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Lo sguardo del capo: Harmony Collezione
Lo sguardo del capo: Harmony Collezione
Lo sguardo del capo: Harmony Collezione
E-book168 pagine3 ore

Lo sguardo del capo: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Di colpo, si è trovata catapultata in cima all'agenda del suo capo...
Agatha Havers si sente del tutto spaesata da quando si è trasferita a Londra per il suo nuovo lavoro. Per di più, nascosta dietro i suo anonimi abiti, sa bene di essere praticamente invisibile per Luc Loughton, il suo affascinante e ricco capo. Questo almeno fino al giorno in cui Luc non la guarda sotto una luce diversa, per caso, finendo con lo scoprire come la ragazza che vede tutti i giorni in ufficio celi insospettabili doti sensuali. E da quel momento non riesce a togliersi dalla mente quell'immagine.
Agatha si trova così a vivere in una sorta di favola, fino a quando il sogno svanisce nel momento in cui gli confida di essersi innamorata di lui.
LinguaItaliano
Data di uscita11 giu 2018
ISBN9788858983621
Lo sguardo del capo: Harmony Collezione
Autore

Cathy Williams

Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.

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    Anteprima del libro

    Lo sguardo del capo - Cathy Williams

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Secretary’s Scandalous Secret

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2011 Cathy Williams

    Traduzione di Cecilia Bianchetti

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-362-1

    1

    «Ho chiamato. Cinque minuti fa. E tu non hai risposto.» Luc Loughton guardò l’orologio con una smorfia significativa. «Non mi piace sorvegliare i miei dipendenti. Li pago generosamente per un motivo ben preciso.»

    Gelidi occhi verdi squadrarono la ragazza piccola e bionda infagottata in un golfone di lana spessa, dal colore indefinito, che sembrava uscito da un negozio di abiti usati. E, conoscendola, probabilmente veniva proprio da lì.

    Agatha arrossì violentemente. Aveva sentito lo squillo del telefono, e sapeva benissimo di dovere rispondere, ma aveva fretta. Non si tirava mai indietro davanti agli straordinari, ma visto che erano già le sei meno un quarto di venerdì non si poteva certo dire che fosse uscita di corsa dall’ufficio per partire per il fine settimana!

    «Il fatto che ti abbia assunto per fare un piacere a mia madre» riprese Luc, con la voce d’acciaio per cui era famoso e temuto nel competitivo mondo della finanza, «non significa che tu possa svignartela appena suonano le cinque ogni volta che ne hai voglia.»

    «Sono le cinque e mezza passate, e non me la stavo svignando.» Agatha fissò il pavimento con feroce concentrazione, perché era molto meno traumatico che guardare Luc Loughton e ritrovarsi, come sempre, con una tremenda tachicardia e uno sgradevole prurito in tutto il corpo. Le succedeva da quando aveva tredici anni e Luc diciotto, era quasi un uomo e bello da morire, con l’aria pericolosa e tenebrosa che toglieva il fiato a tutte le donne che lo incrociavano.

    Come poteva non prendersi una cotta per lui? Tutte le ragazze del paese erano innamorate di Luc, che non se ne curava minimamente. Era il ragazzo ricco della villa sulla collina e aveva frequentato un collegio esclusivo che aveva affinato la sua intelligenza, dandogli quella patina di fredda sicurezza che Agatha trovava spaventosa e irresistibile al tempo stesso.

    «Se è importante posso trattenermi ancora un po’» mormorò, rivolta al tappeto.

    Con un sospiro esasperato Luc si appoggiò allo stipite. Sapeva che, facendo quel favore a sua madre, le cose sarebbero andate così, ma non aveva avuto scelta.

    Sei anni prima suo padre era morto improvvisamente, lasciandogli in eredità un’azienda in rovina a causa della pessima gestione del suo collaboratore più fidato. Luc era all’università, in attesa di iniziare un master in economia ad Harvard, e la ricchezza che aveva sostenuto uno stile di vita al di là di ogni immaginazione si era esaurita alla velocità della luce. L’affascinante padre di Luc giocava a golf e intratteneva i clienti mentre il suo direttore finanziario senza scrupoli truccava i libri contabili, incamerando ingenti somme di denaro.

    Convocato a casa d’urgenza, Luc aveva appreso da sua madre, sconvolta, che la loro casa stava per essere venduta all’asta per pagare i creditori che si affollavano alla porta come lupi famelici.

    Distrutta, senza più un tetto sulla testa, Danielle era stata ospitata dal vicario e da sua moglie, che per quasi un anno si erano occupati di lei e l’avevano aiutata nei momenti più duri. Infine, con i pochi soldi rimasti, aveva affittato un piccolo cottage fuori dal paese. Luc aveva dovuto rinunciare al master e si era dedicato con ostinata determinazione al recupero della ricchezza perduta, senza guardare in faccia nessuno.

