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Conquista argentina: Harmony Collezione
Conquista argentina: Harmony Collezione
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E-book165 pagine2 ore

Conquista argentina: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Lucinda Bond appartiene alla più nobile aristocrazia inglese, ma il suo riserbo in realtà cela una dolorosa insicurezza, così radicata da averle impedito di lasciarsi avvicinare da chiunque. Almeno finora...



Quando Dante Hermida la soccorre nelle acque dei Caraibi, pensando che stia per annegare, Lucinda si ritrova tra le braccia del più famoso playboy argentino. Abituata da sempre a mantenere le distanze, la sfrontatezza di Dante e il suo sorriso malizioso la attraggono come non le era mai successo prima. Che la maschera di ghiaccio dietro la quale si nasconde sia destinata a sciogliersi sotto lo sguardo rovente dell'unico uomo in grado di accendere il suo desiderio?
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2018
ISBN9788858977187
Conquista argentina: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Conquista argentina - Bella Frances

    successivo.

    1

    Organizzare il party perfetto era una cosa, tutt'altra riuscire a fare in modo che fosse un successo. Lady Lucinda Bond di Strathdee lo sapeva meglio di chiunque altro. Bevendo un lungo sorso di caffè amaro annotò mentalmente tutti i cambiamenti che avrebbe voluto apportare la prossima volta. O meglio, come fare in modo che non ci fosse una prossima volta.

    Dalla cambusa, sentì le voci del cuoco di bordo del famigerato yacht di suo padre e dei membri del catering ingaggiato per la serata alzarsi in modo minaccioso perciò uscì in fretta sul ponte più vicino per ritagliarsi un momento di solitudine.

    Lucinda, Lucie per i suoi pochissimi amici, si chiese per l'ennesima volta cosa l'avesse spinta a organizzare l'asta di beneficenza in favore del Centro di conservazione ambientale dei Caraibi sul Marengo invitando personalità da capogiro, nonostante la sua insicurezza e la sua ansia sociale avessero radici profonde quanto il mare delle Bahamas.

    I soldi, si rispose con una fitta allo stomaco che non aveva nulla a che vedere con l'impercettibile dondolio della barca sulla superficie tranquilla del mare. Dollari, sterline, euro, non importava quale fosse la valuta, purché a fine serata tutto quel denaro venisse depositato nelle casse del suo santuario, il suo orgoglio e la sua gioia.

    Sempre che lei si facesse viva. Se sua madre, la famosissima Lady Viv, si fosse fatta viva e avesse presentato l'asta, tutto sarebbe andato per il meglio e nessuno avrebbe prestato la minima attenzione a lei e alle sue insicurezze. Pubblico e stampa adoravano sua madre in egual misura. La amavano per i suoi capelli dorati, per gli occhi lucenti e il fisico perfetto. Non importava a nessuno che come genitore fosse sempre stata tutt'altro che perfetta, che nella causa per l'affidamento l'obiettivo di entrambi i genitori fosse stato quello di trascorrere meno tempo possibile con lei.

    Ufficialmente, l'unica notizia trapelata era che Lady Viv, stanca dei continui tradimenti del marito, aveva deciso di rifarsi, sposandosi con James Haston-Black e dando vita con lui a una nuova famiglia. Il divorzio di due persone famose faceva molta più notizia di una bambina trascurata.

    Lucie ingollò l'ultimo sorso di caffè poi abbozzò una smorfia, desiderando di poter bere una bella tazza di latte anziché quella amarissima bevanda dietetica. Presto. Non appena quella serata fosse giunta al termine si sarebbe liberata dell'aderentissimo vestito di raso poi avrebbe svuotato il frigorifero senza alcun rimpianto. Avrebbe mangiato e bevuto ciò che voleva, indossato solo pantaloncini e canotte e l'unico esercizio fisico che avrebbe eseguito sarebbe stato quello di portare il cibo alla bocca. La borsa dei trucchi sarebbe stata chiusa in un cassetto e avrebbe distrutto la bilancia.

    Be', avrebbe potuto...

    Le condizioni che sua madre aveva posto per attraversare mezzo mondo e partecipare all'asta erano state dure, perdere cinque chili e due taglie, cambiare pettinatura, tonificare quei cosciotti, ma lei le aveva rispettate tutte. Aveva trascorso tre mesi orribili ma ora era giunta al termine di quella tortura. Poco più di dieci ore dopo avrebbe indossato il vestito scelto per lei, avrebbe sorriso e salutato gli ospiti pensando ai soldi raccolti e congratulandosi con se stessa per essere sopravvissuta alla serata. Sempre che non fosse stata colta da un attacco di panico o dall'impulso irrefrenabile di gettarsi in acqua.

