Passionale rivincita: Harmony Destiny
Di Tessa Radley
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Info su questo ebook
Per Clea Noble è giunto il momento di voltare pagina, anche se sa che non potrà mai dimenticare il marito, Brand Noble, svanito senza lasciare traccia. Non è la prima volta che si trova a combattere contro il destino, ma questa volta Clea ha deciso di dire basta!
Riuniti dalla passione.
Brand è tornato ed è deciso a riottenere il posto che gli spetta. Nonostante ormai la moglie sia sposata a un altro uomo, non si fa alcuno scrupolo nell'irrompere nella sua vita. Clea gli appartiene e lui farà di tutto per riconquistarla, certo che la passione che li ha uniti in passato li aiuterà a superare ogni ostacolo.
Tessa Radley
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Passionale rivincita - Tessa Radley
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Reclaiming His Pregnant Widow
Harlequin Desire
© 2011 Tessa Radley
Traduzione di Eleonora Motta
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5897-979-2
1
La fotografia lo confermava in modo inequivocabile.
Il giornale che Brand Noble aveva acquistato all’aeroporto internazionale JFK, al suo ritorno negli Stati Uniti, riportava la notizia che quella sera si sarebbe tenuta la cerimonia d’apertura di una mostra al museo. Tuttavia, ciò che gli aveva provocato un colpo al cuore era stata la foto di Clea accanto a una statua di pietra, raffigurante una tigre. Erano quattro anni che non rivedeva sua moglie e sembrava più bella che mai, con i suoi capelli neri e i profondi occhi verdi.
Il fatto di non essere in possesso di un biglietto d’invito non gli avrebbe di certo impedito di raggiungerla. Aveva atteso fin troppo tempo.
Due ore più tardi, Brand sbatté la porta del taxi che lo aveva trasportato fino all’entrata del museo, nel centro di Manhattan. Volgendo le spalle al confuso andirivieni di gente che si stava affrettando verso casa alla luce del tramonto, alzò lo sguardo sull’imponente edificio del Museo delle Antichità.
Clea era lì dentro.
Una guardia o, per meglio dire, un energumeno in uniforme, bloccava l’entrata e la sua occhiataccia gli rammentò che doveva ancora indossare la giacca dello smoking, gettata sul braccio sinistro, che aveva affittato per l’occasione.
Negli ultimi quattro, lunghissimi anni, aveva portato ben altro tipo di abiti...
D’improvviso, un fastidioso senso d’impazienza s’impossessò di lui, all’idea di poter finalmente rivedere e abbracciare Clea. Così aumentò il passo e, mentre si dirigeva verso le porte di vetro, indossò l’elegante giacca. Aggiustò il collo e i risvolti di satin con le sue dita callose e rovinate.
La guardia di sicurezza era intenta a esaminare gli inviti di un gruppo di persone, così lui ne approfittò ed entrò accodandosi a loro.
Primo ostacolo superato. Ora doveva trovare Clea.
Brand sarebbe impazzito per questa tigre...
Come sempre, la vista di quella figura in pietra le faceva gelare il sangue. Il chiacchierio sommesso e il tintinnio dei calici di champagne si affievolirono, mentre Clea studiava la statua. Scolpita da un artista sumero secoli addietro, il potere primitivo emanato da quel felino era stupefacente. Ed era più che certa che Brand l’avrebbe apprezzata quanto e più di lei. Lo aveva pensato la prima volta che aveva posato lo sguardo su quella scultura quasi a grandezza naturale. L’importo per l’acquisizione di quel pezzo antichissimo da parte del curatore del museo, Alan Daley, era stato notevole ma la statua aveva attirato moltitudini di visitatori. E, ogni giorno, riportava alla memoria di Clea il marito scomparso.
«Clea?»
La voce che s’insinuò tra i suoi pensieri aveva una tonalità più morbida di quella di Brand. Era Harry.
Brand era morto, gettato senza onore in qualche fossa comune nell’orribile deserto iracheno. Anni d’infiniti interrogativi e preghiere disperate avevano condotto a un verdetto irrevocabile, nove mesi prima.Scrollando le spalle, Clea tentò di togliersi di dosso la malinconia. Si sistemò un ricciolo ribelle dietro un orecchio e, sorridendo a fatica, si volse verso il socio in affari di suo padre e suo grande amico.
