Prigioniera a palazzo: Harmony Collezione
Di Tara Pammi
5/5
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Info su questo ebook
Quando scopre il segreto che Lauren gli ha tenuto nascosto, però, Zafir non ha alcun dubbio: porterà la ragazza a palazzo e la farà diventare sua moglie. Al contrario di quanto accaduto a lui, suo figlio non crescerà lontano dal padre...
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Anteprima del libro
Prigioniera a palazzo - Tara Pammi
successivo.
1
Era davvero morto? Come poteva sparire nel nulla un uomo simile, qualcuno con cui aveva sorriso e condiviso una profonda intimità?
Lauren Hamby premette le mani sullo stomaco, nel punto da cui pensava provenisse il dolore. Le sembrava di vedere Zafir ovunque, mentre osservava la colorata città di Behraat e la devastazione causata dalle recenti rivolte.
Guardò l'antico palazzo sede del governo e si sentì particolarmente nervosa. Sperava che la risposta inseguita nelle ultime sei settimane si nascondesse al suo interno: aveva solo il suo nome e la descrizione fisica, ma era decisa a scoprire cosa fosse accaduto all'uomo che era diventato per lei qualcosa di più che una semplice avventura.
L'ambiente riccamente conservato era in contrasto con il silenzio assordante della città. Le luccicanti vasche d'acqua rettangolari su entrambi i lati, arricchite da piastrelle a mosaico e affiancate da numerose palme, riflettevano la sua immagine. Lauren si incamminò lungo il corridoio centrale, accanto al prato perfettamente curato, il cuore che martellava veloce nel petto.
Di giorno c'era tanto da osservare e da assaporare, e i suoni e le scene che aveva intorno riuscivano a distrarla, ma la notte il dolore si faceva strada con prepotenza, tempestandola di immagini di Zafir bambino, mentre cresceva in quel paese.
Lo vedeva in ogni uomo alto e attraente, che le ricordava l'amore e l'orgoglio con cui lui le aveva dipinto l'immagine di Behraat.
«Lauren, vieni?» la esortò il suo amico David, che aveva trascorso gli ultimi giorni a riprendere le sommosse scoppiate in città.
Lauren sollevò la testa e si coprì il volto mentre lui le puntava la telecamera addosso.
«Smettila di riprendermi, David. È indispensabile per il tuo documentario vedermi richiedere il registro dei deceduti durante gli scontri?»
Guardò oltre la reception, e ammirò la spettacolare fontana al centro dell'ingresso, la cui acqua rifletteva accenti dorati che brillavano sotto una volta arancione filigranata.
C'era molta attività alla reception. Le suole di gomma non emisero alcun rumore quando si incamminò verso il bancone. Un ascensore di vetro arrivò al piano e lasciò uscire un gruppo di uomini.
Calò un silenzio improvviso.
Lauren si voltò, una strana pelle d'oca provocata dal brusco cambio di atmosfera.
I sei uomini, vestiti con i tradizionali abiti lunghi, si erano fermati in circolo di fronte all'ascensore. Il più alto del gruppo si rivolgeva agli altri in arabo. Il tono era duro e intransigente, ma le sue parole la colpirono, posandosi sulla sua pelle come leggere carezze.
Lei strofinò i palmi sullo stomaco, cercando di fermare l'improvviso tremore e guardò David, che stava filmando il gruppo con molto interesse. L'uomo alto si voltò, entrando nel suo campo visivo. Lauren rimase immobile, il battito veloce del cuore le provocava un martellio nelle orecchie.
Zafir.
Il copricapo rosso e bianco gli nascondeva i capelli, rendendo i suoi lineamenti più marcati. Le sue parole risuonavano con autorità, potere. La bocca era più tesa del solito.
Lui era vivo.
Il sollievo la pervase come un tornado inarrestabile. Voleva gettargli le braccia al collo, toccare il suo viso. Voleva...
Un brivido le attraversò tutto il corpo, nonostante indossasse una maglietta con le maniche lunghe e un paio di pantaloni, per rispetto alle tradizioni di Behraat.
Zafir non era ferito.
Anzi, non l'aveva mai visto così a proprio agio, sebbene non si fosse fatto sentire per sei lunghe settimane.
Lauren si incamminò verso il gruppo, un'incessante pressione sulle tempie teneva lontano ogni possibile pensiero sensato mentre l'adrenalina che le scorreva nelle vene alimentava la sua furia. L'uomo che si trovava dalla sua parte si girò e avvertì il resto del gruppo. A uno a uno, si voltarono tutti a guardarla.