    Così, quando otto mesi prima sua madre gli aveva annunciato che la piccola Agatha Havers era stata licenziata e doveva trovare un lavoro non aveva avuto alternative. I suoi genitori erano stati un appoggio impagabile per Danielle nel momento del bisogno, e proprio grazie a loro Luc era stato libero di intraprendere una carriera fulminea che, meno di quattro anni più tardi, aveva consentito a sua madre di tornare nella casa che le apparteneva di diritto.

    Tuttavia nell’edificio high tech, accanto a uno staff agguerrito, Agatha era un pesce fuor d’acqua. Figlia del vicario di una piccola parrocchia di un paesino sperduto, con un curriculum che vantava specialità di vitale importanza quali coltivare fiori e invasare piante, era decisamente una nota stonata in quel mondo di fusioni, acquisizioni e soldoni.

    «Helen è già uscita.» Helen era l’assistente personale di Luc, per la quale Agatha provava una pena profonda. Certo, lavorava gomito a gomito con lui, ma doveva anche sorbirsi i malumori di un capo esigentissimo. Doveva essere tremendo stare sotto il suo radar tutto il giorno per poi tornare a casa nella pace e nella quiete di quattro figli e un marito.

    «Sì, ma non importa. Devi raccogliere tutte le informazioni sull’affare Garsi e assicurarti che i documenti legali siano in ordine. Abbiamo una scadenza ravvicinata, quindi il lavoro dev’essere perfetto.»

    «Non sarebbe meglio affidarlo a una persona con un po’ più di esperienza?» azzardò Agatha esitante.

    Staccando lo sguardo dal tappeto, alzò gli occhi e, vedendo il volto bello e nobile di Luc, ebbe l’impressione che le mancasse l’ossigeno. Aveva ereditato il colorito olivastro e i capelli neri dalla madre francese, gli occhi verdi dal padre, molto inglese e molto aristocratico. Gli ingredienti si erano mescolati in modo perfetto, creando un fascino irresistibile.

    «Non ti sto chiedendo di concludere l’accordo, Agatha.»

    «Lo so, ma al computer non sono veloce come... come...»

    «Come la maggior parte della gente che lavora qui dentro?» suggerì Luc, cercando di limitare il sarcasmo. «Hai avuto quasi otto mesi per imparare il lavoro e hai frequentato un corso intensivo di informatica.»

    Agatha represse un brivido al ricordo. Quando era stata licenziata dal vivaio aveva passato tre mesi a casa con sua madre che, pur essendo buona e conciliante, era arrivata al limite della pazienza.

    «Non puoi trascorrere il resto dei tuoi giorni a bighellonare e trafficare in giardino, tesoro» aveva esordito dolcemente. «Sono felice di averti qui, soprattutto da quando tuo padre è morto, due anni fa, ma devi cercare un lavoro. Se non lo trovi nei dintorni puoi sempre trasferirti, magari a Londra. Danielle mi ha detto che forse Luc potrebbe trovarti un posto nella sua azienda. Ha avuto molto successo, sai, è un pezzo grosso della City. Dovresti solo frequentare un corso di computer...»

    Un bambino di dieci anni conosceva l’informatica meglio di lei, ma in fondo nel vicariato i computer non erano una priorità. Tuttavia, una volta entrata in un mondo in cui invece lo erano, Agatha si era trovata immersa in un mare di ignoranza. I computer, per lei, non erano amici con cui giocare, ma nemici che potevano sopraffarla non appena avesse premuto il tasto sbagliato.

    «Sì» mormorò depressa. «Ma non sono stata un’alunna brillante.»

    «Non farai mai strada se te ne stai nascosta in un angolo convinta di sbagliare sempre. Ti sto dando un’occasione d’oro per fare un passo avanti e non finire la tua carriera ad archiviare pratiche.»

    «A me non importa» replicò Agatha in fretta. «Cioè, so che è noioso, ma non ho mai pensato che...»

    «Che il lavoro qui potesse piacerti?» Luc stava perdendo la pazienza. Agatha, timida come un topo di campagna, defilata e discreta come la musica degli ascensori, aveva il potere di irritarlo. La ricordava da adolescente, imboscata negli angoli, troppo timida per sostenere un minimo di conversazione con lui. In apparenza con gli altri non era così, almeno era quanto sosteneva sua madre. Luc aveva i suoi dubbi. In quel momento Agatha stava cercando di sparire nel golf di due taglie troppo grande.

    «Allora?» continuò impaziente.

