Domata e sposata: Harmony Collezione
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Elizabeth Power
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Anteprima del libro
Domata e sposata - Elizabeth Power
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Tamed by Her Husband
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2005 Elizabeth Power
Traduzione di Carla Ferrario
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-231-4
1
Nell’aria si avvertiva una tensione palpabile. Il calore pomeridiano era opprimente, e nonostante l’abito di cotone Kane Falconer si sentiva a disagio.
Gli piaceva aggirarsi per Barcellona, ma in quel momento, avanzando lungo la strada pedonale alberata oltre i banchetti che esponevano fiori e souvenir e i caffè all’aria aperta, si sentì sollevato al pensiero di avere concluso gli affari e di tornare a casa.
La marcia di protesta degli studenti aveva messo in ginocchio la città. Nelle strade circostanti il fracasso dei clacson copriva il rombo dei motori accesi e le imprecazioni lanciate dagli automobilisti. Lo stridore proveniente da una delle bancarelle lo fece sussultare, attirando il suo sguardo riluttante verso una gabbia dove erano rinchiusi degli uccellini dalle piume colorate, che sbattevano senza successo le ali nello spazio ristretto dei confini loro imposti.
Kane allontanò lo sguardo disgustato, alla ricerca del proprio spazio vitale. Lui almeno poteva andarsene. Lanciando un ultimo sguardo verso una bancarella abbellita da boccioli variopinti notò la ragazza che, in punta di piedi, si protendeva per annusare i fiori che spuntavano da un cesto appeso.
La cascata di capelli castano scuro che ondeggiava lungo la schiena inarcata era familiare, ma fu la lunghezza del collo elegante a fargliela riconoscere senza ombra di dubbio.
Shannon Bouvier! Di tutte le città del mondo, non avrei mai creduto di incontrarla proprio qui!
Chiedendo informazioni all’indirizzo di Milano che gli era stato dato più di sei mesi prima, un padrone di casa piuttosto arcigno lo aveva informato che Shannon era partita per l’estero con un amico, ma non aveva saputo dirgli quale fosse la loro meta.
Shannon Bouvier. Una ragazza della buona società o una svergognata piena di soldi, come l’avevano soprannominata quelli maldisposti nei suoi confronti, erede di una grande compagnia di cui lei non voleva occuparsi.
È dimagrita, notò dopo aver esaminato il top rosso aderente e i pantaloni a vita bassa piuttosto trasandati. Era sciupata, se paragonata alla fanciulla in fiore che aveva mantenuto la dignità, se non la reputazione, sotto l’attacco impietoso della stampa britannica. Ma era proprio lei.
Kane serrò la mascella, il corpo teso in un’eccitazione che non voleva ammettere, mentre scattava per annullare la distanza che li separava.
Shannon accettò l’orchidea pallida che l’anziana proprietaria della bancarella le porgeva, un gesto che per la donna era diventato un’abitudine ogni volta che la señorita dall’aria fragile passava da lei.
La donna allargò le braccia, tendendole in direzione del frastuono provocato dalla marcia. Era cominciata come una forma di protesta pacifica, ma i soliti provocatori avevano cercato di farla fallire, scagliando pietre sulle automobili. Shannon lanciò un’occhiata al di sopra delle spalle verso il gruppo di studenti che avanzava vociando e sussultò scorgendo l’uomo che bloccava la visuale.
«Ciao, Shannon.»
Dentro di sé provò la consueta eccitazione suscitata dalla vicinanza di Kane, accompagnata da qualcos’altro che la mise subito in allerta.
La sua presenza pareva oscurare tutto il resto, finendo per diventare agli occhi di Shannon l’unica presenza a Las Ramblas, mettendo in ombra persino l’avanzata del corteo, che diventava secondaria e quasi irreale rispetto a quanto accadeva tra loro.
«Kane!» Se aveva creduto di riuscire a mascherare la sorpresa, si sbagliava. Il suo sguardo indugiò sui lineamenti decisi del viso, che all’improvviso ricordava così bene: la fossetta sul mento, la fronte ampia, i folti capelli castani... «Che cosa ci fai qui?»
A giudicare dall’abito chiaro, doveva avere avuto un incontro d’affari, anche se non portava la cravatta mentre la camicia bianca sbottonata lasciava intravedere un lembo di pelle abbronzata.
«Stavo per chiederti la stessa cosa.» In contrasto con le trombe dei clacson e il vociare infuriato, Kane parlò in tono rilassato. Non pareva teso quanto lei né ammutolito dalla sorpresa. «Credevo fossi partita per qualche località esotica.» La sua occhiata sembrò paragonare i tratti delicati del viso alla altrettanto delicata perfezione dell’orchidea. «Mi avevano assicurato che eri partita per Rio.»
Shannon distolse a fatica lo sguardo dai suoi magnetici occhi grigioazzurri. Chi gli aveva parlato di lei? O era stato soltanto il commento casuale di qualcuno? Un riferimento distaccato alla ragazza che rovinava la vita degli altri, che tre anni prima aveva occupato per alcuni giorni le prime pagine dei giornali scandalistici?
«Be’, come vedi...» Allargò le braccia mimando una risata indifferente, «non è così.» Subito si pentì di quel gesto, che aveva attirato l’attenzione di Kane sul suo seno, teso sotto il top rosso che riportava la scritta: Libertà per i tori.
Kane strinse le labbra, che lei aveva sempre giudicato crudeli, e le rivolse uno sguardo freddo, strafottente, come faceva di solito. «Combatti ancora per le cause perse?»
«Qualcuno deve pur farlo.»
A quel punto la bocca di Kane s’incurvò, a metà tra una smorfia e un sorriso. «Ritengo che quando si è ospiti in un paese straniero ci si debba adeguare alle tradizioni locali.»
