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Ritorno a Mowbray
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E-book220 pagine5 ore

Ritorno a Mowbray

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Info su questo ebook

Inghilterra, XIX sec. - Dopo dieci anni di volontario esilio Adam Alistair, Visconte di Delacort, ritorna a Mowbray. Era stato accusato di tentato rapimento ai danni di una fanciulla col fine di indurla a sposarlo e, pur essendo innocente, questo aveva rovinato la sua reputazione tanto da indurlo a partire per un lungo viaggio intorno al mondo. Una volta a casa, però, inaspettatamente ritrova la bella Alyssa Drake, che dieci anni prima aveva lasciato poco più che ragazzina e a cui si è sempre sentito legato. Innamorata di lui fin da piccola, ora Alyssa è una donna bella e realizzata, ma scopre suo malgrado di non riuscire a resistere al fascino dello scandaloso gentiluomo. Oltretutto appena apprende che qualcuno vuole ucciderlo, cerca in ogni modo di aiutarlo sebbene ciò significhi...
LinguaItaliano
Data di uscita19 mag 2017
ISBN9788858965238
Ritorno a Mowbray

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    Anteprima del libro

    Ritorno a Mowbray - Lara Temple

    successivo.

    1

    Con delicatezza Alyssa spinse indietro il busto di Eraclito, che sembrava in precario equilibrio sul bordo della scrivania, in modo che non rischiasse di cadere.

    Il volto di pietra del filosofo greco le appariva preoccupato, ma forse non faceva che proiettare su di lui le ansie che avevano motivato quella visita. Si guardò nella specchiera sulla parete opposta dello studio, ma distolse subito gli occhi. Anche nel suo migliore abito da pomeriggio, di un delicato verde pastello, appariva piccola e insignificante nel sontuoso studio di Lord Delacort, sebbene adesso fosse ben lontano dallo splendore di un tempo.

    All'inizio le era parsa una buona idea, ma, dopo aver visto l'espressione sul volto del maggiordomo quando aveva chiesto di vedere Lord Delacort, si era resa conto di aver commesso una sciocchezza.

    Stebbins l'aveva condotta attraverso il vasto atrio, adesso ridotto a un deposito di vecchi mobili, voltandosi di tanto in tanto, come se si aspettasse, o si augurasse, che fosse fuggita. Alyssa si era mantenuta calma e tranquilla, come se non vi fosse nulla di strano nel venire a trovare il nuovo, scandaloso Visconte Delacort a una settimana dal suo arrivo a Mowbray.

    Si augurò che la sua reputazione non ne risentisse – zia Adele sarebbe rimasta sconvolta se avesse saputo che cosa stava facendo – ma doveva assolutamente vedere Adam. Da sola. Era lì per chiedergli il suo aiuto ed era qualcosa che intendeva fare senza testimoni.

    Forse era soltanto una perdita di tempo, era ridicolo pensare che lui sarebbe stato disposto ad aiutarla in quella faccenda, per quanto lei la ritenesse importante. Anche perché ora non era più soltanto Adam, bensì il Visconte Delacort.

    Dieci anni e molti eventi drammatici li separavano dal loro ultimo incontro. Poteva darsi che non si ricordasse nemmeno di lei.

    Era stata poco più di una ragazzina quando era scoppiato lo scandalo, una diciottenne ingenua e inesperta della vita. Adam, però, era stato così gentile con lei e con i suoi fratelli, mentre tutti a Mowbray li avevano considerati solo i figli chiassosi e disordinati di un poeta famoso e molto eccentrico, che tutti lodavano ma che nessuno leggeva.

    Anche Adam era giovane, a quei tempi, aveva soltanto ventun anni. Studiava con molta serietà a Oxford e, anche se era il più bello dei corteggiatori di Rowena, nondimeno era molto povero.

    Ecco perché Alyssa si era insospettita quando la sua angelica cugina – angelica solo nell'aspetto – aveva cominciato a civettare con lui.

    A Rowena non interessavano che corteggiatori molto ricchi. Aveva messo gli occhi su Lord Moresby, anche se aveva già trent'anni, perché era il più facoltoso proprietario terreno della zona.

    A Lord Moresby piaceva Rowena, ma non aveva troppa fretta di dichiararsi e la giovane cominciava a diventare impaziente.

    Alyssa non avrebbe mai immaginato che la cugina arrivasse al punto di cercare di sedurre Adam facendo credere a tutti che si fosse perdutamente innamorato di lei e intendesse rapirla per costringerla alle nozze. E solo per convincere Lord Moresby a chiederla in moglie!

