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Il ritorno del duca: Harmony Jolly
Il ritorno del duca: Harmony Jolly
Il ritorno del duca: Harmony Jolly
E-book173 pagine2 ore

Il ritorno del duca: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Il Club dei Milionari 1/3
Anche gli scapoli più attraenti e influenti devono arrendersi davanti all'amore.


Gemma Rizzo ottiene il posto di chef presso la residenza dei duchi di Lombardi, dove ha trascorso la sua giovinezza e dove ha lasciato il cuore, ma non si sarebbe mai aspettata di trovarsi davanti proprio il giovane duca Vincenzo Gagliardi. Anni prima, Vincenzo le ha spezzato il cuore sparendo senza nessuna spiegazione e ora è tornato per trasformare la dimora di famiglia in un ristorante di lusso. Nonostante il rancore che anima Gemma e l'annosa lontananza, i due si scoprono più innamorati che mai.
Continuano però a sussistere impedimenti apparentemente insormontabili alla loro unione, e Vincenzo dovrà scegliere tra cuore e responsabilità.
LinguaItaliano
Data di uscita19 lug 2018
ISBN9788858985014
Il ritorno del duca: Harmony Jolly
Autore

Rebecca Winters

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Il ritorno del duca - Rebecca Winters

    successivo.

    1

    Castello Lombardi, dieci anni prima

    Alle due del mattino, Vincenzo Nistri Gagliardi, diciotto anni da poco compiuti, infilò un paio di jeans e una felpa con il cappuccio. Le maniche lunghe coprivano i lividi che aveva sulle braccia. Gli dolevano anche quelli sulle gambe e sulla schiena mente infilava lo zaino sulle spalle. Osservò un istante la sua camera per l'ultima volta. Soprattutto il poster che gli aveva regalato Gemma, la ragazza a cui voleva bene, pensando che era costretto a lasciare anche lei.

    Le incomprensioni con suo padre avevano raggiunto un tale livello che non gli lasciavano altra soluzione che la fuga.

    Cosa peggiore di tutte, per proteggere Gemma, non poteva dire nemmeno a lei dove era diretto.

    Suo padre, infatti, l'attuale duca di Lombardi, una volta appresa scomparsa del figlio, avrebbe interrogato parenti, amici e conoscenti, compresa Gemma. All'oscuro di tutto, almeno lei non sarebbe stata costretta a mentire.

    «Arrivederci, Gemma... Ti amo» sussurrò, guardando un'ultima volta il poster. Dopodiché uscì a passi felpati dalla stanza, percorse uno dei lunghi corridoi del castello del quattordicesimo secolo e raggiunse la torre, dove c'era la stanza di suo cugino.

    Dimi era come un fratello per lui, e insieme avevano studiato tutti i particolari di quella fuga.

    Nonostante l'ora, suo cugino lo stava aspettando.

    «Sei in ritardo!» gli disse sottovoce. «Ho controllato dalla finestra... La guardia con il cane è appena passata e ci vorranno almeno sette minuti prima che torni in vista del portone d'ingresso.»

    «Okay. Dimi?»

    «Sì?»

    «Quando arriverò a New York ti avvertirò. Pubblicherò una falsa offerta di lavoro su Il Giorno, fra gli annunci economici. Ci sarà il mio numero di cellulare. Chiamami da un telefono pubblico, mi raccomando.»

    «D'accordo» annuì il cugino.

    «Fra poche settimane anche tu compirai diciotto anni. Ti spedirò del denaro, così potrai raggiungermi. Non appena arriverò a destinazione, telefonerò a nostro nonno, così non starà in pensiero.»

    Entrambi erano nipoti dell'anziano duca Emanuele Gagliardi Nistri di Lombardi, gravemente malato da tempo.

    «Che Dio ti benedica, Vincenzo» mormorò Dimi, commosso.

    «Benedica anche te. Promettimi che proteggerai Gemma.»

    «Sai bene che lo farò.»

    Una volta di più Vincenzo rimpianse quella situazione che lo costringeva a separarsi da lei. Ma ormai era tardi per i ripensamenti. Il pericolo era troppo grande ed era impossibile indugiare oltre.

    Abbracciò suo cugino, rendendosi conto che aveva le lacrime agli occhi. Avrebbe sofferto tutta la vita per non essere riuscito a proteggere la madre. Gemma sarebbe stata sicuramente meglio senza di lui.

    Dimi era leale e non lo avrebbe mai tradito. Nessuno avrebbe saputo dove era diretto. E comunque, essendo maggiorenne, nessuno avrebbe potuto costringerlo a tornare in Italia contro il suo volere.

    Avrebbe lavorato sodo e d'ora in avanti la sua vita sarebbe stata completamente diversa.

    Gemma Rizzo si svegliò all'alba e subito rammentò gli avvenimenti di due giorni prima.

    Vincenzo era caduto da cavallo ed era rimasta con lui tutto il pomeriggio per fargli compagnia e assicurarsi che oltre ai lividi non ci fosse nulla di più grave.