Shannon sollevò il mento, dichiarando con quello che sperava fosse un tono dignitoso: «Ognuno ha il diritto di pensarla come crede».
Lui abbassò appena la testa, lasciandole la sensazione di avere vinto quel round soltanto perché glielo aveva permesso. «Come mai ti trovi in Spagna?»
Sul punto di rispondere sinceramente, Shannon cambiò idea. «Niente...» borbottò poi. In un certo senso era vero.
A quelle parole, l’espressione divertita abbandonò definitivamente lo sguardo di Kane, sostituita da un’aria scontenta. «E che cosa significa?»
Shannon si irrigidì, cogliendo nella sua voce un tono di rimprovero. Come tutti, anche lui nutriva molti preconcetti nei suoi confronti. Il ricordo di quando l’aveva definita una personcina mondana in cerca di attenzioni le bruciava ancora.
«Che è un posto come un altro per passare il tempo.» Per ricaricare le batterie, pensò, ma si guardò bene dal dirlo.
«Dunque ti sei immersa nell’ozio.» Kane infilò una mano in tasca, fissandola sprezzante.
Shannon si strinse nelle spalle. Non era quello che si aspettava forse da lei, come tutti gli altri?
Con la coda dell’occhio notò che la donna della bancarella li osservava con malcelato interesse: un uomo alto dall’aspetto energico e una ragazza dai capelli castano scuro alta quasi quanto lui. Shannon si chiese se davano l’impressione di essere una coppia, se la corrente sensuale che passava tra loro fosse evidente anche agli altri.
«Dove abiti?» domandò Kane.
Lei nominò una zona di lusso. Del resto lui non si aspettava niente di meno.
«Sei in vacanza?»
Shannon esitò un istante prima di rispondere affermativamente.
«Sola?»
«Sì.»
Anche l’ultimo fidanzato non è durato molto, rifletté Kane. «Come mai non mi sorprende?»
«Non saprei, dimmelo tu.»
Ha una bella faccia tosta! Quanti anni avrà ora, ventidue? Già da adolescente possedeva una padronanza di sé che molte donne col doppio dei suoi anni le avrebbero invidiato. Fu sorpreso dall’impressione nitida che aveva lasciato in lui anche dopo tanti anni.
«Abito nella villetta di un amico» continuò lei, riprendendo da dove si erano interrotti.
«Capisco.»
«Non capisci niente» ribatté Shannon, irritata dal suo tono ironico.
È vero, convenne Kane, incapace di spiegarsi perché avesse un abbigliamento così trasandato. Ma preferì non approfondire, temendo suo malgrado di scoprire che dopotutto un fidanzato c’era ancora.
«E che farai quando sarai stanca di oziare a Barcellona?» la investì sarcastico. «O ti sembra poco probabile?»
«Oh no, è molto probabile.» Contrapposto al suo, il tono di Shannon era stranamente frivolo.
«E quando pensi che succederà?» insistette Kane. «Quando ti imbatterai in qualcosa, o qualcuno, di più interessante?»
Il petto di Shannon si sollevò sotto la pressione dello sforzo di trattenere una risposta sarcastica. Nonostante l’atteggiamento imperturbabile, lei percepiva la collera di Kane e non se ne spiegava la ragione. Si era comportata da sciocca una volta e ne aveva pagate le conseguenze, ma apparteneva al passato, perché si ostinava a rinfacciarglielo?
«Di solito succede proprio così» si limitò a rispondere, lasciando che la barriera che aveva eretto intorno a sé nascondesse la vera Shannon Bouvier.
«E non ti sei mai posta il problema che forse tuo padre si sta chiedendo dove sia finita la sua unica figlia?» La durezza del suo tono la colpì attraverso il crescente frastuono attorno a loro. «Mai valutato l’ipotesi di tornare a casa?»
Quel tono censorio suscitò in lei dolore misto a collera. Per quanto strano potesse sembrare, il suo unico desiderio era proprio quello di tornare a casa. Ma in seguito allo scandalo che l’aveva travolta, Ranulph Bouvier era stato molto chiaro riguardo alla vita che voleva per sua figlia, ed era una prospettiva che non le piaceva. Quella che conduceva ormai da un paio di anni, e di cui la gente come Kane Falconer ignorava tutto, le consentiva un’autostima che il peso dei milioni di suo padre non le aveva mai permesso.
«No, ma non credo siano affari tuoi» tagliò corto.
«Neanche una parola su come sta tuo padre? Su come vanno le cose a casa?»
Un’ombra ansiosa scurì gli occhi azzurri di Shannon. Nei primi tempi era riuscita a tenersi al corrente delle novità di casa, leggendo i giornali e interrogando chiunque avesse un minimo legame con suo padre, tuttavia negli ultimi mesi non era stata in condizione di farlo...
«Sei in contatto con mio padre?» si azzardò a domandargli. Quella possibilità la sorprendeva, perché quando Kane si era licenziato dalla compagnia per non piegare la testa di fronte alle richieste di suo padre, i loro rapporti non erano proprio amichevoli.
«Lascia perdere» commentò lui irritato. «Dopotutto, come hai osservato tu, non sono affari miei.» Infilò in tasca anche l’altra mano e lanciò un’occhiata alla via invasa dai manifestanti, il viso scolpito in un’espressione dura.
Sentiva le parole che avrebbe voluto pronunciare strozzarglisi in gola proprio come il traffico soffocava le strade. I manifestanti ormai si trovavano in cima a Las Ramblas, Kane li sentiva scandire slogan e cantare, suscitando i commenti irritati degli automobilisti bloccati nel traffico. Per farsi sentire fu