Caldo ricatto: Harmony Collezione
Di Heidi Betts
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Info su questo ebook
"Ti accoglierò nel mio letto". Questi gli sfrontati termini del contratto che l'uomo d'affari Chase Ramsey propone a Elena Sanchez, sapendo di offenderla. In realtà lei non ha scelta. Se vuole salvare l'azienda di famiglia, dovrà per forza diventare la donna di Chase.
Chase ha aspettato anni per ottenere una rivincita per ciò che Elena gli ha fatto. Ora lei dovrà interpretare il ruolo che lui le ha assegnato. Ma l'avvenente mora non gli permette di rimanere indifferente tanto che la sua proposta indecente rischia di incendiare in modo inaspettato la situazione tra loro.
Heidi Betts
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Caldo ricatto - Heidi Betts
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Blackmailed Into Bed
Silhouette Desire
© 2007 Heidi Betts
Traduzione di Silvana Mancuso
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-586-8
www.eHarmony.it
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1
Elena Sanchez guardò in ogni direzione il lungo corridoio e, quando si mosse, i tacchi risuonarono sul rivestimento costoso del pavimento. Non c’era nessuno dietro il bancone dove immaginò che di solito ci fosse una segretaria, ma in fondo era ora di pranzo. Lei stessa era sgattaiolata dal suo ufficio per andare lì.
Guardò le porte mentre le superava, cercando la persona di cui aveva bisogno, il nome dell’uomo che doveva incontrare, che lo volesse o no. E proprio non ne aveva voglia. Se il padre non fosse stato disperato, se lei stessa non fosse stata disperata per lui, probabilmente avrebbe vissuto il resto dei suoi giorni senza imbattersi in Chase Ramsey.
Di certo, non si sarebbe data da fare per rintracciarlo. Lo avrebbe evitato.
Quando vide il nome, stampato in lettere maiuscole e nere sulla targhetta dorata della porta in fondo al corridoio, lo stomaco fece una piroetta, ed Elena ebbe subito l’impulso di voltarsi e correre. Ma aveva deciso di farlo, quindi non si sarebbe tirata indietro.
Bussò alla porta e, nell’attesa di una risposta, si asciugò i palmi umidi sui fianchi della gonna di lino rosso che le arrivava al ginocchio, così, se Chase le avesse stretto la mano, non si sarebbe accorto di quanto lei fosse nervosa.
Udì mormorare dall’altra parte, forse perfino im-precare, e poi un brontolato: «Avanti».
Girò il pomello, spinse la porta scura ed entrò.
L’ufficio, molto grande, aveva tre ampie vetrate che davano sul centro di Austin. Un tappeto orientale e due poltrone di pelle verde scuro riempivano lo spazio davanti a un’ampia scrivania di ciliegio.
Dietro di essa, Chase Ramsey prendeva appunti assorto in una conversazione piuttosto vivace con chiunque fosse all’altro capo del telefono. Non si prese neanche la briga di alzare lo sguardo, ma Elena sapeva che doveva averla sentita entrare.
Non osando accomodarsi finché non fosse stata invitata a farlo, rimase sulla porta e continuò a stringere e rilasciare la tracolla della borsa.
Era bello come lo ricordava. Maledizione. Ma in un modo più oscuro, molto più maturo: non lo vedeva da quando erano entrambi adolescenti.
I capelli erano neri come la notte, corti, con appena una ciocca mossa che gli ricadeva sulla fronte. E da quello che vedeva al di sopra della scrivania, l’abito grigio scuro, di fattura ottima e costosa, gli cadeva a pennello. Le spalle erano ampie, il petto vigoroso, e le mani abbronzate sembravano tanto forti da poter sollevare un piccolo edificio.
O da toccare una donna... intimamente.
Oh, Signore. Da dove le veniva quel pensiero? Strinse più forte la tracolla e lottò contro l’impulso di sventagliarsi il viso. Cominciò a sentirsi agitata, le ginocchia deboli.
Quindi aveva mani grandi. Mani grandi, scure e possenti. Averlo notato, ed essere apparentemente distratta da esse, non significava nulla. Eccetto, forse, che non si trovava in compagnia di un uomo attraente e decente da tempo.