Con le mani tremanti e il respiro spezzato in gola, quei pochi secondi le sembrarono ore.
Lo sguardo dorato di Zafir incrociò il suo e Lauren venne travolta dalla devastante forza della sua personalità. L'intesa esplosiva che aveva caratterizzato ogni istante della loro relazione sbocciò all'improvviso, un filo conduttore che la attirava verso di lui, mentre tutto il resto si era arrestato di colpo.
Eccetto che... non c'era alcun segno di gioia negli occhi dell'uomo. Nessuna sorpresa, e nemmeno rimorso.
Non si sente in colpa, pensò Lauren colma di rabbia. Lei aveva versato molte lacrime e si era ridotta a uno straccio a forza di preoccuparsi, ma lui non era per niente pentito.
Gli uomini guardarono con interesse mentre Zafir camminava verso di lei. Due guardie lo seguivano a qualche passo di distanza.
Perché Zafir ha delle guardie?
La domanda ricadde subito nel nulla. La sua sensualità cupa la travolse. I brividi e un peso sullo stomaco sempre più opprimente, a ogni passo che facevano l'uno verso l'altra.
Sotto il suo esame, si sentì avvolgere dal potere della sua mascolinità e dalla conoscenza intima di quel corpo.
Zafir si fermò davanti a lei, la bocca, una linea sottile su quel volto incredibile, la pelle come una maschera che celava i suoi lineamenti.
Un movimento regale del capo, un cenno che sembrò quasi un addio.
«Signorina Hamby, che cosa la porta qui a Behraat?»
Un brivido le gelò il sangue nelle vene.
Signorina Hamby? La stava chiamando signorina Hamby? Dopo tutto quello che avevano condiviso le parlava come se fossero due estranei?
Tutti i torti che Lauren aveva subito da quando era bambina riaffiorarono in lei, trasportati da quella pesante indifferenza.
«Hai da dire solo questo, dopo il modo in cui te ne sei andato?»
Un piccolo nervo pulsò sulla sua tempia, ma lo sguardo dorato rimase impassibile. Sembrava così distante, severo e cupo come il deserto di cui Lauren aveva tanto sentito parlare.
«Se ha una lamentela da fare, signorina Hamby» replicò lui, un cenno di fastidio a incrinare il tono altrimenti gentile, «deve prendere un appuntamento, come tutti.»
«Un appuntamento? Stai scherzando, vero?»
«No, io non scherzo mai.» Fece un altro passo verso di lei, e Lauren ebbe l'impressione di vedere qualcosa nascosto sotto quella calma apparente. Sorpresa? Dispiacere? Indifferenza? «Non renderti ridicola, Lauren.»
Un dolore lancinante le tolse il respiro. Non fare tante scene, Lauren. Cresci e cerca di capire che i tuoi genitori hanno lavori importanti, Lauren. Trattieni le lacrime, Lauren.
Con il cuore che le batteva forte nel petto, mentre i ricordi e le voci aleggiavano nei suoi pensieri come fantasmi, Lauren fece l'ultimo passo che la separava da Zafir e lo schiaffeggiò.
La testa di lui scattò indietro e il rumore dello schiaffo ruppe il silenzio come un tuono fragoroso.
Passi celeri echeggiarono nell'atrio, mentre la mano cominciava a dolerle per il forte colpo. Si udirono veloci comandi in arabo, ma Lauren... era come se fosse sospesa in un mondo a parte.
Qualcosa di estremamente feroce brillava negli occhi di Zafir.
Oddio, che cosa ho fatto?
Le lunghe dita di lui le afferrarono il braccio, e Lauren si sentì tirare in avanti, avvolta in un aroma di sandalo e muschio.
Alle loro spalle si udì un susseguirsi di ordini in arabo mentre le dita di Zafir la lasciavano andare. Il suo sguardo la trafisse, ma subito il fuoco vivo delle sue emozioni si estinse, lasciando che la maschera di indifferenza gli calasse sul viso.
Quando quei meravigliosi occhi dorati si posarono di nuovo sui suoi, fu come guardare un estraneo, un estraneo sprezzante, pericoloso e temibile.
«Sua Altezza... lasci che siano gli uomini della sicurezza a occuparsi di questa donna.»
Sua Altezza? Uomini della sicurezza?