    Quando era scoppiato lo scandalo Adam era stato ripudiato dalla sua famiglia, costretto a lasciare gli studi a Oxford e poi, da quanto Alyssa aveva appreso, a lasciare l'Inghilterra.

    Quella storia l'aveva fatta crescere tutta in una volta. Si era resa conto di quanto potesse essere crudele la cosiddetta buona società di Mowbray. Il giorno in cui Adam era stato cacciato con disonore aveva capito che lei e i suoi fratelli dovevano cambiare il loro atteggiamento verso la vita.

    Fino a quel momento erano stati considerati i figli scapestrati di William Drake, ma da allora Alyssa aveva fatto il possibile per insegnare ai suoi fratelli a vivere secondo le regole. Non voleva che facessero la fine di Adam, ed era riuscita a evitarlo.

    A quei tempi era stata troppo giovane per capire fino in fondo quanto fossero diventate importanti per lei le brevi soste che Adam faceva a casa loro, mentre si recava a Delacort Hall a trovare il cugino. Si fermava al cancello, ascoltava di nascosto le lezioni che lei faceva ai fratellini in giardino, per non disturbare il padre.

    La prima volta, da dietro un cespuglio, l'aveva sentita parlare di Omero ed era intervenuto, cogliendola di sorpresa. Era stato emozionante poter discutere con qualcuno che conosceva bene la letteratura antica, così era diventata quasi un'abitudine che lui si fermasse a partecipare alle loro lezioni, quando aveva il tempo di farlo.

    Alyssa se ne era innamorata quasi senza rendersene conto e l'aveva compreso soltanto quando era scoppiato lo scandalo e Adam era stato costretto ad abbandonare Mowbray.

    La sua partenza improvvisa l'aveva lasciata triste e sola, molto di più di quanto avrebbe mai creduto, e l'aveva segnata profondamente nell'animo.

    Anche se adesso i suoi fratelli erano ormai grandi, Alyssa non aveva mai ceduto alla tentazione di accettare le proposte di qualche bravo giovane che si era interessato a lei, benché non disponesse di alcuna dote. Forse perché nessuno di quei giovanotti era riuscito a farle battere il cuore come Adam.

    Non desiderava un altro uomo nella sua vita, si diceva. Le bastava suo padre, che faceva il bello e il cattivo tempo anche se la lasciava sempre da sola, per scrivere le sue poesie. Per William Drake era importante la poesia, non sua figlia.

    Alyssa cercò di non pensare più al passato, ma di concentrarsi sullo scopo della sua visita. Non sarebbe stato facile ottenere ciò che desiderava. Adam era stato dolce e gentile, con lei, molti anni prima, ma se fosse stato vero soltanto un decimo di quanto si raccontava di lui, era diventato una persona molto diversa.

    Comunque lei non poteva rimanere con le mani in mano, senza cercare di fermare Percy. Se Adam avesse accettato di aiutarla, sarebbe valsa la pena di aver fatto quella visita.

    L'avrebbero considerata un'eccentrica, ma in fin dei conti tutti i Drake avevano fama di essere strani, a Mowbray. Il temperamento artistico che scorreva nelle loro vene li rendeva diversi, anche se l'unico poeta in famiglia era suo padre.

    Sentì dei passi nel corridoio e la porta dello studio si aprì. Alyssa si voltò e, per un attimo, pensò disorientata che c'era un errore, che quello non poteva essere Adam.

    Anche tenendo conto degli anni che erano passati, la persona che aveva davanti aveva soltanto una vaga somiglianza con lui. Era un gentiluomo alto, dallo sguardo severo, che non ricordava affatto il ragazzo gentile che aveva conosciuto dieci anni prima.

    Rammentava ancora l'espressione addolorata sul suo volto quando si era reso conto di essere stato ingannato da Rowena, ma anche la concentrazione con cui era solito ascoltare lei mentre dava lezioni di letteratura ai suoi fratelli, e il calore del suo sorriso.

    Era ancora bello, ma pareva quasi che ogni traccia di dolcezza fosse sparita dal suo volto per lasciare soltanto la durezza del granito. Non sembrava nemmeno capace di sorridere.

    Era vestito come un gentiluomo di campagna, con stivali lucidi e una giacca blu che gli calzava a pennello. Alyssa non ricordava che avesse spalle tanto larghe e muscolose, e in lui c'era qualcosa di insolito, come se fosse uno straniero. Forse per via della pelle abbronzata e dei capelli scuri, che una volta erano più lunghi, ma che adesso erano tagliati molto corti, in stile militare. Anche gli occhi grigi sembravano diventati più scuri e più intenti. Non esprimevano alcuna emozione, come se non l'avesse riconosciuta e non avesse nemmeno la minima curiosità di sapere chi fosse.

