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Il magnate dal cuore di ghiaccio: Harmony Collezione
Il magnate dal cuore di ghiaccio: Harmony Collezione
Il magnate dal cuore di ghiaccio: Harmony Collezione
E-book159 pagine2 ore

Il magnate dal cuore di ghiaccio: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Il carismatico milionario Abe Devereux è famoso per i modi bruschi e il suo cuore di ghiaccio; per questo la dolce babysitter Naomi, determinata a vedere oltre la sua corazza di incallito playboy, rappresenta un'assoluta novità per lui, così come l'innegabile alchimia che si sprigiona tra loro.
Abe non vuole rinunciare all'immagine di uomo spietato che lo accompagna da sempre, così decide che entro Natale si regalerà questa innocente Cenerentola. Ma sedurre Naomi, anziché dimostrare il proprio cinismo, potrebbe diventare l'occasione per redimersi.
LinguaItaliano
Data di uscita21 dic 2020
ISBN9788830522787
Il magnate dal cuore di ghiaccio: Harmony Collezione
Autore

Carol Marinelli

Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.

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    Anteprima del libro

    Il magnate dal cuore di ghiaccio - Carol Marinelli

    successivo.

    Prologo

    «Lo so che questo è un momento molto difficile per la famiglia Devereux, ma...»

    «Può essere, ma in ogni caso non ha alcuna relazione con questa discussione.»

    Abe Devereux interruppe lo sceicco, cosa che ben poche persone osavano fare. Si trattava di una videoconferenza, con Abe che si trovava nel suo splendido ufficio affacciato su New York, mentre lo sceicco Khalid si trovava in Al-Zahan, ma Abe si sarebbe comportato allo stesso modo se fossero stati faccia a faccia.

    La famiglia Devereux stava estendendo il proprio impero nel Medio Oriente. Il loro primo hotel era in costruzione a Dubai, e per il prossimo avevano individuato un sito in Al-Zahan.

    Solo che i proprietari del terreno, come Khalid aveva appena informato Abe, avevano incrementato la loro richiesta precedente di qualche milione di dollari. Rifiutare questo aumento avrebbe potuto avere un serio contraccolpo anche sul progetto di Dubai.

    Abe non era il tipo che accettava di farsi prevaricare. Khalid probabilmente contava sul fatto di essere amico personale di Ethan, il fratello minore di Abe. O forse aveva sperato in un raro momento di distrazione o di debolezza, dato che Jobe, padre di Abe e Ethan e capo dell'impero Devereux, era gravemente malato.

    Ma in Abe non c'erano debolezza o distrazione. Khalid avrebbe presto capito che aveva a che fare con il più spietato dei Devereux, che non si sarebbe mai lasciato condizionare dalle emozioni. Si trattava di affari, e niente si poteva mettere in mezzo.

    «Da che parte stai, Khalid?» chiese infatti, una domanda che pochi avrebbero osato fare. «Si pensava fossimo insieme in questo progetto.»

    «Sono dalla parte del progresso» rispose Khalid pacato. «E a causa di una somma relativamente modesta rischiamo di mandare a monte tutto quello che abbiamo intrapreso.»

    «Se Al-Zahan non è pronta per un simile progresso, allora dovremo cercare un altro posto.»

    «Ne hai parlato con Ethan?» verificò Khalid.

    Ethan avrebbe dovuto essere lì, ma non era andato e forse era un bene, dal momento che era amico personale dello sceicco. Abe non era particolarmente amico di nessuno ma, anche se lo fosse stato, non si sarebbe lasciato condizionare neppure da quello.

    «Io e Ethan siamo pienamente d'accordo» mentì con disinvoltura, giacché non aveva avuto occasione di consultarsi con il fratello. «Il prezzo rimane quello che abbiamo deciso in origine, oppure cercheremo altri posti.»

    «Se ne potessimo parlare anche con Ethan presente...» Seppure gentilmente, Khalid cercò di insistere. «È stato qui di recente e conosce i fattori sensibili.»

    «Non c'è altro di cui discutere.»

    «Ma se non arriveremo a una soluzione soddisfacente, seppur temporanea, anche il progetto di Dubai potrebbe risentirne.»

    «In questo caso...» Abe si strinse nelle spalle. «Nessuno verrà pagato. Adesso, se mi vuoi scusare, devo davvero andare.»

    «Naturalmente.» Khalid annuì con grazia, sebbene fosse evidente la sua contrarietà. «Vuoi portare i miei migliori auguri a tuo padre?»

    Solo quando fu sicuro che la linea fosse disconnessa e l'immagine di Khalid sparita dallo schermo, Abe lasciò uscire un'imprecazione che rivelava la gravità della situazione.

