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Il capo del mio cuore: Harmony Jolly
Il capo del mio cuore: Harmony Jolly
Il capo del mio cuore: Harmony Jolly
E-book141 pagine1 ora

Il capo del mio cuore: Harmony Jolly

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Info su questo ebook

Amore e lavoro possono andare d'accordo? Certo. Provare per credere!
Cara Winstone è determinata a rifarsi una carriera, e non permetterà al milionario Max Firebrace di metterla alla porta. Nonostante sia famoso per essere un uomo cupo e solitario, non può certo fare tutto da solo. Ha bisogno di un'assistente personale, e lei è perfetta per quel ruolo. Deve solo avere l'opportunità di dimostrarlo. Con sua somma sorpresa, non solo lui le offre il lavoro, ma la invita a trasferirsi nella sua abitazione, una lussuosa villa a South Kensington. O, per Cara, un mausoleo freddo e triste. Ora ci penserà lei a riportare la luce in quelle stanze e nel cuore del suo nuovo capo.
LinguaItaliano
Data di uscita10 dic 2020
ISBN9788830522510
Il capo del mio cuore: Harmony Jolly

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    Anteprima del libro

    Il capo del mio cuore - Christy Mckellen

    978-88-3052-251-0

    1

    Cara Winstone salì i gradini di ardesia della palazzina di South Kensington e cercò di non lasciarsi intimidire dall'imponenza della costruzione.

    Era il genere di casa in cui aveva sognato di abitare quando era adolescente. Nella sua immaginazione, la palazzina a quattro piani in stile vittoriano sarebbe stata piena di bambini allegri che lei e suo marito avrebbero educato teneramente, e avrebbe risuonato delle loro risate, la sera, quando sarebbero rimasti soli. Ogni stanza avrebbe avuto vasi di fiori freschi e luce che entrava a fiotti dalle grandi finestre, che si sarebbe riflessa sui mobili eleganti, ma comodi.

    Nella realtà, invece, il monolocale in cui abitava a Islington era molto diverso da quella dimora principesca.

    Non che il monolocale sarebbe restato a lungo la sua residenza, se non approfittava in fretta di quell'opportunità.

    Il doppio espresso che aveva bevuto a colazione navigava nel suo stomaco mentre rifletteva a quanto era prossima a essere sfrattata dall'avida proprietaria dell'immobile che occupava da sei anni. Se non trovava subito un altro lavoro sarebbe dovuta tornare a Cornwall, un villaggio dimenticato da Dio e dagli uomini, a dividere con i cani il ripostiglio dei suoi genitori.

    Amava i suoi, ma il pensiero di fare a gomitate con loro in quella minuscola casa la faceva rabbrividire. Soprattutto dopo che erano stati così eccitati quando li aveva chiamati, sei mesi prima, per annunciare di avere trovato il lavoro dei suoi sogni come assistente esecutiva del CEO di una delle più grandi multinazionali del paese. Grazie a sua madre, che l'aveva divulgata alla velocità della luce, la notizia era rimbalzata tra i membri della comunità locale e lei era stata inondata di messaggi e mail di congratulazioni.

    L'idea di dover spiegare perché era stata costretta a dare le dimissioni dopo solo tre mesi la gettava nello sconforto. Non poteva farlo. Non dopo i sacrifici che i suoi genitori avevano fatto per pagare le costose scuole private che aveva frequentato, perché avesse le opportunità che loro non avevano avuto. No, non poteva.

    Ma con un po' di fortuna, non sarebbe stata obbligata a sostenere quell'umiliante conversazione perché il colloquio di quel giorno poteva rappresentare l'occasione ideale di sistemarsi. Se riusciva ad assicurarsi quell'impiego, tutto il resto si sarebbe risolto di conseguenza, ne era certa.

    Stringendo sotto il braccio la cartelletta, che conteneva il curriculum e la lettera che elencava le brillanti referenze che aveva accumulato negli anni, premette il campanello d'ottone accanto alla porta e attese di essere accolta dal proprietario. Battendo il piede, si ravviò i capelli, poi lisciò la gonna del completo professionale che aveva indossato per apparire al meglio.

