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Bisbigli nell'ombra
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E-book208 pagine2 ore

Bisbigli nell'ombra

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Info su questo ebook

Lord Ravensford è il classico scavezzacollo, poco rispettoso della morale e dei doveri, scapolo e donnaiolo impenitente. Una sera, ascoltando non visto una conversazione privata, rimane colpito da una voce femminile, melodiosa e gradevole, e si chiede a chi possa appartenere. I suoi atteggiamenti da libertino sono subito evidenti quando riconosce nella dama di compagnia della madre la giovane e sconosciuta proprietaria della voce e non riesce a frenare la tentazione di...
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2021
ISBN9788830526785
Bisbigli nell'ombra
Autore

Georgina Devon

Californiana, dopo essersi laureata in Storia si è arruolata nell'Aeronautica Statunitense. Sposata con un pilota di caccia, ha abbandonato la carriera militare per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura.

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    Anteprima del libro

    Bisbigli nell'ombra - Georgina Devon

    Copertina. «Bisbigli nell'ombra» di Devon Georgina

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Rebel

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2001 Georgina Devon

    Traduzione di Alessandra De Angelis

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2003 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3052-678-5

    Frontespizio. «Bisbigli nell'ombra» di Devon Georgina

    1

    Andrew Dominic Wentworth, conte di Ravensford, si bloccò di colpo nell’atto di portare alle labbra un bicchiere di whisky irlandese quando sentì qualcuno abbassare di scatto la maniglia della porta. Era in biblioteca, seduto su una poltrona dallo schienale ampio e avvolgente che dava le spalle all’uscio, e dunque nessuno si sarebbe potuto accorgere della sua presenza entrando.

    La porta si aprì e si richiuse con un tonfo. Una delicata fragranza di lavanda si diffuse nell’aria.

    «Sono stufa di farmi comandare a bacchetta da voi» dichiarò con fermezza una calda e roca voce femminile.

    Le labbra del conte di Ravensford s’incurvarono in un sorriso ironico. Di certo era la moglie del suo interlocutore, o forse addirittura la sua amante. Per esperienza sapeva che solo quelle due categorie di donne avrebbero pronunciato una frase del genere. Le madri e le sorelle tendevano a fare di testa loro, senza badare ai consigli né ai desideri delle altre persone coinvolte dalle loro azioni.

    «Invece farete esattamente come vi dico» ringhiò una voce baritonale.

    Quell’ordine perentorio e arrogante fu immediatamente seguito dalla replica scontenta della donna. «E se non volessi?» ribatté. «Se vi dicessi di no?»

    L’uomo rispose con una risatina sommessa. «Allora sarei costretto a fare una cosa che non vi piacerebbe affatto» affermò in tono di superiorità. «E sappiamo entrambi a cosa mi riferisco.»

    Sconfortata, la donna emise un’esclamazione soffocata e la sua voce vellutata si spezzò in un singhiozzo a stento trattenuto. «Cosa volete?»

    Andrew pensò che quello era il tono di una persona sconfitta, rassegnata. Evidentemente l’uomo aveva un forte ascendente su di lei e la teneva in pugno. Per qualche strano motivo, per lui fu una delusione: gli sarebbe piaciuto se fosse stata lei ad avere la meglio.

    «Brava, adesso sì che vi riconosco come la personcina coscienziosa e disciplinata che siete» la schernì l’altro con sarcasmo.

    «Mi tenete in pugno solo perché possedete una cosa che per me ha un grande valore.» La voce seducente e carezzevole della donna si spense in un mormorio appena udibile sull’ultima parola.

    Andrew pensò che aveva un timbro davvero incredibile, profondo e leggermente roco, che faceva pensare a notti insonni tra lenzuola stazzonate, a pigri risvegli intorpiditi con le membra indolenzite da lunghe ore d’amore, a una donna nuda che si stiracchiava voluttuosamente con grazia felina.

    Le immagini evocate dalla voce della sconosciuta lo emozionarono immensamente. Era inspiegabile come un semplice suono potesse avere un effetto tanto eccitante. Il conte di Ravensford era un fine conoscitore dell’universo femminile e passava da un’avventura all’altra con disinvoltura. Spesso si trovava coinvolto in una nuova relazione prima ancora di aver avuto il tempo o l’occasione di troncare quella precedente.

