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Una tentazione che ritorna: Harmony Collezione
Una tentazione che ritorna: Harmony Collezione
Una tentazione che ritorna: Harmony Collezione
E-book155 pagine2 ore

Una tentazione che ritorna: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Frankie Ryan non ha mai dimenticato Rocco Hermida: dal loro primo incontro la sua vita è cambiata, ma basta ritrovarselo di fronte a una partita di polo per scoprire che l'irresistibile passione che li univa è ancora lì, intatta, come se quei dieci anni non fossero mai passati. Questa volta però è decisa a non cedere a quella tentazione...

Rocco ha sempre pensato a Frankie come a un libro lasciato a metà, quindi una fuga a due nella sua lussuosa villa in campagna gli sembra l'epilogo perfetto. Una volta là, scoprirà invece che una sola notte con lei non è sufficiente. Vuole di più, molto di più!
LinguaItaliano
Data di uscita20 lug 2016
ISBN9788858952313
Una tentazione che ritorna: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Una tentazione che ritorna - Bella Frances

    successivo.

    1

    In un pigro pomeriggio d'estate Rocco Hermida, detto Uragano, scese dal suo elicottero e approdò sul manto erboso del Campo Argentino di Polo di Buenos Aires. Dalla sua posizione privilegiata tra il pubblico Frankie Ryan vide migliaia di persone girarsi a fissare il loro eroe. Sicuramente i pony da polo stavano scalpitando e scrollando la criniera, ma tutto quello che lei riusciva a sentire era dolore, umiliazione e vergogna.

    A ogni passo il profilo diventava più nitido, un po' più alto, più muscoloso. I capelli più lunghi. Anni prima le erano sembrati un segno di sfida: ora identificavano solo la sua origine argentina.

    Poi il giocatore si girò, mostrando il profilo che fu subito catturato dalla telecamera e proiettato dappertutto: la cicatrice sul sopracciglio, la frattura del naso, tutto come allora. Qualcuno gli appoggiò una mano sulla spalla, e poi al suo fianco apparve il fratello Dante, tanto biondo quanto Rocco era scuro. Il Buio e la Luce.

    Toglieva il fiato.

    Come diamine avrebbe superato le prossime ore? La festa, ma soprattutto l'adorazione della folla per l'uomo che l'aveva guardata negli occhi, baciata intensamente e poi le aveva spezzato il cuore?

    Facile. Quanto poteva essere difficile guardare un po' di polo, sorseggiare un aperitivo e tenersi fuori dai guai?

    Sistemandosi sul piccolo naso un paio di enormi occhiali da sole, occupò una sedia sulle tribune più alte e accavallò le gambe. Forse non sarebbe dovuta venire. Avrebbe potuto fare quella sosta a Buenos Aires senza assistere alla partita di polo.

    Certo, era cresciuta più in una stalla che in una casa. E un tempo diventare una giocatrice di polo era stato il suo desiderio di sedicenne: era stata abbastanza ingenua da pensare che il padre stesse scherzando quando diceva che la cosa migliore che poteva sperare di diventare era la segretaria di un uomo ricco, o ancora meglio la moglie di un uomo ricco. E ancora più ingenua a gettarsi tra le braccia dell'uomo più affascinante che avesse mai visto, quasi implorandolo di portarla a letto.

    Quasi implorando? Non era proprio la verità.

    Almeno negli ultimi dieci anni non era più preda di palpitazioni e mani sudate.

    Allargò le dita sottili. Osservò l'anello d'argento che portava inciso il nome Ipanema – un dono per il suo quattordicesimo compleanno, che da allora non si era più sfilato. Lo strofinò: sentiva ancora la mancanza di quel pony. E odiava ancora l'uomo che glielo aveva portato via.

    Almeno, però, la stirpe di Ipanema era viva e vegeta: era infatti la genitrice di due dei pony di proprietà di Rocco Hermida. I suoi favoriti, come lui ripeteva sempre alla stampa di tutto il mondo. Si diceva che facessero parte del suo innovativo programma genetico. E stavano per portarlo alla vittoria in quella partita di polo di beneficenza. Be', in ogni caso era ciò che tutti i presenti pensavano. Per la folla locale non c'era il minimo dubbio che il beniamino argentino avrebbe trionfato sul team di Palm Beach. In maniera schiacciante.

    Roteò gli occhi e scosse la testa per la sua stupida reazione. Il fatto che Rocco Hermida fosse lì a giocare era del tutto irrilevante. Probabilmente non si ricordava neanche di lei...

