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Peccato veneziano: Harmony Collezione
Peccato veneziano: Harmony Collezione
Peccato veneziano: Harmony Collezione
E-book154 pagine3 ore

Peccato veneziano: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

La stilista Sabrina Midhurst ha passato tutta la vita a evitare l'affascinante milionario Max Firbank, l'uomo che la sua famiglia ha designato da tempo come il candidato ideale per diventare suo marito. Ma un equivoco nella prenotazione della camera di un hotel a Venezia la costringerà a dividere la stanza proprio con lui.

Max non ha nessuna intenzione di farsi coinvolgere emotivamente dalla donna con la quale tutta la sua famiglia lo vorrebbe vedere sposato. Ma l'attrazione tra loro è innegabile e allora perché non commettere un piccolo peccato, a patto che nessuno lo venga a sapere?
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2020
ISBN9788830514430
Peccato veneziano: Harmony Collezione
Autore

Melanie Milburne

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Peccato veneziano - Melanie Milburne

    successivo.

    1

    Sabrina sperava di non incontrare di nuovo Max Firbank dopo il bacio. Ma non era facile evitarlo, giacché era il figlioccio dei genitori di lei e veniva invitato a tutte le ricorrenze familiari, alle feste comandate e ai party, cui partecipava standosene ai margini della sala, con il suo aristocratico naso sollevato mentre guardava gli astanti divertirsi.

    Quasi per fargli dispetto, Sabrina cercava sempre di assicurarsi un divertimento extra accettando di danzare con tutti gli uomini presenti e volteggiando per la sala come se fosse la reginetta della festa. A volte, quando Max non si faceva vedere, trascorreva l'intera serata a chiedersi perché l'energia nella stanza non fosse la stessa, però si rifiutava di pensare che fosse dovuta alla sua assenza.

    In ogni caso quel weekend si trovava a Venezia a una esibizione di abiti da sposa, la sua prima manifestazione del genere come espositrice. Si sentiva abbastanza al sicuro, certa che non si sarebbe imbattuta in Max. Era così eccitata per quell'evento, che per la prima volta riusciva a non pensare troppo a lui. Tuttavia era un po' nervosa e il fatto che l'impiegato dell'hotel non riuscisse a trovare la sua prenotazione non l'aiutava in quel senso.

    «Le posso assicurare che la prenotazione è stata effettuata settimane fa» ribadì allungandosi sul bancone verso il giovane impiegato.

    «Che nome ha dato al momento della prenotazione?» domandò lui.

    «Midhurst, Sabrina Jane. È stata la mia assistente a fare la prenotazione.»

    «Ha con sé la mail di conferma?»

    Harriet gliel'aveva stampata? Ricordava che le aveva dato il programma della manifestazione ma non rammentava la conferma dell'albergo. Cominciò a frugare nella borsa, sentendo il sudore che le imperlava la pelle tra i seni, e lo stomaco che si torceva. Non poteva non avere una camera per la sua prima fiera da espositrice! Era proprio per pensare a dettagli del genere che aveva assunto un'assistente.

    Appoggiò sul bancone tutto quello che toglieva dalla borsa: rossetto, agenda, passaporto, telefono, penne, fazzolettini, caramelle alla menta e i nuovi biglietti da visita. L'unico documento che trovò fu una ricevuta di un paio di scarpe del suo negozio preferito e una lista della spesa.

    Cominciò a rimettere tutto nella borsa, ma il rossetto le cadde di mano e prese a rotolare sul pavimento di marmo lucido, fermandosi accanto a un paio di lussuose scarpe italiane da uomo.

    Sabrina sollevò lo sguardo sull'abito di sartoria grigio, e alla fine incontrò gli occhi blu di Max Firbank.

    «Sabrina.» Il suo tono non era proprio di benvenuto. Sembrava quasi più un non di nuovo tu.

    Lei abbozzò un cenno con il capo, senza sorridere. «Singolare incontrarti qui. Non credevo che una fiera per gli sposi fosse di tuo interesse.»

    Gli occhi di lui si posarono sulla sua bocca e qualcosa nello stomaco di lei fece un tonfo come un libro che cadeva da uno scaffale.

    Sbattendo le palpebre, Max si chinò a raccogliere il suo rossetto. Glielo porse, l'espressione criptica.

    «Devo vedere un cliente per un progetto. Soggiorno sempre in questo albergo quando vengo a Venezia.»