    A una cert'ora però, Vincenzo aveva insistito perché lei se ne andasse.

    A dire il vero, non aveva capito la ragione di quell'insistenza. Fosse dipeso da lei, non l'avrebbe lasciato solo nemmeno un minuto.

    Comunque fosse, alla fine aveva ceduto ed era tornata nell'ala riservata allo staff di servizio, dove abitava insieme a sua madre. Loro due occupavano due stanze attigue all'enorme cucina del castello.

    Il giorno dopo Vincenzo non era venuto a scuola e lei aveva pensato che la sua assenza fosse dovuta ai postumi per la caduta da cavallo. Non aveva risposto ai suoi messaggi e se non si fosse fatto vivo nemmeno quel giorno, sarebbe salita di nuovo in camera sua per chiedergli come stava.

    Vincenzo era un cavaliere provetto, era difficile credere che fosse stato sbalzato dalla sella e...

    Alcuni colpi battuti alla porta della sua stanza interruppero le sue riflessioni.

    «Gemma? Alzati e vestiti. Poi vieni in salotto, presto!» disse la madre, la voce allarmata.

    Gemma diede un'occhiata all'orologio e vide che erano le sei.

    Di solito non si alzava mai prima delle sei e mezzo per prepararsi per andare a scuola. Ciò nonostante, allarmata da quel tono, si alzò e si vestì con la massima velocità.

    Quando entrò nella cucina del castello vide che oltre a sua madre c'era il padre di Vincenzo, il duca Salvatore Gagliardi, e tre agenti di polizia che un attimo dopo cominciarono a perquisire il loro modesto alloggio.

    Vincenzo e suo padre si assomigliavano molto fisicamente, ma nel carattere non potevano essere più diversi, pensò Gemma, osservando l'espressione minacciosa con cui la stava guardando l'uomo che aveva di fronte.

    «Il duca desidera rivolgerti alcune domande, Gemma» la avvertì sua madre, mettendosi al fianco con aria protettiva.

    Non aveva mai rivolto la parola al duca, pensò Gemma, intimidita. E non riusciva a immaginare cosa lui avesse da chiederle.

    «In che cosa posso esserle utile?» gli domandò educatamente.

    «Dov'è mio figlio?» ribatté il duca senza preamboli.

    «Io... Non capisco» mormorò Gemma.

    «Se sai qualcosa, devi dirlo» le intimò sua madre con severità.

    «Ma di cosa state parlando?» replicò lei, cercando di capire cosa stava succedendo.

    «Mio figlio è scomparso» la informò il duca in tono brusco «ed io sono convinto che tu sappia dove è andato.»

    Vincenzo è fuggito?

    Gemma fissò il duca, incredula. «Vi assicuro che non so niente.»

    «Bugiarda!» tuonò il duca.

    «È la verità!» insorse Gemma.

    «Visto che tua figlia non vuol dirmi nulla, peggio per te!» proseguì il duca, rivolto alla madre di Gemma. «Sei licenziata e farò in modo che non trovi mai più un altro lavoro!» aggiunse prima di uscire dalla cucina.

    Terminata la perquisizione, se ne andarono anche gli agenti, senza avere trovato nulla che potesse servire loro a rintracciare Vincenzo.

    Gemma abbracciò sua madre e si rese conto che entrambe stavano tremando.

    «Ti giuro che non so niente di Vincenzo, mamma. Altrimenti lo avrei detto» le sussurrò, in lacrime.

    «Ti credo, tesoro... Coraggio, sarà meglio fare i bagagli. Dobbiamo essere fuori di qui prima che il duca torni a controllare. Prenderemo il primo treno per tornare in città» disse Mirella in tono rassegnato.

    Mezz'ora dopo, Gemma e la madre si congedarono dall'aiuto cuoca e dalla figlia Bianca, la sua migliore amica. Dopodiché lasciarono il castello da uno degli ingressi di servizio.

    Gemma salì sul taxi in attesa come un automa. In pochi minuti la sua vita era cambiata.

    Per sempre.

    New York City, sei mesi prima.

    Dopo avere ricevuto durante la notte una notizia a dir poco inaspettata da suo cugino Dimi, Vincenzo telefonò ai suoi due migliori amici e chiese loro di raggiungerlo al più presto nel suo attico a Manhattan.

    Dopodiché avvertì la sua assistente che quella mattina non si sarebbe recato in ufficio e di non disturbarlo per nessuna ragione.

    Un'ora più tardi, i suoi amici raggiunsero il suo attico con l'ascensore privato.

    La lussuosa abitazione newyorkese era arredata in stile ultramoderno e aveva ampie vetrate dalle quali si godeva una vista mozzafiato della città. Un ambiente radicalmente diverso da quello in cui era nato e cresciuto.

    Lì non c'erano i brutti ricordi del passato.

    O così, almeno, aveva creduto fino a quando non aveva ricevuto la telefonata di Dimi.

    «Grazie per essere venuti con tanta rapidità» disse Vincenzo, rivolto ai suoi amici. «È una vera fortuna che foste entrambi in città.»

