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Un futuro con la mia ex: Harmony Collezione
Un futuro con la mia ex: Harmony Collezione
Un futuro con la mia ex: Harmony Collezione
E-book161 pagine2 ore

Un futuro con la mia ex: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Promemoria: quando si lavora con una ex, mantenere sgombra la mente da ogni pensiero extra lavorativo!

Per quanto peccaminose possano essere le sue labbra, o intriganti le sue lunghe gambe, Jordan Smith non vuole più avere niente a che fare con la sua ex fidanzata. Il problema però è che ora lui e Alexandra sono costretti a lavorare insieme. L'attrazione che provano l'uno per altra è innegabile, e fare tardi la sera fianco a fianco li fa impazzire di desiderio. Resistere a quella tentazione è sempre più difficile, ma con un passato come il loro è possibile sperare in un riavvicinamento che duri più di qualche notte di passione?

LinguaItaliano
Data di uscita21 ott 2013
ISBN9788858916209
Un futuro con la mia ex: Harmony Collezione
Autore

Kate Hardy

Autrice inglese, consulta spesso riviste scientifiche per verificare i dettagli tecnici dei suoi romanzi.

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    Anteprima del libro

    Un futuro con la mia ex - Kate Hardy

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Ex Who Hired Her

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2012 Pamela Brooks

    Traduzione di Maria Elena Vaccarini

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5891-620-9

    www.eHarmony.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Xandra Bennett.

    Jordan avrebbe scommesso che aveva cambiato l’iniziale del nome perché la faceva sembrare una persona di successo nel settore del marketing più del semplice Sandra. Sperava soltanto che ci fosse abbastanza sostanza da confermare l’ipotesi. Probabilmente sì, o almeno l’agenzia di collocamento doveva pensarlo, se aveva chiesto quel colloquio all’ultimo momento. Anche se, dopo un’intera giornata passata ad ascoltare le idee brillanti e non di persone che ambivano a diventare il prossimo direttore commerciale dei grandi magazzini Field’s, Jordan non era esattamente ben disposto.

    L’ultima, si disse. L’ultima, e poi potrò continuare il mio lavoro.

    La sua assistente aprì la porta. «Signorina Bennett.»

    Quando Xandra Bennett entrò nell’ufficio, Jordan si dimenticò di respirare.

    Era lei.

    Fra tutti i grandi magazzini di tutte le città del mondo, entrava proprio nel suo.

    Nome diverso, capelli diversi, e chiaramente aveva sostituito gli occhiali con le lenti a contatto, ma era indubbiamente lei. Alexandra Porter.

    Il corpo di Jordan fu percorso da un fremito. L’ultima volta che l’aveva vista, era una diciottenne dai capelli di un castano insignificante che le scendevano quasi fino alla vita quando le aveva sciolto la treccia in cui li raccoglieva abitualmente. E allora si vestiva nello stile tipico di una diciottenne: scarpe da tennis, jeans sdruciti e maglietta due taglie più grande che le nascondeva le curve.

    Ora appariva in tutto e per tutto una professionista del marketing. Un elegante completo dal taglio perfetto che metteva in risalto le sue curve senza tuttavia ostentarle, capelli lisci a caschetto con colpi di luce fatti con tale abilità che le ciocche color rame e oro sembravano create naturalmente dal sole, scarpe dai tacchi alti che facevano apparire infinite le sue gambe.

    E aveva ancora una bocca che gli causava un brivido in tutto il corpo.

    Jordan scacciò quel pensiero. Non voleva ricordare Alexandra Porter e la sua bocca tumida e generosa. La bocca a cui una volta aveva insegnato a baciare.

    Sebbene l’avesse nascosto rapidamente, a Jordan non era sfuggita l’espressione scioccata sul suo viso. Anche lei l’aveva riconosciuto, e non si era aspettata di vederlo lì... oppure sì?

    Non si fidava di lei.

