Rivali in corsia: Harmony Bianca
Di Sue Mackay
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Schiacciato dal peso di un passato da dimenticare e determinato a proteggere il proprio cuore almeno fino alla partenza dalla base militare, Sam cerca disperatamente di mantenere le distanze da quella donna audace e bellissima. Ma quando comincia a scorgere cosa si nasconde sotto la dura corazza di Maddy, si convince che il suo cuore sarà al sicuro soltanto accanto a lei...
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Rivali in corsia - Sue Mackay
successivo.
1
Il capitano Madison Hunter scese dal cargo dell'esercito neozelandese, sollevata di avere di nuovo i piedi sulla terraferma. Detestava volare. Il calore feroce della Penisola del Sinai la investì, aumentando il suo livello di fastidio. «E chi ha bisogno di una roba così?»
«Meglio del campo di Waioru in un qualunque giorno d'inverno» ribatté il maggiore al suo fianco.
«Immagino che la pensi così perché sei già stato qui prima. Ora come ora, sarei felice di marciare in mezzo alla neve e al ghiaccio» replicò Madison, ripensando con nostalgia alla base isolata dove era stata addestrata.
«Be', almeno avrai gli anfibi asciutti.»
«Vero.» Gli stivali inzuppati erano la vera croce al ritorno da qualsiasi esercitazione. Guardando il paesaggio polveroso davanti a sé, Madison finalmente sorrise. «Non potrebbe essere più diverso qui.» Provò a scrollare le spalle, caricate dallo zaino da trenta chili. Tutto inutile. Il sudore le bagnava la schiena, il viso, i seni. Chi diavolo gliel'aveva fatto fare di accettare quella missione? «Mi sa che mi sono persa la parte del contratto in cui si parla di sole, sabbia, polvere e sudore» mormorò.
«Pagina tre» scherzò il maggiore Crooks.
«Immagino che il caldo non conceda mai una tregua» disse Madison, guardandosi in giro. L'aria era pesante, quasi irrespirabile. Poco più avanti, accanto a degli edifici bianchi, alcuni soldati in libera uscita formavano dei capannelli nelle poche zone d'ombra.
«Non mi ci sono mai abituato» ammise il maggiore. «Vedi quella costruzione laggiù? È l'unità medica.»
Madison allungò lo sguardo verso l'edificio con una croce rossa dipinta sulla porta. Meno grande di quello dove lavorava alla base, più ampio di quanto si aspettasse di trovare. Doveva essere positiva. «Faccio una doccia e vado a dare un'occhiata.» Sempre che prima non si addormentasse sotto il getto d'acqua. Era esausta. Durante il volo non aveva chiuso occhio.
Dalla porta dell'ambulatorio uscì un uomo, e si fermò. Alto, le spalle larghe, le mani sui fianchi, a un certo punto guardò verso di lei.
Sam Lowe? Il ragazzo per il quale alle superiori si erano prese una cotta tutte quante?
Madison sentì le ginocchia cederle, e non certo per il peso dello zaino. Possibile? Trovare lì qualcuno che conosceva e che, come lei, veniva da Christchurch? Il suo umore si risollevò. Non che fossero mai stati amici, ma un volto familiare in quel contesto nuovo e difficile era pur sempre benvenuto. Ammesso che si trattasse veramente di Sam...
«Tutto bene?» le chiese il maggiore Crooks.
«Sì... grazie. Dov'è la nostra caserma?»
«Laggiù, a destra, dietro la mensa.»
«Grazie. A dopo, allora.» In quel momento Madison non desiderava altro che accertarsi dell'identità dell'uomo che aveva visto. Socchiuse gli occhi, cercando di focalizzare lo sguardo e ritornando con la mente a quando, anni prima, si era trovata a lato del campo di rugby a fare il tifo per la squadra della scuola che Sam aveva appena portato all'ennesima vittoria. Anche allora i suoi occhi lo avevano seguito, incapaci di staccarsi...
E l'uomo che le stava venendo incontro a grandi passi, sicuro di sé come se non gli importasse di niente e di nessuno, era proprio lui.
«Capitano Hunter... Madison.» L'uomo le si parò davanti, sorridendo.
Lo faceva ancora, quindi. Sorridere in quel modo, sempre e comunque, davanti a qualsiasi situazione. Aveva conservato anche la stessa arroganza? Be', magari era cambiato. Anche lei non era più la ragazzina viziata di un tempo, no?
«Sam» si limitò a rispondere, a corto di parole. Non amava le sorprese. Di solito avevano la brutta tendenza a ritorcersi contro di lei.
«Benvenuta nel Sinai.»
