie, mentre lei era troppo impegnata nel bacio d’addio, cercando disperatamente di non piangere. E di ignorare le straordinarie reazioni che immediatamente scattavano in lei, se Marshall la sfiorava. Però, nonostante il biglietto, doveva aver cambiato idea, dopo la partenza da Honolulu, perché neanche uno dei messaggi di Charlie lo aveva raggiunto. Volubile, incostante? Non sembrava.
Poco sicuro di sé? Assolutamente no. Charlie non aveva mai incontrato uno dall’aria più decisa e risoluta.
A parte una volta, quando gli aveva chiesto della sua famiglia. Per un attimo, lo sguardo fermo dei suoi occhi verdi le era apparso sorpreso, incerto, subito rimpiazzato da un’espressione fredda e distante.
Charlie aveva compreso. Argomento proibito. Non lo aveva più ripreso, ma spesso si era chiesta se per caso Marshall nascondesse qualcosa. In ogni caso, questo non aveva più importanza. Adesso contava solo ritrovarlo.
«Hai mai pensato che in realtà volesse nascondersi?» chiese il padre di Charlie, con franchezza.
«Onestamente sì» replicò lei. «Mi sembra ovvio che era proprio il suo obiettivo. In un’epoca come la nostra, in cui si può affidare all’etere il proprio nome, foto, indirizzo, perfino dolorose confidenze personali, tutti sono facilmente raggiungibili.»
Tutti, meno Marshall Hunter. Qualcosa le diceva di aver rischiato molto, accanto a lui. Nessuna intenzione di avere a che fare con lei, in futuro, neanche per caso.
Quel biglietto, trovato da Charlie, non era che un gesto anomalo, dovuto forse alla forte emozione nel momento dell’addio. Ogni bacio doveva essere l’ultimo, ma subito ne seguiva un altro, e un altro ancora, finché un amico di Marshall lo aveva strappato via dalle sue braccia, e caricato dentro l’autocarro verde dell’Esercito Statunitense.
Charlie era rimasta immobile, le dita premute sulle labbra, quasi a trattenere i suoi baci, il loro sapore. E versando fiumi di lacrime, appena il mezzo era scomparso oltre la curva, portando Marshall via per sempre.
«Forse dovresti interrompere le ricerche.» La voce del padre la riportò alla realtà. Sempre scettico, il padre di Charlie si era limitato a un giudizio negativo su Marshall. D’altronde, ogni genitore si aspetta un comportamento corretto, da un uomo che avvicina la figlia. Gli sembrava assurdo che Marshall non avesse la minima idea della gravidanza di Charlie, e non era disposto a credere che in fondo fosse una brava persona. Forse, conoscendolo, avrebbe cambiato idea.
Charlie era di opinione opposta, ovviamente. Ne era convinta. «No, papà, non ci rinuncerò mai.»
Marshall l’aveva colpita profondamente, fin dal primo istante. Erano entrambi nel Pronto Soccorso dell’ospedale di Honolulu, lei praticante, dopo la laurea. Catturata, attratta dallo sguardo verde, intenso di Marshall, lo aveva avvicinato. Lui scherzava, sorridendo, sull’accento neozelandese di Charlie. All’improvviso, le era sembrato di aver trovato finalmente qualcosa, qualcuno che cercava d’istinto, da sempre, quasi oltre la sua volontà.
Alla fine del turno, lui le aveva preso saldamente la mano, conducendola fuori dal reparto, lungo la strada verso la spiaggia. Si erano incamminati, scalzi sulla sabbia tiepida, in silenzio. La spalla di Charlie sfiorava appena il braccio di Marshall; le onde si infrangevano a pochi metri, sulla riva. Sono in paradiso, pensava lei, incantata. E poi, su quella spiaggia, lontano dalle luci e dal brusio dei ristoranti sul lungomare, lui l’aveva stretta forte tra le braccia e baciata a lungo, a fondo, lasciandola vinta, senza forze e senza respiro.
Charlie, tremante per l’emozione, si aggrappava a Marshall come un naufrago all’ancora di salvezza. Lo desiderava intensamente, sentiva, con intuito infallibile, che solo lui poteva realizzare ogni suo sogno, cancellare ogni esitazione, liberare il proprio istintivo desiderio di intenso amore fisico.
Infine, lui l’aveva sollevata tra le braccia, correndo oltre la spiaggia, e la strada, alla ricerca del primo albergo. Charlie si chiedeva ancora cosa sarebbe successo, se non avessero trovato subito una stanza disponibile. L’idea di tornare negli alloggi che l’ospedale metteva a disposizione dei medici, non l’avevano neanche presa in considerazione.
La loro storia era iniziata quella notte, con l’esplosione di una passione insaziabile. Storia finita di colpo, due settimane dopo, quando Marshall era stato richiamato, diretto in qualche sconosciuto luogo di guerra, con la sua compagnia.
Charlie aveva sofferto la sua mancanza da quel momento, neanche le avesse portato via una parte del cuore. Accidenti, non l’aveva previsto. E neanche di tornare a casa in attesa di un figlio.
«Non mi importerebbe cercarlo, se non fosse per Aimee» dichiarò, sempre rivolta al padre intento al giardinaggio. Certo, aveva il suo orgoglio: mica era la classica adolescente che si strugge per amore. Per caso amava Marshall? Momenti indimenticabili, a letto insieme. Vero. Ma niente amore. O no? Purtroppo Charlie aveva la netta sensazione di essersi innamorata di lui. Altrimenti perché lo sognava, quasi ogni notte? E perché sperava di vederlo arrivare, di ospitarlo, e magari di diventare sua moglie?