    E in effetti questo era l'aspetto più intollerabile. Mentre lei aveva provato vergogna e poi una grande rabbia alla notizia che lui aveva comprato Ipanema, ed era anche stata spedita in convento, lui era apparso nella sua vita come una meteora, lasciando una scia per svanire in fretta. Non si era più fatto sentire. Ma lei aveva imparato la lezione. Non avrebbe più permesso a qualcuno di avvicinarsi.

    E poi aveva un motivo del tutto legittimo per trovarsi lì: poteva anche avere un aspetto da turista, ma aveva un'agenda piena di impegni. Finalmente aveva ottenuto il posto di Product Development Manager alla Evaña Cosmetics, dopo essersi spezzata la schiena prima come stagista e poi come assistente sottopagata solo per poter far colpo sul suo vecchio.

    C'erano cose peggiori del fatto di recarsi nella Repubblica Domenicana e poi in Argentina in cerca della piantagione perfetta di aloe vera. E non era certo la fine del mondo trascorrere una serata a Buenos Aires per una partita di polo, seguita da un weekend a casa della sua amica Esme a Punta del Este per godersi sole e mare.

    Un paradiso.

    Decise di prendersi un altro drink. Finché rimaneva abbastanza in forma per la sua presentazione poteva anche concedersi un po' di svago. Poteva anche farle bene prima dei suoi ultimi viaggi. Aveva ancora molto tempo per mettere insieme la relazione prima di affrontare il lungo viaggio fino a casa e il suo momento di gloria in sala riunioni.

    Era davvero importante. Aveva impiegato molto tempo a convincere i direttori ad allargare lo sguardo oltre il proprio giardino, a cercare ingredienti biologici, ad avere un punto di forza che fosse veramente unico. Così se quel giorno poteva giocare alla turista, non avrebbe certo rovinato tutto correndo il rischio di farsi coinvolgere da quel dannato Rocco Hermida.

    Dall'altra parte dell'enorme campo, distribuite come bandierine, intravide le esclusive tende bianche destinate all'accoglienza. Esme doveva essere in una di quelle, a fungere da padrona di casa, sorridendo e chiacchierando e posando per le foto. In qualità di moglie del capitano del Palm Beach, era parte del pacchetto. Frankie non riusciva a immaginare niente di peggio.

    Un annuncio risuonò forte, e un'altra immagine si stagliò sugli schermi. Eccolo di nuovo. Il classico cipiglio, i capelli neri pettinati indietro che ricadevano sulla fronte: indossava i colori della squadra, nero e rosso scarlatto, pantaloncini bianchi e stivali. Mentre la telecamera zoommava, d'istinto lei gli osservò le cosce. Sotto i pantaloncini erano sode, forti e ricoperte da una peluria perfetta. Lo ricordava bene. Le aveva baciate.

    Per un attimo si sentì disorientata, persa in una folla di ricordi da adolescente. La prima cotta, il primo bacio, il primo cuore infranto. Tutto grazie a quell'uomo. Distolse di nuovo gli occhi dallo schermo, accigliata. Borbottò sottovoce parole che avrebbero sconvolto sua madre, lasciandole scivolare nel vento insieme alla biografia farfugliata dal commentatore e alle note di una banda entusiasta.

    Il primo tempo stava per iniziare. Nell'aria si sentiva l'elettricità dell'attesa. Poteva accomodarsi, assistere allo spettacolo e se lui le faceva attorcigliare lo stomaco con il suo atteggiamento da arrogante poteva sempre tifare per il Palm Beach. Anche se due dei suoi pony erano figli di Ipanema, il Rocco Hermida su quegli schermi era solo l'ombra di una sua antica infatuazione da adolescente. Non gli doveva niente.

    Se solo fosse stato così semplice.

    Ogni tempo della partita era più teatrale e stupefacente del precedente.

    Rocco galoppava come il vento e sapeva girarsi di scatto. Il suo cipiglio veniva seguito dalla telecamera: era una posa di composta concentrazione, e quando segnava, e lo fece dieci volte, il lampo di un sorriso era il suo regalo personale per la folla.

    E naturalmente c'era anche Dante. I due volavano su e giù per il campo simili a una sinfonia. Accidenti: era incredibilmente ipnotizzante, magnetico.

    Vinsero. Naturalmente. E quando svolazzanti bandiere bianche e azzurre trasformarono lo stadio e la folla gridò il suo amore, lei se la diede a gambe. A testa bassa, con un'espressione sul volto che indicava indifferenza, arrivò fino ai pony, la vera ragione della sua presenza lì.