    Lucie alzò lo sguardo sull'unico luogo in cui si fosse mai sentita davvero felice. L'isola verdeggiante, con il suo vulcano dormiente e le acque cristalline che la circondavano, era davvero uno dei luoghi più incantevoli delle Bahamas. Era stato a lungo il suo rifugio, dopo che sua madre se n'era andata e adorava il fatto che in quel luogo a nessuno importasse del suo titolo nobiliare, o delle avventure galanti dei suoi genitori. La vita, per gli abitanti dell'isola, era troppo preziosa e ricca di avventure per sprecarla pensando a cosa Lady Vivienne Bond, come sarebbe sempre stata conosciuta, nonostante il divorzio, avrebbe indossato a una festa organizzata da qualcuno dall'altra parte dell'oceano.

    Lady Viv la accusava continuamente di volersi nascondere, non capendo come potesse piacerle lavorare con animali maleodoranti in un centro di tutela ambientale, mentre a sua volta lei non riusciva a capire come qualcuno potesse sopportare tutti i sacrifici e le finzioni di una vita trascorsa tra feste e ricevimenti.

    Si voltò a osservare la sala da ballo che, grazie a una schiera di efficienti membri dello staff, in quel momento si stava trasformando nella location perfetta in cui ambientare un film musicale degli anni Trenta.

    Si era occupata personalmente della promozione dell'evento e della vendita dei biglietti, sopportando con pazienza i commenti di sua madre a proposito di ogni nome che si aggiungeva alla lista degli ospiti.

    «Dante Hermida» aveva commentato Lady Viv in un'occasione. «Giocatore di polo e incorreggibile dongiovanni. Faresti meglio a stargli alla larga anche se, in effetti, non credo proprio che tu saresti il suo tipo.»

    Una pausa nella lite ancora in corso nella cambusa le permise di sentire il suono del proprio cellulare. Non poteva essere sua madre, avrebbe dovuto trovarsi in volo sopra l'Atlantico, in quel momento. Ma mentre si avvicinava a passi rapidi al telefono, sapeva quale nome avrebbe visto comparire sullo schermo.

    Dio, no. Non poteva... Non questa volta...

    Proprio come aveva previsto. Premette con forza il tasto di risposta. «Da dove chiami? Perché non sei in viaggio? Dove sei?»

    «Tesoro, devi proprio rispondere al telefono in modo così aggressivo?» Lucie chiuse gli occhi, immaginando la lieve smorfia di disappunto sulle labbra perfettamente truccate della madre, e pregò di riuscire a mantenere il controllo. «Cosa ne dici di ricominciare daccapo? Buongiorno Lucinda, hai dormito bene?»

    Lucie non era dell'umore giusto per stare al gioco. «Dove sei?»

    La pausa che seguì fu abbastanza lunga da farle capire di aver avuto ragione. L'istinto le aveva detto che si sarebbe ritrovata da sola, che sua madre l'avrebbe delusa ancora una volta, ma lei si era rifiutata di crederci, di pensare che potesse essere tanto crudele. Sua madre sapeva bene quanto lei odiasse gli eventi pubblici così come sapeva che non sarebbe mai stata in grado di condurre la serata da sola.

    Era un ulteriore esempio di quanto si trovasse in basso nella lista di priorità della madre. Black occupava chiaramente il primo posto seguito da Simon, il loro bellissimo figlio, quindi le amicizie, le case, i vestiti, i gioielli e in fondo, all'ultimo posto, lei, Lucie.

    «Ho chiamato per avvisarti che potrei fare un po' tardi. Sono quasi sicura di riuscire a intervenire, almeno nella tarda serata, ma la situazione è un po' complicata al momento... Simon si è messo in un piccolo guaio e io non posso andarmene così, senza sapere se sta bene.»

    La cosa non la sorprendeva affatto. Il suo fratellastro era un esperto, quando si trattava di mettersi nei guai. Non faceva altro da vent'anni.

    «So che questa festicciola è importante per te, ma chiaramente devo occuparmi di Simon... E in fondo è un po' egoista da parte tua pretendere che lasci tutto e attraversi l'Atlantico per una tartaruga, o quello che è, quando ho così tanti impegni...»

    Lucie non sentì nemmeno la fine della frase. Rimase a fissare il vuoto, come ipnotizzata, mentre davanti ai suoi occhi le immagini scorrevano come la pellicola di un film. Quella sera la madre e suo marito avrebbero sorseggiato uno scotch mentre Simon si sarebbe consolato nel letto di qualcuna, progettando il prossimo festino. E lei? Avrebbe portato avanti la serata. Da sola.

    Si chiese se sua madre l'avrebbe mai vista come qualcosa in più della poco attraente figlia del suo primo marito.