Charlie riprese il pc, lo accese, avviò il sistema operativo. Guardiamo la realtà, pensava intanto. Marshall non mi amerà mai: è triste, ma è così. Però è necessario che io lo trovi, gli parli, per il bene di Aimee. «Papà, ho sempre saputo che non c’era un futuro, per noi.»
L’uomo la guardò con uno di quegli sguardi tipici che il padre lanciava, prima di darle saggi consigli. Charlie li conosceva bene. Ma non le servivano; adesso era una donna adulta. «Perché non smetti di cercare quel tizio per qualche tempo? Risparmia energia, rimettiti in forma, e vedrai che per Aimee non sarà più così importante avere accanto suo padre.»
Ha paura, pensò lei, lo sento dalla voce, anche se cerca di nasconderlo, ma non mi inganna. Fissò il padre a sua volta, frenando i suoi stessi timori. «Devo trovarlo, papà» replicò, decisa. «Aimee merita un padre, anche se distante.»
Chissà come avrebbe reagito Marshall, alla notizia di essere padre. Entusiasta, o furibondo... C’era un solo modo per saperlo: trovarlo, a tutti i costi, anche se finora le ricerche non erano andate a segno.
«Hai perduto tempo e fatica, da quasi un anno, per cercarlo. Lascia perdere, almeno per un po’. Metti il problema da parte, e stai a vedere cosa succede.»
«Papà, ma che dici?» Charlie rise piano. «Mi suggerisci di non pensarci più? Come ti salta in mente?»
«Lo dice anche la tua amica Gemma...»
«Capisco, ma tu non l’hai mai detto, prima.»
Un momento. Gemma e suo padre? Aveva perso qualche puntata? Gemma era molto vicina a lei e alla piccola Aimee, ma se invece l’interesse dell’amica matura fosse stato per suo padre? In fondo ne sarebbe stata contenta, pensava, senza ombra di gelosia.
«Charlie!» esclamò lui. «Volevo solo dire che potresti fare altro, nel tempo libero, invece di lasciarti ossessionare da qualcosa su cui non hai il controllo.»
Charlie fissò lo schermo del pc, incerta se collegarsi alla rete. Sospendere le ricerche di Marshall, almeno per poco... Allontanare la solita depressione che l’invadeva, a ogni fallimento, mentre aveva così tanto da fare! Per molto tempo, la preoccupazione di cercarlo aveva dominato tutti i suoi pensieri, ogni sua azione. Talvolta si svegliava così dolorante, da voler prendere dei calmanti e sprofondare di nuovo nel sonno, solo per non affrontare la realtà.
Forse il consiglio di suo padre poteva restituirle la libertà, metterla in grado di vedere la situazione per quella che era. Madre single, con il compito principale di occuparsi di un’unica figlia. Aimee aveva bisogno di una madre sana ed energica, non di una persona depressa e in preda all’autocommiserazione, che cercava di ottenere l’impossibile da un computer.
Charlie chiuse il pc. Guardò in viso il padre e, per la prima volta, vi notò la presenza di alcune nuove piccole rughe. Colpa mia, pensò, il cuore colmo di affetto. «D’accordo, papà, accetto il tuo consiglio» cominciò, sicura. «Sospendo la ricerca di Marshall, però a patto che tu riprenda le tue abitudini, la vita di prima. Non parlo del tuo lavoro al centro medico, ma di andare a pesca, di passeggiate in montagna, di incontri con amici e partite di golf.»
Lo sguardo dell’uomo brillò di intensa gioia. Gli ho rovinato l’esistenza, pensò lei, dal mio ritorno da Honolulu. «Senza escludere degli incontri galanti, è ovvio. Troverai un po’ di tempo anche per quelli, no?»
Era il caso di parlare di Gemma? No, meglio che decida da solo, pensò Charlie. Più avanti lo incoraggerò, se necessario.
«Io?» rise lui. «Alla mia età? Scherzi, o hai preso troppi calmanti.»
«Sì, papà, proprio tu. Non crederai di essere già vecchio, a cinquantanove anni!»
Dall’interno della casa si udì l’inizio di un pianto infantile. Charlie sorrise, senza scomporsi. «Addio pace e tranquillità» mormorò. Intuiva il risveglio di Aimee prima di sentirla piangere, percepiva le esigenze e le azioni della piccola d’istinto, quasi tra loro vi fosse un tenace, misterioso legame d’amore.
Nei corsi di studio, Charlie aveva appreso come aiutare le donne a partorire. Ma scoprire la forza di quel filo invisibile era stata una rivelazione, per lei, dal momento in cui aveva stretto tra le braccia la sua creatura appena nata. Qualcosa che Marshall aveva perduto completamente.
«Non vai dalla bambina?» Il padre di Charlie rise piano, chino sull’aiuola sotto l’albero di pohutukawa. «Non aspettavi altro!» disse, senza dare peso all’accenno lusinghiero della figlia sul proprio aspetto.
«Subito» replicò lei, presa dall’eterno timore di non avere abbastanza tempo da dedicare alla piccola. Ogni minuto era prezioso. Però grande dedizione e sollecitudine potevano diventare