    Si chiese chi fosse quella donna; se l’avesse conosciuta l’avrebbe ricordata senz’altro, perché aveva una voce di quelle che non si dimenticano e lui non aveva mai sentito nessuno parlare in modo così sensuale e provocante. Gli era bastato rimanere immobile nell’involontario nascondiglio offertogli dalla poltrona, per desiderare di conoscerla più intimamente, molto più intimamente.

    Fantasticando oziosamente, giocò a indovinarne l’aspetto a partire dalla voce. Immaginò che avesse un fisico minuto, snello e agile come il felino che gli faceva venire in mente il suo tono basso e roco. Aveva quasi l’impressione che avrebbe potuto fare le fusa se lui l’avesse accarezzata, ma scacciò subito quel pensiero dalla mente perché non era degno di una donna rispettabile, e lei doveva essere per forza una persona perbene, o non sarebbe stata sotto lo stesso tetto di sua madre.

    La contessa di Ravensford, madre di Andrew, era rigida fin quasi al fanatismo in fatto di morale, un tratto abbastanza insolito nella gente della sua generazione, che in genere era tutt’altro che irreprensibile.

    Riscuotendosi da quelle riflessioni, Andrew decise che era il momento di rendere nota la sua presenza. Bevve un ultimo sorso di liquore e fece per alzarsi, ma proprio in quell’istante l’uomo disse una cosa che lo fece immobilizzare, impietrito.

    «Voglio che stiate sempre vicina alla contessa. Dovete assolutamente procurarmi una cosa che le appartiene. Statele alle costole, non perdetela mai di vista.»

    A quel punto Andrew tornò sulla sua decisione e preferì restare nascosto per cercare di carpire maggiori particolari su quello che si stavano dicendo i due, ignari della sua presenza. A giudicare dalle parole dell’uomo, c’era sotto qualcosa di sgradevole che riguardava sua madre.

    «Non è esattamente quello che ho fatto finora?» ribatté la sconosciuta, esasperata.

    Andrew percepì una nota di rimorso nelle sue parole, e la sua curiosità aumentò ancor di più; il desiderio di rivelare la propria presenza era forte, ma si obbligò a resistere, facendo appello alla ragione. Non avrebbe potuto far arrestare i due sulla sola base di quello che aveva sentito, e in ogni caso non voleva che la donna subisse le conseguenze di un’iniziativa che la vedeva complice riluttante. Pur non conoscendola, ad Andrew era sembrato di capire che fosse costretta a obbedire al volere del suo interlocutore. La cosa migliore da fare sarebbe stata riferire a sua madre che qualcuno in quella casa, forse un domestico, intendeva derubarla.

    Nemmeno affrontare apertamente i due sarebbe servito a molto, del resto: non aveva altre prove oltre a quello che aveva sentito, e nonostante il suo rango difficilmente le autorità avrebbero accettato un’accusa non avvalorata da elementi certi. Andrew era un esperto in questioni del genere, perché la sua occupazione principale era proprio la difesa dei meno abbienti contro i privilegi imposti da leggi che lui contrastava ferocemente durante le sedute della Camera dei Lord, di cui era membro. Il sistema giudiziario inglese non teneva conto delle circostanze attenuanti che potevano aver indotto gli accusati a commettere reati minori, e il conte di Ravensford non avrebbe puntato il dito contro i due a meno che non li avesse colti con le mani nel sacco.

    Era arrivato nella proprietà di sua madre, in Irlanda, quella mattina di buon’ora. Derry House e la tenuta che circondava il palazzo facevano parte della dote della contessa, che vi tornava regolarmente. Questa volta gli aveva chiesto di andare a trovarla e Andrew aveva dei brutti presentimenti.

    «Siete stata brava finora. Continuate così» riprese sottovoce l’uomo per blandire la donna, tornando ad attirare l’attenzione del conte. «Sarà meglio che vada prima che qualcuno ci veda.»

    La donna sospirò. «Finché non mi ordinerete di nuovo di presentarmi al vostro cospetto» commentò con voce stizzita e sprezzante.

    Andrew intuì che non era affatto contenta di eseguire gli ordini del suo interlocutore, forse perché lo detestava o magari perché le ripugnava quello che lui le aveva chiesto di fare. Pensoso, si domandò quale potere avesse l’uomo su di lei.

    Nella stanza risuonò un rumore di passi, poi la porta si aprì e si richiuse. Andrew era di nuovo solo. Il grande ceppo che ardeva nel caminetto prese a scoppiettare e a schizzare scintille da tutte le parti, così si alzò e lo mosse con l’attizzatoio, guardando pensoso le fiamme.