    «Devo andare» disse quasi parlando a se stessa. Lasciò ricadere le spalle ed emise un sospiro di profonda desolazione,

    «Andare dove?» piagnucolò sua madre. «Senti, Lucie, andrai benissimo. Mi hai vista farlo migliaia di volte. Parla nel microfono, punta un viso in mezzo alla folla. E sorridi

    «Devo andare... a nuotare.» Concluse la telefonata, spense il telefono e si avviò lentamente, un passo dopo l'altro, verso la cabina. Si sarebbe schiarita le idee. Avrebbe trovato una soluzione. Ancora una volta, non aveva altra scelta.

    Era mattino dopo la notte prima e sapeva che, concentrandosi, avrebbe potuto ricordare quando quella festa fosse iniziata. In ogni caso, per Dante Salvatore Vidal Hermida, Dante per centinaia di amici, la cosa stava andando un po' troppo per le lunghe. Non che avesse bevuto troppo, aveva da tempo abbandonato quel particolare modo per cancellare i pensieri, ma lo sforzo di mostrarsi il gioviale padrone di casa iniziava a essere eccessivo.

    Quello di cui aveva bisogno in quel momento era una sessione d'intensa attività fisica, prima di rimontare in sella e condurre la squadra verso la vittoria nel circuito del Medio Oriente.

    Avvertì dei suoni alle sue spalle, un verso soffocato, uno schianto, una risatina, e decise che non avrebbe sopportato altro.

    Erano già quasi le undici del mattino e di sicuro la giornata aveva da offrire molto più che ricominciare a darci dentro insieme a Vasquez, Raoul e chiunque altro fosse rimasto.

    Diede un'occhiata alla baia. Era contento di essere lì, in quell'angolo di paradiso. Di solito non si spingeva mai oltre l'isola caraibica di Dominica, non ne aveva il tempo, ma lo aspettava un programma intenso che sarebbe durato per intere settimane e aveva intenzione di godersi ogni momento di divertimento prima di firmare il contratto per il nuovo club di polo con Marco negli Hamptons. E prima dell'imminente riunione di famiglia a New York.

    Mancavano cinque giorni e sua madre era stata incredibilmente paziente per i suoi standard. Avrebbe pensato più tardi a trovare un'accompagnatrice per la cerimonia di premiazione. Doveva esserci qualcuna che poteva portare. Qualcuna in grado di capire che incontrare la sua famiglia non significava essere sul punto di unirsi a essa, e che la frase abito scuro non implicava doversi agghindare come la playmate dell'anno. Sorrise. Quell'idea non gli sarebbe dispiaciuta, in effetti.

    Cinque giorni. Poteva fare molto in cinque giorni, a cominciare da una visita a bordo del famoso Marengo di Lord Louis.

    Lo osservò attentamente, svettante su tutte le altre imbarcazioni ormeggiate nella baia come una cima maestosa circondata da basse colline. Non era mai salito a bordo, ma secondo Raoul era uno yacht a dir poco strepitoso. Be', l'avrebbe verificato di persona. Forse. Aveva già ricevuto almeno tre proposte per quella notte. Forse avrebbe fatto una breve apparizione, poi si sarebbe congedato.

    Ma quante volte l'aveva pensato, per poi risvegliarsi intontito avvinghiato al corpo di una donna che voleva più di quanto lui sarebbe mai stato disposto a dare?

    Chinò la testa, osservando le proprie mani strette intorno al parapetto, le nocche bianche per lo sforzo, e serrò le labbra. Sua madre sarebbe presto tornata alla carica, insistendo per conoscere l'identità della donna misteriosa che avrebbe partecipato con lui alla cerimonia durante la quale lei sarebbe stata premiata per una vita dedicata alla beneficenza. Il vero mistero però era perché tutti fossero convinti che avesse una donna da portare. Non era così! Non ancora, almeno.

    Avrebbe presto risolto la situazione, non doveva fare altro che chiamare una delle innumerevoli donne che la stampa si aspettava che lui portasse. Purché avesse un quoziente intellettivo decente e fosse in grado di mantenersi da sola. Ridacchiò, pensando alla lista di requisiti minimi che sua madre gli aveva elencato quando gli aveva parlato di quella serata. Avrebbe trovato una soluzione, come sempre.

    Subito dopo aver capito cosa stesse accadendo a bordo del Marengo, però. Socchiuse gli occhi e prese il binocolo appoggiato accanto a sé. Una donna si stava arrampicando sul parapetto del ponte inferiore dello yacht. Una donna in bikini. Anche da quella distanza, era incredibilmente femminile. Niente di inusuale per il Marengo, pensò, ma c'era qualcosa di strano in lei.

    Raggiunse il bordo esterno della ringhiera e rimase immobile, come sul davanzale di un grattacielo, pronta a saltare. Alta, orgogliosa, dignitosa. Trascorsero diversi secondi, forse

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