    «Avete chiesto di vedermi, Miss Drake?» l'apostrofò.

    Alyssa trasse un profondo respiro per prendere coraggio. Non sapeva da che parte cominciare. Le era sembrata una buona idea venire a Delacort Hall, quando aveva sentito del suo arrivo, ma adesso si chiedeva se non fosse stato uno sbaglio.

    Non poteva negare che non era stato tanto il desiderio di chiedere il suo aiuto a spingerla a fare quella visita, quanto quello di rivederlo.

    E adesso si trovava davanti quello sconosciuto, quell'estraneo.

    Non potete essere Adam!, avrebbe voluto esclamare.

    Invece si limitò a balbettare: «Sì, volevo vedervi... Speravo... Insomma, si tratta di Percy». Possibile che non riuscisse a nascondere il proprio imbarazzo?

    Lui le indicò una delle vecchie sedie dalla tappezzeria scolorita e le fece segno di sedersi. «Percy Somerton, mio cugino?» le domandò.

    «Proprio lui. Vedete, sta corteggiando mia cugina, Mary Aldridge. È un'ereditiera, ha soltanto diciassette anni e vive qui a Mowbray. Percy non è l'uomo adatto per lei.»

    «Perché ritenete così importante salvarla dalle grinfie di Percy? È un dandy, uno scapestrato, ma non un libertino e un dissoluto» obiettò Adam.

    Parlava con noncuranza, con ironia, come se l'argomento non lo interessasse affatto. Alyssa si chiese se non fosse il caso di dirgli tutta la verità, e decise di sì. «Essere un dandy e uno scapestrato non ne fa un buon partito, ma la verità è che mio fratello Charlie mi aveva pregato di vegliare su Mary, prima di andare a studiare a Cambridge. Credo che a Mary piaccia Percy, anche troppo, e Charlie non le chiederà di sposarla prima di essersi fatto una posizione. È troppo orgoglioso e Mary è un'ereditiera, tanto ricca quando inesperta ed emotiva. Così...»

    «Così avete deciso di prendere in mano la situazione e salvare Mary da Percy, in modo che vostro fratello torni da Cambridge e le chieda di sposarlo?»

    Alyssa ignorò il suo tono canzonatorio e continuò, senza perdere la calma. «Mio padre è il tutore di Mary, dopotutto» cercò di giustificarsi.

    «Buon Dio, chi ha affidato a vostro padre una simile responsabilità? Non sarebbe capace di far da tutore a una gallina, e dovrebbe assumersi la responsabilità di una giovane ereditiera?» Adam pareva sinceramente sorpreso.

    Dunque rammentava qualcosa della sua famiglia, pensò Alyssa. «Mary è sua nipote, e mio zio, Mr. Aldridge, era un suo grande ammiratore. Lo considerava un illustre poeta e, a volte, penso che abbia sposato mia zia Adele perché era sua sorella. Forse non lo ricordate, ma mio padre è un noto letterato, stimato nella buona società.»

    «Il che la dice lunga sulla buona società» ribatté lui sogghignando, come se trovasse la situazione divertente. «E cosa c'entro, io, in tutta questa storia?»

    Alyssa non sapeva più cosa ribattere. «Oltre a essere vostro cugino, Percy è anche il vostro erede...» cominciò.

    «È il mio erede fino a quando non metterò al mondo un figlio» tagliò corto lui, «come io sono stato l'erede di mio cugino Ivor e ho ereditato il titolo da lui perché ha cercato di saltare una siepe con un cavallo che sarebbe stato indegno di un carrettiere, senza prima mettere al mondo un suo rampollo. Non mi sento affatto responsabile per Percy, come ho già spiegato a qualche creditore che si illudeva che continuassi a pagare i suoi debiti, come faceva Ivor.»

    Era stato chiaro, perfino brutale.

    Oltre a sentirsi umiliata, Alyssa cominciò ad arrabbiarsi. «Se preferite chiudere gli occhi e voltarvi dall'altra parte, fate pure» ribatté accalorandosi, «ma non potete affermare che le azioni di Percy non vi riguardano!» concluse con forza.

    Adam sembrò sorpreso, ma un sorriso apparve sulle sue labbra. «Dunque non siete affatto cambiata, dopo tanto tempo» commentò compiaciuto. «Mi chiedevo se foste ancora la stessa ragazza che se ne andava in giro in pantaloni e dispensava lezioni di letteratura ai fratellini dopo essersi arrampicata su un albero del suo giardino.»

    Alyssa arrossì.

    Dunque si rammentava di lei, anche se avrebbe preferito che qualche particolare gli fosse sfuggito di mente.

