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Ritorno a Rosemont: Harmony History
Ritorno a Rosemont: Harmony History
Ritorno a Rosemont: Harmony History
E-book220 pagine2 ore

Ritorno a Rosemont: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1816
Tornato dalla battaglia di Waterloo, Sir Hugo Fitzsimmons trova ad attenderlo una sorpresa tutt'altro che gradita: Lady Annabell Fenwick-Clyde, infatti, ha scoperto nella sua tenuta un'antica villa romana e vi ha organizzato uno scavo in piena regola. Come se non bastasse, la giovane e stimata archeologa è dotata di un fascino esotico cui Hugo non sa resistere, ma diversamente dalle altre donne non sembra gradire le sue attenzioni. O forse l'eccentrica e coltissima gentildonna nasconde abilmente una fatale attrazione per l'uomo che potrebbe pregiudicare la sua libertà?
LinguaItaliano
Data di uscita10 gen 2020
ISBN9788830507357
Ritorno a Rosemont: Harmony History
Autore

Georgina Devon

Californiana, dopo essersi laureata in Storia si è arruolata nell'Aeronautica Statunitense. Sposata con un pilota di caccia, ha abbandonato la carriera militare per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura.

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    Anteprima del libro

    Ritorno a Rosemont - Georgina Devon

    Immagine di copertina:

    Graziella Reggio Sarno

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    An Unconventional Widow

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2004 Georgina Devon

    Traduzione di Daniela Mento

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-735-7

    1

    Lady Annabell Fenwick-Clyde si alzò, si appoggiò le mani sui fianchi e cercò di rilassare i muscoli doloranti della schiena. Per ore era rimasta piegata a esaminare i reperti archeologici estratti dai ruderi di una villa romana nella campagna del Kent.

    Il cielo azzurro era oscurato da qualche nuvola passeggera, c’era il rischio che piovesse, verso sera. Avrebbe dovuto assicurarsi che gli scavi fossero coperti a dovere, prima di andarsene, in modo da proteggerli dal maltempo.

    «Una ninfa silvestre!» esclamò una voce maschile. «Vestita forse in maniera un po’ insolita, ma molto affascinante.»

    Annabell trasalì e si voltò. Non aveva sentito arrivare nessuno, eppure un uomo la stava osservando a breve distanza. Un uomo molto attraente.

    Alto e snello, con le spalle larghe e le gambe lunghe, la stava studiando in un modo che la fece arrossire: sembrava che i suoi chiarissimi occhi verdi riuscissero a vederle attraverso i vestiti, come se fossero trasparenti. Aveva i capelli castani e li portava più lunghi di quanto dettasse la moda. La camicia bianca era sbottonata, come la giacca, fino a rivelare il suo petto muscoloso.

    Annabell arretrò di un passo, infastidita dall’effetto che avevano su di lei gli sguardi dello sconosciuto.

    «Non vi ho sentito arrivare» protestò.

    Lui le sorrise, un sorriso da predatore. «Eravate troppo concentrata ad ammirare i vostri reperti. Forse avrei dovuto avvertirvi della mia presenza, ma anch’io era concentrato ad ammirare voi.»

    Senza alcun ritegno il suo sguardo si posò sul seno e i fianchi di lei.

    «Un gentiluomo non fissa una signora in questo modo, se mi permettete di farvelo notare» replicò Annabell, sentendosi sempre più imbarazzata.

    Lui scrollò le spalle. «Una signora di solito non va in giro vestita come la favorita di un harem» le fece notare. «Anche se devo ammettere che preferisco di gran lunga il vostro abbigliamento insolito alle camicette abbottonate fino al collo e ai cappellini di paglia che piacciono tanto alle donne inglesi. Affascinante, davvero affascinante.»

    Annabell era abituata al fatto che gli uomini trovassero da ridire sul suo abbigliamento. I suoi due fratelli, Guy, il Visconte di Chillings, e Dominic, avevano sempre biasimato la sua abitudine di vestirsi in maniera inconsueta. Con il tempo però si erano abituati e, quando succedeva che lei indossasse abiti esotici, si limitavano a scambiarsi occhiate di disapprovazione senza dire nulla.

    Quell’uomo invece non la disapprovava affatto. Era proprio la sua eccessiva approvazione che le dava fastidio. Era abituata ai libertini. Il suo defunto marito, Lord Fenwick-Clyde, era stato uno degli esempi più deplorevoli di quella specie, ma neppure lui era mai riuscito a imbarazzarla tanto.