    Quando Frankie superò la staccionata gli stallieri stavano lavando l'ultimo. Lei si mosse furtiva, osservandoli. Amava quell'ambiente, anche se fino a quel momento non le era stato chiaro quanto.

    Tutti sembravano impegnati, ma la conversazione si era animata grazie al fantastico risultato. Naturalmente la squadra del Palm Beach si era difesa bene, ed Esme sarebbe stata comunque soddisfatta, ma la giornata era di Rocco Hermida. E di Dante. Come previsto.

    Non appena avesse dato una sbirciatina ai due pony che voleva vedere, Frankie si sarebbe allontanata per farsi un bagno nella vasca smaltata della sua camera d'albergo. Per farlo avrebbe usato parte dei campioni che aveva ricevuto dall'ultima piantagione: un po' di olio essenziale per rilassarsi, e un goccio di tè alle erbe per dormire. Era in piedi da ventiquattr'ore. Anche se sarebbe andata alla festa quella sera, come voleva Esme, prima o poi avrebbe comunque dovuto mettere in conto qualche ora di sonno.

    Nessuno le stava rivolgendo attenzione. Non li biasimò: minuta, sottile e comune, in genere non attirava l'interesse degli altri. Non come le groupie in ogni caso, che avevano denti perfetti, corpi snelli e gambe lunghe. Era sempre stata trattata come un maschio: nella fattoria aveva corso con i suoi fratelli, cavalcato e vagato libera e selvaggia. Fino al giorno in cui si era precipitata fuori dalle stalle per rincorrere i fratelli e si era imbattuta in Rocco Hermida.

    Non avrebbe mai dimenticato quel momento.

    Girando l'angolo, lo aveva visto subito, splendente come il sole che dopo il temporale sbucava tra le ombre della strada fangosa. Lui l'aveva fissata e lei si era bloccata di colpo e l'aveva guardato imbambolata. Non aveva mai visto niente di più bello e minaccioso. Rocco l'aveva squadrata con calma, poi si era girato verso Mark e Danny e si era allontanato, snocciolando domande con quel suo inglese dal forte accento, senza sapere di averle già sconvolto la vita.

    Ora era proprietario di quel gruppo selezionato di pony, responsabile di un programma genetico e al centro di un'altra serie di attività. Ma il polo era la sua passione. Lo sapevano tutti. E il camion per trasporto cavalli con la scritta Fratelli Hermida parcheggiato lì vicino, era un esempio della cura che dedicava ai suoi pony.

    Era immacolato. Un rifugio. I pony erano stati lavati, asciugati e ora riposavano lucenti e orgogliosi nei loro box. Frankie camminò tra loro. Dov'erano le sue piccole? Era ansiosa di vedere il mix di purosangue e pony argentino. Sapeva che avrebbe riconosciuto i figli di Ipanema, era sicura che avrebbe sentito una sorta di legame con loro.

    «Que estas haciendo aquì?»

    Frankie sussultò a quel ringhio tranquillo. Lo stomaco si contorse.

    «Hai sentito? Ti ho chiesto cosa stai facendo qui.»

    Colta alla sprovvista, cercò di mantenere la calma. «Sto dando un'occhiata» rispose alla fine.

    «Girati.»

    La voce che non sentiva da anni le era familiare come se le avesse appena bofonchiato quelle parole indimenticabili: «Sei troppo giovane: esci da qui!».

    Un pony girò la testa e la fissò con un grande occhio marrone. Il cuore le pulsava nel petto, le gambe erano deboli, ma riuscì a raggranellare qualche brandello di forza. Poteva anche essere l'uomo più imponente che avesse mai conosciuto, ma ora era una donna non una ragazzina. E non avrebbe mollato di nuovo.

    Si girò e sollevò il mento per affrontarlo.

    Lui la fissò e compì un passo nella sua direzione, facendola indietreggiare suo malgrado.

    «Sapevo che eri tu.»

    Si costrinse a guardarlo negli occhi.

    Indossava ancora gli abiti della partita: il volto era arrossato per lo sforzo e il sudore, i capelli scompigliati. Riusciva a fatica a stargli davanti, a guardarlo, ma era decisa a mantenere la posizione.

    «Sono venuta a vedere i figli di Ipanema.»

    Le sue parole risuonarono soffocate nell'aria perfettamente climatizzata. Un altro pony batté gli zoccoli e girò il muso.

    «Sei

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