    Peccato che nessuno venne ad aprire.

    Forse, non avevano udito il campanello.

    Lottando contro la tentazione di mangiarsi le unghie che aveva appena fatto ricrescere, suonò ancora, un po' più a lungo questa volta, e stava per arrendersi e tornare più tardi quando la porta si spalancò e apparve un uomo alto e incredibilmente attraente, con un fisico atletico e con un'aria sicura e padrona di sé che le fece accelerare i battiti. I capelli color cioccolato avevano bisogno di essere tagliati, ma gli ricadevano sulla fronte e sugli occhi nocciola dai riflessi dorati in modo accattivante. Se avesse dovuto descriverlo con un aggettivo avrebbe optato per affascinante, un termine che suonava datato, ma in qualche modo gli si addiceva in pieno.

    Con aria visibilmente seccata, l'uomo la scrutò partendo dal viso per finire alla cartelletta sotto il braccio.

    «Sì?» tuonò, il tono così aspro che lei indietreggiò di un passo, rischiando di cadere dal gradino.

    «Max Firebrace?» Con suo grande dispiacere, la voce le uscì tremula di fronte a quell'inaspettata ostilità.

    Il cipiglio aumentò. «Non elargisco offerte benefiche.»

    Inspirando profondamente, Cara si incollò sul viso un sorriso che doveva risultare determinato e con voce paziente spiegò: «Non sono una questuante in cerca di denaro. Sono qui per il posto di lavoro».

    L'astio non accennò a diminuire, anzi, sembrò scoppiettare come una scarica di saette durante un temporale. «Di cosa sta parlando? Non ho intenzione di assumere nessuno.»

    Una vampata di calore la investì mentre sbatteva le palpebre in preda al panico. «Davvero? Mia cugina Poppy ha detto che le serve un'assistente personale perché è sommerso di lavoro.»

    Lui incrociò le braccia e scosse la testa mentre un lampo di comprensione gli attraversava il viso.

    «Ho detto a Poppy che avrei cercato qualcuno solo per levarmela di torno» chiarì irritato.

    Lei aggrottò la fronte per la confusione, lottando contro la sensazione di affondare. «Così non ha bisogno di una segretaria?»

    Chiudendo gli occhi, lui si passò una mano sul viso e rilasciò un breve sospiro. «Sono molto impegnato, sì, ma in questo momento non ho tempo neanche per fare dei colloqui, figuriamoci per addestrare un'eventuale collaboratrice, così se vuole scusarmi...»

    Accennò a chiudere la porta, ma prima che potesse farlo, lei avanzò alzando entrambe le mani in un disperato tentativo di impedirglielo e per la fretta le cadde per terra la cartelletta con un rumore sordo. «Aspetti! La prego!»

    Davanti a tanta cacofonia, il tipo trasalì per la sorpresa, ma almeno si fermò e aprì la porta di qualche prezioso centimetro.

    Prendendolo come un segno divino che le suggeriva di insistere, Cara raccolse il fascicolo, buttò indietro le spalle e si lanciò nel discorso che aveva provato mille volte da quando Poppy le aveva mandato una mail per avvisarla di quell'opportunità.

    «Sono molto brava in quello che faccio e imparo in fretta, ho sei anni di esperienza come segretaria e assistente personale, perciò non ho bisogno di un addestramento speciale.» La voce aveva assunto un timbro acuto, ma lei continuò imperterrita.

    «Sono abituata a prendere iniziative personali e sono precisa e puntuale. Se ne accorgerà quando mi assumerà» concluse, sforzandosi di mostrare una sicurezza che era ben lungi dal provare.

    Lui continuava a fissarla torvo, la mano che stringeva la porta come se fosse seriamente intenzionato a chiudergliela in faccia, ma lei non intendeva arrendersi senza lottare. Ne aveva abbastanza di sentirsi una fallita.

    «Mi conceda un'opportunità di mostrare quello che valgo, gratis, oggi, poi se le piacerà quello che vede, posso tornare domani.» Le guance le dolevano per il sorriso forzato.

    I suoi occhi si strinsero mentre sembrava prendere in considerazione la sua proposta.

