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L audace piano del lord: Harmony History
L audace piano del lord: Harmony History
L audace piano del lord: Harmony History
E-book253 pagine3 ore

L audace piano del lord: Harmony History

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Info su questo ebook

Inghilterra, 1816
Aggredita in una locanda da Timothy Forsbrook, l'uomo di cui ha accettato la corte e insieme al quale sta viaggiando, Serena Russington viene salvata dall'intervento di Lord Rufus Quinn. Una volta tornata a casa, però, l'attende una brutta sorpresa: il responsabile dell'aggressione ha messo in giro la voce che sia stata proprio Serena a provocarlo per poi concedersi a un miglior partito. Per salvaguardare il suo nome, Rufus le propone di sposarlo e a lei non resta che accettare. Il loro sarà un matrimonio di facciata, anche se giorno dopo giorno l'attrazione che li unisce diventa evidente. Tuttavia Forsbrook non sembra essersi dato per vinto e continua a mantenere vivo lo scandalo, inducendo Rufus a ordire un audace piano per sbarazzarsi di lui una volta per tutte.
LinguaItaliano
Data di uscita20 mag 2019
ISBN9788858998182
L audace piano del lord: Harmony History
Autore

Sarah Mallory

Sarah Mallory grew up in the West Country, England, telling stories. She moved to Yorkshire with her young family but after nearly 30 years living in a farmhouse on the Pennines, she has now moved to live by the sea in Scotland. Sarah is an award-winning novelist with more than twenty books published by Harlequin Historical . She loves to hear from readers and you can reach her via her website at: www.sarahmallory.com

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    Anteprima del libro

    L audace piano del lord - Sarah Mallory

    successivo.

    1

    Londra, 1816

    Serena uscì sulla terrazza. L'aria della notte era tiepida e la pioggia era cessata, lasciando dietro di sé solo qualche piccola nuvola a vagare pigramente nel cielo. Esitò, mentre il cuore prendeva a batterle forte nel petto. Sapeva di mettere in gioco la propria reputazione, ma in quale altro modo avrebbe potuto capire se Sir Timothy sarebbe stato un buon marito, per lei, se non permettendogli di baciarla? Con passo leggero discese rapida i gradini in fondo alla terrazza, da dove si dipartiva un sentiero che conduceva lontano dalla casa, verso un arco verdeggiante collocato fra alte siepi. Quanto pericoloso può essere un piccolo bacio?

    Il roseto aveva un aspetto differente da quando lo aveva visitato, qualche giorno prima, con il fratello e la cognata. Lord Henry Hambridge aveva seguito i gentiluomini nella galleria d'arte, impaziente di ammirare i quadri messi in vendita da Lord Grindlesham, la cui moglie, nel frattempo, aveva mostrato a Serena e a Dorothea i giardini. In quel momento, alla luce della luna, i sentieri emanavano un bagliore argenteo, mentre il buio colorava le belle rose di nero e di un pallido blu grigiastro. Eppure, benché non ci fossero più i bei colori sgargianti, il profumo si era addirittura intensificato. Serena inalò quell'inebriante fragranza, facendosi strada sul sentiero. Giunta a una svolta, percepì un altro odore, oltre a quello dei fiori: un vago sentore di tabacco.

    Finalmente davanti a sé distinse un pergolato cinto da rose rampicanti, e il cuore le balzò nel petto. Nella penombra, inconfondibile, la sagoma di un uomo.

    «Perdonatemi, sono in ritardo. Io...» Si bloccò con un sussulto, osservando l'uomo nell'oscurità. «Voi non siete Sir Timothy!» proruppe quindi.

    «No, non lo sono.»

    Lui si alzò in piedi, e Serena arretrò in fretta, rendendosi conto che quell'individuo non aveva niente in comune con Sir Timothy Forsbrook. Era molto più imponente, tanto per cominciare, anche se il petto era talmente ampio da far passare in secondo piano la sua altezza. I lucenti capelli neri di Sir Timothy erano acconciati all'ultima moda, mentre quelli dello sconosciuto erano chiari e troppo lunghi per risultare eleganti. Mentre lo osservava uscire dal pergolato pensò che fosse ben poco affascinante. Il viso era rude e le apparve crudele, come accigliato.

    Torreggiava su di lei, e Serena fece un altro passo indietro. «Scusatemi...» Avrebbe voluto proseguire, ma le parole che udì glielo impedirono.

    «C'era un tizio, qui, ma se ne è andato.»

    «Andato?»