    «Ora che mi avete esaminata come se fossi un insetto sotto la lente d’ingrandimento» gli disse altezzosa, «vi prego di andarvene. Ho da fare.»

    «Ne sono sicuro» rispose lui sorridendo. «Ma dato che vi trovate nella mia proprietà...»

    Annabell capì chi era lo sconosciuto. «Se siete Sir Hugo Fitzsimmons sapete che mi trovo qui perché il vostro intendente mi ha dato il permesso di procedere negli scavi» si difese a testa alta.

    Il sorriso affascinante non svanì dalle labbra piene di Sir Hugo. «Il mio intendente vi ha dato il permesso, non io» le fece notare, avvicinandosi sempre di più.

    «È un problema che riguarda voi e il vostro intendente, non me.»

    Annabell cercò di spostarsi di lato per sfuggirgli, ma Sir Hugo fu inesorabile. L’afferrò per un braccio e l’attirò verso di sé, continuando a fissarla come se fosse una preda.

    «Come osate?» protestò Annabell, indignata.

    Eppure tutto il suo corpo rispondeva in maniera sorprendente alla stretta della mano di Sir Hugo. Era una mano forte, la mano di un uomo abituato a lavorare, a vivere all’aria aperta. Anche il suo colorito, per quanto fosse un libertino, non aveva affatto lo sgradevole pallore tipico dei viziosi.

    «Sono abituato a osare» le rispose lui arrogante, prima di baciarla.

    Dopo la prima sorpresa e la giusta indignazione, Annabell venne percorsa da un brivido di piacere mentre Sir Hugo la stringeva a sé e la baciava come nessuno l’aveva mai baciata prima. Dovette ammettere che quell’ignobile sfacciato era un vero maestro d’arte amatoria. Con gli occhi chiusi si abbandonò al suo bacio, incapace di ribellarsi all’indicibile delizia.

    «Ah, siete davvero straordinaria!» fu il parere del suo aggressore.

    Annabell ebbe finalmente la forza di aprire gli occhi e di rendersi conto di che cosa avesse fatto. Dov’erano finiti la sua dignità, il suo pudore? Si era comportata come una donna senza vergogna, proprio lei, che non aveva mai dimostrato particolare interesse per i rapporti fisici, nemmeno con suo marito. Anzi, il defunto Lord Fenwick-Clyde glielo aveva rinfacciato più volte.

    Respinse con forza Sir Hugo. «Lasciatemi andare!» gli ordinò.

    Lui però non allentò la stretta. «Se vi lascio andare, che cosa mi darete in cambio?»

    «Vedrete che cosa vi darò se non mi lasciate!»

    «È una minaccia o una promessa?»

    «Voi non siete un gentiluomo. E non siete nemmeno furbo come pensate.»

    «No? Eppure capisco benissimo che cosa provate. Non ci credete? Devo baciarvi di nuovo per convincervi che vi è piaciuto?»

    «Non avete capito proprio niente. Solo perché ho permesso che voi mi baciaste...»

    «Voi mi avete permesso di baciarvi? Eravate felice che vi baciassi!» L’uomo scoppiò a ridere, compiaciuto del proprio fascino.

    Annabell pensò che fosse davvero troppo. Respinse di nuovo Sir Hugo, ma questa volta ebbe l’accortezza di fargli anche uno sgambetto. Con grande soddisfazione lo vide cadere a terra, stupito da tanta audacia da parte di una gentildonna.

    Invece di balzare di nuovo in piedi, come si era aspettata, vide che lui si limitava ad appoggiarsi sui gomiti e a fissarla con rinnovato interesse.

    «Siete una donna che sa difendersi» commentò insolente, ma ammirato.

    «Ho due fratelli» gli spiegò lei. «Ho dovuto imparare a farlo.»

    A dire la verità aveva imparato a difendersi dagli uomini soprattutto dopo il matrimonio. Lord Fenwick-Clyde era stato ben più temibile di Guy e Dominic.

    Sir Hugo si alzò agilmente da terra. Avrebbe potuto farle quello che voleva, ma sembrava che gli fosse passata la voglia d’insistere.

    «Le donne devono imparare a proteggersi» le disse. Si tolse la giacca sporca di terra, la ripiegò e se la mise sul braccio. «Comunque vi trovate sulla mia proprietà senza il mio permesso. Potrei farvi arrestare.»

    Annabell gli lanciò un’occhiata bellicosa. «Ho il permesso del vostro intendente. Se non vi ha comunicato che mi trovavo qui, non mi riguarda. Tutti sanno chi sono e ho anche una sua lettera che mi autorizza a continuare gli scavi.»

    «Certo, Miss...»