L'adrenalina la abbandonò in quell'istante, lasciandola al freddo.
Zafir intimò un comando in arabo, breve e deciso, e fece un passo indietro.
Lauren si guardò intorno, circondata da un silenzio surreale. La guardavano tutti con curiosità e sdegno. Due uomini armati la fiancheggiarono.
«Zafir, aspetta» lo pregò, ma lui si era già voltato e le dava le spalle.
Seguì la salita dell'ascensore con occhi increduli, ma lui non la guardò, neppure per un istante. Provò a divincolarsi, ma i due uomini la bloccarono.
In che incubo era capitata? Dov'era David?
Cercando di ignorare il panico che la stava assalendo, notò un uomo anziano che parlava alle guardie.
«La dichiaro in arresto per aver attaccato lo sceicco di Behraat.»
Zafir Al Masood lasciò la riunione con i suoi rappresentanti. Il suo scontento doveva essere evidente, dato che perfino i membri più audaci si tennero alla larga. Per la prima volta nelle ultime sei settimane, le lamentele del Consiglio lo colpirono in prima persona.
Chi era quella persona? Come mai una donna, oltretutto occidentale, era in tale confidenza da permettersi di schiaffeggiarlo? Aveva intenzione di far scaricare la furia del mondo occidentale su Behraat? Voleva mettere a repentaglio la sicurezza del loro paese per una donna, come aveva fatto suo padre?
Zafir entrò in ascensore e premette un pulsante per farlo arrestare. Era infuriato e frustrato, ma doveva controllarsi. I vetri che lo circondavano rifletterono la sua immagine, obbligandolo a guardarsi.
Lo avevano davvero paragonato a suo padre, il grande Rashid Al Masood, l'uomo che aveva portato Behraat fuori dalla miseria? Avrebbe mai dimenticato che lo aveva riconosciuto solo quando gli era servito un nuovo erede, dopo l'operato del suo fratellastro corrotto Tariq?
Un tempo avrebbe gioito nello scoprire che il sangue di suo padre gli scorreva nelle vene, ma ora... ora stava passando la vita a pagare il debito di errori altrui.
Imprecò contro quel consiglio abbietto e il suo potere di eleggere lo sceicco. Se solo quell'accozzaglia di codardi corrotti avesse denunciato i soprusi durante il regime di Tariq, Behraat non si sarebbe trovata in quella situazione disastrosa.
Invece, dopo aver annullato le leggi proibitive di Rashid, si erano riempiti le tasche con le tangenti di Tariq, lasciando che lui rovinasse i rapporti con gli stati confinanti, distruggesse i trattati di pace e violasse gli accordi sugli scambi internazionali...
Eppure, avevano il coraggio di mettere in dubbio il suo operato, riportando sempre la conversazione sulla separazione delle tribù dallo stato, come se la colpa del padre fosse sua.
Zafir si diresse alla sala operativa, determinato ad annientarli. Per quanto odiasse il padre per averlo abbandonato, non aveva potuto voltare le spalle a Behraat. Il senso del dovere che aveva sempre provato, ancora prima di scoprire la verità sulla sua nascita, era la sola eredità del padre.
Niente affetto, niente orgoglio, nessuna informazione su sua madre: solo quel dannato senso del dovere verso il proprio paese.
Il volto di Lauren sullo schermo gigante al plasma lo bloccò. Qualcosa si mosse dentro di lui... uno spasmo, un bisogno primordiale che non aveva mai provato prima.
Quel labbro inferiore martoriato tra i denti, la carnagione più pallida del solito. Ombre bluastre offuscavano la bellezza dei grandi occhi neri. Il foulard che aveva usato per coprire la testa era scomparso, e i capelli neri le nascondevano il volto.
La maglietta a maniche lunghe modellava le curve del suo corpo. Era seduta con le mani incrociate sul tavolo, la postura retta, in atteggiamento di sfida.
Onesta e orgogliosa, sensuale e diffidente, dal primo momento in cui l'aveva vista era caduto in trappola.
Obbedendo ai suoi ordini, i servizi speciali l'avevano rinchiusa in cella dopo averle confiscato quello che aveva con sé. Chiunque costituisse una minaccia doveva essere punito, e le prove che avevano raccolto su Lauren non giocavano a suo favore, ma Zafir non riusciva a dimenticare la sensazione di tradimento e la sofferenza che le aveva letto negli occhi