    «Sì. È stato così imprudente da suggerirmi di lasciargli il posto, così l'ho cacciato via.»

    «Letteralmente?» gli chiese lei, deglutendo.

    L'uomo scrollò le spalle. «No, l'ho solo spinto. È scappato via per non farsi colpire in faccia.»

    Serena esalò un lungo e indignato respiro. «Che comportamento deplorevole! Davvero maleducato!»

    «Di certo avreste preferito che me ne fossi andato, ma perché avrei dovuto? Sono venuto qui per assaporare un sigaro in santa pace. Dovrete trovarvi un altro posto per amoreggiare.»

    La voce trasudava scherno. Il viso di Serena avvampò per l'umiliazione.

    «Come osate? Non si tratta di questo!»

    «No?»

    Sapere di essere nel torto non mutò l'atteggiamento di Serena, la quale si avvicinò e lo apostrofò con rabbia: «Siete davvero scortese!».

    «Se sono parole dolci, quelle che volete sentire, vi suggerisco di andare a cercare il vostro amante.»

    «Oh, lo farò, non preoccupatevi. E comunque non è il mio amante!» proruppe lei, la voce incrinata dalla rabbia.

    Lui fece un ampio sorriso, mostrando una chiostra di denti così bianchi da risplendere nel chiarore lunare. «Risparmiatevi le spiegazioni, signorina.»

    Serena rimase senza fiato. «Oh, voi...voi...»

    Lo sconosciuto incrociò le braccia e abbassò lo sguardo su di lei. «Sì?»

    Serena gli lanciò un'occhiataccia, le mani strette a pugno mentre cercava di tenere a bada la rabbia crescente: sarebbe stato davvero indecoroso colpirlo. Resistendo all'impulso di battere i piedi a terra, si voltò e si allontanò il più in fretta possibile, mormorando a denti stretti tutti gli insulti che avrebbe volentieri rivolto ad alta voce a quell'odiosa creatura.

    Si affrettò verso la sala da ballo, che era mezza vuota, al momento: quasi tutti gli ospiti si erano recati a cena. Sgattaiolò veloce nella piccola sala riservata alle signore, dove aveva lasciato soprabito e soprascarpe. Nello specchio le guance apparivano ancora arrossate e gli occhi marroni scintillavano di rabbia.

    È stato davvero frustrante!, pensò furiosa. Tutto ciò che desiderava era trovare un marito interessante, uno che riuscisse a non annoiarla a morte dopo poco tempo, come quei pretendenti esageratamente a modo che il fratellastro insisteva a presentarle. Aveva approfittato di un piccolo intervallo fra una danza e l'altra per sgusciare fuori e incontrare l'unico uomo che aveva fama di libertino e che era, di conseguenza, molto più interessante.

    Rimase nella sala d'attesa finché la rabbia non fu svanita, poi, a testa alta, veleggiò al piano inferiore verso la sala da pranzo, dove trovò il fratello e la cognata impegnati a consumare uno spuntino freddo in un angolo della sala. Lì vicino, Elizabeth Downing e suo fratello facevano parte di un vivace gruppo riunito attorno a uno dei tavoli più grandi. Elizabeth fece un cenno a Serena, che si avvicinò. Jack Downing scattò in piedi all'istante e scostò una sedia per farle posto, continuando poi a prodigarsi con sollecitudine affinché Serena avesse un piatto di prelibatezze e un bicchiere di vino.

    Dopo l'incidente nel roseto, quelle attenzioni furono un balsamo per lo spirito di Serena. Mr. Downing era un giovane serio, che in precedenza aveva considerato soffocante, ma almeno non era sgarbato. Lo ringraziò gentilmente e lasciò che la intrattenesse a conversare fino a che non sentirono i musicisti accordare di nuovo gli strumenti, e tutti si diressero verso la sala da ballo.

    La serata si rivelò davvero noiosa, e dopo un paio di danze Serena si scusò e raggiunse sua cognata.

    «Cosa? Vorresti andartene prima che il ballo sia finito?» Lady Hambridge scoppiò in una risata acuta e irritante, chiaro segnale che aveva bevuto troppo vino, quella sera. Scosse il capo guardando Serena e ribatté in tono allegro: «Non è proprio da te, mia cara. No, non possiamo ancora andarcene, per la prossima danza sei impegnata con Lord Afton. Fallirei nel mio compito se decidessi di portarti via prima di avervi fatto danzare insieme».