    «Vi ricorderete anche che non sopportavate le ingiustizie. Quando da bambino Percy faceva il prepotente con Charlie, voi...»

    «Questo me l'ero dimenticato! Non riesco a credere che adesso Charlie sia già a Cambridge. Come se la cava?»

    Adesso lui sorrideva davvero, sembrava curioso di sapere. Alyssa, un po' disorientata, ricambiò il sorriso quasi involontariamente. «Se la cava molto bene. Dovreste vedere come è diventato alto. Credo che sognasse di andare a Cambridge soprattutto per starsene lontano da noi, almeno per un po'.»

    Il sorriso di Adam svanì. «Credo di capirlo. Se ben ricordo, a casa vostra regnava il caos, ne avevate fatto una forma d'arte.»

    Alyssa si sentì offesa. Per il fatto che il loro padre era un poeta erano cresciuti senza freni, così diceva la gente. Adam ignorava che lei aveva fatto del proprio meglio per insegnare qualche regola del vivere civile ai suoi fratelli, e che qualche volta ci era perfino riuscita. «Dite sempre quello che pensate, vero?» gli domandò, polemica.

    Lui sorrise pigramente. «Non siate tanto permalosa. Anche voi dicevate sempre quello che pensavate, almeno una volta. La sincerità rende le cose più semplici.»

    «Bisognerebbe sempre rispettare certi limiti.»

    «Che cosa ne sapete?»

    «E voi che cosa ne sapete? Un tempo avevate il senso della giustizia, altrimenti non avreste mai difeso Charlie dalle angherie di Percy.»

    «È diverso. Lo aiutavo perché mi era simpatico. E poi è successo tanto tempo fa...»

    «Ci sono persone che non vogliono ferire gli altri, né far loro del male. Quelli che si comportano in modo diverso sono egoisti, gente che pensa soltanto a se stessa, a cui non importa niente del prossimo.»

    «Non cercate di convincermi, non ho alcuna intenzione di immischiarmi degli affari di Percy. Non credo che facciate un grande favore a vostro fratello cercando di proteggere Mary da mio cugino. Forse dovrebbe innamorarsi di qualcun'altra, prima di decidere se è la donna giusta per lui» sentenziò Adam.

    Alyssa provò un senso di frustrazione. Era stato tutto inutile. Sciocco, da parte sua, illudersi che l'avrebbe aiutata, in qualche modo. «Va bene, dovrò occuparmene da sola» dichiarò alzandosi.

    «È una minaccia? E cosa avreste intenzione di fare?» le chiese Adam alzandosi a sua volta.

    «Non vedo come potrebbe importarvi.»

    «Non mi importa, infatti, ma sono curioso. Percy è un tipo molto perseverante e dubito sia facile fargli cambiare idea, quando si è messo qualcosa in mente. Per quel poco che conosco vostro padre, non penso sia in grado di incutergli molto timore, anche se è il tutore di Mary. Spetterà a voi cercare di fermare mio cugino, e il compito non sarà facile. Sarà una strada tutta in salita e sono curioso di vedere come ve la saprete cavare.»

    Alyssa si era illusa che avrebbe voluto aiutarla, non si era aspettata certo che la deridesse. «Non eravate così, prima che Rowena si servisse di voi per i suoi scopi» si lasciò sfuggire.

    In un attimo il sorriso sardonico scomparve dalle labbra di Adam e nei suoi occhi apparve un lampo furioso. Alyssa ebbe paura, ma lui fu altrettanto rapido a controllarsi.

    Scosse il capo e abbassò lo sguardo. «Nemmeno io vi ricordavo così crudele, ma a quanto pare il tempo lascia su tutti il proprio segno. Eraclito sosteneva che tutto scorre, ricordate?» Indicò il busto di pietra sulla scrivania, lo stesso che lei aveva spostato poco prima perché sembrava sul punto di cadere. «Passa, certo, ma non senza far danni.»

    La rabbia di Alyssa evaporò.

    Non si sentiva più offesa, ma solo stanca e infelice. Non sarebbe mai dovuta andare a Delacort Hall. «Mi dispiace» mormorò. «Avete ragione, è stata una cattiveria da parte mia, e vi domando scusa. Ed è stato sciocco venire qui da voi, non avrei mai dovuto disturbarvi. Addio, Lord Delacort.»

    Non attese che Adam le rispondesse, o che chiamasse qualcuno per accompagnarla alla porta. Se ne andò in silenzio, senza voltarsi indietro, e lui non fece niente per fermarla.

    2

    Adam rimase per un po' in piedi a fissare la porta dalla quale Alyssa Drake era uscita. Sulla scrivania c'erano alcuni conti e prese

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