    L’idea che qualcuno stesse cercando di perpetrare un furto ai danni di sua madre era sgradevole, eppure non poté fare a meno di sentirsi incuriosito dalla vicenda, che forse avrebbe aggiunto un pizzico d’interesse alla noia di quella visita obbligata alla sua genitrice. Almeno adesso aveva un mistero da risolvere, pensò.

    Non aveva riconosciuto la voce dell’uomo e non credeva che sarebbe stato in grado di individuarne il proprietario se l’avesse sentita di nuovo, perché non aveva alcuna caratteristica o inflessione particolare.

    Quella della donna, invece, era un’altra questione. Così bassa e calda, sembrava fatta apposta per sussurrare parole dolci e piccanti tra le lenzuola, e Andrew era sicuro che avrebbe ossessionato a lungo i suoi sogni. Presto avrebbe scoperto la sua identità, e allora avrebbe cominciato a giocare con lei come il gatto con il topo per smascherare il suo piano.

    Un sorriso ironico gli incurvò la bocca ben disegnata quando pensò che avrebbe fatto meglio a non illudersi, perché con la fortuna che si ritrovava avrebbe potuto scoprire che quella voce morbida e sensuale apparteneva a un’arpia anziana e bene in carne.

    Trangugiò l’ultimo sorso di whisky, posò il bicchiere su un tavolino e uscì dalla biblioteca, deciso a far luce su quel mistero intrigante. Aveva sempre sostenuto, anche alla Camera dei Lord, che in ogni caso l’azione era preferibile all’inattività. E visto che in quel frangente la ricompensa sarebbe stata la possibilità di conoscere una bella donna, starsene con le mani in mano era un vero peccato.

    Si recò subito a cercare sua madre, che trovò mollemente adagiata sulla sua chaise longue preferita. Era una donna fragile ed eterea, con capelli d’argento, tagliati piuttosto corti secondo i dettami della moda, che incorniciavano un viso dall’ovale perfetto e dall’incarnato chiaro. Era ancora una donna piacente e ai suoi tempi era stata famosa per la sua bellezza. Un abito lilla chiaro, bordato di fine merletto, accentuava il suo fisico snello e giovanile.

    Nel complesso si manteneva decisamente bene per la sua età, anche se Andrew spesso si rammaricava per il fatto che la mente di sua madre non era all’altezza del suo aspetto fisico. Era, per dirla elegantemente, un po’ svagata, e l’età aveva accentuato la sua superficialità. Per questo motivo non era entusiasta della prospettiva di riferirle del furto che qualcuno stava organizzando ai suoi danni.

    Eppure doveva farlo, cercò di convincersi; non aveva alcun senso indugiare.

    «Madre, poco fa ho sentito casualmente una conversazione tra un uomo e una donna che avevano in mente di derubarvi» esordì.

    «Che sciocchezza!» La madre liquidò il suo avvertimento con un movimento affettato del polso. «Hai sempre avuto una fervida fantasia fin da bambino, ma credevo che ormai fossi cresciuto.»

    Andrew serrò le mascelle, poi s’impose la calma. In fondo si era aspettato una reazione simile. «Vi prego di darmi ascolto, madre. È una cosa seria.»

    «Non posso credere che una persona alle mie dipendenze sia tanto ingrata da fare ciò che insinui» protestò la nobildonna con veemenza.

    «Recentemente avete assunto qualcuno che può avere bisogno di soldi?»

    La madre aggrottò le sopracciglia. «Be’, c’è Mary Margaret, ma è la cognata del curato. È cresciuta qui e suo padre era uno dei miei fittavoli. Non può essere lei.»

    «Non ci sono altri possibili sospetti?»

    «No, Andrew» replicò sua madre, esasperata. «Ma se insisterai nelle tue accuse assurde, non mi resterà altro da fare che mettere in fila tutti i domestici e chiedere al colpevole di fare un passo avanti» aggiunse, sarcastica.

    Andrew sospirò. La reazione della madre era esattamente quella che aveva previsto. «Non servirebbe ad altro che a mettere in guardia il ladro, così non lo prenderemmo mai» obiettò.