    Dopo qualche secondo di silenzio, nel quale Cara pensò che il cuore le uscisse dal petto tanto batteva forte, lui annuì verso la cartelletta che lei stringeva in mano.

    «È il suo curriculum?» chiese.

    «Sì.» Glielo porse e lo osservò trattenendo il respiro mentre scorreva le pagine.

    «Okay» decretò alla fine, restituendoglielo con un sospiro sofferto. «Mi mostri quello che sa fare, poi se sarò soddisfatto le offrirò un periodo di prova pagato di un mese. Dopo quello, deciderò se assumerla o no a tempo indeterminato.»

    «Affare fatto.» Gli tese la mano, che lui fissò con espressione incredula, prima di avvilupparla nella sua, calda ed enorme.

    Sollievo, seguito da un seccante brivido caldo, la investì mentre lui le stringeva le dita, risvegliando tutte le sue terminazioni nervose.

    «Farebbe meglio a entrare» sbottò lasciando cadere la mano e voltandole la schiena per sparire dentro.

    A giudicare da quei modi bruschi, sembrava che non avesse nessuna possibilità di ottenere quell'impiego. Eppure, lei era pronta alla sfida, anche se l'uomo le provocava uno strano rimescolio allo stomaco.

    Scacciando quei pensieri, lo seguì in casa, chiudendosi la pesante porta di legno alle spalle e girandosi appena in tempo per vederlo scomparire in una stanza in fondo all'ingresso.

    E che ingresso! Era più grande del suo monolocale. Sulle pareti color crema erano appesi quadri di soggetto astratto – autentici, non riproduzioni o foto come aveva lei a casa sua – e il pavimento, di seminato veneziano, si stendeva per almeno cinquanta metri prima di raggiungere l'inizio di un'ampia scalinata di legno che portava a un ballatoio altrettanto vasto, dove una luce soffusa entrava da una finestra dai vetri colorati.

    Fermandosi accanto a un tavolo dal ripiano in marmo che, notò, era privo di fiori, Cara trasse un respiro per calmarsi prima di procedere verso la stanza che l'aveva inghiottito.

    Okay, poteva farcela.

    Giusto, Cara? Giusto?

    La sala in cui entrò era spaziosa come l'atrio, ma lì i muri erano dipinti di azzurro pallido sotto la linea dei quadri, e sopra di un fresco bianco che faceva sembrare il soffitto ancora più alto, come se fosse distante un milione di chilometri e in confronto, lei molto più piccola.

    Max era in piedi in mezzo al parquet lucido con un'espressione di distratta impazienza sul viso. Malgrado il nervosismo, Cara non poté fare a meno di sentirsi in soggezione da quanto era carismatico. L'uomo sembrava emettere ondate di pura energia sessuale.

    «A proposito, mi chiamo Cara» si presentò, deglutendo l'apprensione e rivolgendogli un sorriso cordiale.

    Lui si limitò ad annuire e le porse un computer portatile. «Può usare questo, per oggi. Una volta che l'ha acceso, può cominciare a inserire quei documenti.» Indicò una pila traballante di fogli su un tavolo accanto alla finestra. «Lì c'è il casellario...» continuò, additando un mobiletto. «Il sistema di archiviazione dovrebbe essere ovvio, si spiega da solo» concluse con una palese insofferenza nella voce.

    Così non aveva altri dipendenti.

    «Okay, grazie» disse lei, prendendo il portatile e andando a sedersi su un divano dalla parte opposta della stanza rispetto a una grande scrivania di legno con sopra un computer con uno schermo enorme.

    Domando la tensione che l'aveva tormentata da quando aveva lasciato l'ultimo impiego, accese il portatile, si collegò a Internet e aprì una cartella chiamata Soluzioni gestionali Firebrace. Scorgendo dei biglietti da visita sul tavolino accanto al divano, ne prese uno e aggiunse il numero di Max ai contatti nel suo cellulare.

    Nel frattempo, lui si era seduto alla scrivania e si era immerso nel lavoro che doveva avere interrotto quando lei aveva suonato alla porta.

    Okay. La prima cosa da fare era preparare una bevanda calda per entrambi, poi avrebbe

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