    Cesare Donati annuì. «Dal tono che avevi al telefono, sembrava una questione di vita o di morte.»

    «Per me lo è» ammise Vincenzo.

    «Ti spiace dirci di cosa si tratta?» gli chiese Takis Manolis.

    «Qualcosa che vi sorprenderà. Ve ne parlerò mentre facciamo colazione» disse Vincenzo, facendo cenno di seguirlo in sala da pranzo.

    Mentre bevevano il caffè, Vincenzo mostrò loro alcune fotografie del Castello Lombardi.

    «Questa è da secoli la residenza della famiglia Gagliardi» esordì. «Perché ho deciso di mostrarvi queste foto? Quello che sto per dirvi potrebbe farvi perdere la fiducia che nutrite nei miei confronti. Potreste uscire da qui e decidere di non tornare mai più. Lo capirei.»

    «Dirci cosa?» lo incitò Cesare.

    «Non sono stato completamente sincero con voi» rispose Vincenzo. «Voi mi conoscete come Vincenzo Nistri, ma il mio nome completo è Vincenzo Nistri Gagliardi.»

    «E con questo?» ribatté Takis, alzando le spalle. «Ci sono molte persone che hanno un doppio cognome.»

    «Il castello che vedete è stato la mia casa per i primi diciotto anni della mia vita» proseguì Vincenzo. E la ragazza che ho abbandonato in Italia, è l'unica donna che ho amato davvero, aggiunse fra sé. «Se una terribile tragedia avvenuta nella mia famiglia non mi avesse spinto a fuggire, adesso sarei di diritto il nuovo duca Lombardi.»

    I suoi amici non fecero commenti. Lo stavano guardando aria perplessa e Vincenzo respirò a fondo prima di continuare.

    «Mio padre e mio zio compirono alcune cattive azioni, e a un certo punto mi resi conto che la mia vita era in pericolo. Mio nonno, Emanuele Gagliardi, morì nove anni fa, lasciando così campo libero ai suoi due eredi. Mio padre e mio zio, per pagare dei debiti personali, vendettero molti tesori di famiglia, inclusi alcuni terreni che facevano parte dell'antico feudo ducale. Inoltre, licenziarono quasi tutto il fidato personale di servizio che lavorava da anni al castello. Un mese fa mio padre, è caduto da cavallo mentre montava, completamente ubriaco, ed è morto. Mio zio Alonzo ha preso quindi le redini della tenuta ma ho appena saputo che è stato arrestato con l'accusa di omicidio, peculato e insolvenza per milioni di euro. In attesa della sentenza, le autorità hanno messo sotto sequestro il castello e tutto quello che resta dei beni della nostra famiglia.»

    «Com'è possibile che certi individui si abbassino a tanto?» commentò Takis, scuotendo il capo.

    «È quello che mi chiedo anch'io» convenne Vincenzo. «I miei nonni materni sono morti due anni fa, e gli unici parenti stretti che mi sono rimasti sono mio zio Alonzo, suo figlio Dimi e sua madre, mia zia Consolata. Mio cugino abita con mia zia a Milano, in un piccolo palazzo che Consolata ereditò da sua nonna prima di sposare Alonzo. L'unica proprietà sulla quale mio padre e mio zio non hanno potuto mettere le loro sporche mani. Dimi abita con la madre per assisterla. Ha una malattia neurologica degenerativa ed è costretta su una sedia a rotelle.» Tacque un istante, guardando i suoi amici negli occhi. «Potete perdonarmi per non avervi raccontato tutto questo molto tempo fa?»

    Cesare disse: «Che tu sia duca o meno, a me non importa. Sarai sempre uno tra i miei migliori amici».

    «Hai detto che la tua vita era in grave pericolo» osservò Takis, in tono preoccupato.

    «In passato, ora non più» lo rassicurò Vincenzo. «Adesso sono costretto di nuovo a fare una scelta e vorrei discuterne con voi.»

    «Di che si tratta?» domandò Cesare.

    «Come vi dicevo, attualmente il castello è in amministrazione controllata. Avevo giurato a me stesso di non tornare mai più in Italia, ma il pensiero che l'eredità dei miei antenati venga messo all'asta e venduta a un perfetto sconosciuto mi ripugna profondamente» dichiarò Vincenzo. «Per questa ragione, vorrei chiedervi se siete disposti a essere miei soci in questa impresa.»

    «Quale impresa?» si informò Takis.

    «Estinguere l'ipoteca che grava sul castello e trasformarlo in un hotel de charme» rispose Vincenzo.

    A quella proposta ci fu una pausa di silenzio e riflessione, e in seguito alcune battute di entusiasmo.

    I tre uomini trascorsero il resto della giornata facendo progetti.

    «Adesso che abbiamo sviscerato la questione, ho un favore da chiedervi» disse Vincenzo a un certo punto. «In questa nuova avventura finanziaria io vorrei essere il socio silenzioso. Preferirei restare anonimo, a causa degli scandali legati al nome della mia famiglia.»

    I suoi amici gli assicurarono che avrebbero

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