    «Allora ti consiglio di lasciar perdere queste stupidaggini. Nessuno tra la servitù farebbe mai niente di tanto riprovevole.» La madre agitò di nuovo la mano con languida grazia. «Non è per sentire simili sciocchezze che ti ho chiesto di venire a farmi visita a Derry House

    Andrew aveva imparato a capire quando era meglio lasciar cadere un argomento perché non c’era via d’uscita. Continuare a insistere sarebbe servito solo a indispettire sua madre. In realtà non si era illuso che lei gli credesse, visto che raramente la contessa prestava ascolto ai suoi avvertimenti e teneva in considerazione la sua opinione. L’unica cosa da fare era pazientare e tenere gli occhi ben aperti per cogliere i due complici in flagrante. Una prova del genere sarebbe bastata a smentire sua madre.

    «Comunque, visto che sei venuto a parlarmi, tanto vale che ti dica il motivo per cui ti ho chiamato a Derry House» proseguì la contessa.

    Andrew sorrise, ironico. «Sono al vostro servizio, signora madre» disse con marcata deferenza. «Cosa volete che faccia?»

    «È tempo che Annabell Winston, la mia figlioccia, debutti in società. Verremo a Londra ai primi di maggio in modo da avere tutto il tempo di allestire un guardaroba adeguato. Vorrei che ti occupassi dei preparativi per il nostro arrivo.»

    Un brutto presentimento fece scorrere un brivido lungo la spina dorsale di Andrew. «Esattamente a cosa dovrei provvedere?»

    «Non essere così ottuso, Andrew, non è da te!» esclamò la madre, irritata. «Dovrai far aprire la casa di Londra e assicurarti che vengano fatti tutti i lavori necessari per renderla presentabile. Per esempio, il pavimento del salone dovrà sicuramente essere risistemato se vogliamo dare un ballo per il debutto di Annabell.»

    Andrew avrebbe voluto protestare perché non era affatto contento di doversi occupare di simili incombenze, ma aveva già capito che non sarebbe servito a nulla obiettare che non riteneva di essere la persona più adatta a organizzare il debutto in società di una fanciulla. Negli occhi di sua madre brillava un bagliore intenso che lui conosceva bene, perché la contessa aveva sempre quello sguardo quando era impegnata in qualche progetto. Il vero problema era che simili iniziative prevedevano invariabilmente una divisione dei compiti tale per cui lei si sarebbe fatta carico della parte organizzativa, mentre a lui sarebbe toccata quella pratica.

    «Tutto qui?» chiese stancamente, sapendo già che la sua vita da scapolo stava per essere sconvolta.

    «Certo che no!» replicò sua madre, soddisfatta per la sua resa. Gli rivolse un sorriso che era affascinante come quello del figlio. «Dovrai procurarti i biglietti per andare da Almack, gli inviti per tutte le feste private più importanti della stagione mondana e un palco a teatro. E ovviamente non bisogna dimenticare Covent Garden e Vauxhall.»

    Andrew deglutì a vuoto prima di porre la domanda che gli ronzava nella mente, perché aveva paura della risposta e sentiva che sul suo collo stava per abbattersi la mannaia del boia. «E chi accompagnerà Annabell alle varie occasioni mondane, visto che voi, essendo di salute cagionevole, non potete stancarvi e uscire spesso?»

    Il sorriso della contessa si fece raggiante per la perspicacia del figlio. «Tu, ovviamente! Annabell ti adora, e so che anche a te fa piacere la sua compagnia. Siete una coppia perfetta, oltretutto. Anzi, sarebbe bello se dalla vostra assidua frequentazione nascesse un legame più stretto. Tuo padre lo diceva sempre...»

    La contessa sospirò e Andrew provò un moto di tristezza sentendo nominare il padre, ma non si lasciò commuovere da quel velato ricatto sentimentale. Indipendentemente dai desideri dei suoi genitori, lui non avrebbe mai sposato una debuttante. Preferiva donne più mature ed esperte.

    «Non sono in cerca di una moglie» obiettò con fermezza per eliminare ogni possibile fraintendimento che facesse nascere in sua madre la speranza di poter combinare un matrimonio tra lui e Annabell.

    «Così dici» osservò lei, sibillina. «Ah, dimenticavo! La mia dama di compagnia farà da chaperon ad Annabell, perché sarebbe sconveniente che tu l’accompagnassi da solo.»

    «La vostra dama di compagnia?» si stupì Andrew. «Credevo che Mabel non lavorasse più per voi. Non aveva detto che avrebbe voluto accudire suo padre a

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