    Il Visconte Afton era lo scapolo con il più alto titolo nobiliare, quella sera. Serena lo trovava sbiadito, pomposo e vecchio abbastanza da poter essere suo nonno, ma non sarebbe stata una buona idea condividere quei giudizi con la cognata e così, quando venne il momento, sfoderò un bel sorriso e si dispose a ballare la quadriglia. Terminata la danza scorse fra la folla una figura familiare, dall'altra parte della sala. Sfiorò un braccio a Lord Afton.

    «Ditemi, milord, conoscete quel gentiluomo, il tipo massiccio che sta conversando ora con Lord Grindlesham?»

    Il visconte lo squadrò da capo a piedi ed emise un borbottio sprezzante. «Intendete quel grosso orso laggiù? Si tratta di Lord Quinn. Che persona dannatamente sgradevole! Non piace a nessuno.»

    «E allora perché è stato invitato?»

    «È ricco come Creso» rispose Lord Afton. «Non lo si vede spesso in città, ma Grindlesham sta vendendo la sua collezione d'arte, e questa è la ragione per cui si trova qui stasera. Pare che Rufus Quinn sia considerato un vero intenditore.» Sbuffò. «Se lo può permettere.»

    La serata ebbe infine termine, e Serena seguì il fratello e la cognata verso l'ingresso. Era affollato, molto rumoroso, e i servitori che annunciavano l'arrivo delle carrozze erano costretti a urlare per sovrastare il vociare degli ospiti. Era tutto uno spintonarsi e sgomitare per muoversi, e Henry guidò le signore verso un lato della sala, lontano dalla calca.

    «Sembra una fiera del bestiame!» brontolò. «Che cosa abbia persuaso Grindlesham a invitare così tanta gente, non lo capisco! A proposito» aggiunse lanciando uno sguardo accigliato verso la sorella, «ti ho vista parlare con Forsbrook, prima. Chi vi ha presentati?»

    Serena fece spallucce. «Non me lo ricordo davvero, ma è impossibile evitare di fare certe conoscenze, in città.»

    «Suppongo tu abbia ragione» convenne il fratello a malincuore, «ma quell'uomo è un vero e proprio dongiovanni, e ti era stato detto di stare lontana da lui.»

    «Infatti, avresti dovuto» rincarò Dorothea. «Ha una reputazione veramente pessima.»

    «E allora?» obiettò Serena. «Molti gentiluomini a Londra hanno una reputazione poco raccomandabile. Anche Russ, prima del matrimonio.»

    Henry la fulminò con uno sguardo. «Era diverso. Forsbrook è un vero e proprio libertino. Mio fratello Russ non lo è mai stato.»

    «Il problema è che è proprio il genere di uomo che risulta attraente, per un gran numero di donne» dichiarò Dorothea con evidente disappunto.

    «Be', dev'essere proprio così» convenne Serena. «La loro fama lascia intendere che siano esperti nel corteggiare una donna.»

    Henry farfugliò qualcosa, al colmo dell'imbarazzo. «Serena, taci!» sbottò poi. «Non puoi dire certe cose... non è da signora!»

    Serena domandò scusa e non proseguì oltre con affermazioni poco prudenti: non sarebbe stato saggio ammettere che le sarebbe piaciuto sposare proprio quel tipo di uomo. Era sulla piazza ormai da due anni e non era ancora sposata. Sì, c'erano state delle proposte, ma gli uomini che Henry e Russ avevano considerato idonei le erano parsi tutti terribilmente noiosi. Anche Londra l'aveva stancata, ormai.

    Non era stato così quando viveva con Russ, poiché, benché avessero dieci anni più di lei, sia lui che la moglie erano allegri e spiritosi. Tuttavia, da quando Russ aveva portato Molly a nord, in attesa della nascita del secondo figlio, Serena si era trasferita a Bruton Street con Henry, suo tutore nonché fratellastro più grande. Avendo già maritato con successo la loro figlia, lui e Dorothea erano desiderosi di trovare un marito rispettabile anche per lei.

    Capiva il motivo di tanta insistenza: la storia della famiglia Russington era stata macchiata da uno scandalo, ed erano ansiosi di evitare che se ne potesse aggiungere un altro. Un buon nome era considerato essenziale, un titolo un vantaggio, ma la rispettabilità era più importante persino di un vasto patrimonio, e Serena veniva tenuta a distanza da qualunque gentiluomo la cui reputazione fosse meno che immacolata, con il risultato che non aveva ancora conosciuto nessuno che destasse il suo interesse. Sembrava che l'amore potesse essere la risposta, ma nessuno dei pretendenti che le si erano proposti le aveva fatto palpitare il cuore. Di conseguenza aveva deciso di prendere in mano il proprio destino. Russ era stato considerato un libertino, prima di incontrare Molly, ed era quello il tipo di uomo che le sarebbe andato a genio.