    Sabrina infilò il rossetto nella borsa cercando d'ignorare il formicolio che avvertiva alle dita per il contatto con quelle di lui. Poteva sentire una tempesta di calore che le inondava le guance. Che diavolo di coincidenza era mai quella? Di tutti gli hotel di Venezia, perché proprio quello? E giusto in quel weekend?

    «I miei genitori ti hanno detto che sarei stata qui in questi giorni?»

    «No. E i miei ti hanno forse confidato che sarei stato a Venezia?»

    Sabrina sollevò il mento. «Oh, non lo sai? Mi astraggo quando i tuoi genitori mi parlano di te. Comincio a canticchiare nella mente fino a quando non la smettono di commentare quanto sei brillante e strepitoso.»

    Ci fu un movimento impercettibile sulle labbra di lui, che poteva forse essere descritto come un sorriso.

    «Devo fare lo stesso quando i tuoi genitori mi decantano te.»

    Sabrina si spinse via una ciocca di capelli dal viso. Perché tutte le volte che lo incontrava doveva apparire come se provenisse da una corsa selvaggia? Non osò fissare la sua bocca, così incrociò il suo sguardo. Stava pensando anche lui al bacio? A quell'incontro di labbra che si era trasformato in una esplosione che aveva fatto impallidire qualsiasi altro bacio? La notte giaceva a letto fantasticando di baciarla ancora?

    E non solo baciarla, ma...

    «Signorina?» La voce del receptionist la trasse fuori dalle sue fantasie. «Mi dispiace, ma non abbiamo alcuna prenotazione a nome Midhurst. Non potrebbe trattarsi di un altro hotel?»

    Sabrina represse un respiro frustrato. «No, ho chiesto espressamente di prenotare nell'hotel dove si teneva l'esibizione. Ed è qui che devo stare.»

    «Qual è il problema?» domandò Max in tono calmo e autorevole.

    Sabrina si voltò a guardarlo. «Ho una nuova assistente, e deve aver commesso un errore con la prenotazione...» Si morse un labbro, cercando di frenare il panico che le montava dentro.

    «Posso inserirla in lista d'attesa in caso di cancellazioni, ma in questo periodo dell'anno non posso garantirle nulla» osservò l'impiegato.

    Sabrina si portò una mano alla bocca, sempre più nervosa. Doveva stare al centro della manifestazione, aveva ben due abiti che sfilavano ed era la sua prima apparizione internazionale. Non poteva fallire.

    «La signorina Midhurst starà con me» decise Max. «Faccia portare il suo bagaglio nella mia camera, per favore.»

    Sabrina sollevò lo sguardo. «Cosa?»

    Max le allungò una chiave elettronica, l'espressione imperscrutabile. «Ho fatto il check-in questa mattina, e ci sono due letti nella mia suite. A me ne basta uno.»

    Non voleva pensare a lui e alla parola letto nella stessa frase. Aveva passato le ultime tre settimane a fantasticare su di lui a letto in una sessione di sesso rovente. Il che era assurdo, giacché aveva trascorso buona parte della sua vita a non pensare a lui. Max era il pupillo dei genitori di Sabrina, così come lei lo era dei genitori di lui. Ed entrambe le famiglie sembravano convinte che fossero perfetti l'uno per l'altra. E tutti desideravano che s'innamorassero, si sposassero e avessero dei meravigliosi bambini.

    A dispetto delle speranze dei familiari, Sabrina non era mai stata attratta da Max. Lo considerava arrogante, distante e anche un po' pesante. E lui non aveva mai nascosto di trovarla irritante. Il che l'aveva indotta a chiedersi perché mai l'avesse baciata.

    Ma non aveva alcuna intenzione di pensare al bacio.

    Gettò un'occhiata all'orologio. Doveva farsi una doccia, cambiarsi, truccarsi e pettinarsi. Doveva presentarsi al suo meglio, non in disordine e nervosa. Che figura avrebbe fatto? Allungò la mano per prendere la chiave e il contatto con le sue dita le procurò un brivido che risalì lungo il braccio.

    «Forse dovrei provare a cercare qualcosa da un'altra parte...»

    «A che ora comincia la tua esibizione?»

    «Alle sei e mezzo ci sarà il cocktail di apertura.»

    Max si voltò verso gli ascensori.

    «Ti accompagno su a sistemarti prima di andare a incontrare il mio cliente.»

