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La donna del mistero: Harmony History
La donna del mistero: Harmony History
La donna del mistero: Harmony History
E-book217 pagine2 ore

La donna del mistero: Harmony History

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Info su questo ebook

Londra, 1815
In una fredda mattina d'inverno, Guy, Visconte di Chillings, rinviene sul ciglio della strada una donna esanime, vittima di un incidente. Al risveglio, la giovane dice di non ricordare nulla di sé, né il proprio nome né le proprie origini. Il gentiluomo, pur temendo le ire della promessa sposa, si trova così costretto a ospitare la sconosciuta nella propria dimora almeno fino a quando non avrà ritrovato la memoria. Ma non ha fatto i conti con un altro problema: la misteriosa dama esercita su di lui un fascino pericoloso che Guy non sa spiegare e ancor meno contrastare. E che promette un mare di guai.
LinguaItaliano
Data di uscita10 feb 2020
ISBN9788830510319
La donna del mistero: Harmony History
Autore

Georgina Devon

Californiana, dopo essersi laureata in Storia si è arruolata nell'Aeronautica Statunitense. Sposata con un pilota di caccia, ha abbandonato la carriera militare per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura.

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    Anteprima del libro

    La donna del mistero - Georgina Devon

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Lord and the Mystery Lady

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2003 Georgina Devon

    Traduzione di Daniela Mento

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-031-9

    Prologo

    «Ah, eccoci qui tutti riuniti per il nostro montone quotidiano!» commentò Dominic Mandrake Chillings mentre prendeva posto a tavola davanti alla sorella e alla destra del fratello.

    Guy William Chillings, settimo Visconte di Chillings, inarcò un sopracciglio. «Spiritoso come al solito, Dominic» osservò assaggiando l’agnello con la salsa parigina preparata dal suo francesissimo cuoco e masticandolo lentamente per assaporarlo al meglio. «Sono lieto che tu sia riuscito a raggiungerci qui a Londra.»

    Dominic accennò un inchino scherzoso. «I desideri del nostro capofamiglia sono ordini, almeno per me.»

    «Sei venuto a Londra solo perché sei curioso di sapere che cosa vuole dirci Guy» lo rimbeccò la sorella Annabell, la bella vedova Fenwick-Clyde e gemella di Guy.

    Dominic rispose con un’alzata di spalle e assaggiò il montone che il valletto gli aveva appena servito nel piatto.

    «Oh, smettetela di punzecchiarvi!» tagliò corto Guy, guardandoli accigliato. «Vi ho chiesto di venire qui per parlare del mio fidanzamento.»

    «Che cosa?» Dominic, dimenticando il montone, scattò in piedi per la sorpresa e fece quasi cadere la sedia. «Ti fai mettere il guinzaglio, Guy? Be’, era ora.»

    Annabell era una bella donna alta ed elegante, con i capelli biondo cenere come quelli del gemello. «Dominic, non diventare melodrammatico» consigliò al fratello minore. «Chi intendi sposare, Guy?» chiese poi con un sorriso al visconte. «Spero non una di quelle donnine spigliate che piacciono tanto a te e a Dominic.»

    «Il sarcasmo non ti si addice, Annabell» la rimproverò Guy.

    La sorella non approvava le sue amanti, ma sapeva benissimo che lui avrebbe continuato a fare quello che voleva.

    «Sono indispensabili per sfogare i nostri impulsi maschili, ma certo non intendiamo sposarle» la informò Dominic, continuando a mangiare. «E le paghiamo anche bene.»

    «Non vi ho chiesto di venire qui per discutere di questo argomento. Le donne di cui parli, Annabell, vengono adeguatamente pagate e non si dimostrano per nulla riluttanti ad accondiscendere alle nostre... richieste» aggiunse Guy serio, ingoiando l’ultimo boccone di carne e poi alzandosi da tavola.

    «Come se avessero una possibilità di scelta» replicò Annabell alzandosi a sua volta per ritirarsi in salotto. «Non resti qui, insieme a Dominic, a bere il vostro whisky?»

    «Noi non siamo gente incivile come vuoi farci sembrare tu, Annabell» la rimproverò scherzosamente Dominic con una luce maliziosa negli occhi scuri, quasi neri.

    «Perché? Non è forse vero che dopo cena preferite bere whisky al posto del Porto, come invece fanno i gentiluomini alla moda?»

    «E tu non viaggi in tutte le parti del mondo, conosciuto e sconosciuto, in compagnia solo della tua cameriera personale?» le ricordò Dominic. «Quando ne trovi una disposta a seguirti, naturalmente» aggiunse.

