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Vietato innamorarsi: Harmony Bianca
Vietato innamorarsi: Harmony Bianca
Vietato innamorarsi: Harmony Bianca
E-book155 pagine2 ore

Vietato innamorarsi: Harmony Bianca

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Info su questo ebook

Jenny: Sleepy Havelock è l'ultimo posto nel quale rimanere bloccati a Natale. Ma quando due adorabili gemelli mi sono venuti addosso con il loro skateboard - seguiti dal loro fantastico e sexy padre, il dottor Roberts - sono stata costretta a rivedere i miei piani. Tuttavia, più a lungo starò con questa incantevole famiglia, più sarà difficile per me andarmene.
Cameron: Jenny è una donna che sta soffrendo e che ha bisogno di riacquistare la fiducia in se stessa, e io posso aiutarla. Quello che non devo dimenticare, però, è che fra poco se ne andrà e che io e i miei figli non siamo pronti ad affrontare un altro abbandono. Vietato innamorarsi, quindi!, ma la dolcezza del suo sguardo e il calore delle sue labbra rendono questo frutto proibito ancora più allettante.
LinguaItaliano
Data di uscita10 nov 2020
ISBN9788830521193
Vietato innamorarsi: Harmony Bianca

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    Anteprima del libro

    Vietato innamorarsi - Sue Mackay

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Family This Christmas

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2014 Sue MacKay

    Traduzione di Giovanna Seniga

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-119-3

    1

    «Attento!» L’urlo fu seguito da un lamento smorzato che si sparse nell’aria e fece rizzare i capelli in testa a Cameron Roberts.

    Poi si udì il rumore di un oggetto che rotolava sul marciapiede. Cam era sicuro che si trattasse di uno degli skate dei gemelli. Di colpo si sentì soffocare mentre il suo cuore si metteva a battere all’impazzata. Cosa c’era ancora? Non finivano mai i guai che i suoi ragazzi riuscivano a combinare? Avevano solo otto anni, ma riuscivano ad essere più disastrosi di un’intera squadra di rugbisti che si fossero aggirati per la città alticci dopo una vittoria importante.

    Posò il decespugliatore sul tavolo del barbecue e si precipitò fuori. «Marcus? Andrew? Tutto bene?»

    «Corri, papà. A lei occorre un medico. Non ho fatto apposta. Te lo giuro. Mi dispiace.» Marcus comparve dal fondo della strada con il visetto bagnato di lacrime.

    Cam deglutì. Cosa aveva combinato suo figlio questa volta? E dov’era Andrew? Gli era successo qualcosa? Questo avrebbe giustificato l’aria spaventata di Marcus. Ma non capiva perché avesse detto a lei.

    «Cos’è successo?» Mentre implorava gli dei di concedergli una pausa dai suoi doveri di padre scompigliò i capelli di suo figlio per tranquillizzarlo.

    Come sempre gli dei cui si rivolgeva dovevano essere in vacanza se quello che si presentava al suo sguardo era vero. «Un giorno, un giorno solo senza disastri. Non chiedo altro» mormorò fra sé mentre raggiungeva la rossa che giaceva sul marciapiede in un mucchio scomposto.

    Aveva il viso contratto e gli occhi con cui lo guardò erano velati dal dolore. Respirava in modo affannoso e il suo gomito sinistro e l’avambraccio sanguinavano probabilmente per avere strisciato contro il selciato.

    Accanto a lei Andrew continuava a saltellare da un piede all’altro con lo skate in mano. L’altro skate, evidentemente quello di Marcus, era rovesciato davanti alla ragazza.

    «Cos’è successo?» domandò di nuovo Cam mentre si accucciava accanto alla donna.

    «Papà, la signora si è fatta male, ma...» disse Marcus.

    «Noi non volevamo. Davvero.» concluse Andrew con voce tremante.

    La donna si mosse mugolando per il dolore. «Mi sono rotta la caviglia!»

    Osservando la sua gamba vide che il piede e la caviglia si stavano già gonfiando. Frattura o distorsione? «Non possiamo ancora essere sicuri che sia rotta.»

    «Io lo sono» borbottò lei decisa.

    «Sono un medico. Va bene se la visito per capire l’entità del danno?»

    Lei sollevò gli occhi verso di lui. Erano verdi come l’erba delle colline dove lui andava a camminare da ragazzo. «Il davanti dello skate del bambino mi ha colpito direttamente l’astragalo. Il dolore è stato immediato e straziante. È rotta.»