    Se la costruzione dell'hotel di Dubai avesse subito un arresto, la ricaduta sull'intero gruppo avrebbe potuto essere ingente.

    Probabilmente con due o tre milioni avrebbero potuto trovare un accordo. Era solo una piccola modifica nell'intero investimento, ed era certo che Ethan avrebbe preferito pagare di più piuttosto che mettere a rischio tutto il progetto.

    Ma Abe si rifiutava di farsi prevaricare.

    E le minacce, per quanto consegnate con gentilezza, non avrebbero cambiato il suo atteggiamento.

    Si alzò dalla scrivania, e per un attimo contemplò la vista di Manhattan ammantata dalla neve. Era una veduta spettacolare dell'East River e rimase ad assaporarla anche quando la PA del fratello bussò e apparve sulla soglia.

    «Ethan è in ospedale con Merida dalla notte scorsa» lo informò, spiegando quindi il motivo della sua assenza. «Pare che sia in travaglio.»

    «Grazie.» Abe non chiese i dettagli. Ne sapeva già più che abbastanza.

    Ethan aveva sposato Merida alcuni mesi prima, solo perché era incinta. Abe e suo padre avevano controfirmato il contratto matrimoniale che avrebbe assicurato alla signora Devereux e al bambino una generosa rendita quando fosse arrivato il momento del divorzio.

    Ma per quanto il contratto potesse apparire cinico, e lo era, Abe sperava che il bambino sarebbe stato trattato meglio di quanto lo erano stati lui e Ethan da piccoli.

    Ma non poteva pensare a questo ora.

    Chiuse gli occhi dinanzi alla gloriosa vista di quella mattinata di dicembre. Non erano neppure le nove del mattino, ed era già evidente che sarebbe stata una lunga giornata.

    Lo sceicco Khalid lo stava mettendo alla prova, e il contratto con il Medio Oriente era sull'orlo della rovina. Intanto, nell'ospedale a pochi isolati da lì la moglie di suo fratello stava per mettere al mondo un bambino in un'ala, mentre in un'altra suo padre stava morendo.

    No, si corresse. Suo padre stava lottando per la vita.

    Sua madre, Elizabeth Devereux, era morta quando Abe aveva nove anni. Non era stata per nulla materna, e Jobe era stato tutt'altro che un padre modello. In realtà, erano state le bambinaie ad allevare i ragazzi Devereux, ma Abe ammirava il padre e non era ancora pronto a lasciarlo andare,

    Non che lo mostrasse, ovviamente.

    Per un istante così breve da dubitare quasi che fosse esistito, Abe considerò la possibilità di parlare con lui del problema del Medio Oriente. Jobe Devereux era il fondatore dell'impero immobiliare e l'uomo più intelligente che lui avesse conosciuto. Ma non poteva stressarlo quando stava lottando per sopravvivere.

    Però non era quella la vera ragione per cui non si stava dirigendo verso l'ospedale. Dopotutto, Jobe non si era mai risparmiato di dargli la sua visione delle cose. Era più perché Abe non aveva mai chiesto aiuto a nessuno in vita sua.

    E non intendeva cominciare adesso.

    Ma prima che potesse ritrovare la concentrazione per occuparsi del lavoro che lo aspettava, il telefono squillò.

    Era suo fratello. «È una bambina!» lo informò Ethan, che suonava stanco ed eccitato a un tempo.

    «Congratulazioni.»

    «Merida è stata meravigliosa.»

    Abe non commentò. Il fatto che Merida avesse appena partorito sua nipote non lo rendeva un suo fan. «L'hai detto a papà?»

    «Sto andando a dirglielo.»

    Di solito si riferivano al padre chiamandolo Jobe, come facevano nel lavoro, ma qui non si trattava di lavoro. Oh, c'era un contratto in ballo e il matrimonio poteva anche essere una farsa, ma una piccolina era venuta al mondo quel mattino. Questo in un certo senso gli faceva effetto. E pensò a come avrebbe reagito Jobe nel sapere di essere diventato nonno.

    «Verrai a vedere tua nipote?» chiese Ethan.

    «Certo.» Abe guardò l'orologio. «Ma non prima del pomeriggio.»

    «L'amica di Merida, Naomi, arriverà a mezzogiorno. Saremmo dovuti andare insieme ad accoglierla all'aeroporto...»

    «Vuoi che mi occupi di mandarle un autista?»

    Ci fu un attimo di silenzio. Neppure Ethan amava chiedere aiuto. «Abe, non c'è alcuna possibilità che ci vada tu? È la migliore amica di Merida.»