    «Non posso fare altrimenti, dato che nessuno dei miei parenti maschi vuole accompagnarmi.»

    «Se tu ti limitassi a viaggiare nel continente, ti accompagnerei io. Ma dormire sotto una tenda in un deserto non corrisponde certo alla mia idea di comodità. E io tengo alla comodità.»

    «E allora non trovare da ridire su quello che faccio, Dominic.»

    Annabell si voltò e uscì dalla stanza prima che potessero fermarla.

    Guy scambiò un’occhiata eloquente con il fratello minore ed entrambi scossero il capo, come davanti a un caso senza speranza.

    «È una vedova intellettuale ed è fiera di esserlo» commentò Guy compiacente. «Il fatto che sia una donna non le ha mai impedito di fare quello che vuole.»

    «Soprattutto da quando suo marito ha tirato le cuoia» aggiunse Dominic in tono irriverente.

    Seguirono la sorella in biblioteca, dove Guy versò per sé e per il fratello due bicchieri di whisky, anche se i gentiluomini alla moda preferivano il Porto, come aveva appena ricordato loro Annabell.

    «Al nostro futuro» brindò, dopo aver dato a Dominic il suo bicchiere, e mandò giù il liquido ambrato in un solo, lungo sorso.

    «Cioè a una vita piena di donne, vino, musica e divertimento» disse Dominic, prima di seguire il suo esempio.

    Annabell fece una smorfia di disapprovazione, ma non aprì bocca.

    Furono interrotti dall’arrivo del maggiordomo con il vassoio del tè. L’impeccabile Oswald lo posò su un tavolino e Annabell lo ringraziò con un sorriso.

    «Volete una tazza di tè?» chiese ai fratelli, benché conoscesse già la risposta.

    I due si scambiarono uno sguardo inorridito, mentre Guy riempiva di nuovo i bicchieri e poi andava a sedersi vicino alla finestra.

    Fuori, in Grosvenor Square, passò un’elegante carrozza aperta guidata da un dandy vestito all’ultima moda. Giovani dame passeggiavano per la piazza, seguite dai valletti carichi dei loro ultimi acquisti.

    «Come vi ho accennato poco fa, mi sono fidanzato» disse, ritornando alla ragione di quella riunione familiare.

    «Con chi?» gli chiese Annabell, sedendosi davanti a lui.

    «Miss Emily Duckworth.»

    «Non è alla tua altezza, Guy» fu il parere della sorella.

    «Sono d’accordo con Annabell» dichiarò subito Dominic, cominciando a camminare nervosamente su e giù per la stanza, come se la notizia non fosse affatto di suo gradimento. Si voltò verso il fratello e aggiunse serio: «Con lei non sarai mai felice, Guy».

    «Vi sbagliate tutti e due. Abbiamo fatto un patto e lei lo rispetterà. Io voglio un erede e lei vuole un marito.»

    «Come puoi essere così insensibile? Sei freddo come... come...» Annabell non riuscì a trovare la definizione giusta.

    «Come un...» tentò di suggerirle Dominic, ma Guy lo zittì.

    «Sono solo pragmatico. Voglio un erede e Miss Emily Duckworth me lo darà. Lei ha bisogno di un marito che le dia la possibilità di brillare in società. Ha un albero genealogico impeccabile, ma suo fratello ha mandato definitivamente in rovina la famiglia con il vizio del gioco ereditato dal padre. Si trovano in pessime acque e solo un marito ricco per Emily potrebbe salvarli. Non vorrei sembrare volgare» concluse il visconte dopo aver bevuto un altro sorso di whisky, «ma posso affermare di essere ricco come Mida, quindi sono l’uomo per lei. In breve, siamo fatti l’uno per l’altro.»

    «Gelido come la Siberia» sbuffò Annabell in maniera poco signorile, trovando finalmente il paragone adatto.

    Dominic rise, ma era più amareggiato che divertito. «Le gentildonne si sposano solo per interesse. Allora preferisco le donnine allegre, almeno dichiarano apertamente di farlo per denaro.»

    «Come ho detto, si tratta di una scelta pragmatica e nulla di più» insistette Guy.

    «Avrebbe potuto essere qualcosa di peggio. Una storia d’amore, per esempio, come il tuo primo matrimonio» fu il parere di Dominic. «Vuoi dell’altro whisky?»

    «Porta qui la bottiglia» borbottò Guy.