    Motivo per cui, ogniqualvolta riusciva a sfuggire agli sguardi vigili di Henry e Dorothea, a ogni evento mondano, cercava i più scapestrati e i gentiluomini di dubbia reputazione.

    Era una situazione ben poco soddisfacente, e lo spirito di Serena si ribellava all'idea di essere così confinata. No, desiderava un uomo che potesse accendere il suo interesse. Uno che fosse capace di amare una donna. Era davvero chiedere troppo? Le sue riflessioni vennero interrotte quando venne annunciato l'arrivo della carrozza di Lord Hambridge.

    «Finalmente! Venite, mie care, torniamo a casa» le esortò Henry.

    Serena lo seguì mentre, con una parola qui e una là, si faceva strada verso il portone. Un'imponente figura bloccava loro il passaggio. Serena poteva vederne solo la schiena, ma riconobbe all'istante la capigliatura di Lord Quinn. Una parola di Henry e l'uomo si spostò, ma non fece alcun sorriso né rivolse loro delle scuse.

    Il viso serio era come impietrito e anche se il suo sguardo si mosse su Serena, sembrò non vederla affatto. Tuttavia lei ebbe il tempo di notare che quegli occhi, che le erano sembrati così insolenti nel roseto, erano di una tonalità calda, marroni come nocciole appena colte.

    Serena decise che avrebbe eliminato Sir Timothy dalla lista dei potenziali mariti, ma alla festa organizzata dai Downing, la sera seguente, lui la cercò, spiegandole di essere venuto solo per potersi scusare con lei per l'assenza dal giardino di rose dei Grindlesham. La implorò di concedergli un'opportunità per far pace, e Serena decise che poteva valere la pena ascoltare cosa avesse in mente per farla divertire.

    La proposta di accompagnarla all'apertura della stagione dei Vauxhall Gardens era troppo allettante perché Serena potesse resistervi. Lui le dipinse un invitante quadretto di loro due, mascherati e con lunghi mantelli, a passeggiare per i giardini ad ammirare le attrazioni meccaniche, come la famosa cascata.

    Da ciò che aveva sentito dire, nessun posto era migliore per un appuntamento galante, con i suoi pergolati nella penombra e le buie stradine decorate con luci colorate.

    Serena sapeva bene che un conto era permettere a un giovanotto di rubarle un bacio in un'alcova nascosta a un ballo privato – cosa che aveva già fatto un paio di volte – e ben altro era andare ai Vauxhall Gardens da sola con un gentiluomo, tuttavia Elizabeth le aveva confidato che lei e la sua famiglia avevano intenzione di recarsi ai giardini quella stessa sera e, se tutto fosse andato storto, se avesse scoperto che non le piaceva essere baciata, o se Sir Timothy fosse diventato importuno, avrebbe sempre potuto cercarli e chiedere la loro protezione. Aveva soltanto bisogno di trovare un modo per sgattaiolare fuori dalla casa di suo fratello senza destare sospetti.

    I suoi piani presero forma due giorni dopo, a colazione, quando il maggiordomo consegnò la posta, in mezzo alla quale c'era una lettera per Serena.

    «Viene da Mrs. Downing» spiegò al fratello dopo averla letta. «Mi ha invitata alla festa ai Vauxhall Gardens, domani sera.»

    Henry interruppe la lettura della corrispondenza e borbottò: «Vauxhall? Non è un posto per giovani ragazze. Soprattutto domani, che è Calendimaggio, il giorno in cui tutti i bifolchi usciranno a festeggiare. Non ho dubbi che ci saranno anche tipi ben poco raccomandabili fra le persone mascherate».

    «Mrs. Downing non crede ci possano essere pericoli e poi... Mr. Jack Downing sarà con loro» replicò Serena, guardando in tralice la cognata, sulla quale il nome del giovane agì come un talismano.

    «Henry, mio caro, non vedo che male possa recare questo invito, se lei sarà con i Downing» intervenne infatti Dorothea. «Inoltre credo proprio che si esibisca Madame Saqui. Confesso che vorrei vederla anch'io. Mi hanno detto che la scorsa Stagione terminava la sua esibizione correndo lungo una fune tesa, mentre attorno a lei esplodevano i fuochi d'artificio.» Sollevò la tazza di caffè. «Forse dovremmo unirci a loro anche noi... Dubito si possa trovare ancora qualche salottino libero per cenare, ma almeno ci godremmo lo spettacolo.»