    In passato si era rivelata una bugiarda manipolatrice, e quello era un tratto della personalità che non cambiava con l’età. Bennett era forse l’uomo per il quale l’aveva scaricato? In seguito aveva scaricato anche lui, quando aveva trovato qualcun altro che poteva offrirle di più?

    Forse avrebbe dovuto dirle che il posto era già stato assegnato e che non ci sarebbero stati altri colloqui. Ma questo avrebbe comportato la necessità di spiegare le sue ragioni ai collaboratori, spiegazioni che preferiva non dare.

    Jordan Smith.

    Alexandra provò un senso di nausea. Jordan era l’ultima persona che si era aspettata di vedere. Dieci anni addietro aveva giurato che non avrebbe mai più avuto niente a che fare con lui. Non gli aveva mai perdonato di non esserle stato accanto quando ne aveva avuto più bisogno. Di averle mentito. Di averla tradita. Le ci erano voluti anni per ricostruirsi una vita e ora, proprio quando era prossima a realizzare i propri sogni, eccolo di nuovo sulla sua strada.

    Lo studente alto e un po’ allampanato che aveva conosciuto aveva messo su peso. Non che fosse grasso, assolutamente no, ma le sue spalle erano più ampie e il fisico più muscoloso. La bocca era ancora sensuale e prometteva piacere... ma Xandra preferì non ricordare quanto piacere sapeva dare quella bocca.

    I jeans logori e la maglietta, che era solito indossare allora, erano stati sostituiti da un completo griffato, una camicia che sembrava fatta a mano e una cravatta di seta. I capelli alle tempie avevano un tocco argentato... be’, capelli così scuri rivelavano rapidamente il grigio. Aveva indubbiamente un’aria autorevole. Era diventato il genere di uomo che doveva soltanto respirare perché le donne cadessero ai suoi piedi.

    In qualità di direttore generale di Field’s, Jordan Smith aveva l’ultima parola su chi avrebbe ottenuto il lavoro.

    E questo la metteva... dove? Fra gli aspiranti scartati, poiché sarebbe stata un ricordo vivente della sua colpa. Del fatto che l’aveva abbandonata quando aveva diciotto anni ed era incinta di suo figlio? Oppure le avrebbe dato il lavoro poiché sentiva di doverglielo per averle rovinato la vita tanti anni prima? E se le avesse offerto il posto, lei l’avrebbe accettato, sapendo che avrebbero dovuto lavorare insieme?

    Mille pensieri le ronzavano nella mente. Poi si rese conto che uno degli intervistatori le aveva rivolto una domanda e aspettava la sua risposta. Oh, grandioso. Adesso avrebbero pensato che aveva la capacità di attenzione di un moscerino e che sarebbe stata un inconveniente invece di un punto di forza per la società.

    Addio al nuovo impiego. Be’, ormai non aveva niente da perdere. Tanto valeva che affrontasse quel colloquio per fare pratica. In seguito, invece di leccarsi le ferite, avrebbe potuto analizzare la propria prestazione e capire dove doveva essere più incisiva, preparandosi per il prossimo.

    «Mi dispiace. Temo di non avere afferrato le sue parole» ribatté, rivolgendo un sorriso di scuse all’uomo più anziano.

    «Sono Harry Blake, il direttore del personale.» L’uomo ricambiò il sorriso. «Lei è Gina Davidson, la vice direttrice del magazzino.» Fece una pausa per lasciare che Alexandra scambiasse un saluto e stringesse la mano alla vice direttrice. «E lui è Jordan Smith, il direttore generale.»

    Jordan doveva essere più giovane dei suoi colleghi di almeno vent’anni. Aveva solo trent’anni. Come aveva potuto diventare così in fretta direttore generale di una società così tradizionale?

    Che domanda stupida. Naturalmente Jordan sarebbe stato spietatamente concorrenziale ovunque avesse lavorato. Era sempre stato brillante e, da adolescente, era stata attratta dalla sua mente almeno quanto dal suo aspetto.