    L’astragalo, eh? Non aveva detto l’osso della caviglia, quindi conosceva i termini medici. Con lo stomaco contratto lui osservò la gamba stesa a terra. Probabilmente la ragazza aveva ragione a meno che la caviglia non si fosse girata quando era caduta. «Non posso che chiederle scusa. I miei figli sono un po’ troppo esuberanti qualunque cosa facciano.» Stava minimizzando a dire poco, ma non poteva certo mettersi a raccontare a quella sconosciuta la sua lotta giornaliera per tenere a bada i suoi due scatenati gemelli.

    Accidenti, com’era bella!

    Da dove diavolo saltava fuori? Si guardò intorno. A parte loro la strada era deserta. Tornò a rivolgersi alla ragazza. Nonostante la smorfia di dolore aveva un viso bellissimo. Si disse che doveva sbrigarsi a portarla all’ospedale, che non doveva pensare a niente altro che a quello. La sconosciuta poteva anche essere uno schianto, ma era una femmina e femmina non significava altro che guai.

    «Stavano andando di fretta» disse lei interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Nonostante il dolore e la situazione aveva una voce gentile con una cadenza del sud.

    «Antenati scozzesi?» scappò detto a Cam, anche se non erano affari suoi e, date le circostanze, era una domanda del tutto assurda.

    «Neanche un goccio» rispose lei. «Crescendo in fondo all’isola del Sud noi tendiamo a non parlare come il resto della popolazione.»

    Il suo modo di arrotare la erre gli fece provare un senso di calore. Aveva sempre avuto un debole per le donne con quel tipo d’accento. Già, ed ecco com’era finito!

    Si obbligò a concentrarsi di nuovo sulla caviglia. «Chiamo subito l’ambulanza. Hanno sicuramente a bordo del monossido d’azoto che lei può respirare mentre le tolgono la scarpa.» Lei annuì. Era chiaro che sapeva quali erano gli effetti del monossido d’azoto. «Andrew, vai subito a prendere il cellulare.»

    «Sì, papà.»

    «Marcus porta i cuscini del divano per la signora.»

    «Sì, papà. Ma noi...»

    «Fate quello che ho detto» disse lui con calma.

    «Molto obbedienti» commentò la sconosciuta mentre i bambini trotterellavano verso casa.

    Davvero? «Solo perché sanno di essersi messi in un grosso guaio.» Cam le raddrizzò delicatamente la gamba facendo attenzione a non urtare la caviglia. «Ecco, io sono Cameron Roberts, uno dei medici di base di qui.»

    «Jenny Bostock.» I capelli, tenuti fermi da una fascetta che aveva perso nella caduta, erano una stupefacente cascata rossa che le copriva le spalle, la schiena e in parte la faccia.

    Cam dovette farsi forza per resistere all’impulso di scostarglieli dal viso. Non sarebbe stato professionale senza contare che avrebbe rischiato di prendersi uno schiaffo in faccia. «Stava visitando Havelock in giornata o aveva intenzione di fermarsi un po’?»

    Si disse che non era indiscreto, stava semplicemente cercando di distrarla in attesa dell’ambulanza. Era un comportamento professionale.

    Lei fece una smorfia prima di rispondere. «Ho traghettato questa mattina e ho deciso di percorrere la panoramica invece di andare direttamente a Blenheim. Poi quando sono arrivata qui ho deciso di fare una passeggiata prima di mangiare qualcosa in quel bar sul lungomare.»

    «I miei figli le hanno rovinato tutto. Mi spiace. A volte non riescono a controllarsi.»

    «Un problema doppio, vero?» chiese lei. Nonostante il dolore riuscì ad accennare un sorriso. Un comportamento sorprendente vista la condizione in cui si trovava. Doveva essere abituata a controllare il dolore.

    «Creda a me. Chiunque ha inventato quel modo di dire non ha mai avuto davvero a che fare con due gemelli. Diciamo almeno dieci problemi.» Allargò le braccia poi sorrise. «Ma anche dieci volte più amore.»

    «Sono usciti dal nulla, ma non sia troppo duro con loro. Per quello che ne so potrebbe anche essere stata colpa mia. Stavo guardando una barca che si allontanava dal porto turistico e non a dove mettevo i piedi.»

    «Lei è molto gentile. Ho raccomandato loro mille volte di stare attenti ai pedoni, anche se qui in fondo non se ne incontrano molti.»

    «Cosa vuole, sono bambini.»

    «Sì, ma devono imparare. Non permetterò loro di usare più gli skate finché non avranno afferrato la lezione.»