    Serena trattenne il respiro. Se Henry e Dorothea avessero deciso di recarsi anche loro ai Vauxhall Gardens, l'indomani, avrebbe dovuto cambiare drasticamente i piani che aveva in mente per la serata.

    «Fare tutta quella strada e non potersi sedere comodamente per cena?» mugugnò Henry. «Già saremmo costretti a mescolarci a gente di chissà quale estrazione sociale, ma non poter mangiare in un salottino privato sarebbe intollerabile. Inoltre, ho già un appuntamento a cena da White's.»

    «Potrei raccontarvi io dell'esibizione di Madame Saqui» suggerì Serena. «Così potrete decidere voi stessi se varrà la pena di tornarci un'altra volta.»

    Henry rivolse alla sorellastra uno sguardo d'approvazione. «Un'ottima idea, mia cara. Ne sono certo: se questa equilibrista è brava come ho sentito dire, vorrai senz'altro rivederla.»

    Serena gli concesse un sorriso radioso. «Sarà così di sicuro, Henry. E forse potresti ordinare alla carrozza di portarmi alla casa dei Downing, domani sera. La loro casa è sulla strada per i Vauxhall Gardens, preferirei non costringerli a tornare indietro per venire a prendermi.»

    Henry annuì e, sistemati i dettagli, Serena tirò un sospiro di sollievo: tutto andava secondo i piani. Ora, facendo molta attenzione, restava soltanto da scrivere una nota da far consegnare l'indomani sera, con la quale si rammaricava di doversi tirare indietro a causa di un malessere. Sorseggiò il caffè: non le piaceva ingannare gli amici, ma doveva farlo, se voleva avere davvero il suo lieto fine.

    La sera successiva, Serena scelse con cura i propri vestiti, optando per un abito a vita alta di un raso giallo limone con un soprabito di leggera stoffa bianca. Come si conveniva a una giovane virtuosa si coprì lo scollo sulla schiena con un delicato coprispalle bianco. Un paio di scarpette di raso giallo, un paio di guanti di velluto bianchi e un ventaglio di seta cinese completavano la mise. Da ultimo indossò uno scialle di cashmere, il cui ampio bordo era ricamato con foglie d'acanto. Sir Timothy aveva promesso di procurarle un costume e una maschera, perché vederla uscire abbigliata in quel modo avrebbe destato sospetti nel fratello e in sua moglie.

    Stava calando la sera quando la carrozza degli Hambridge si fermò di fronte alla casa dei Downing in Wardour Street. Serena scese e informò il cocchiere che non c'era nessun bisogno che l'aspettasse. Rimase in piedi sul marciapiede, fingendo di rigirarsi la borsa fra le mani finché il cocchio non scomparve alla vista. Allora si voltò e corse veloce verso un calesse in attesa, più avanti lungo la strada. Sir Timothy saltò giù non appena la vide avvicinarsi.

    «Siete venuta!»

    «Certo, ne dubitavate?» ribatté lei, ridendo mentre lui le tendeva la mano per farla salire. «Ho scritto una lettera di scuse ai Downing, questa mattina. Devono essere già partiti per i Vauxhall Gardens da almeno mezz'ora.»

    «Così nessuno sa dove vi trovate. Mio intelligente e adorabile angelo!» Sir Timothy fece per prenderla fra le braccia, ma Serena lo tenne a distanza.

    «Non ancora, qualcuno potrebbe riconoscerci!»

    Il giovane si scostò, lasciandosi andare sui morbidi sedili. «Ne dubito, con questa poca luce. Comunque non c'è alcuna fretta.» Le prese una mano e se la portò alle labbra. «Abbiamo tutta la notte. Ditemi invece cosa avete fatto dal nostro ultimo incontro: voglio conoscere tutti i dettagli.»

    Era già buio quando Rufus Quinn lasciò Londra. L'incontro alla National Society era durato più a lungo del previsto, ma non avrebbe mai rinunciato all'opportunità di parlare con la rinomata astronoma Caroline Herschel, che solo di rado si recava in città. Era partito subito dopo, approfittando della luce della luna per guidare verso casa. Preferiva non passare un'altra notte in città. Non aveva tempo per l'alta società: ognuno era troppo concentrato sulla propria importanza. Quinn detestava il ton, e si era fatto convincere a partecipare al ballo dei Grindlesham solo perché voleva il Tiziano. Aveva perso un'intera serata osservando quei galantuomini fin troppo eleganti vorticare nella sala da

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