Madison sentì ritornarle la voce. «Non ci posso credere. Siamo entrambi nell'esercito, impegnati nella stessa missione, nella stessa base?» Avevano persino lo stesso grado. Si mordicchiò un labbro. «Anche tu sei un medico.»
Sam annuì. «Ti stavamo aspettando.»
«Proprio me?» Di sicuro il suo nome doveva essere stato aggiunto alla lista del personale della base già da qualche giorno, ma... «Dubito che tu abbia realizzato chi ero» replicò, improvvisamente stizzita da quel sorriso smagliante e più che mai desiderosa di proteggersi dalla sua pericolosa intensità.
Rilassati. Sai come trattare gli uomini, no? Hai imparato a tue spese a essere cauta. Ignoralo. Punto e basta.
«Un nuovo dottore, fresco fresco da casa e non ancora provato dalla dura quotidianità della vita al campo è sempre il benvenuto.» Il sorriso divenne, se possibile, ancora più abbagliante. «E ho capito subito chi eri. Madison Hunter, che alle superiori aveva conquistato la carica di prefetto ed era un genio in scienze.»
Sarebbe stato fin troppo facile cedere a quel sorriso e dimenticare il dolore di essere stata tradita già una volta da un uomo di cui si fidava con tutta se stessa... Madison si riscosse. «Quindi noi due lavoreremo insieme?»
«Settimana prossima non mi avrai già più tra i piedi.»
La stava osservando? Sì, realizzò Madison, a disagio. «Quindi sei tu il medico che sostituirò.»
«Temo di sì.» Sam si strinse nelle spalle.
Il sorriso era diventato malizioso. Invece di perdere il potere che aveva su di lei, Madison se ne sentì sempre più attratta. Era ammaliante, pericoloso. Desiderosa più che mai di sfuggirvi, si guardò in giro.
Intorno al recinto perimetrale era pieno di donne e bambini, la rassegnazione dipinta sul volto.
«Perché ci sono dei civili in attesa fuori dal campo?» chiese.
«Sperano di riuscire a vedere un dottore o un'infermiera.»
Madison sentì il cuore stringersi nel petto. Quella gente aveva un'aria persa, disperata. Le ci volle tutto il suo autocontrollo per non gettare a terra lo zaino e correre da loro a chiedere cosa poteva fare per soccorrerli. Dopotutto, era anche per quello che aveva deciso di entrare nell'esercito. «Voglio aiutarli» dichiarò.
«Non è così semplice, Madison.»
«Perché no?» Lo squadrò, decisa. «È per questo che sono diventata un medico. Non è così anche per te?»
«Lo capisco, ma qui prima di tutto sei un soldato, poi un dottore» replicò lui, arrivando subito al nocciolo.
«Quindi mi stai dicendo che dobbiamo ignorare queste persone?» Madison indicò con un dito il perimetro della base. «Seriamente?»
«Niente affatto» precisò lui, le labbra strette. «Ne visitiamo qualcuna, ma secondo un rigido protocollo di sicurezza, che comprende ispezioni corporali e il metal detector prima di farli entrare.»
«Non facciamo una normale attività ambulatoriale?» Le era stato detto che si sarebbe occupata dei civili, e lei era stata più che felice di dare il suo consenso.
«Veramente anche più del necessario» rispose Sam. «Ma c'è così tanta gente che avrebbe bisogno di cure mediche che, se li ammettessimo tutti, sarebbe un flusso ininterrotto da mattina a sera.» La fissò negli occhi, severo. «Facciamo la nostra parte. Ricordati perché sei qui, capitano.»
«Ma là fuori ci sono dei bambini...» Madison era travolta dall'impulso di voler aiutare tutta quella povera gente, ma i piccoli soprattutto le avevano già rubato il cuore. Era quello il primo motivo che l'aveva spinta ad arruolarsi: migliorare la vita degli altri, specialmente dei bambini, visto che non avrebbe potuto averne di suoi.
«Sì, e alcuni sono tenerissimi» mormorò Sam, addolcendosi.
«Hanno un'aria così disperata...»
Sam scosse la testa. «Non farti ingannare. Non sono tutti quello che sembrano.» E riprese a camminare.
«Davvero?» Sam non le rispose. Evidentemente aveva deciso di non darle più retta. Sospirando, Madison cambiò argomento. «Ci vediamo. Vado a cercare i miei alloggiamenti.»
«Allora...»