    «Lady Fenwick-Clyde» lo informò Annabell e notò per un istante lo stupore nei suoi occhi.

    «Avete il mio permesso di restare nella mia proprietà, Lady Fenwick-Clyde» le concesse lui con un breve inchino. «Naturalmente parlerò con il mio intendente.»

    La guardò un’ultima volta intensamente, prima di andarsene, e Annabell notò che con lo sguardo non era sceso al di sotto del suo viso. Poi se ne andò, tornando verso una giumenta marrone legata a un albero poco lontano. Solo allora Annabell si accorse che zoppicava leggermente, ma anche quel lieve difetto non toglieva nulla alla sua agilità di pericoloso predatore.

    Non c’era da stupirsi che fosse un noto libertino, pensò mentre Sir Hugo si allontanava a cavallo. Era uno degli uomini più affascinanti che avesse mai visto. I suoi fratelli erano considerati attraenti, ma nemmeno loro le sembrarono all’altezza di Sir Hugo.

    Comunque il suo ritorno in Inghilterra rappresentava un grosso problema per lei. Aveva pensato di avere mesi a disposizione per gli scavi di quella villa romana, dato che Sir Hugo sarebbe dovuto rimanere ancora a lungo a Parigi con il Duca di Wellington. Adesso le cose cambiavano. Con lui in giro non si sentiva più al sicuro.

    Per prima cosa, dall’indomani avrebbe abbandonato i calzoni arabi e si sarebbe vestita come una qualunque gentildonna inglese. Ma il pericolo più grande era l’incredibile debolezza che aveva dimostrato nei confronti di Sir Hugo Fitzsimmons quando aveva avuto la sfrontatezza di aggredirla. Quella era la vera ragione per cui doveva assolutamente guardarsi da lui.

    Sir Hugo Fitzsimmons era sempre un ottimo cavaliere, nonostante la ferita che lo aveva menomato alla battaglia di Waterloo. Non era tipo da compatirsi, ad altri era toccato di peggio. Era stato fortunato a tornare vivo dalla guerra e aveva perfino meritato il titolo nobiliare di cui si fregiava. Non lo avrebbe accettato, se non fosse stato per la memoria di suo padre, che avrebbe tanto voluto potergli lasciare il proprio titolo. Purtroppo era morto prima di vederlo diventare Sir Hugo, eroe di guerra.

    Hugo non si era voltato per controllare quale fosse stata la reazione di Lady Annabell Fenwick-Clyde nel notare il suo passo zoppicante. Se era stata di pietà, preferiva non saperlo. Incitò Molly, la sua giumenta, ad accelerare il passo.

    Ricordava Lord Fenwick-Clyde, un debosciato crudele verso le prostitute. Non aveva mai conosciuto la moglie, perché Lady Annabell si era sempre tenuta alla larga dall’alta società, forse vergognandosi della pessima reputazione del marito. Si chiese se, anche adesso che era rimasta vedova, continuasse a condurre una vita riservata.

    Che cosa gliene importava? Nulla, rispose a se stesso. L’unica questione davvero importante era che era tornato a casa. Rosemont, l’antica dimora di famiglia, apparve in lontananza e Hugo spronò la giumenta.

    In pochi minuti arrivò a destinazione e si riempì i polmoni dell’aria profumata dai fiori del bellissimo giardino. Rosemont, costruita in epoca elisabettiana, era stata chiamata così proprio per la profusione di roseti che la circondavano. In quella dimora di mattoni rossi e di travi di solida quercia Hugo Fitzsimmons era nato trentasei anni prima. In quell’anno di lontananza gli era mancata molto più di quanto volesse ammettere.

    Il portone si aprì e Butterfield, il vecchio maggiordomo, gli venne incontro. Alto e allampanato, si muoveva con una dignità superata soltanto da quella di Wellington. Hugo lo sapeva bene, perché per un anno era stato uno dei molti aiutanti di campo del duca.

    «Butterfield, che gioia rivederti!» gli disse abbracciandolo.

    «Sir Hugo» si scandalizzò il maggiordomo, «non dovete!»

    Hugo lo lasciò andare. «Un tempo permettevi che ti abbracciassi» gli ricordò.

    «Un tempo eravate molto più giovane. Adesso siete voi il padrone e vi siete guadagnato un titolo sul campo.»

    «Non parliamo di queste cose. Il carro con i miei bagagli arriverà più tardi: le strade erano orribili, dopo le ultime piogge.»