    «Non credo di essere tagliata per il lavoro d’ufficio» ammise lei sincera. «Ovviamente ti sono molto grata per l’occasione che mi hai dato...» Cioè, pensò, in un impeto di realismo, l’occasione di occupare una specie di sgabuzzino per le scope al terzo piano, dove di tanto in tanto scriveva una lettera e archiviava una pratica. In genere era a disposizione di Luc per ritirare le sue cose in tintoria, assicurarsi che il suo frigorifero fosse ben fornito per le rare occasioni in cui era nell’appartamento di Belgravia e ordinare per le ragazze che piantava affettuosi regali d’addio, che andavano da enormi mazzi di fiori a brillanti. Quell’incarico gliel’aveva sbolognato Helen, e nel giro di otto mesi, ben cinque stupende top model avevano ricevuto il cartellino rosso da Luc.

    «Ma probabilmente non avevi molta scelta.»

    «Nessuna» precisò lui con una sincerità scoraggiante. Agatha avrebbe voluto che la contraddicesse affermando che in realtà lei era un indispensabile membro del suo staff.

    «Sì, Danielle e mamma sanno essere molto convincenti.»

    «Agatha, perché non ti siedi un attimo? Avrei dovuto parlarti prima, ma non ho mai tempo.»

    «Lo so.» Dopo un attimo di indecisione, lei tornò alla scrivania di malavoglia, mentre Luc si sedeva su un angolo e le lanciava un’occhiata bruciante che faceva presagire rivelazioni sgradevoli, probabilmente sul suo analfabetismo informatico, o almeno sulla sua mancanza di entusiasmo per migliorare.

    «In che senso, lo sai?» chiese Luc distratto.

    «Tua madre parla sempre di quanto lavori e si lamenta che non sei mai a casa.»

    Lui non credeva alle sue orecchie. «Mi stai dicendo che fate delle riunioni modello tre streghe di Macbeth sparlando di me?»

    «No di certo!»

    «Non hai una vita? Non hai niente di meglio da fare?»

    «Certo che ho una vita!» O almeno l’aveva avuta finché non era stata licenziata dal vivaio. Oppure stava parlando della sua vita sociale? «Ho un sacco di amici. Sai, non per tutti è una priorità andare a Londra alla prima occasione e fare fortuna.»

    «Ma meno male che io l’ho fatto, no?» ribatté Luc disinvolto. «Nel caso l’avessi dimenticato, mia madre languiva in un cottage minuscolo con macchie di umidità sulle pareti e tappeti logori. Qualcuno doveva pure prendere in mano le finanze di famiglia e rimetterle in sesto, non credi?»

    «Sì.» Agatha si sfiorò le dita, lo sbirciò di sottecchi e per un attimo da brivido i loro occhi si incontrarono, azzurro limpido contro verde muschio. La cotta che Agatha cercava di combattere affiorò prepotente in superficie, ricordandole che Luc Loughton per lei era irraggiungibile anche quando, come in quel momento, la guardava con una sorta di rampante impazienza ancora più offensiva dell’aperto antagonismo.

    La rapida capitolazione di Agatha gli strappò una smorfia. «Questa...» esordì, indicando l’ufficio, «questa è la vera vita, grazie alla quale mia madre può mantenere le sue vecchie abitudini. Mio padre ha commesso un sacco di errori in fatto di soldi, e per fortuna io ho imparato la lezione. Numero uno: non si ottiene niente senza impegnarsi.» Luc prese a camminare avanti e indietro nel piccolo ufficio di Agatha, che era separato dagli altri. Per fortuna, visto che si sarebbe sentita ancora più persa in mezzo al suo efficiente e laborioso staff.

    «Se il lavoro non ti piace è solo colpa tua. Cerca di considerarlo qualcosa di più di un modo per passare il tempo finché non trovi posto in un altro vivaio.»

    «Non sto cercando un posto in un altro vivaio.» A Londra non ce n’erano, Agatha si era già informata.

    «Cerca di integrarti. Non voglio offenderti, ma...»

    «Allora non dirlo!» esclamò Agatha con sguardo supplichevole. Luc sapeva essere crudele pur di dire la verità, con tolleranza zero per chiunque non prendesse il toro per le corna e, come lui, non uscisse vincitore da un confronto con la vita.

    «A volte può spaventare» le aveva confessato Danielle poco prima che si trasferisse a Londra, ma Agatha non aveva capito quanto finché non aveva iniziato a lavorare per lui. Non avevano molti contatti: gli ordini le arrivavano attraverso Helen, che sorrideva sempre e indicava i suoi errori di battitura con una gentile alzata di spalle. Nelle rare occasioni in cui Luc scendeva dalla sua torre d’avorio e l’affrontava di persona era implacabile.

    «Non puoi fare lo struzzo, Agatha.» Luc smise la sua snervante camminata e rimase di fronte a lei finché non ottenne la sua incondizionata attenzione. «Se avessi tolto la testa dalla sabbia avresti potuto prevedere il licenziamento. Il vivaio era in perdita da almeno due anni, e la crisi economica gli

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