    «Ah, ecco perché lo fai!» dedusse Annabell, notando che per un attimo era calata un’ombra sul viso del gemello. «Suzanne è morta tentando di darti un figlio e non vuoi più rischiare di soffrire come allora per un’altra donna.»

    «Sono passati dieci anni» le fece notare Guy, senza lasciar trapelare la minima emozione. «Ho superato il dolore, ormai ho trentatré anni e la nostra casata ha bisogno di un erede. A meno che» aggiunse lanciando un’occhiata ai fratelli, «tu o Dominic non provvediate a fornirne uno.»

    «Non guardare me, non ho la minima intenzione di prendere moglie, né per amore né per qualunque altro motivo» fu la risposta di Dominic.

    «Io non potrei ereditare il titolo, se prima di me c’è un erede maschio» gli fece notare Annabell.

    «In questo caso, brindiamo alle mie nozze» li invitò Guy.

    «Alle tue nozze» obbedì Dominic, alzando il bicchiere, ma senza smettere di andare nervosamente avanti e indietro per la stanza.

    «Non riesci proprio a stare fermo?»

    Annabell sorrise. «Non ti ricordi, Guy? Non riusciva a stare fermo nemmeno quando eravamo bambini e gli promettevano un dolce se fosse rimasto quieto per dieci minuti di fila. Come puoi aspettarti che cambi? Soprattutto dopo quello che ci hai appena detto.»

    Guy scrollò le spalle a guardò il loro ritratto appeso sopra il caminetto. Era stato dipinto quando lui e Annabell avevano vent’anni e Dominic soltanto sedici. Prima che lui sposasse Suzanne.

    Suzanne era un argomento di cui non parlava volentieri. Si conoscevano fin dall’infanzia, poi si erano sposati. Con lei era stato felice, l’aveva amata, ma lei era morta di parto, insieme all’erede che aveva tentato invano di dargli. C’erano voluti due anni perché Guy superasse il senso di colpa. Se lei non fosse rimasta incinta, se non avesse cercato di dargli il figlio che desiderava tanto, non sarebbe morta. Ma il mondo andava così.

    Prese fiato come se volesse dire qualcosa, invece si alzò. Si sentiva nervoso almeno quanto Dominic. Ricorse di nuovo al whisky e non chiese nemmeno al fratello se ne volesse ancora.

    «Non c’è bisogno che bevi per dimenticare» lo punzecchiò Annabell, sorseggiando il suo tè. «Almeno provi qualcosa per questa Duckworth?»

    «Non saprei neppure dire se mi piace o non mi piace» ammise Guy.

    «Non ti sembra di esagerare?» sbottò Dominic. «Non sposerei mai una donna se non mi piacesse almeno un po’.»

    «Ha ragione, Guy» gli fece notare Annabell.

    «Dominic non ha motivo di sposarsi, non è il Visconte di Chillings. Può fare quello che vuole. Io no.»

    Sia Annabell sia Dominic dovettero convenire che era la verità.

    «Non è facile essere il fratello maggiore» osservò Dominic. «Il titolo, l’eredità e tutto il resto... Non che io voglia il titolo, naturalmente. È molto più divertente essere la pecora nera della famiglia.»

    «Per questo non ti sei mai sposato?»

    «E non intendo sposarmi, Annabell. Anche perché nessuna donna rispettabile accetterebbe di diventare mia moglie.»

    Dominic era sempre stato un bambino inquieto. Crescendo era peggiorato e da adulto era diventato un libertino.

    «Potremmo unirci agli amici del Principe Reggente, a Covent Garden» propose Guy per interrompere la discussione che stava diventando piuttosto spiacevole per Dominic.

    «Non contate su di me» replicò la sorella. «Devo fare alcune ricerche sui libri prima che incomincino gli scavi della villa romana che abbiamo scoperto nella tenuta nel Kent di Sir Hugo Fitzsimmons.»

    «Fitzsimmons? Ma è un libertino anche peggiore di Dominic!» si scandalizzò Guy. «Al suo confronto io sono un pargoletto in fasce.»

    «In questo periodo si trova a Parigi insieme a Wellington. Non dovrò incontrarlo, se vado nella sua tenuta.»

    «Lo spero proprio, Annabell. Con lui ho avuto una brutta esperienza» intervenne Dominic. «Sono sicuro che non ti piacerebbe per niente.»

    «Vi ho già detto che non lo incontrerò. Quanto a debosciati, mi è bastato mio marito» aggiunse lei con un brivido.

    Il suo era stato un matrimonio di convenienza, per nulla felice. I loro genitori credevano in simili matrimoni, pensò Guy. Anche il loro era stato un matrimonio combinato, ma con risultati decisamente migliori. Essendo morti entrambi durante una gita in barca, poco dopo le nozze di Annabell, non avevano mai saputo di averla resa infelice.