    Lasciò Molly alle cure di un giovane stalliere che era arrivato a prenderla. Era esausto, non sognava altro che di sedersi in biblioteca a bere un buon bicchiere di whisky. Napoleone era stato sconfitto, i Borboni erano di nuovo seduti sul trono di Francia, ma a che prezzo per l’Inghilterra.

    Entrò nell’atrio di Rosemont. Antiche armature erano allineate lungo le pareti, scudi e lance decoravano i pannelli di quercia. Tutto era assolutamente in ordine, lucidato alla perfezione. Non si aspettava altro da un maggiordomo scrupoloso come Butterfield, ma purtroppo anche lui stava invecchiando e presto o tardi avrebbe dovuto assumere una governante.

    «No, Michael, tengo io la giacca» disse a un valletto che si era fatto avanti per prenderla.

    Il valletto arretrò con un inchino, evidentemente lusingato che il padrone si fosse ricordato del suo nome anche dopo la lunga assenza.

    Con un sospiro di soddisfazione Hugo entrò in biblioteca, la sua stanza preferita. La luce del sole attraversava le grandi vetrate, illuminando gli scaffali pieni di libri che salivano fino al soffitto. Andò subito a versarsi un bicchiere di whisky e lo vuotò con lungo sorso. Com’era bello essere finalmente a casa.

    «Giovanotto, che cosa ci fate qui?» gli chiese una voce femminile in tono autoritario.

    Hugo si voltò di scatto. Una donna alta, magrissima, dai capelli che stavano ormai diventando grigi, lo fissava con evidente irritazione.

    «Andatevene immediatamente o chiamerò il maggiordomo» lo minacciò.

    «Non credo di avere il piacere di conoscervi» le rispose Hugo prima di versarsi un altro bicchiere di whisky.

    «Nemmeno io so chi siete, ma non ho certo intenzione di fare la vostra conoscenza» replicò lei, andando a tirare il cordone accanto al caminetto.

    «Immagino che siate qui con Lady Fenwick-Clyde» dedusse Hugo. Bevve anche il secondo bicchiere di whisky, poi le fece un inchino. «Permettetemi di presentarmi. Sir Hugo Fitzsimmons, il padrone di casa.»

    Vide dilatarsi per lo stupore gli occhi azzurri della donna. «Dio mio, che situazione imbarazzante!»

    «Siete qui con Lady Fenwick-Clyde, vero?»

    «Sì, ma il vostro arrivo cambia ogni cosa. Neppure la mia presenza qui può salvaguardare Lady Fenwick-Clyde da un uomo con la vostra reputazione. Non aspettavamo il vostro ritorno così presto e ora non possiamo più restare.»

    «In questo caso potrete tranquillamente prendere alloggio nella locanda del villaggio. È molto pulita e il cibo che servono è passabile» la informò lui senza scomporsi.

    «Non sarebbe meglio se voi tornaste da dove siete venuto, almeno per un po’?»

    Non stava scherzando, si disse Hugo, vedendo che la sua espressione era molto seria.

    «Abbiamo il permesso del vostro intendente di soggiornare a Rosemont per tutto il tempo necessario a terminare gli scavi alla villa romana» puntualizzò la signora.

    La situazione era ai limiti dell’assurdo, pensò Hugo.

    «Ora mi ritirerò nelle mie stanze» annunciò alla sua ospite. «Al mio ritorno conto di non trovarvi più qui.»

    Se ne andò prima che lei potesse rispondere. Appena fuori della biblioteca incontrò il fedele Butterfield.

    «Immagino che abbiate appena incontrato Miss Pennyworth» gli disse con sussiego.

    «Vado nelle mie stanze» fu la risposta di Hugo. «Trova il mio intendente. Digli che lo riceverò in biblioteca fra mezz’ora.»

    «Sì, milord» rispose il maggiordomo.

    2

    Quando Annabell entrò nell’atrio di Rosemont sentì una voce irritata che proveniva dalla biblioteca.

    «Tatterly» stava dicendo Sir Hugo al suo intendente, «Lady Fenwick-Clyde e la sua amica devono andarsene da casa mia entro domani, meglio ancora se entro stasera!»

    Sentendo il proprio nome, Annabell fece quello che una gentildonna non avrebbe mai dovuto fare. Si avvicinò alla porta socchiusa della biblioteca e origliò.

    «Sì, Sir Hugo, ma...» tentò di obiettare l’intendente.

    «Non voglio sentire altro. Sono tornato a casa mia e intendo rimanerci fino a quando mi piacerà. Nessuno mi costringerà ad andarmene per salvare la reputazione di una donna. Neppure quell’insopportabile ficcanaso di Miss Pennyworth.»

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