Sentì riagganciare e batté gli occhi, sollevando di nuovo lo sguardo sull’uomo dietro la scrivania. Mentre lei se n’era stata a fantasticare su dita lunghe e mascoline che scivolavano sotto l’orlo della sua gonna, evidentemente Chase Ramsey aveva finito la sua conversazione e adesso la guardava con un luccichio impaziente e irritato negli occhi blu penetranti.
«Posso aiutarla in qualche modo?» chiese.
Con un respiro profondo e armandosi di coraggio, Elena si fece avanti tra le due poltrone.
«Sì» rispose lei, scostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima di appoggiare una mano sull’alto schienale di una poltrona. «Sono Elena Sanchez, e vorrei parlarle del suo interesse per la Sanchez, l’azienda di forniture per ristoranti.»
Elena colse l’esatto momento in cui la riconobbe. Non il nome dell’azienda del padre che Chase stava per rilevare, ma proprio lei. Il suo nome e probabilmente il suo aspetto, semmai ricordasse qualcosa di lei dopo tutti quegli anni.
Gli occhi di Chase si fecero duri e cupi, la bocca prese una piega sottile, piatta. Lasciò cadere la penna sui documenti ai quali aveva lavorato e si appoggiò allo schienale della poltrona, mise i gomiti sui braccioli e congiunse in avanti le dita mentre continuava a oscillare avanti e indietro.
Dentro di sé, Elena si fece piccola. A giudicare dalla reazione alla sua presenza, il ricordo di Chase era notevole quanto i suoi attributi fisici.
E lo sdegno era giustificato, Elena lo sapeva. Venti anni prima, era stata una ragazza viziata, nervosa, e aveva trattato male un sacco di persone, incluso Chase Ramsey.
Non che la giovane età fosse una buona scusa. Tutti commettono errori da giovani, e talvolta bisogna pagare per quegli errori, o ripararli.
Questa, decise Elena, era la punizione per essersi comportata in modo orribile da adolescente: trovarsi di nuovo di fronte a Chase Ramsey e doversi essenzialmente umiliare nel tentativo di aiutare il padre a salvare l’azienda di famiglia.
Non sarebbe stato facile, ma si sarebbe fatta avanti e avrebbe pagato lo scotto da persona matura quale era diventata.
Un telefono squillò nel corridoio, tuttavia Chase lo ignorò. Continuò impassibile a dondolarsi sulla costosa poltrona di pelle, guardandola come se le potesse leggere nell’anima.
E forse ci riusciva. Elena si sentì esposta fino alle ossa. Sarebbe anche potuta essere nuda nel bel mezzo del suo ufficio, anziché abbigliata con uno dei suoi completi più professionali.
Il completo di lino rosso e la camicetta bianca la facevano sentire sempre potente e sicura di sé. Lo aveva indossato di proposito, sapendo che avrebbe dovuto affrontare il leone nella sua tana.
Ma adesso si rendeva conto che non faceva alcuna differenza. Avrebbe anche potuto indossare un’ar-matura e non sarebbe stata meno nervosa di fronte a Chase Ramsey, aspettando che lui le strappasse via strati di corazza o che le ordinasse di andarsene senza neanche lasciarle spiegare il motivo della sua visita.
Invece, sollevò un sopracciglio scuro e si portò in avanti, staccandosi dallo schienale della poltrona, curvando gli angoli della bocca in un sorriso beffardo.
«Elena Sanchez» mormorò, freddo, alzandosi lentamente e girando intorno alla scrivania. «Ecco un nome che pensavo non avrei più sentito. Né posso dire che mi sarei aspettato che facessi un giretto nel mio ufficio.»
Si fermò proprio davanti a lei, a meno di un metro di distanza. L’aria era pesante e tesa, ed Elena ebbe difficoltà a respirare con lui così vicino.
Appoggiandosi sul bordo della scrivania, Chase incrociò le braccia sul petto e la scrutò con quello sguardo blu glaciale.
«Immagino che tu sia qui per supplicarmi di non rilevare l’azienda di tuo padre» disse con un tono che fu quasi condiscendente. «Mi dispiace, tesoro, ma non è stato cedendo davanti a delle ciglia lunghe e a un bel paio di gambe che la Ramsey Corporation è diventata una società multimilionaria.»