«Sì, Harry?»
Harry Hall-Lewis pose le mani sulle sue spalle e la fissò intensamente. «Sì? Finalmente! È la parola che attendevo da tanto tempo.»
Clea roteò gli occhi e, ancor prima che potesse ribattere, il suo cellulare vibrò con un tempismo perfetto. Con un malcelato sospiro di sollievo, controllò il display. Era suo padre. Come presidente del consiglio d’amministrazione del museo, Donald Tomlinson aveva scortato alcuni potenziali finanziatori ad una visita privata della mostra.
Dopo averlo ascoltato per qualche istante, lei interruppe la comunicazione. «Mio padre ha terminato il giro e, udite udite, è riuscito nel suo intento. Si è assicurato altri finanziamenti. Desidera che lo raggiungiamo.»
«Stai cambiando discorso.» Le dita di Harry si irrigidirono sulle sue spalle nude e la bloccarono, e lei quasi inciampò nel proprio abito lungo fino ai piedi, provocandogli una risatina. «Un giorno o l’altro ti convincerò a sposarmi e, finalmente, ti renderai conto di cosa ti sei persa in tutti questi anni.»
«Oh, Harry! Questa battuta ormai è logora.»
L’ilarità scomparve dal suo viso. «Il pensiero di sposarmi è così ripugnante?»
La sua espressione avvilita la fece sentire terribilmente in colpa. I loro padri erano amici da sempre e loro due erano cresciuti insieme, come fratello e sorella. E Clea desiderava che le cose rimanessero a quel livello.
Inclinando la testa, lei gli regalò un sorriso. «Sei il mio migliore amico, Harry, ti voglio bene...»
«Sento che sta per arrivare un ma.»
Adorabile e sensibile Harry... In effetti, c’era un ma. Un affascinante e indimenticabile ma.
Brand. L’amore della sua vita. Impossibile da sostituire perché il vuoto lasciato dalla sua scomparsa le aveva risucchiato tutta la gioia di vivere. Quanto le mancava!
Clea strinse le palpebre per un istante per interrompere quella dolorosa catena di pensieri. «Non sono ancora pronta per pensare di sposarmi di nuovo».
«Non mi dire che nutri ancora speranze che Brand sia vivo.»
Le parole di Harry fecero sprofondare di colpo tutte le sue illusioni, costringendola ad affrontare l’amara realtà e lasciandola quasi spossata. Voleva andare a casa, sdraiarsi sul letto, che una volta aveva condiviso con Brand, e avvolgersi nelle coperte in cerca di conforto.
Stringendosi le braccia sull’addome, lasciò andare un pesante sospiro. «Non è il momento adatto per questa discussione.»
«Clea, da quando hai ricevuto conferma della morte di Brand nove mesi fa, non hai mai voluto affrontare l’argomento o parlare di lui.» Le strinse un gomito ma lei si ritrasse. «So che hai fatto il possibile per ritrovarlo e che non hai mai smesso di sperare che fosse ancora vivo. Purtroppo non è così, ed è necessario che tu inizi ad accettarlo, per il tuo bene.»
«Lo so che... è morto» affermò lei, con voce rotta.
La sconfitta le fece abbassare le spalle e l’abito da sera color verdazzurro – come gli occhi di Brand – parve perdere forma ed eleganza.
Con un brivido, realizzò che era la prima volta che ammetteva ad alta voce ciò che aveva rifiutato di credere per quattro lunghi anni. Suo marito era morto...
Nel profondo del suo cuore, era convinta che – se mai gli fosse capitato qualcosa – lei lo avrebbe sentito, come una lancia che le trafiggesse il petto. Perciò non aveva mai smesso di sperare, nemmeno quando suo padre e i suoi amici la invitavano, con affetto, ad affrontare la realtà. Brand non sarebbe più tornato.
La voce di Harry, interruppe i suoi pensieri. «Accettare la sua scomparsa è già un importante passo avanti.»
«Harry...»
«È stato un periodo molto duro per te» la interruppe lui, scuotendo la testa. «Scoprire poi che era andato a Baghdad con un’altra donna...»
Clea alzò una mano bruscamente. «Posso anche essermi sbagliata sulla sorte di Brand, ma sono certa che non c’è stata nessuna relazione fra lui e Anita Freeman. Non m’importa cosa dicono gli investigatori. Non è vero. Punto e basta.»