    Un uomo in grado di parlare tre lingue scorrevolmente come la propria, che conosceva tutti i miti europei, non solo quelli greci e romani, che conosceva Shakespeare perfino meglio di lei ai tempi in cui voleva ancora insegnare teatro rinascimentale. Sogni che si erano infranti ed erano morti, insieme al...

    Xandra scacciò quel pensiero.

    Non c’era modo di evitarlo, avrebbe dovuto stringergli la mano, mostrandosi cortese. Optò per una breve, ferma e pratica stretta di mano e si sforzò d’ignorare il formicolio causato dal contatto con la sua pelle. Ma poi commise l’errore di guardarlo negli occhi.

    Blu notte. Affascinanti. Quegli occhi avevano attirato la sua attenzione fin dal loro primo incontro. Diciassette anni e non era mai stata baciata. Fino a quella sera, quando lui aveva visto oltre la secchiona dai capelli scialbi e gli occhiali che non legava con nessuno alla festa, e si era avvicinato per parlare con lei. Aveva ballato con lei. L’aveva baciata.

    Xandra deglutì e distolse lo sguardo, decisa a scacciare i ricordi.

    Jordan notò che non riusciva a guardarlo negli occhi. Senso di colpa? Non che importasse poiché per quanto lo riguardava non avrebbe avuto quel posto. Non avrebbe permesso in nessun caso che tornasse nella sua vita, nemmeno come dipendente. Avrebbe portato a termine quel colloquio, dopo di che non le avrebbe mai più messo gli occhi addosso.

    Quale direttore del personale, era Harry a condurre ufficialmente il colloquio, così Jordan si appoggiò allo schienale e restò ad ascoltarlo porre ad Alexandra le stesse domande delle altre candidate. Le sue risposte erano più o meno quelle che si era aspettato, così diede nuovamente un’occhiata al curriculum. E allora notò qualcosa. La data dell’esame finale che aveva indicato era tre anni dopo quella in cui avrebbe dovuto sostenerlo, per quanto ricordava. Come mai? Era stata un’ottima studentessa, l’ultima persona al mondo che si sarebbe aspettato potesse fallire un esame.

    Forse il rammarico per quello che aveva fatto l’aveva colpita nel bel mezzo degli esami tanto da mandarli a monte? Ma, anche in quel caso, perché le ci erano voluti tre anni per ripeterli? E non aveva nemmeno la laurea in inglese che si era aspettato. Aveva progettato di diventare un’insegnante, perché allora lavorava nel settore commerciale invece che in un ruolo accademico?

    Jordan si scosse. Non erano affari suoi e non voleva conoscere le risposte.

    Veramente.

    «Qualche domanda?» chiese Harry ai colleghi.

    Gina sorrise. «Non in questa fase.»

    Ora Jordan aveva l’opportunità di dimostrare a tutti che Xandra Bennett non era affatto la persona adatta. «Abbiamo chiesto a tutte le altre candidate di preparare una presentazione su come sviluppare Field’s» fece notare.

    «Ma l’agenzia ha aggiunto Xandra all’ultimo momento» gli ricordò Harry, rivolgendo a Jordan un’occhiata corrucciata. «Quindi non sarebbe giusto aspettarsi che ci offra una presentazione.»

    «Non una presentazione formale, naturalmente» convenne Jordan. «Tuttavia mi aspetto che i miei dipendenti di livello superiore siano in grado di risolvere le difficoltà sul momento. Quindi mi piacerebbe sentire le sue idee, signorina Bennett. Come pensa che dovremmo sviluppare Field’s?» le chiese secco.

    Xandra sgranò gli occhi per un attimo. Evidentemente aveva capito che la stava sfidando. Ed era anche ovvio che si aspettava che fallisse.

    Allora sollevò il mento e gli rivolse un sorriso smagliante. L’equivalente professionale di un gesto estremamente offensivo con la mano.

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