Sfacciato, percorse il suo corpo con lo sguardo, che si posò sui seni, sulla vita, sui fianchi, finché non si soffermò sulle gambe chilometriche, visibili sotto l’orlo della gonna appena sopra le ginocchia.
«Non importa quanto siano belle» aggiunse, prima di ritornare con lo sguardo sul suo viso.
Toccò a Elena sollevare un sopracciglio. Lasciò cadere la borsa su una delle poltrone e assunse una posa maggiormente difensiva.
«Non sono qui per supplicarti di nulla. Sono venuta semplicemente per parlarti di un argomento che sta a cuore alla mia famiglia. E che tu trovi attraenti le mie ciglia o le mie gambe è totalmente irrilevante. Siamo entrambi adulti, dovremmo essere in grado di sederci e parlare in modo sereno e professionale, senza che tu stia a guardare con occhi languidi, come un detenuto rilasciato sulla parola alla sua prima visita in uno strip club dopo vent’anni di confinamento solitario.»
I muscoli delle guance di Chase si contrassero, e lui dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per impedirsi di scoppiare in una grassa risata.
Erano passati vent’anni da quando l’aveva vista o le aveva parlato. Francamente non gliene importava nulla di vederla o parlarle di nuovo. Era uno di quei ricordi dolorosi della giovinezza che ancora persisteva e sanguinava, se solo abbassava la guardia tanto da lasciare cadere il confine tra presente e passato.
Per fortuna, questo non accadeva spesso. Non aveva più pensato a Elena per anni. Stranamente, neppure quando aveva iniziato il processo di acquisizione dell’azienda del padre di lei. Per Chase era solo un’altra mossa astuta negli affari. Quel genere di mossa che, da modesto figlio di un direttore di ranch, lo aveva fatto diventare milionario e amministratore delegato della sua società all’età di trentacinque anni.
Con agilità si spostò, si lisciò la cravatta e fece di nuovo il giro della scrivania.
«A ogni modo» le disse, indicando una delle poltrone vicino a Elena, che stava in piedi rigida come una statua, «siediti e parliamo. Da adulti. Di affari.»
Per un attimo, lei rimase ferma, come se si aspettasse che l’offerta fosse una sorta di trappola. Poi i muscoli cominciarono a rilassarsi e fece un passo di lato, a sinistra, appollaiandosi sul bordo della poltrona vuota, non quella su cui aveva posato la borsetta rossa.
Con le ginocchia congiunte, la schiena dritta, le mani piegate in grembo, sembrava in tutto e per tutto una gran dama pronta al debutto in società.
Non era un’immagine piacevole per Chase. Gli ricordava troppo quella ragazza di quattordici anni conosciuta ai tempi della sua adolescenza. La stessa che aveva ferito il suo cuore calpestandolo con i tacchi sottili delle sue scarpe dalla punta aperta.
Mettendo da parte quelle vecchie ferite e i sentimenti che evocavano, Chase incontrò il suo sguardo e cercò di considerarla come qualunque altro socio in affari.
«Bene» disse, appoggiando gli avambracci sulla scrivania, «ti ascolto. Di che cosa vuoi parlarmi?»
«Stai cercando di comprare l’azienda di mio padre, della mia famiglia, la Sanchez, che tratta forniture per ristoranti» rispose.
«La sto comprando» la corresse.
A onore di Elena, il commento non la sconvolse né la fece tirare indietro.
«Sono qui per chiederti di rivedere la tua decisione» proseguì senza esitare. «O quantomeno, di dare a mio padre un po’ più di tempo per mettere insieme il denaro e le risorse necessari per salvare l’azienda.»
«Pensa di poterlo fare?» chiese Chase, sempre interessato a qualsiasi nuova informazione che potesse aiutarlo a spuntarla o a mettere a segno un affare. «Trovare l’appoggio finanziario, intendo.»
«Sì.»
Elena distolse lo sguardo per una frazione di secondo, facendogli capire che non ne era così sicura come voleva apparire.
«Pensa, avendo abbastanza tempo, di poter