    «Si sta intorpidendo?» chiese quando vide che lei stava dandosi dei leggeri colpi al piede infortunato. «Vuole provare a muovere il piede?»

    «Non proprio » rispose lei, ma strinse le labbra e prese un’aria decisa.

    Lui si accorse del momento in cui cercò di muovere il piede dalla smorfia di dolore che le attraversò il viso. «Si fermi. Sono d’accordo con lei. Non si tratta di una semplice distorsione.»

    Intanto Andrew era arrivato con il cellulare e il suo gemello con i cuscini. «Sistemateli dietro la schiena della signora uno alla volta. E fate piano. Le avete già fatto anche troppo male.»

    Jenny li guidò a sistemare i cuscino parlando loro con grande calma come se si trattasse di un’operazione che svolgeva tutti i giorni.

    Cam si rialzò e chiamò il responsabile del servizio volontario di ambulanza. «Ciao, Braden, ho bisogno di te davanti alla porta di casa mia. Una ragazza con una sospetta frattura alla caviglia ha bisogno di antidolorifici e deve essere portata a Wairau, l’ospedale di Blenheim. Deve fare le lastre ed essere visitata da un ortopedico.»

    «Ecco che la mia carriera di indossatrice va in malora» disse la ragazza mentre a Cam parve di cogliere un brillio nei suoi occhi appannati dal dolore.

    Indossatrice? Certo, ci poteva stare. Quelle lunghe gambe snelle potevano benissimo sfilare su una passerella. E anche il resto del suo corpo era super e terminava con quella splendida criniera rossa e quel viso che avrebbe tentato un santo. Se gliene avesse lasciato la possibilità Jenny Bostock avrebbe certamente fatto vacillare il suo proposito di evitare la metà femminile della popolazione. E quindi non doveva dargliela quella possibilità. Fece un mezzo passo indietro. Meglio mettere una certa distanza fra loro.

    Era il momento di essere pratici. «Penso che lei abbia un’auto parcheggiata da qualche parte. La posso tenere nel mio garage finché lei non è in grado di guidare di nuovo.»

    Le dita di Jenny scivolarono nella tasca sul fianco dei suoi attillati short a mezza coscia e pescarono una chiave. «È un’auto sportiva rossa. Targa HGH345. È parcheggiata davanti al negozio delle sculture in legno.»

    Lui rischiò di non afferrare le chiavi intento com’era ad ammirare quel fianco. Finalmente riuscì a scuotersi. Auto sportiva. Bene. «Lei è molto fiduciosa» sorrise. Il che significava che probabilmente l’auto era un vecchio catorcio bisognoso di un mucchio di riparazioni.

    «Dottor Cameron Roberts, Havelock. Medico di base. Comunque sono stesa davanti al suo cancello: 5C Rose Street.»

    Grande osservatrice! In quel momento sentirono la sirena. «Ecco. Sono qui per lei.»

    «Tutti contenti di far rumore con le loro sirene e clackson, vero? Ma ammetto che anch’io sono contenta all’idea di succhiare un po’ di monossido d’azoto. La caviglia mi fa un male cane.» Fece una smorfia. Non aveva più voglia di sorridere.

    «Avrei dovuto chiederglielo prima. Devo avvertire qualcuno di quello che le è successo e dove la stanno portando?»

    Lei scosse il capo. «No, grazie.»

    «Avrà bisogno che qualcuno venga a prenderla dopo che i medici l’avranno rimessa a posto.»

    «Ci penserò da sola.» Distolse lo sguardo, ma non abbastanza in fretta perché Cam non scorgesse la sua espressione desolata.

    Intanto Braden e il suo aiutante Lyn li raggiunsero portando una barella, un steccatura e la loro dotazione medica.

    «Ciao, ragazzi. Vi presento Jenny Bostock.» Cam cercava di avere un tono leggero per nascondere il senso di colpa vedendo in che guaio i suoi figli avevano cacciato quella povera ragazza.

    «Papà, possiamo andare ai negozi?»

    «Sai, abbiamo visto la mamma scendere da un’auto in fondo alla strada.»

    Lui sussultò. Non bastava il danno che avevano fatto, dovevano anche venirgli a dire che avevano visto la loro madre? Quando avrebbero accettato il fatto che quella donna egoista non aveva nessuna intenzione di ritornare? Se anche si fosse degnata di farsi vedere, comunque non avrebbe mai permesso che due pesti di otto anni interferissero con il

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