    «Be’, io vado a unirmi al Principe Reggente e ai suoi amici» disse Guy. «Fate come volete.»

    «Cerchi di divertirti il più possibile prima di ritrovarti davanti all’altare?» insinuò Dominic.

    «Lascialo in pace» lo rimproverò Annabell.

    «Un uomo deve fare quello deve, Dominic» replicò Guy cupo. «Anche tu lo imparerai, un giorno o l’altro.» Si alzò e si avviò verso la porta. «Auguratemi buona fortuna. Ne ho bisogno.»

    1

    Due mesi dopo

    Guy spronò il cavallo. Il vento freddo gli gonfiava il mantello e gli sferzava il volto. Il tempo inclemente lo aveva costretto a rimanere nella sua tenuta di campagna, La Follia, per l’intera settimana, rendendolo irritabile. Quella mattina aveva deciso di far visita alla sua attuale amante, una vedova benestante che viveva in un paese vicino.

    Lui la manteneva e lei lo soddisfaceva, la situazione era ideale e contava di approfittarne il più possibile. Ma a primavera, dopo il matrimonio con Miss Emily Duckworth, il suo senso dell’onore lo avrebbe costretto a troncare la relazione. La povera Jane non l’avrebbe presa bene, pensò.

    Rallentò il passo del cavallo per attraversare un piccolo ponte di pietra su un torrente in piena. Il ponte era gelato e gli zoccoli del cavallo scivolarono sul ghiaccio. Non fu facile, per Guy, rimanere saldo in sella e fu un sollievo ritrovare di nuovo la terra fangosa del sentiero.

    «Bravo, Dante, bravo.» Accarezzò la criniera del cavallo, incoraggiandolo. Dante nitrì e gettò indietro la testa, accettando il complimento con grazia regale.

    Salirono fino in cima alla collina da cui si dominava la valle. Un velo di neve tingeva di bianco le ginestre spinose che ricoprivano la brughiera. Una folata di vento più forte delle altre cercò di strappargli la sciarpa che gli proteggeva il viso. Guy riuscì a stento a trattenerla e in quel momento si accorse che, sulla strada che scendeva dalla collina, c’era una carrozza rovesciata. L’asse doveva essersi rotto, i cavalli erano stati staccati e non sembravano feriti. Un uomo, probabilmente il cocchiere, li stava facendo muovere avanti e indietro perché si scaldassero. L’incidente doveva essere avvenuto da poco.

    Guy spronò Dante e raggiunse il cocchiere. «Ci sono feriti?» gli chiese, saltando a terra agile.

    Il cocchiere si fermò un attimo per guardarlo e indicargli il lato della strada con un cenno del capo. Una donna giaceva appoggiata alle gelide rocce, avvolta in un mantello. Teneva gli occhi chiusi ed era mortalmente pallida. Ciocche castane le ricadevano sul viso e le labbra erano bluastre.

    Il cuore di Guy si fermò per un attimo. Qualcosa in quella donna lo colpì, tutto il suo corpo reagì con un brivido.

    Corse da lei, si inginocchiò al suo fianco. Vide che il suo petto si alzava e si abbassava, dunque era ancora viva. Il sollievo fu più grande di quanto Guy avrebbe voluto. Le prese una mano, era fredda e rigida nei guanti di morbida pelle. Bisognava portarla subito al caldo.

    «Da quanto è così?» chiese al cocchiere.

    «Trenta minuti, forse un’ora.»

    Non sarebbe servito a niente dire al cocchiere quello che pensava di lui. Guy prese in braccio la donna. Il cappuccio del mantello le scivolò sulle spalle e i lunghi capelli castani scesero quasi fino a terra.

    Erano bellissimi e il pallido sole invernale li faceva risplendere di riflessi ramati. Il suo collo era pallido, sottile, sensuale.

    Il luogo più vicino dove portare la donna era la sua tenuta, inoltre Mrs. Drummond, la sua governante, l’avrebbe saputa curare meglio del locale farmacista. Il medico più vicino si trovava a Newcastle, a diverse ore da lì. Fece un fischio e Dante andò da lui.

    «Venite qui, ho bisogno del vostro aiuto» disse poi al cocchiere.

    L’uomo obbedì di malavoglia, gli sembrava più importante che i suoi cavalli continuassero ad andare su e giù per scaldarsi. Guy gli mise fra le braccia la giovane donna e poi

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