«Non penso proprio. Il maggiore Crooks mi ha già dato le indicazioni» aggiunse. Permettere a quell'uomo di scortarla in giro per la base? Mai e poi mai. Le ci era voluto qualche momento per rimettere nella giusta prospettiva la reazione che incontrarlo aveva suscitato in lei. Per quanto fosse un viso familiare e che le ricordava il passato, doveva restare forte e imperturbabile. E se anche ultimamente la fragilità stava diventando una norma, era uno degli aspetti su cui stava lavorando più duramente. Quindi, se il suo allarme interiore le suggeriva di stare alla larga da quell'uomo, lo avrebbe ascoltato.
«Quello che stavo per dire era che ci vediamo dopo nell'unità medica, così ti presento agli altri» puntualizzò Sam, guardandola con aria quasi infastidita, le labbra strette in una linea dritta, decisa.
Mentre la bocca di Madison avrebbe avuto voglia di incurvarsi all'ingiù. Si sforzò di resistere e di tenere lo sguardo fiero, senza dare il minimo segno delle sue reali preoccupazioni. Se mai qualcuno se ne fosse accorto, sarebbe stata una ragione più che valida per salire sul primo volo e tornare a casa. «Sì, capitano.»
L'espressione di Sam divenne in un istante imperscrutabile.
Si era spinta troppo in là, riconobbe Madison, irrigidendosi, se possibile, ancora di più. Sam non meritava un atteggiamento così maleducato. Ma una donna doveva pur sempre difendersi. Soprattutto in un contesto che non capiva. Una volta, irritato dal non avere ottenuto un punteggio più alto del suo in una verifica, Sam l'aveva definita una ragazzina ricca e viziata. Ora gli stava dimostrando che non era mutata. L'aveva anche accusata di non sapere niente del mondo reale. Se solo avesse saputo... Be', invece non avrebbe mai dovuto venire a conoscenza di nulla.
All'improvviso Madison si sentì stanca di tutto. Del viaggio, del caldo, dello stupido scambio di battute con Sam. Avrebbe davvero voluto andarci d'accordo, magari anche conoscerlo un po' di più, senza però cadere nella trappola di quel sorriso abbagliante. «Non vedo l'ora, grazie.»
«Ci vediamo dopo.» E, voltandole le spalle, Sam se ne andò, la schiena dritta, le mani ai fianchi.
È più affascinante che mai.
Smettila!
Ma era vero. Il bel viso intrigante dell'adolescente aveva assunto delle fattezze da uomo, mature, cesellate, meritevoli di ben più di uno sguardo. E anche il suo corpo muscoloso. Al solo pensiero di cosa nascondesse la divisa, Madison sentì un brivido traditore lungo la schiena. Un colpo di calore, ecco cosa doveva essere. Anche se era sotto il sole da meno di mezz'ora. Probabilmente a farla indulgere in quei pensieri senza senso era il suo stato mentale confuso, che la portava a rimuginare su cose che non c'entravano con il dover lavorare fianco a fianco con lui. Lui è Il capitano Lowe. Ricordati solo di questo, e dimentica il suo aspetto, i muscoli e il viso.
Ma dopotutto era una donna anche lei, e stare vicino a un bell'uomo le piaceva. Non era immune al fascino maschile, e sapeva apprezzare la bellezza quando se la trovava davanti.
Maddy scosse la testa. Sei qui per lavorare, non per cedere agli ormoni.
L'esperienza le aveva insegnato che il sesso occasionale non faceva per lei. Doveva esserci qualche connessione con l'amante. E aveva scelto di aspettare di essere innamorata per la sua prima volta. Era sempre stata convinta di quella decisione, almeno fino a quando l'uomo che poi era diventato suo marito non le aveva polverizzato il cuore, insieme all'autostima. Non avrebbe mai dimenticato l'espressione inorridita di Jason davanti al suo corpo sfigurato. Aveva creduto nel suo amore. Ora sapeva di non potersi fidare di nessuno.
«Capitano? La sua stanza è la numero tre, in quel blocco dietro la mensa» la informò un militare, avvicinandosi.
«Grazie, soldato» rispose, incamminandosi nella direzione che le era stata indicata.
Un passo e raggelò. Da una baracca poco distante proveniva un fumo denso.
Madison sentì un brivido percorrerle la spina dorsale, facendole venire la pelle d'oca. Il cuore in gola, trattenne il respiro. «No.» La sillaba le uscì dalle labbra in un soffio. Era terrorizzata. «No.» Fumo significava fuoco. No, per favore, no! Non ce la poteva fare. Non quel giorno, né mai. Non di nuovo. Tutto, ma quello no. Corri. Muoviti. Potrebbe esserci qualcuno intrappolato lì dentro. Sbrigati.
Ma le gambe sembravano paralizzate. E intanto il fumo saliva in alto, in spirali sempre più minacciose.
«Muoviti, dannazione» disse sottovoce a se stessa. Doveva