    «Credevo che fosse la bambinaia...» Abe rammentò che era stata citata una bambinaia a tempo pieno nel contratto.

    «Naomi è specializzata in neonati, ed è anche la migliore amica di Merida.»

    «Dammi i dettagli» sospirò Abe cercando una penna.

    «Naomi Hamilton.» Ethan gli diede il numero del volo. «Se potesse passare in ospedale prima di essere condotta a casa, sarebbe una buona cosa.»

    «Me ne occuperò.» Abe guardò di nuovo l'orologio. «Devo andare. Ancora congratulazioni.»

    «Grazie.»

    Fortunatamente Ethan era troppo distratto per chiedere come fosse andata la telefonata con Khalid, e Abe non intendeva dargli volontariamente informazioni. Ci voleva una testa fredda e lucida per trattare simili problemi, e al momento lui era l'unico della famiglia ad averla.

    Chiamò la sua PA al telefono. «Jessica, puoi procurarmi un regalo da portare in ospedale questo pomeriggio?»

    «Per tuo padre?» domandò la donna.

    «No, Merida ha partorito.»

    Ci fu un piccolo squittio dall'altra parte. «Che cosa ha avuto?»

    «Una bambina.»

    «Ha già un nome? Sai quanto pesa?»

    «Non so nient'altro» rispose Abe. Non aveva pensato di chiedere. «Ho bisogno anche che mandi un autista al JFK ad accogliere una persona da portare poi all'ospedale. Si chiama Naomi Hamilton.» E aggiunse i dettagli del volo.

    A dispetto delle richieste di Ethan, non intendeva fare lo chauffeur personale.

    A parte la faccenda di Khalid a cui pensare, doveva presenziare al primo consiglio del mese di dicembre. E doveva vedere Maurice, il capo delle pubbliche relazioni, per discutere del tradizionale ballo di beneficenza natalizio.

    Era una ricorrenza abituale nella loro agenda, ma per la prima volta Jobe non sarebbe stato presente. Peggio, si sarebbe dovuto prevedere un piano alternativo nel caso Jobe non fosse sopravvissuto fino a quel momento. Non era un pensiero piacevole.

    D'altra parte si trattava di un evento di rilievo, e molte persone avrebbero pagato parecchio denaro per partecipare. Le emozioni dovevano essere messe da parte per considerare la realtà, e di solito Abe era molto abile in questo.

    Non era solo freddo... era considerato gelido.

    Non solo negli affari: la sua reputazione con le donne era devastante, anche se di recente sembrava essersi calmato. Tuttavia la sua impassibilità si estendeva anche alla famiglia. Aveva smesso di fidarsi degli altri all'età di quattro anni, e si era occupato del fratello, facendo di tutto perché non venisse ferito.

    Sapeva tenere le emozioni sotto controllo. Eppure quel mattino doveva lottare per riuscirvi. Di solito attivava l'autopilota e andava avanti attraverso gli impegni della giornata, però quel giorno era come se si fosse disattivato. La notizia della bambina aveva provocato un buco nel muro che teneva ben eretto tra sé e gli altri.

    Si pizzicò la sella del naso con pollice e indice, poi fece un respiro profondo. Respingendo tutti i possibili drammi sullo scenario, si accinse a difendere il forte dei Devereux.

    Qualcuno doveva pur farlo.

    1

    «Un Natale a New York...»

    Naomi sorrise alla sua chiacchierona compagna di viaggio che le stava raccontando di quanto sarebbe stato magico quel periodo.

    «Non c'è nulla di meglio.»

    «Ne sono sicura» annuì Naomi.

    Personalmente non le importava molto del periodo festivo. Di solito faceva in modo che tutto filasse liscio per la famiglia di cui si occupava, ma lo considerava un giorno come un altro. Anzi, no. Per lei era una delle giornate più solitarie dell'anno, lo era sempre stata e lo sarebbe sempre stata. Ma non aveva intenzione di raccontarlo alla sua vicina.

    In ogni caso, quando arrivò il momento di atterrare, erano diventate amiche e nessuna delle due aveva chiuso occhio.

    Nata alla vigilia di Natale, per quello che lei ne sapeva, aveva trascorso le sue prime settimane in un reparto di maternità, per poi venire assegnata alla prima delle tante madri in affido della sua vita.

    Adesso era una bambinaia specializzata in neonati e neomamme nelle tumultuose settimane che seguono il parto, e si occupava di instaurare una routine prima che qualche bambinaia permanente le subentrasse. Ma non diventava mai parte della famiglia. In occasione del Natale, il

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