«Ma tuo padre...»
«Non m’importa nemmeno di ciò che pensa mio padre. Mi rifiuto di crederci. Inoltre, sai bene che mio marito non gli è mai piaciuto.» Esitò un istante. «Brand e Anita erano colleghi.»
«Colleghi?» Harry sbarrò gli occhi.
«Okay, sono usciti insieme un paio di volte. Ma questo è stato prima che ci conoscessimo.» Clea odiava i pettegolezzi che miravano a insudiciare il loro amore.
«Forse era proprio quello che lui voleva farti credere, ma gli investigatori hanno scovato prove inequivocabili del fatto che loro vivessero insieme a Londra già da oltre un anno, quando vi siete conosciuti. Perché non te lo ha mai detto? Tuo marito è morto in un incidente d’auto, insieme a un’altra donna, nel deserto dell’Iraq. Smettila d’ingannare te stessa!»
Lanciando un’occhiata fulminea attorno a sé, Clea si assicurò che nessuno dei presenti stesse ascoltando la loro conversazione.
«Loro non vivevano insieme» sibilò, irritata. «Brand me lo avrebbe detto. La relazione è durata poco e si sono tenuti in contatto solo per questioni di lavoro. Lui era un esperto di oggetti antichi e Anita era un’archeologa. Era ovvio che s’incontrassero.»
«Non potrai mai esserne certa. Brand non ti ha nemmeno informata che sarebbe andato in Iraq!»
Non potendo resistere alle bordate della ferrea logica di Harry, Clea raddrizzò le spalle. «Non ho alcuna intenzione di continuare questa sterile discussione con te.»
Era già pesante dover accettare la propria sconfitta e il fatto che tutti la considerassero pazza per aver continuato a sperare così a lungo. I rottami incendiati dell’auto a noleggio di Brand erano stati ritrovati nel deserto, e gli abitanti di un villaggio nelle vicinanze avevano confermato di aver sepolto i corpi carbonizzati di un uomo e di una donna in una fossa comune locale.
Nonostante ciò, Clea si era intestardita a volere delle prove che il corpo fosse davvero quello di suo marito. Niente sembrava in grado di farle mettere il cuore in pace. Né che lui non avesse mai dato notizie dalla sua sparizione, o che il suo conto in banca non fosse mai stato toccato in tutti quegli anni.
Infine, la prova inequivocabile era arrivata. La fede nuziale di Brand. Sottratta a uno dei cadaveri da un membro della squadra addetta alle sepolture, era stata più tardi rinvenuta in una bancarella di una specie di ricettatore, in un mercato del villaggio.
Suo marito non si sarebbe mai tolto la fede. Mai. Quindi, non c’era altro modo per spiegare l’accaduto che accettare che era davvero deceduto in quel maledetto incidente.
Le rimase solo da sbrigare qualche faccenda burocratica e attendere che la corte emettesse il certificato di morte. Il giorno in cui lo ricevette, il suo cuore esplose dal dolore, incapace di accettare l’ineluttabilità dei fatti.
Ancora una volta, le lacrime le annebbiarono la vista, rendendo indistinti i lineamenti di Harry davanti a lei.
«Ora ti ho turbata» riconobbe lui, con tono infelice. «Non avevo intenzione di ferirti.»
«Tu non c’entri. È che sono tutta sottosopra.» Clea gli sferrò un colpetto scherzoso sull’elegante giacca. «Passerà. Ti prometto che smetterò di piangere in continuazione come una fontana.»
«Puoi inondarmi giacca e camicia di lacrime quando vuoi» ribatté lui, tentando di scherzare.
La gola le si annodò di nuovo, ma resistette. «Basta piagnucolare. Devo andare avanti con la mia vita e tutto andrà per il meglio.»
«Quando avrai bisogno di me, io ci sarò sempre. Questo lo sai.»
Più che altro, in quel momento, Harry temeva che lei potesse svenire o avere una crisi isterica proprio di fronte a tutta l’alta società di New York. Clea lo percepì e le sfuggì un sorrisetto.
«Grazie, Harry. Sei un tesoro.»
Un’espressione sollevata illuminò il viso di lui. «A