    Nella piccola cabina, lo specchio rifletté i lineamenti di Max in ogni particolare. Era alto e forte, atletico. I capelli scuri erano lisci e ben tagliati. Gli occhi dalle lunghe ciglia avevano il colore del cielo. Il naso e le labbra avevano un taglio aristocratico e la piccola fossetta sul mento stemperava l'arroganza della mascella volitiva.

    «La tua cliente è una donna?» La domanda le uscì prima che potesse mordersi la lingua.

    «Sì.»

    Il monosillabo la avvertiva di restarne fuori.

    Sabrina era sempre stata un po' intrigata dalla sua vita amorosa. Era stato lasciato dalla fidanzata, Lydia, poco prima del matrimonio. Max non aveva mai spiegato il perché, ma lei aveva sentito dire che fosse stato perché Lydia voleva dei figli e lui no.

    Max non era il tipo che esibiva le sue amanti in pubblico ma lei sapeva che ne aveva avute, di tanto in tanto. Adesso, a trentaquattro anni, era un uomo virile e sensuale. E lei aveva assaggiato un po' di quella potenza quando la sua bocca era calata sulla propria, mandando i suoi sensi in una spirale da cui non si erano ancora ripresi del tutto.

    L'ascensore si fermò e Max le fece segno di precederlo. Passandogli accanto, respirò il suo dopobarba di limone, lime e qualcos'altro, che era solo suo.

    La suite si affacciava sul Canal Grande e Sabrina, ignorando volutamente i due letti, raggiunse rapida la finestra per ammirare la vista. Se anche la sua prenotazione fosse andata a buon fine, lei non avrebbe avuto certo una camera come quella.

    «Venezia mi toglie sempre il fiato. È la luce. Il colore. La storia.» Si girò per incrociare il suo sguardo, facendo del suo meglio per non fissare i letti. «Ehm... ti sarei grata se non dicessi a nessuno di... questo...»

    Lui aggrottò un sopracciglio in un modo che le fece bruciare le guance.

    «Questo?»

    Il calore si fece intollerabile. «Il fatto che dividiamo la camera.»

    «Non mi sognerei mai di farlo.»

    «Voglio dire, sarebbe davvero imbarazzante se qualcuno dei nostri genitori pensasse che siamo...»

    «Non lo siamo.»

    Il tono reciso della sua voce fu come uno schiaffo per il suo ego.

    Ci fu un bussare alla porta e Max aprì al fattorino che consegnava i bagagli di Sabrina.

    «Non pensarci neppure.»

    Fu Sabrina ad aggrottare le sopracciglia adesso.

    «Pensi che sia attratta da te? Scordatelo, ragazzo.»

    «Avrei potuto averti tre settimane fa, e lo sai bene.»

    «A... avermi?» balbettò. «Quel bacio è stato... una cosa istintiva, accaduta così, senza alcuna importanza. E mi hai anche fatto irritare la pelle del mento, ho dovuto truccarmi per nasconderlo.»

    Gli occhi di lui si posarono sulla sua bocca, come se ricordasse la passione esplosiva che avevano condiviso. Emise un sospiro poi si passò una mano tra i folti capelli.

    «Mi dispiace. Non era mia intenzione farti del male.» La voce conteneva una nota di gravità che le risultò nuova.

    Incrociò le braccia sul petto. Non era pronta a perdonarlo. Così come non era pronta a perdonare se stessa per avergli risposto in quel modo. Perché l'aveva fatto?

    Peggio ancora, non era pronta ad ammettere che desiderava che la baciasse ancora. «Non posso pensare a qualcuno che desidererei meno che mi avesse

    Anche solo a ripetere le sue parole si sentiva eccitata. Dannazione a lui.

    La sua vita sessuale praticamente non esisteva. Il solo sesso che aveva fatto negli ultimi due anni era stato con se stessa, e anche quello non era stato poi così spettacolare.

    Continuava a sperare di poter trovare il partner perfetto che potesse aiutarla a risolvere la sua mancanza di sessualità, ma per ora non aveva avuto fortuna.

    La sua unica esperienza di sesso risaliva a quando aveva diciotto anni, due lustri addietro, ed era stata un'esperienza poco piacevole.

    «Bene, perché non è quello che faremo» dichiarò Max reciso.

    Sabrina sollevò il mento, colpita nell'orgoglio. «Sei stato tu a baciarmi quella sera. Io posso avere ricambiato, ma solo perché mi hai

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